Il 2004, l'anno che abbiamo appena lasciato alle spalle, si è concluso con una
grave perdita per il mondo del vino Italiano e - senza timore di smentita - per
tutto il mondo del vino. Lo scorso 29 novembre 2004 a Bergamo - la città in cui
viveva - all'età di 78 anni è morto Luigi Veronelli. La notizia ha colpito
profondamente tutto il mondo dell'enologia e con la sua scomparsa perdiamo il
più grande - e il primo - divulgatore e critico enogastronomico dei nostri
tempi. Chiunque si sia interessato almeno una volta nella sua vita al vino,
conosceva la figura di Luigi Veronelli e il prezioso lavoro svolto per quasi
cinquanta anni in favore del vino Italiano, dell'olio d'oliva, della
rivalutazione delle risorse agricole e del mondo contadino. Luigi Veronelli -
che gli amici chiamavano affettuosamente Gino - si è sempre battuto con
tenacia e con determinazione in favore del vino e contro la sua omologazione.
Per lui il vino - e bastava guardarlo con un calice in mano per comprenderlo - è
sempre stato un caro e leale amico, un amico da rispettare e da difendere dai
continui tentativi di speculazione e mercificazione.
Chiunque operi nel mondo del vino, così come ogni appassionato della bevanda di
Bacco, è consapevole che senza il suo lavoro e le sue idee rivoluzionarie e
pionieristiche, oggi il mondo del vino Italiano non sarebbe quello che è. Luigi
Veronelli ha avuto il coraggio e l'intuizione di svegliare il mondo
dell'enogastronomia Italiana dal suo lungo e deplorevole sonno, restituendo
all'Italia la coscienza e l'identità culturale del suo vino e dei suoi cibi,
promuovendo - per primo nel nostro paese - quel lungo e tortuoso cammino che
dalla quantità ha portato alla qualità. Luigi Veronelli è stato il primo a
convincere i produttori Italiani di vino - già negli anni 1960 - che i grandi
vini nascono prima nel vigneto. È stato il primo a insistere sulla necessità
assoluta di selezionare le uve nel vigneto, fare comprendere l'importanza del
terroir, sottolineare le potenzialità e le differenze dei singoli vigneti
e dei vari cru. Fu il primo a credere che il vino Italiano poteva
crescere fino a raggiungere livelli eccezionali di qualità: un'idea sulla quale
- a quei tempi - nessuno era disposto a scommettere e che non comprendeva. Tutto
questo negli anni 1960 e 1970, quando la quantità era ancora l'obiettivo
primario dell'enologia Italiana e la qualità era vista come un'utopia. Luigi
Veronelli è stato un grande pioniere.
Egli è stato inoltre pioniere nel modo di fare informazione e di scrivere del
vino: chiunque si occupi della divulgazione enogastronomica e fa informazione
sul vino è ben consapevole che deve a Luigi Veronelli la riconoscenza e il
rispetto che si deve a un maestro. I suoi tanti libri, gli innumerevoli articoli
pubblicati su giornali e riviste, sono stati di insegnamento per chiunque abbia
avuto il piacere di leggerli: le sue parole hanno avvicinato al mondo del vino
innumerevoli appassionati. Il suo lessico e il suo modo di scrivere del vino,
nel suo stile assolutamente personale, sono oggi modi di dire utilizzati nella
critica e nella descrizione dei vini. Fra i più famosi è impossibile non
ricordare vino da meditazione e vino da favola. Con la scomparsa di
Luigi Veronelli se ne è andato un pilastro fondamentale e storico per tutti
coloro che scrivono di vino, un importante punto di riferimento che ha insegnato
a tutti e che ha contribuito in modo determinante alla diffusione della stampa e
dell'informazione enogastronomica.
Luigi Veronelli nasce a Milano il 2 Febbraio 1926 e intorno ai 25 anni di età
scopre la sua passione per il mondo dell'enogastronomia, a trenta anni pubblica
come editore Il Gastronomo una rivista filosofico-gastronomica. Lo stile con
cui tratta gli argomenti - polemico e provocatorio - lo portano in fretta alla
notorietà e scrive numerosi libri sia come autore unico sia in collaborazione
con altri. Luigi Veronelli è stato inoltre un personaggio televisivo molto
popolare negli anni 1960 e 1970: indimenticabile il programma televisivo A
tavola alle sette insieme ad Ave Ninchi, la grande attrice Italiana troppo in
fretta dimenticata e che meriterebbe di essere maggiormente ricordata. Da sempre
acceso oppositore del sistema delle DOC Italiane - nelle quali vedeva un punto
di appoggio in favore delle cantine commerciali e industriali - era solito
ricordare che «il peggior vino di un contadino è migliore del miglior vino di un
industriale». Le sue ultime battaglie erano in favore delle Denominazioni
Comunali dei giacimenti gastronomici e del prezzo sorgente oltre a sostenere e
rivalutare la produzione dell'olio d'oliva.
Le sue idee - sempre sostenute con tenacia e determinazione - hanno avuto
solamente il torto di essere state pronunciate con largo anticipo sui tempi,
in momenti in cui non erano comprese, probabilmente a causa dell'incapacità di
guardare lontano e di volere cambiare le cose. Nonostante le sue idee siano
state motivo di problemi - anche giudiziari - e per le quali ha trovato tanti
amici, ma anche molti nemici, oggi, a distanza di decine di anni, sappiamo che
Luigi Veronelli aveva ragione. Il vino Italiano deve gran parte del suo successo
nel mondo grazie alle sue intuizioni e alla rivoluzione culturale e enologica di
cui è stato indiscutibilmente pioniere e condottiero. E gli effetti sono ancora
oggi visibili anche a distanza di oltre trenta anni. Tutti noi che amiamo il
vino siamo debitori a Luigi Veronelli. Ci ha insegnato per primo come
dialogare e ascoltare il vino, a rivalutarne la dignità e a comprenderne
l'anima. Senza il suo lavoro, il vino Italiano non sarebbe quello che è oggi e
certamente si parlerebbe e si scriverebbe molto meno di vino e del suo vasto
mondo. Ti siamo tutti debitori, caro maestro Luigi Veronelli, e speriamo non sia
offensivo se ci permettiamo di salutarti in modo amichevole - concedendoci il
privilegio del tu, proprio come si fa con gli amici - attraverso le parole
di questo nostro piccolo tributo alla tua persona e alla tua opera. Grazie Gino.
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