Il vino italiano di strada ne ha fatta tanta. Già dagli albori dell'enologia
italiana, i vini prodotti nello stivale erano apprezzati per la loro qualità e
molti sono stati gli autori del passato a decantarne le doti. Vini che hanno
fatto sognare gli uomini vissuti in epoche antiche, esportati e apprezzati
ovunque in quello che era - a quei tempi - il mondo conosciuto. Il vino è stato
una delle prime cose prodotte in Italia ad essere esportato fuori dai confini
del paese, poi - com'è noto - alla bevanda di Bacco sono seguiti altri prodotti,
arte e cultura. Il vino, in fin dei conti, rappresenta pienamente la cultura e
l'espressione di chi lo produce, quindi - già a quei tempi - insieme al vino si
esportava anche la cultura italiana, o almeno di quel territorio che molto più
tardi prenderà il nome di Italia. Poi, la bella favola ha conosciuto un
pesante declino, lo splendore dell'enologia italiana ha attraversato i tempi bui
del medioevo e - con sorti alterne - si giunge ai nostri tempi, dopo avere
attraversato un lunghissimo periodo di logiche produttive dove la quantità era
più importante della qualità.
In questo periodo, il nome dell'Italia all'estero era comunque mantenuto
alto da altre produzioni, dalle prelibatezze della cucina mediterranea,
dall'abbigliamento, lo stile italiano e da tutti gli altri prodotti
genericamente classificati come made in Italy. Fra questi c'era anche
il vino, ma il suo ruolo era certamente marginale, lontano da quello che era
stato e che aveva rappresentato in tempi passati. Il declino non era solo legato
al modo con il quale generalmente si produceva vino in Italia - tanta quantità e
qualità discutibile - e i pochi produttori che facevano della qualità la
primaria caratteristica dei loro vini, incontravano una certa fatica nel vendere
i loro prodotti, soprattutto all'estero, a causa della poco nobile fama dei vini
italiani. E mentre in Italia si pensava a produrre oceani di vino ordinario, gli
altri paesi - compresi quelli del cosiddetto Nuovo Mondo - facevano passi da
gigante in termini di qualità, guadagnando progressivamente importanti quote di
mercato e costruendo una solida fama di produttori di qualità.
Negli ultimi 25 anni il mondo del vino italiano - per fortuna - ha vissuto una
rivoluzione in ogni aspetto, sia per la volontà tenace di alcuni produttori nel
valorizzare l'enologia di questo paese, sia per il crescente interesse per il
vino italiano. Questi due eventi, compreso il rinnovato interesse a livello
mondiale per la bevanda di Bacco, hanno avviato un cambiamento che si può
definire epocale, letteralmente stravolgendo i criteri di produzione e - grazie
anche alla progressiva introduzione di moderne tecnologie e pratiche enologiche
- il vino italiano ha ripreso il suo cammino verso la qualità, da troppo tempo
sospeso. La ripresa del cammino verso la qualità è iniziata - all'inizio
degli anni 1980 - con i vini bianchi, aiutata anche dalla moda del momento,
seguita dai vini rossi e, in tempi recenti, dall'ottima produzione di spumanti
metodo classico e Charmat, particolarmente concentrata in Italia settentrionale.
Anche se lentamente, il vino italiano cominciava nuovamente ad attrarre
l'attenzione dei mercati esteri, riprendendo quella dignità e quel ruolo che nei
secoli passati contraddistingueva l'Italia. Ma la competizione era - com'era
prevedibile - piuttosto serrata e impegnativa: i progressi ottenuti dagli altri
paesi del mondo erano sorprendenti e certamente non semplici da superare. Anche
perché la produzione enologica dei paesi concorrenti era - ed è ancora oggi - di
ottimo livello, pertanto i consumatori, di fronte alla possibilità di scegliere
da una serie di prodotti, preferiscono, com'è normale, quelli di qualità
migliore e possibilmente venduti al migliore prezzo. Uno scenario non semplice,
ovviamente, nel quale affidarsi semplicemente al marchio del made in
Italy - attraente in ogni paese del mondo - non era sufficiente a garantire
al vino italiano un rinnovato successo. Erano necessari i fatti, non solo le
parole.
E i fatti sono arrivati. Da anni la qualità dei vini italiani è
indiscutibilmente arrivata a livelli tali da risultare superiore a quella di
tanti altri vini provenienti da altri paesi del mondo. Se sia stato anche merito
del marchio made in Italy, del fascino della cultura e delle
tradizioni italiane, poco importa: il risultato parla da solo senza cercare
conferme o meriti altrove. E anche i dati sull'esportazione dei vini italiani
all'estero parlano chiaro. Le statistiche relative alle vendite all'estero di
vino italiano per l'anno 2006, rilevano un incremento del 13% sulle quantità
vendute e 9% sull'utile rispetto al 2005. Se si considera poi il periodo delle
festività appena trascorso - periodo durante il quale le vendite di spumanti
aumenta considerevolmente - i risultati ottenuti dalle bollicine nei mercati
esteri sono sorprendenti. Le vendite di spumanti italiani nel 2006 hanno visto
un incremento di circa il 17% nelle quantità e 13% sull'utile. Un risultato
che conferma ulteriormente i progressi e i risultati ottenuti dalle bollicine
italiane, sia metodo classico, sia Charmat.
Le bollicine italiane stanno riscuotendo un grande successo in Giappone,
guadagnando importanti quote di mercato nel paese del sol levante. In Germania
il vino italiano ha visto incrementare notevolmente le esportazioni, tanto da
rappresentare oggi la quota maggiore del mercato tedesco, seguito da Francia e
Spagna. Nell'altra sponda dell'oceano Atlantico si registrano dati altrettanto
incoraggianti. Negli Stati Uniti d'America le vendite di vino italiano sono
aumentate notevolmente, compreso l'interesse di conoscere la storia, la
tradizione e le zone enologiche dell'Italia. Infatti, mentre la situazione delle
esportazioni di vini italiani nei paesi dell'Unione Europea si può considerare
abbastanza stabile, le esportazioni sono notevolmente aumentate in tutti i paesi
al di fuori dell'Unione. Al primo posto nelle esportazioni troviamo i vini rossi
e, in progressivo aumento, gli spumanti, segno inequivocabile che le bollicine
prodotte in Italia hanno raggiunto livelli qualitativi notevoli.
Questo è quanto emerge dal rapporto dell'ICE - l'Istituto Nazionale per il
Commercio Estero - per quanto concerne le esportazioni di vino italiano
all'estero. In questo scenario, si rileva anche che la quota principale delle
esportazioni di vino spetta alle regioni dell'Italia settentrionale - che da
sole rappresentano oltre il 70% - mentre le regioni del meridione si
attestano a poco più del 5%. Un risultato che sorprende, viste le ottime
produzioni enologiche delle regioni meridionali, in particolare di vini rossi.
Il buon andamento delle esportazioni di vino italiano nel mondo è certamente una
notizia che sottolinea ulteriormente i notevoli progressi dell'enologia italiana
in campo qualitativo. La conferma che il difficile e tenace lavoro svolto dai
produttori per l'affermazione del vino italiano è stato efficace e che la
qualità è quello che maggiormente è richiesto dagli appassionati in un vino.
L'augurio è che questo risultato sia ulteriormente confermato anche nel 2007 e
che la qualità del vino italiano possa crescere ulteriormente, non solo per la
gioia degli altri paesi del mondo dove questo è esportato, ma anche per quella
degli appassionati di vino in Italia. Alla salute!
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