Il rapporto che l'uomo ha stabilito fra il vino e il cibo trae probabilmente la
sua origine nel momento stesso in cui la bevanda di Bacco inizia a fare parte
della storia dell'umanità. Abbiamo infatti innumerevoli esempi e citazioni che
ci giungono dal passato, anche remoto, a testimoniare quanto il vino fosse
presente nelle tavole e abitudini alimentari dei nostri antenati.
Indissolubile, inoltre, il ruolo che il vino ha assunto in tempi passati nella
celebrazione di riti – sia pagani, sia religiosi – assumendo significati
sociali elevatissimi, non da meno, simbolo di sacralità. Immancabile compagno a
tavola delle civiltà bagnate dal Mediterraneo, da sempre l'uomo ha cercato di
accompagnare, cercando di trarre il massimo piacere e piacevolezza, il vino con
il cibo, dai pasti frugali ai sontuosi banchetti. Non solo a tavola, ma anche
in cucina: le tante testimonianze che si possono reperire in antichi scritti
del passato offrono innumerevoli ricette nelle quali il vino diviene
anche ingrediente.
Sono oramai oltre venti anni che mi confronto con l'abbinamento
enogastronomico, non da meno, brassogastronomico e perfino quello che riguarda
il tè con il cibo. Non sempre l'arte di abbinare il vino a tavola produce
risultati oggettivamente condivisibili: le variabili che influiscono
sulla percezione del risultato sono decisamente molte. A questo si devono
aggiungere inevitabilmente i gusti, la cultura e la sensibilità sia di chi
formula l'abbinamento, sia di chi lo assaggia. Non sempre le cose coincidono o
trovano un punto d'incontro comune. Esistono, in ogni caso, dei criteri e delle
formule di abbinamento oggettivamente condivisibili e che procurano
sempre un sicuro successo nell'ambito della medesima cultura e tradizione. Va
infatti detto che anche cultura, tradizione, abitudini ed espressioni sociali
dei luoghi e delle persone influiscono fortemente sull'accettabilità e la
formulazione di un abbinamento enogastronomico.
A titolo di esempio, si può citare il celeberrimo abbinamento delle ostriche
con lo champagne, dettato più dall'ostentato sfoggio di benessere e ricchezza
piuttosto che dall'effettiva armonia fra i due elementi. Per quello che mi
riguarda, consapevole di trovare molti in disaccordo, l'abbinamento di
champagne e ostriche produce semplicemente, per i miei sensi e il mio gusto, un
risultato poco armonico, perfino contrastante. Ci sono poi alimenti che, nella
maggioranza dei casi, rappresentano un'impresa piuttosto ostica quando si cerca
di abbinarli al vino. Penso, per esempio, ai carciofi e finocchi crudi, cacao e
cioccolato fondente: quando sono l'ingrediente prevalente di un piatto,
l'abbinamento con il vino diviene decisamente complesso e complicato, seppure
non impossibile. In questi casi, cercando di scongiurare l'insuccesso, è spesso
preferibile abbinare una bevanda diversa, decisamente non un vino. Poi è vero
che a volte è giusto osare e che certe sfide enogastronomiche sono
motivo di grande soddisfazione, ma a volte è preferibile avere la
consapevolezza di sapere rinunciare evitando di andare incontro al fallimento
certo, soprattutto quando l'abbinamento è proposto a un numero elevato di
persone.
L'abbinamento del vino con il cibo è da sempre oggetto di discussione,
confidando di scoprirne la formula infallibile. Esistono molti metodi e
sistemi basati su fattori tecnici e che formulano i principi di abbinamento in
accordo all'intensità e la qualità degli stimoli di cibo e vino, proponendo
– evidentemente – un approccio quanto più oggettivamente condivisibile.
Questi metodi tecnici, nonostante abbiano un'elevata percentuale di successo
nell'accettabilità e gradimento, non possono comunque considerarsi
esatti. Tutti questi metodi, in modo più o meno generale, si basano su
principi di contrasto e analogia, cioè, si tende a contrastare reciprocamente
certi stimoli sensoriali del vino e del cibo, oppure ad assecondarli con lo
scopo di accentuarli. Questi principi si basano sia sulla fisiologia del gusto,
sia su considerazioni di tipo chimico, cioè la capacità di certe sostanze nel
legarsi ad altre, eludendo così la loro percezione tattile o sensoriale.
Ci sono poi metodi, ma si farebbe meglio considerarle indicazioni, che
si basano su principi dettati dalla tradizione e cultura di un luogo. Queste
indicazioni non hanno un fondamento prettamente tecnico, spesso si
basano semplicemente sulla disponibilità dei vini e cibi di un luogo,
pertanto – sono in molti a sostenerlo – con la cucina locale si impone
l'abbinamento con un vino altrettanto locale. Si deve riconoscere che, spesso,
l'abbinamento risulta sia gradevole sia condivisibile in termini oggettivi,
altre volte invece non esattamente armonico. In quest'ultimo caso, nella
maggioranza dei casi, si insiste particolarmente sulla tradizione di un
abbinamento – dettato unicamente dal principio che così si fa da
queste parti e così è sempre stato – tralasciando qualunque altra
considerazione, sia tecnica, sia soggettiva. Così come la regola che vuole
l'abbinamento di un piatto nel quale il vino è ingrediente con il medesimo vino.
Nella mia esperienza in fatto di abbinamento del cibo con il vino, sia per
piacere personale, sia per motivi professionali, in tutti questi anni mi sono
convinto che il successo di un abbinamento è inversamente proporzionale al
numero di persone che lo assaggiano. Facile trovare avere successo con un
abbinamento destinato a un ristretto numero di persone – e che magari
si conoscono personalmente – decisamente più difficile quando è pensato per un
vasto gruppo di individui. In quest'ultimo caso, soprattutto quando il gruppo
è composto da diverse decine di soggetti, la probabilità di trovare una persona
non esattamente soddisfatta dell'abbinamento è molto elevata. Questo accade,
sia per il fatto che non si può evidentemente accontentare tutti, sia
perché ognuno di noi è diverso da chiunque altro, non da meno per un semplice
motivo di presunzione, vanità e l'atteggiamento di criticare a
prescindere per ostentare una supposta, ma spesso vacua, competenza e
affermare il proprio orgoglio.
Infine, ci sono i gusti personali e, con quelli, c'è poco da dire o da
disquisire. Del resto, l'antico adagio de gustibus non disputandum est,
resiste nei secoli e di certo non per caso. A tale proposito, mi viene in mente
un signore che ho conosciuto diversi anni fa, il quale apprezzava, e con vera
convinzione, l'abbinamento del Brunello di Montalcino con la sogliola alla
mugnaia. Questa combinazione non incontra il mio favore e gusto – ma non
certamente per la nota e decisamente falsa regola che il vino rosso non si
abbina con il pesce, tutt'altro – semplicemente perché ritengo l'abbinamento
disarmonico e non solo dal punto di vista tecnico. Riconosco, in ogni caso, che
sia io sia quel signore abbiamo ragione: la differenza di gusti, così come
quella delle opinioni, è degna e rispettabile in ogni caso e per chiunque,
almeno fino a quando non si cerca di imporla agli altri. Nell'abbinamento del
cibo con il vino, conoscere la tecnica è importante, non da meno, la conoscenza
approfondita e specifica di come i due elementi sono stati prodotti e quali
sensi riescono a stimolare, oltre al gusto personale e un pizzico di talento.
Perché, in definitiva, l'abbinamento del cibo con il vino è la ricerca del
piacere delle emozioni attraverso i sensi. Esattamente come il teatro, la
musica e la pittura: semplicemente l'arte dei sensi.
Antonello Biancalana
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