Per molti anni, i vini morbidi - con quella morbidezza spessa e opulenta, quasi
pastosa dal vago sapore zuccheroso - sono stati declamati e acclamati da ogni
guida enologica e da gran parte degli appassionati di vino. Per anni, questi
vini, sono stati innegabilmente il riferimento enologico di tutto il mondo,
diventati all'improvviso i protagonisti di ogni calice, copiati da tutti, nel
bene e nel male. Non da ultimo, questo genere di vini ha condizionato fortemente
il mercato enologico, cercando di assecondare il gusto e le crescenti richieste
dei consumatori, così da assicurarsi maggiori profitti. Se un vino non era
morbidoso, non trovava il consenso delle masse, al limite, finiva nei calici
di quelli che dal vino cercavano ben altre emozioni sensoriali. È una questione
di gusti, certamente, ma a volte l'eccesso di morbidezza rende un vino
squilibrato e poco interessante, senza sorprese, ma certamente rassicurante.
Per molto tempo, i vini capaci di esprimere una certa eleganza - concetto che,
va detto, è piuttosto soggettivo - nell'armonia dei profumi fino all'equilibrio
gustativo, sembravano non trovare più il consenso degli appassionati. Per lungo
tempo, si è cercato il rassicurante abbraccio di profumi morbidi, in particolare
quelli ottenuti attraverso la maturazione e la fermentazione in barrique, molto
diretti e omologati, tanto da renderli simili a tantissimi altri vini. Anche in
bocca le cose non erano molto diverse: la semplicità di un vino morbido,
senza complicazioni, spesso con strutture piene, quasi enormi, tenevano a una
certa distanza - spesso soffocandole completamente - sia l'acidità, sia
l'astringenza dei tannini. In questo quadro gustativo, anche l'alcol trova una
maggiore espressione - elemento che, non va dimenticato, contribuisce in modo
significativo alla sensazione di morbidezza - con l'effetto di ottenere vini
decisamente più alcolici.
Questi vini, dal deciso orientamento morbido, così morbido da richiamare, per
certi aspetti, una lieve sensazione dolciastra, che in certi casi è realmente
presente in virtù di un piccolo residuo zuccherino, hanno contribuito al
livellamento delle qualità organolettiche del vino. O quanto meno hanno
livellato e omologato le aspettative dei consumatori nei confronti di ogni vino.
Poiché nel vino l'equilibrio gustativo è un fattore determinante per la
definizione della sua qualità, l'avere assecondato - ma si farebbe meglio dire,
condizionato e controllato - il gusto dei consumatori, ha dato inizio a veri e
propri giochi di equilibrio in vigna e in cantina, tutto per ottenere
morbidezza, concentrazione e potenza. È successo quindi che, se si voleva
restare nel mercato, uve che da sempre hanno prodotto vini leggeri ma eleganti -
non da ultimo - equilibrati, sono stati costretti ad andare in palestra e a
sviluppare possenti muscoli.
Tutto è iniziato, innegabile, dal Merlot e dalla barrique. Qualche decina di
anni fa, quando la qualità del vino mondiale stava iniziando il suo percorso,
qualunque vino prodotto con Merlot fermentato o maturato in barrique aveva il
successo assicurato, il pieno consenso della critica enologica, quindi
l'apprezzamento dei consumatori. Tutto è iniziato quando i paesi enologici
emergenti - Stati Uniti d'America su tutti - hanno iniziato a produrre vini
cercando di imitare lo stile francese. Si finì per credere che il segreto dei
francesi fosse il Merlot e la barrique - i vini di Bordeaux erano, a quei tempi,
i più conosciuti e apprezzati - e quindi si cercò di creare vini basandosi
prevalentemente su questi due elementi. Si arrivo quindi con l'esagerazione di
quel modello e con l'esasperazione tecnologica, un modello che iniziò ad essere
considerato come riferimento, complice anche una parte della critica,
soprattutto americana. La Francia e gli altri storici paesi produttori di vino,
furono praticamente costretti ad adeguarsi alla nuova tendenza.
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È nei vini rossi dall'accentuata
morbidezza, soprattutto quelli prodotti con Merlot e maturati in barrique, che
si percepisce il carattere moelleux | |
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Dal punto di vista organolettico, un vino morbido è chiaramente più immediato e
diretto rispetto a un vino dal profilo gustativo più complesso, dove anche
l'astringenza e l'acidità competono nell'equilibrio complessivo. Sono in molti a
sostenere che questo genere di vini riscuotano un ampio successo proprio perché
ricordano sensazioni gustative infantili, pertanto semplici e
rassicuranti. Sono in molti a sostenere che questo genere di vini siano
generalmente preferiti dagli appassionati neofiti, poiché con la loro
personalità forniscono soddisfazioni organolettiche immediate e semplici che
ognuno può riconoscere. Entrambe le ipotesi sono verosimili: non è un caso che,
con il procedere della propria crescita nel percorso della degustazione
sensoriale, si tendono a preferire vini con qualità lontane da quelle morbide,
ricercando, per esempio, le qualità più marcate nell'acidità, pur mantenendo
eleganza e, non da meno, equilibrio.
Questo si può anche spiegare con il rapporto che i degustatori esperti hanno
con il vino. Non si accontentano infatti di conoscere e riconoscere le
sensazioni percepite dal calice; piuttosto si prodigano nell'analisi alla
ricerca delle sfumature meno evidenti, meno immediate, quelle che regalano
carattere e personalità a un vino. Va detto che la ricerca delle sfumature in un
vino è sempre più complessa e poco agevole, anche a causa dell'innegabile
livellamento tecnologico che si è verificato sia in vigna sia in cantina.
L'impiego di tecnologie e ausili disponibili a tutti, ha contribuito alla
diffusione di un modello sensoriale virtualmente replicabile e attuabile
ovunque. Un esempio su tutti è l'uso dei lieviti selezionati - che impartiscono
al vino qualità aromatiche ben precise, spesso coprendo il carattere dell'uva -
così come l'uso di botti e barrique, capaci di conferire al vino determinati
tannini ed elementi organolettici, aromatici e gustativi, riconoscibili in
migliaia di vini.
La corsa alla morbidezza ha portato inoltre al progressivo aumento della
gradazione alcolica nei vini. Qualche decina di anni fa, e questo anche in
Francia, un vino con un volume alcolico superiore al 13% era considerato come
un'eccezione: la media era generalmente del 12,5%. L'aumento della morbidezza
in un vino necessita il conseguente aumento di un fattore opposto, così da
ottenere l'equilibrio. La morbidezza è generalmente equilibrata dall'acidità e
dall'astringenza, ma poiché la morbidezza nelle uve si ottiene anche con la
maturazione - condizione che porta alla diminuzione della sua acidità - non
resta che introdurre tannini attraverso la fermentazione o maturazione in botti
dal forte impatto, come la barrique. Se si aggiunge poi che certe uve - come il
Merlot - sono naturalmente caratterizzate da una quantità modesta di acidi ma
quantità significative di elementi morbidi, la maturazione in barrique
diventa quasi obbligatoria.
La morbidezza si ottiene anche con l'impiego di uve mature, condizione che
aumenta la quantità di zucchero, quindi - al termine della fermentazione
primaria - si produce una quantità maggiore di alcol. Fra i tanti ruoli svolti
nel profilo gustativo, l'alcol contribuisce ad aumentare il carattere morbido di
un vino, alterando quindi l'equilibrio. In altre parole, alla fine diventa un
circolo vizioso senza fine, poiché l'aumento di un elemento richiede il relativo
aumento di uno o più fattori opposti, così da ristabilire l'equilibrio. Anche la
ricerca estrema della concentrazione, con lo scopo di produrre vini
coloratissimi e con strutture possenti, anche da quelle uve che in genere non
possiedono materiale solido a sufficienza, richiede l'esaltazione di certi
caratteri organolettici oppure ricorrere alla loro correzione in cantina. Non è
un segreto che, quando necessario - oppure per ottenere un certo risultato - in
cantina è possibile correggere un vino aggiungendo, legalmente, acido tartarico
oppure glicerina, per esempio.
Due importanti personaggi francesi del mondo del vino del 1900, Émile Peynaud e
Jules Chauvet, oltre a stabilire le basi e lo sviluppo dell'enologia moderna,
hanno definito i principi della moderna degustazione sensoriale del vino,
proponendo un modello metodico e scientifico, spiegando, fra l'altro, il
concetto di morbidezza. A questo proposito, è opportuno ricordare che Jules
Chauvet, oltre ad essere stato enologo, esperto chimico e degustatore di vini di
raro talento, più di ogni altro si è soffermato sull'importanza del calice da
degustazione. I suoi studi e le sue ricerche gli hanno consentito di definire la
forma e la dimensione del celebre calice INAO, oggi comunemente conosciuto come
calice da degustazione ISO. Nei loro libri sul tema della degustazione
sensoriale del vino, sia Peynaud sia Chauvet, usano il termine moelleux -
termine ora ampiamente diffuso nel mondo del vino - proprio per definire questo
genere di vini morbidi.
Il termine è stato comunque oggetto di confusione, soprattutto a causa di
traduzioni in altre lingue - a partire dall'inglese - attribuendo a questa
parola, erroneamente, il significato di dolce, riconducendo quindi alla
presenza dello zucchero. Il termine moelleux è utilizzato in Francia per
indicare una categoria di vini dallo stile specifico, vini caratterizzati da una
media dolcezza, tuttavia quando è riferito alla degustazione sensoriale del
vino, assume un significato ben diverso. Il termine moelleux è definito
dal celebre dizionario francese Larousse come «ciò che è morbido ed elastico al
tatto. Qualcosa che ha gusto, suono o aspetto morbido e vellutato, riferito alla
carne, si intende carne tenera. Si dice di un vino rotondo e corposo in bocca».
Sempre il dizionario Larousse, informa che l'etimologia di moelleux
deriva dal latino medullosus, cioè midolloso, cioè pieno di midollo,
come le ossa.
In altre parole, quando si parla di degustazione sensoriale del vino, la
dolcezza e lo zucchero non hanno nessun riferimento al termine moelleux.
Si definisce pertanto moelleux quel vino che in bocca ha un carattere
morbido, soffice, liscio, levigato e vellutato. Per i francesi, il carattere
moelleux è fondamentale per l'equilibrio di un vino, poiché è il fattore
che riesce a equilibrare sia l'acidità nei vini bianchi e rossi, sia
l'astringenza dei tannini nei vini rossi. Questo richiama il concetto di
equilibrio nei vini - ancora oggi applicato nella degustazione sensoriale -
concetto che è stato appunto definito da Émile Peynaud e Jules Chauvet. Cosa
compone quindi il carattere moelleux nei vini? Tutte le qualità il quale
sapore riconduce direttamente alla morbidezza e, in secondo luogo, alla tendenza
dolciastra. Fra i principali componenti troviamo l'alcol etilico e i cosiddetti
polialcoli, come per esempio la glicerina.
Il gusto dell'alcol, oltre a produrre il conosciuto effetto pseudocalorico, è
tendenzialmente dolciastro e produce una sensazione tattile riconducibile alla
morbidezza. La sensazione di morbidezza è accentuata inoltre da altre sostanze
generalmente presenti nelle uve - e quindi nel mosto - come pectine, mucillagini
e gomme. Fra i tanti fattori che possono aumentare la morbidezza nei vini,
si ricordano anche la fermentazione e la maturazione in botte - soprattutto la
barrique - e la permanenza del vino a contatto con le sue fecce e le cellule del
lievito di fermentazione. Tutto questo porta al miracolo del tanto amato
carattere moelleux - responsabile del successo commerciale di fiumi di
vino negli anni 1990 - così caro a tanti appassionati di vino, noioso e monotono
per tanti altri. Oggi, infatti, la preferenza dei consumatori sembra prediligere
quei vini con un carattere moelleux piuttosto modesto, con personalità
più fine e fresca, ravvivati da una vivace acidità.
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