Il vino è un mondo nel quale vivono diverse realtà, diversi modi di interpretare
lo stesso prodotto visto da punti di vista distinti. Punti di vista che
producono anche risultati totalmente diversi fra loro, nonostante tutti siano
classificabili come vino. E questo dipende, fondamentalmente, da come
l'interprete vede il suo vino, e - soprattutto - da cosa vuole comunicare con il
suo prodotto e cosa vuole ricevere in cambio. Questi due aspetti definiscono -
in buona sostanza - le caratteristiche del prodotto e quindi anche la fascia e
la classe di consumatori al quale è potenzialmente destinato. Non tutti gli
appassionati di vino - quindi, consumatori - sono interessati allo stesso tipo
di prodotto. C'è chi nel vino vede semplicemente una bevanda, chi invece ne fa
un fatto squisitamente elitario, romantico e perfino classista, per altri
ancora, un prodotto da difendere nel suo significato culturale e tradizionale,
un valore da difendere a tutti i costi, indipendentemente dalle mode e dalle
tendenze di ogni tempo.
Il vino, non c'è dubbio, è un prodotto che nasce dalla terra e ogni terra è un
mondo totalmente a sé, fatto di numerosi fattori ambientali e sociali, di
culture e tradizioni che inevitabilmente influiscono su tutti i prodotti di ogni
singola terra. Fra i produttori, c'è chi crede sia indispensabile
ascoltare la propria terra e fare in modo che i propri vini ne siano
l'espressione più fedele e genuina, rifiutando qualsiasi fattore estraneo a
quella terra e che potrebbe alterare - anche minimamente - l'espressione di un
vino, di un territorio. I produttori che seguono prevalentemente questo tipo di
approccio sono generalmente i più piccoli, quelli che si tengono lontani dai
clamori della notorietà, indifferenti ai commenti che consumatori più o meno
competenti potrebbero esprimere sui loro vini. In genere non hanno veri
interessi commerciali - pur avendo comunque il legittimo e comprensibile
obiettivo di ottenere un profitto - ciò che interessa maggiormente loro è fare
il vino nel rispetto della terra, la loro terra.
Questo modo di fare il vino, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non
significa lasciare uve, mosto e vino al loro destino, attendendo che la
natura faccia il suo corso. Significa più semplicemente trarre il massimo
vantaggio dalle condizioni ambientali di un luogo, pur assicurando un controllo
sulla produzione così da evitare eventuali degradazioni o difetti. Questi
piccoli produttori generalmente evitano l'impiego di sostanze chimiche o
biologiche e tecnologie moderne di ogni tipo, non solo perché queste
altererebbero il loro concetto produttivo, ma anche - e forse, soprattutto - per
le ridotte disponibilità economiche. La visione ortodossa di questi
produttori va comunque oltre l'impiego o, eventualmente, la mancanza, di risorse
economiche. Molti, per esempio, evitano anche l'uso di lieviti selezionati, il
quale costo è decisamente basso, ma che - innegabilmente - alterano il carattere
e la tipicità del luogo nel quale quel vino nasce.
La tecnologia e la ricerca sono state certamente fondamentali per lo sviluppo
dell'enologia, consentendo - non da ultimo - anche alle piccole cantine di
potere produrre vini con la minore quantità di difetti possibili. Un grande
vantaggio e un grande merito che ha consentito l'innalzamento della qualità
generale dei vini di questo paese. Sarà forse l'uso eccessivo che negli ultimi
anni si è fatto di queste tecnologie - e che innegabilmente ha anche favorito la
produzione di tanti vini, tutti simili, tutti uguali - che oggi si sta
guardando, per così dire, al passato. Se un tempo erano i vini
tecnologici a interessare maggiormente i consumatori, etichettando in
modo spregiativo come vini del contadino quelli dei piccoli produttori
legati alle loro tradizioni, oggi si sta vivendo una sorta di inversione di
marcia. Fra gli appassionati c'è una sorta di corsa alla ricerca di vini
prodotti da piccole cantine, alla ricerca della tradizione legata al territorio.
Anche i produttori oggi si vantano di essere distanti dalla tecnologia: se
un tempo dichiarare che si faceva uso della barrique - la famosa botte bordolese
da 225 litri - dava il pieno diritto di entrare fra i produttori
importanti, oggi si cerca di farlo sapere il meno possibile. Oggi è un
segno distintivo dire di non usare la barrique in favore delle tradizionali
botti grandi; chi usa invece la barrique, spesso tende a sostituire il termine
con piccola botte o legno piccolo, per esempio. Lo stesso accade, per
esempio, con i lieviti selezionati. Se un tempo l'uso dei lieviti selezionati
rappresentava la norma - oltre che essere consigliato da qualunque tecnico -
oggi i produttori si vantano quando fermentano i loro vini con lieviti naturali,
cioè quei lieviti che naturalmente sono presenti nelle bucce dell'uva e
nell'atmosfera del territorio. Dichiarare di usare i lieviti selezionati è
diventato - oggi - quasi un motivo per essere additati con sospetto sulla dubbia
genuinità di un vino nel rispetto di un territorio.
Sia chiaro: l'uso dei lieviti selezionati consente una migliore stabilità e
controllo della fermentazione alcolica, ma è innegabile che si tratti di
un'alterazione delle condizioni naturali di un territorio, poiché questi -
durante la fermentazione - tendono a sopraffare la naturale popolazione di
lieviti indigeni. In altre parole, alterano innegabilmente l'espressione di un
vino rispetto alla sua naturale interpretazione. Per dirla alla francese,
alterano l'espressione del terroir di un luogo. Tradizionale e piccolo è
quindi meglio? Non sempre. O meglio, dipende da cosa si cerca in un vino. I
piccoli produttori hanno il merito di conservare meglio le qualità e le tipiche
espressioni di un territorio, limitando il più possibile l'impiego di fattori
che potrebbero alterare l'integrità, sia per motivi di scelta, sia per motivi
meramente economici. E per fare questo - va detto - non sempre riescono a
offrire un prodotto di qualità. Questo vale anche per i produttori più grandi.
Si tratta di una scelta, appunto. Una scelta che qualunque produttore potrebbe
adottare, grande o piccolo che sia. Ed è una questione di priorità, cioè
scegliere fra profitto economico, tipicità del territorio o conformarsi con il
gusto della massa, tanto per fare qualche esempio. Viva il vino buono, ben fatto
e onesto - grande o piccolo che sia - e che sappia raccontare le emozioni del
suo territorio.
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