Le denominazioni servono. Il punto è capire a cosa servono effettivamente, o per
meglio dire, capire se la loro funzione è quella di tutelare la tradizione e la
tipicità di un vino - non da ultimo la sua qualità - oppure hanno una funzione
puramente commerciale e speculativa. Probabilmente si tratta di entrambe le
cose. Nella loro forma essenziale, le denominazioni sono leggi che
stabiliscono e regolano la produzione di un determinato vino, definendo il
territorio nel quale può essere prodotto, le pratiche viticolturali e le uve
consentite o ammesse, le pratiche enologiche e le qualità organolettiche che il
vino deve avere per potere appartenere a quella denominazione. In altre parole,
si tratta di un tentativo di definire un prodotto in termini legali. La
pretesa di definire la qualità secondo leggi e vincoli è un po' utopistica,
poiché - prima di tutto - la qualità è una precisa scelta produttiva e che
richiede criteri precisi che vanno ben oltre le imposizioni, seppure necessarie,
di una legge.
Se si guarda invece ai disciplinari di produzione come uno strumento utile alla
tutela e alla salvaguardia dei prodotti tipici nella loro definizione, allora
l'utilità di una legge sembra più appropriata. La tutela dei prodotti tipici di
un territorio - qualunque territorio - è legittima ed è giusto che siano
salvaguardati contro eventuali frodi o contraffazioni. Č pertanto auspicabile
che ci siano delle apposite leggi - disciplinari - che abbiano il fine di
regolare la produzione di un prodotto tipico, come il vino, e che stabiliscano
dei criteri tali da assicurarne la riconoscibilità e l'appartenenza a quello
specifico prodotto. Anche se è fin troppo evidente che un determinato prodotto,
con le sue specifiche e uniche qualità, può essere prodotto esclusivamente in un
determinato territorio, la tentazione di produrre altrove qualcosa di simile,
soprattutto quando un prodotto diviene famoso e ricercato, è qualcosa che si
verifica spesso e con l'unico scopo di trarre un profitto, non certo per amore
della qualità.
Le denominazioni servono anche a conquistare nuove quote di mercato, a
conservare e consolidare quelle attuali e ad evitare di perderle. A questo
potrebbe infatti fare pensare la decisione di Francia e Spagna circa l'imminente
approvazione di denominazioni nazionali e che saranno riconoscibili dalle
indicazioni Vignobles de France per i vini francesi e Viņedos de
Espaņa per quelli spagnoli. In entrambi i casi, la finalità puramente
commerciale è evidente. Si tratta di due misure preventive che dovrebbero
aiutare i vini di Francia e di Spagna a guadagnare nuove quote di mercato e
allo stesso tempo di riprendere quelle perse, puntando tutto sul nome
Francia e Spagna per la promozione e la diffusione dei loro vini. Per
quanto riguarda la denominazione Vignobles de France, l'intento di usare
questa nuova denominazione come strumento di mercato è stato palesemente
dichiarato. I produttori francesi ritengono infatti che grazie a questa nuova
denominazione nazionale sarà possibile competere con i produttori del nuovo
mondo.
La decisione ha avuto comunque accesi detrattori, ma anche convinti sostenitori.
I sostenitori di questa denominazione asseriscono infatti che sarà utile a fare
meglio comprendere i vini francesi nel mondo e consentirà ai produttori di
adattare i loro prodotti in funzione dei diversi gusti dei consumatori. Questo,
secondo l'opinione dei sostenitori di questo provvedimento, dovrebbe essere
sufficiente a convincere nuovamente i consumatori degli altri paesi al vino
francese, soprattutto in quei paesi dove la Francia ha perso quote di mercato.
La nuova denominazione Vignobles de France consentirà ai produttori - per
la prima volta - di miscelare i vini appartenenti alla denominazione vin
de pays provenienti da diverse regioni e di venderli con la generica
denominazione Francia. Nell'etichetta di questi vini si dovranno indicare le
qualità delle uve utilizzate per la produzione e che possono essere raccolte
nelle 64 aree vinicole della Francia, con l'esclusione dell'Alsazia e della
Champagne, aree nelle quali si producono solamente vini AOC (Appellation
d'Origine Contrôlée).
Anche la nuova denominazione nazionale istituita in Spagna - Viņedos de
Espaņa - ha suscitato pareri piuttosto negativi da parte dei produttori delle
principali aree vinicole del paese. Fra i più accesi detrattori di questa nuova
denominazione spicca la posizione de La Rioja, una delle principali zone
vinicole della Spagna e che, più di altre, contribuisce all'identificazione del
vino spagnolo nel mondo. I produttori de La Rioja sostengono infatti che la
denominazione nazionale Viņedos de Espaņa può essere lesiva nei confronti
dei vini di qualità spagnoli, poiché in questo modo sarà possibile
commercializzare vini di qualità mediocre ottenendo vantaggi dal marchio
Spagna. Tutto questo - secondo i produttori de La Rioja - recherà un danno ai
vini appartenenti alle attuali denominazioni di qualità dell'intero paese. I
sostenitori di questa nuova denominazione asseriscono, a loro volta, che questa
sarà utile a costruire un modello di qualità nazionale riconoscibile. Impresa
che pare piuttosto difficile senza il supporto dei produttori delle aree
vinicole più importanti della Spagna.
Ma cosa pensano i consumatori del ruolo e dell'utilità delle denominazioni? Nei
mesi scorsi abbiamo chiesto ai nostri lettori la loro opinione su alcuni aspetti
legati alle denominazioni, sulla loro importanza nella produzione e nella scelta
dei vini. Secondo i nostri sondaggi, emerge che per i consumatori il ruolo delle
denominazioni è piuttosto importante. Queste sono importanti per la tutela della
qualità e influiscono nelle loro scelte al momento dell'acquisto. In un
sondaggio dove si chiedeva ai nostri lettori quale fosse la migliore
denominazione italiana in accordo all'effettiva qualità dei suoi vini, un'ampia
maggioranza ha risposto che i migliori vini italiani sono quelli appartenenti
alla DOCG, cioè il livello più alto del sistema. Questo dovrebbe fare riflettere
i legislatori. Se è vero che le denominazioni sono percepite come importanti dai
consumatori, è anche vero che queste devono poi garantire effettivamente un alto
grado di qualità. In altre parole, una denominazione, in quanto tale, non è
sufficiente ad attrarre l'interesse dei consumatori. Ci vuole anche la qualità.
Singolare è il caso dell'IGT: nonostante questa sia inferiore - almeno in teoria
- alla DOC, nel nostro sondaggio emerge che i consumatori gli riconoscono una
qualità quasi analoga alla DOC. Le denominazioni sono importanti, ma da sole non
bastano a convincere i consumatori, poiché - prima di tutto - i consumatori
chiedono la qualità espressa nei fatti, non solo stabilita per legge o per
motivi di speculazione commerciale.
|