Quando iniziai l'avventura di DiWineTaste, idea che per la prima volta sfiorò
i miei pensieri nel 2000, per poi concretizzarsi nel 2002, avevo già le mie
personali idee sul vino e una forte convinzione: in questa materia,
esattamente come oggi, avevo tanto da imparare. Oggi, probabilmente, possiedo
una consapevolezza maggiore rispetto a tredici anni fa, ho avuto la fortuna di
capire qualcosa in più sul vino, ma la certezza che si tratti di un argomento
pressoché infinito mi accompagna ancora. Nel 2000 lavoravo già da qualche anno
nel mondo del vino, per meglio dire, dell'enogastronomia, in qualità di
consulente. Avevo anche un particolare interesse, come oggi, per la fisiologia
dei sensi - materia alla quale mi ero appassionato molti anni prima durante le
mie ricerche e studi sul tè - oltre alle tecniche di degustazione, anche
queste scoperte per merito del tè. Cercavo di informarmi attraverso
pubblicazioni e libri - cosa che continuo a fare, libri in particolare -
incluse le cosiddette guide dei vini, a quei tempi certamente più
influenti di quanto non lo siano oggi.
Non ero comunque dipendente da questo genere di pubblicazioni, ne ho
acquistate diverse in passato, alcune mi venivano regalate direttamente dai
miei clienti, e la mia opinione sul vino era, allora come oggi, fortemente
basata su quello che versavo nel mio personalissimo calice. Anche per motivi
puramente didattici e di cultura personale, ogni tanto acquistavo, da solo o
insieme ad amici, quei vini che - secondo i pareri esperti delle guide -
rappresentavano ogni anno la vetta dell'Olimpo dell'enologia italiana e del
mondo. Quelle bottiglie, a seconda della circostanza e dell'occasione, erano
degustate scoperte nel caso della valutazione di un singolo vino,
rigorosamente alla cieca quando si stappavano due o più vini. Ho sempre
creduto nel valore didattico e formativo della degustazione alla cieca:
considero la valutazione eseguita con la bottiglia scoperta un semplice
esercizio di bevuta conoscitiva, seppure capace di fornire elementi
critici e analitici, evidentemente condizionati, quindi, poco affidabili e
attendibili, poco formativi.
A volte quei vini li trovavo davvero entusiasmanti, a volte - oserei dire,
molto spesso - procuravano una certa delusione, soprattutto se la valutazione
qualitativa era confrontata con il prezzo pagato per quella bottiglia. In
questi casi- lo ammetto - giungevo sempre alle stesse conclusioni: o la mia
esperienza,conoscenza e capacità non erano sufficienti a comprendere la
grandezza di quel vino, oppure il mio gusto personale non trovava
gratificazione in quello che avevo versato nel calice, oppure il motivo era
semplicemente altro. Confidavo ad altri amici appassionati di vino le mie
perplessità su quei vini che trovavo certamente buoni, ma non proprio eccelsi
e con qualche peccato da farsi perdonare. Talvolta scoprivo che quei
dubbi erano condivisi da altri. È pur vero che per molti altri quei vini erano
indiscussi esempi di grandezza, inappuntabili in tutto e per tutto. A fronte
dei miei dubbi, c'erano persone - anch'essi appassionati come me - pronti a
sostenere in modo incrollabile quei vini. Ognuno ha i suoi gusti e le sue
preferenze - non c'è dubbio - e comunque la definizione del buono è
anche il risultato di considerazioni del tutto soggettive.
Il mondo del vino, esattamente come tanti altri mondi, è fatto anche di
parole che spesso diventano dogmi indiscutibili e che pochi hanno il coraggio
di mettere in discussione, soprattutto - ma non solo - per evitare il rischio
di essere considerati incompetenti. Nel mondo del vino, dove tutti sono
autorevoli esperti - esattamente come tutti sono provetti allenatori di calcio
- essere considerati inesperti è un'onta e un disonore tale da gettare nello
sconforto chiunque. Non appena si sparge la voce che un certo vino è buono o
un certo produttore produce vini di innegabile qualità, questa diviene regola,
magari anche argomento da sfoggiare, con non poca vanità, con amici e altri
esperti. A questo proposito, mi torna in mente un episodio di uno
scambio di opinioni che ebbi circa quindici anni fa con una persona che si
definiva esperta. Si parlava di vini, in particolare di un celebrato vino
italiano che questo signore sembrava conoscere molto bene, dando l'impressione
fosse un vino, beato lui, che aveva il piacere di consumare spesso.
Raccontava con pietosa disinvoltura pompose lodi senza mai scendere nei
dettagli, senza fare capire cosa trovasse realmente in quel vino e perché - a
livello enologico e sensoriale - fosse di così alta e incrollabile qualità. A
scanso di equivoci, il vino in questione era - ed è - un grandissimo vino, uno
dei grandi vanti dell'enologia italiana a livello mondiale, non per meriti
presunti ma per evidente e provata qualità. Questo signore era molto ansioso
nell'atteggiarsi esperto, così avvezzo a concedersi spesso e volentieri
grandissimi vini, nonostante avessi il concreto dubbio che stesse parlando di
qualcosa che non conosceva affatto. Al termine della sua pressoché infinita
lectio magistralis, gli chiedo se avesse mai assaggiato quel vino. La
risposta fu davvero singolare quanto desolante: confessò di non averlo mai
assaggiato e che un suo amico - esperto, ovviamente - gliene aveva parlato
molto bene poiché nelle guide questo vino aveva raggiunto il massimo
punteggio. Sic transit gloria mundi.
Il mondo del vino è anche un susseguirsi di mode e tendenze, sostenute e
adorate da tanti esperti e appassionati, sia per motivi di comodo - è sempre
emozionante salire sul carro del vincitore - sia perché si deve. Guai a
mettere tutto questo in discussione: l'accusa di essere incompetente e posto
fuori dal gruppo che conta sarebbe disdicevole. I vini spesso
costruiscono la propria fama, fortuna e meriti grazie a fenomeni come questi,
che raggiungono una diffusione enorme in continua crescita tanto da divenire
indiscutibili. Insomma, se tutti dicono che un certo vino è buono,
sostenere il contrario diventa controproducente e poco credibile. In tutto
questo va detto, in modo chiaro, che ci sono vini che meritano effettivamente
la fama e i meriti che dimostrano di avere, qualcosa che non ha un legame
diretto con la fortuna o le tendenze del momento. Di vini così, per fortuna,
ce ne sono molti in Italia e nel mondo, ma è anche vero che ci sono tanti vini
che probabilmente non meritano il clamore che riescono a produrre, soprattutto
per l'evidenza dei fatti. D'accordo, de gustibus non est disputandum, ma
a tutto c'è un limite, soprattutto quando i fatti si basano sul nulla e sulla
mancanza di fattori concreti e oggettivi. I meriti reali restano perché si
basano su fatti concreti che garantiscono loro lunga vita. Le frivolezze
invece sono destinate a scomparire con l'arrivo di una nuova e facile
illusione, lasciando dietro di sé solo macerie che nessuno ricorderà.
Antonello Biancalana
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