Ognuno ha propri gusti, anche in fatto di vino, e questo, ovviamente, è
normale e auspicabile. Le preferenze per i diversi stili di vino - come già
detto altre volte - cambiano continuamente, subendo inevitabilmente anche
l'influsso delle mode, delle tendenze sociali e culturali. Bianchi, rossi,
spumanti, rosati e dolci, hanno avuto tutti i loro momenti di gloria così come
momenti di minore splendore. Cicli che si ripetono nel tempo e oggi, a quanto
pare, l'interesse dei consumatori è prevalentemente rivolto ai vini rossi
nonostante i bianchi stiano tornando a farsi largo nei calici degli
appassionati. Anche gli spumanti e i rosati - seppure in misura minore - hanno
avuto la loro rivincita, certamente non come bianchi e rossi, ma
in certi momenti si sono difesi piuttosto bene, bollicine in particolare.
Quelli che indiscutibilmente non riescono a conquistare i favori degli
appassionati, sono i vini dolci.
Ammetto di avere preferenze e gusti particolari - anche in fatto di vino - a
volte in controtendenza rispetto alle mode e alle tendenze del momento, eppure
ho sempre avuto una smisurata passione per i vini dolci e fortificati. Non
credo di essere un paladino, pronto a difendere i più deboli - i vini dolci, in
questo caso - semplicemente ritengo che questi nettari, termine assolutamente
appropriato in questo caso, rappresentino l'apoteosi delle emozioni sensoriali.
Sinfonie infinite di profumi e sapori, sarebbe infatti riduttivo e banale
considerare questi vini per la loro sommaria e superficiale qualità
rappresentata dal gusto dolce. La loro produzione e l'uso di uve appassite
conferisce infatti a questi vini qualità sensoriali straordinarie e complesse,
qualcosa che è difficile - se non impossibile - percepire in qualunque altro
stile di vino. I vini dolci, compresi i fortificati, sono veri monumenti
enologici, patrimoni di una lunghissima tradizione che l'uomo ha stretto con la
vite e l'uva.
Si potrebbe pensare che il gusto attuale della gente non prediliga il dolce,
eppure il consumo di alimenti dolci è elevatissimo. Lo zucchero, nelle sue
innumerevoli forme, è virtualmente presente in ogni alimento, aggiunto anche in
quelli dove non ci aspetteremmo di trovarlo. Basta leggere le etichette di
molti degli alimenti e delle bevande in commercio per scoprire che lo zucchero,
nelle sue varie forme, è praticamente presente ovunque. Sembrerebbe proprio che
il genere umano adori il gusto dolce, tanto da apprezzarlo anche negli alimenti
cosiddetti salati: la nostra dieta è letteralmente invasa dallo zucchero.
Secondo questa logica, il vino dolce dovrebbe quindi risultare fra quelli
preferiti: invece no, i vini dolci e fortificati - per dirla con le parole dei
produttori - non si vendono. La produzione è fra le più complesse e
critiche, uno sforzo che non è ripagato dal mercato. O almeno, non lo è
più.
Va detto, infatti, che in passato i vini dolci - quelli di qualità, ovviamente
- hanno fatto letteralmente sognare gli appassionati, questi nettari
allietavano in genere le mense di benestanti e nobili. Vini pertanto costosi e
ricercati: caratteristiche che conservano ancora oggi nella maggioranza dei
casi. Più volte mi sono chiesto se l'aspetto economico sia da ritenersi il
principale responsabile del ridotto apprezzamento di questi vini da parte dei
consumatori. Può essere certamente uno dei tanti fattori, magari anche
determinante, ma non credo sia il principale. La gente - parlando in
termini generali - semplicemente non li apprezza, spesso ammettono che questi
vini non possono in nessun caso incontrare il loro gusto. Semplicemente, non
piacciono. Sarà forse per la loro dolcezza, qualcosa che - evidentemente - li
rende così diversi e distanti dai mascolini rossi, spesso considerati
come il riferimento del vino da veri intenditori.
Va detto che non tutto il vino dolce è nettare meritevole di attenzione e
rispetto. Ci sono, in verità, molti vini dolci che non si possono considerare
esattamente entusiasmanti, figli di maldestri e sbiaditi tentativi
enologici di dubbia qualità. Di certo è vero anche l'esatto contrario, poiché
ne esistono molti di monumentale e magnifica qualità. Straordinari esemplari di
nobile e ineccepibile eleganza, inesorabilmente mortificati dal mercato. Lo
stesso accade per i vini fortificati o liquorosi, che apprezzo in modo
smisurato esattamente come i vini dolci e passiti. Che poi, a onore del vero,
sarebbe più corretto chiamarli vini dolci da uve appassite, poiché non è
certamente il vino a essere appassito, anzi, è vivo e vivace di
indispensabile e acida freschezza. Vini di enorme complessità - dall'aspetto al
gusto - mostrano vita in continua evoluzione, una sorta di sfida contro il
tempo, durante il quale, si arricchiscono e migliorano.
Il grande e mai dimenticato Gino Veronelli, aveva ideato un termine che
descriveva pienamente la sontuosità e la magnificenza di questi nettari,
definendoli vini da meditazione. Un termine che non usava esclusivamente
per i vini dolci e faceva ben comprendere la piena attenzione - e la
conseguente soddisfazione emotiva e sensoriale - che questi vini chiedevano per
essere compresi e goduti. Ecco, forse è un problema di superficialità. I
consumatori si lasciano più facilmente sedurre dall'apparenza e dall'immediata
semplicità di certi vini, considerando troppo impegnativo l'ascolto del calice,
non solo emozionale ma anche analitico, critico e cosciente. Forse siamo troppo
impegnati a rincorrere la nostra superficiale frenesia, dimenticando che, a
volte, la lentezza è grande maestra di vita e regala maggiore consapevolezza di
noi stessi e del mondo. In questa superficiale logica sociale, forse, i
complessi e complicati vini dolci e fortificati non trovano più il loro spazio,
e si cerca maggiore gratificazione nella semplice e poco impegnativa
immediatezza. Tutto, subito e facile, senza la fatica di pensarci troppo. Sarà
quel che sarà: io, in ogni caso, continuo a meditare nella bellezza dei miei
amati vini dolci e fortificati.
Antonello Biancalana
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