![]() Cultura e Informazione Enologica dal 2002 - Anno XXIII |
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Numero 184, Maggio 2019 |
Sommario |
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La Guerra dei Tappi |
La conservazione e il trasporto del vino è una necessità che nasce evidentemente con la scoperta della bevanda di Bacco. Sin dai tempi remoti, e dei quali abbiamo testimonianze scritte da parte di autori del passato, chiunque producesse vino aveva la necessità di conservarlo nel tempo e, soprattutto, di trasportarlo con lo scopo di ottenere un profitto commerciale. Ben presto, infatti, il vino divenne un'importante merce di scambio commerciale, viaggiando letteralmente in ogni luogo del mondo, attraversando paesi e oceani. Un problema non banale, chiaramente, e ampiamente provato dalle numerose soluzioni che, nel corso della storia, l'uomo ha adottato per consentire sia la conservazione nel tempo, sia la possibilità di trasportarlo. A tale proposito, si deve ricordare che la botte di legno – strumento enologico oggi confinato solamente all'interno della cantina – è stato ideato proprio per trasportare agevolmente enormi quantità di vino fino a raggiungere destinazioni lontanissime. La sigillatura dei contenitori usati per la conservazione del vino è da sempre un aspetto cruciale e delicato, con lo scopo di attuare misure utili per evitare il contatto con l'ossigeno e la luce. Già dai tempi delle anfore e dei vasi in terracotta, le soluzioni proposte sono state diverse, spesso singolari e non sempre efficaci. L'introduzione della bottiglia di vetro – all'inizio ben diversa da quella in uso oggi – ha per certi aspetti complicato le cose, almeno fino a quando non si è pensato al sughero per realizzare i tappi. Il legame fra bottiglia e sughero è oggi così fortemente radicato che per molti resta l'unica soluzione accettabile e tradizionale, pertanto indissolubile. Il tappo di sughero, nonostante la sua secolare reputazione nella sigillatura delle bottiglie di vino, non sempre assolve efficacemente lo scopo della conservazione. Basterà infatti ricordare il temutissimo odore di tappo, così sgradevole e devastante, capace di rovinare irrimediabilmente qualunque vino. Il temuto 2,4,6-tricloroanisolo – la sostanza responsabile del fastidioso difetto, detta semplicemente tricloroanisolo o, in breve, TCA – è il rischio che si corre utilizzando i tappi in sughero. Si tratta di una sostanza prodotta dall'Armillaria Mellea, un fungo parassita della quercia da sughero e che produce il tricloroanisolo come prodotto secondario del suo metabolismo. Difficile descrivere, in modo esatto e per analogia, l'odore di questo difetto, tuttavia, una volta che lo si è percepito, difficilmente si dimentica e diviene, oltre che sgradevole, facilmente riconoscibile nel vino. L'odore di tappo – noto anche come difetto di tappo – ricorda tendenzialmente quello di certe muffe, descrizione del tutto incompleta poiché si tratta di una sensazione decisamente più complessa. Cartone bagnato, giornale bagnato, cane bagnato e cantina sporca sono solamente alcune delle descrizioni che si usano per definire il difetto di tappo, in realtà in modo del tutto incompleto e approssimativo. Si deve comunque notare che l'incidenza del difetto di tappo è decisamente diminuita nel corso degli ultimi anni, grazie a controlli più rigorosi sulla qualità e sanità del sughero. In passato, tuttavia, aprire una bottiglia e trovarsi sotto il naso un vino contaminato dal tricloroanisolo era una possibilità concreta, con conseguente danno economico sia per gli acquirenti sia per i produttori. Il sughero, evidentemente, offre comunque straordinarie caratteristiche per la chiusura di una bottiglia e, quindi, la conservazione del vino. Prima di tutto, l'elasticità, capace di adattarsi al collo della bottiglia così da assicurare una sigillatura ottimale per diversi anni. Non meno importante, quella caratteristica che potrebbe rappresentare un paradosso, cioè la capacità di consentire la preziosa ossidazione del vino e che gli consente di maturare e, possibilmente, migliorare nel tempo. Si tratta, ovviamente, di ridottissime quantità di ossigeno che, attraversando i minuscoli pori del sughero, giunge all'interno della bottiglia. Il sughero, con tutti i suoi vantaggi e svantaggi, non rappresenta comunque la soluzione assoluta e conveniente. Non tutti i tappi di sughero sono di qualità e quelli che lo sono hanno un costo non trascurabile che incide anche in modo significativo sul prezzo finale del vino. I tappi di sughero di elevata qualità sono infatti impiegati nei vini destinati al lungo affinamento in bottiglia e che, generalmente, sono venduti a un prezzo elevato. Questa scelta, infatti, oltre a garantire una migliore conservazione nel tempo – consentendo quindi al vino di maturare ed evolversi in modo proficuo – subiscono trattamenti specifici che tendono a limitare la contaminazione del tricloroanisolo. Negli ultimi venti anni sono state proposte numerose alternative al sughero, sia per contenere l'incidenza dei costi, sia per limitare gli effetti del cosiddetto difetto di tappo. Delle tante soluzioni proposte, si ricordano i sugheri sintetici – perfino con valvole per consentire il passaggio calibrato di ossigeno – tappi di vetro, a vite e corona. Di queste soluzioni alternative, oggi è il tappo a vite a riscuotere il maggiore consenso da parte dei produttori. Non è stata una conquista semplice, prevalentemente a causa del pregiudizio dei consumatori, così fortemente legati al tradizionale sughero, tendendo a considerare perfino offensiva qualunque soluzione alternativa. Va detto che per i vini destinati al lungo affinamento in bottiglia, il sughero di qualità resta in ogni caso la scelta primaria oltre che indispensabile. Per i vini di pronto consumo o comunque con una previsione di consumo entro pochi anni dalla vendemmia, il tappo a vite rappresenta certamente un'ottima soluzione. Non solo evita il fastidioso difetto di tappo – e le relative perdite economiche – ma è oramai provata la sua capacità di preservare il vino integro e fresco, ideali quindi per i vini giovani. Non ho mai avuto pregiudizi o atteggiamenti ostici verso i cosiddetti tappi alternativi e ho sempre accolto con favore le bottiglie sigillate con il tappo a vite. Comodo, pratico, semplice da aprire, regala ai sensi un vino integro e incontaminato, con la certezza di evitare la delusione e il rischio di ritrovarsi nel calice lo sgradevole odore di tappo. Il sughero è certamente affascinante, ma non sempre è la soluzione migliore per conservare il vino, o almeno, non tutti i vini. Fa piacere vedere che finalmente, dopo anni di pregiudizi e ostacoli culturali, le soluzioni alternative – il tappo a vite su tutti – si stiano progressivamente diffondendo. In fin dei conti, quello che conta è il vino e che sia sempre godibile e intatto nelle sue qualità, sia da giovane, sia nella saggezza del tempo. Antonello Biancalana
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Contrasti di Fiano di Avellino e Greco di TufoI due grandi protagonisti dei vini bianchi dell'enologia campana a confronto nei calici della degustazione di questo mese |
Quando si parla dell'enologia della Campania e dei suoi vini, i primi che vengono in mente sono chiaramente i bianchi e, in modo particolare, due prodotti nel territorio dell'Irpinia: Fiano di Avellino e Greco di Tufo. Questi sono infatti i vini che, in tempi relativamente recenti, hanno ridato slancio e notorietà all'enologia campana, facendo rinascere l'interesse per questa regione sia in Italia sia all'estero. Non si tratta, evidentemente, degli unici vini capaci di rappresentare degnamente la Campania, tuttavia si possono considerare i responsabili del rilancio enologico della regione. La Campania vanta infatti una lunga e gloriosa storia enologica, ampiamente testimoniata dai numerosi autori del passato che hanno lodato e sottolineato la qualità dei vini prodotti in questa regione. La ricchezza di vini e uve della Campania, infatti, è ben rappresentata da varietà bianche e rosse, capaci di dimostrare innegabile grandezza attraverso i loro vini. Fiano e Greco, tuttavia, si possono considerare le varietà a bacca bianca più celebri e celebrate della regione, un successo che inizia – appunto – nel territorio dell'Irpinia, ampiamente confermato anche dagli altri territori della Campania. Queste due varietà, infatti, sono ampiamente diffuse in tutta la regione, divenendo sempre interpreti di personalità in tutti i vini con le quali si producono. A tale proposito, infatti, si possono considerare le differenze notevoli, per esempio, fra i vini prodotti con Fiano nel territorio dell'irpinia e quelli che si producono nel Cilento: stessa uva, vini diversi, a volte perfino distanti. Lo stesso si può affermare per il Greco confrontando le diverse espressioni enologiche prodotte in Campania. La differenza, evidentemente, è determinata dalla composizione del suolo, dalle condizioni climatiche e, non da ultimo, l'interpretazione dei produttori. Questo è decisamente significativo per l'Irpinia e il Cilento, territori caratterizzati da suoli e condizioni climatiche completamente diverse ma nei quali il Fiano è sempre capace di esprime vini di primaria grandezza.
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Il Fiano di Avellino è uno dei quattro vini a Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG) della Campania, riconoscimento conseguito nel 2003. Si tratta innegabilmente di uno dei vini bianchi più significativi della Campania e d'Italia, prodotto prevalentemente con l'omonima uva, varietà presente in queste terre da tempo immemore e qui introdotta dagli antichi greci. I primi esemplari della Vitis Apicia – così si chiamava anticamente il Fiano – furono piantati nel territorio di Lapio, località non lontana da Avellino, ancora oggi fra le più significative zone di produzione del Fiano di Avellino. Il nome di questa località, infatti, si suppone derivi dall'uva Apicia che, con il corso del tempo, muta in Apina, quindi Apiana, poi Afiana, infine Fiano. Il nome originale dell'uva deriva probabilmente dalla particolare predilezione che le api hanno per il nettare di questa varietà e dal quale – pare – fossero irresistibilmente attratte. La storia e la qualità del Fiano sono note sin dai tempi antichi, facendone una delle uve più apprezzate del passato, tanto da essere piantata in gran parte del meridione, ricercata per la finezza ed eleganza dei suoi vini. Nel territorio di Avellino il Fiano ha stabilito un legame profondo e storico, tanto da divenire il riferimento enologico per i vini prodotti con questa varietà. La notorietà e la fama del Fiano prodotto ad Avellino e, in particolare, a Lapio, raggiunsero livelli di notevole importanza commerciale registrando, nel corso dei secoli, la produzione di diversi milioni di litri. Il Fiano divenne quindi un importante fattore economico di queste terre tanto da richiedere la costruzione di un'apposita linea ferroviaria proprio per favorire il trasporto del vino. Il florido commercio del Fiano di Avellino sarà bruscamente interrotto a causa dell'avvento della fillossera che, qui come altrove, decimò i vigneti riducendo quindi la quantità prodotta. Il rilancio del Fiano di Avellino iniziò negli anni 1970, ampliando notevolmente la superficie dedicata alla sua coltivazione – unitamente all'adozione di migliori tecniche di allevamento – ottenendo importanti risultati in termini di qualità, fino a conseguire la DOCG nel 2003.
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Sempre in provincia di Avellino e non molto distante da Lapio, troviamo Tufo, località che ha legato il suo nome al celebre vino bianco prodotto con l'uva Greco. Consacrato alla Denominazione d'Origine Controllata e Garantita nel 2003, esattamente insieme al Fiano di Avellino, anche il Greco di Tufo ha contribuito in modo significativo al rilancio dell'enologia di qualità della Campania. Il Greco, esattamente come il Fiano, è una varietà introdotta in Campania dagli antichi greci nel primo secolo a.C. La qualità e il prestigio dei vini prodotti con l'uva Greco è nota sin dai tempi della sua introduzione e numerose sono le lodi e le citazioni degli autori del passato, in particolare, Plinio il Vecchio. A tale proposito, infatti, questo celebre autore scrisse infatti «in verità il vino Greco era così pregiato che nei banchetti veniva versato una sola volta». Il prestigio e la fama dei vini prodotti con Greco sono inoltre testimoniati da Virgilio, Catone, Columella e Varrone. La varietà Greco, esattamente come il Fiano, è diffusa in tutta la Campania – ricordando che in antichità era particolarmente presente e apprezzato nel territorio del Vesuvio – tuttavia oggi è l'espressione dei vini di Tufo a rappresentare principalmente quest'uva. Varietà capace di creare vini di pregevole qualità e buone potenzialità di affinamento nel tempo, il Greco è oggi presente in diverse regioni d'Italia, in modo particolare in quelle del meridione. La Campania resta tuttavia la regione più significativa per la produzione di vini da questa varietà, dando prova di interessante versatilità anche nei vini spumanti metodo classico, stile previsto – fra l'altro – dal disciplinare del Greco di Tufo. Anche la maturazione in legno si adatta alla vinificazione di questa varietà, tuttavia i produttori tendono a favorire l'impiego di contenitori inerti – come l'acciaio – con lo scopo di preservare la freschezza olfattiva e gustativa dei vini.
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I vini della degustazione per contrasto di questo mese rappresentano, come detto, due delle principali denominazioni della Campania: Fiano di Avellino e Greco di Tufo. Entrambi i vini sono riconosciuti dal 2003 come Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG) il grado più alto riconosciuto dal sistema di qualità italiano. Nello scegliere i due vini dovremo comunque porre attenzione alla loro composizione, poiché – in entrambi i casi – i rispettivi disciplinari di produzione prevedono l'impiego minimo dell'85% delle varietà primarie, Fiano e Greco, ammettendo quindi la presenza di altre uve. Ci assicureremo pertanto che i vini siano prodotti con le rispettive varietà in purezza, una scelta enologica che – va detto – è sempre più comune fra i produttori di questi territori. Per quanto riguarda le pratiche enologiche, ci assicureremo inoltre che entrambi i vini della nostra degustazione siano fermentati e maturati esclusivamente in contenitori inerti, così da garantire la migliore espressione varietale delle uve. I vini, appartenenti all'ultima annata in commercio, sono serviti in calici da degustazione alla temperatura di 10 °C. Versiamo i due vini nei rispettivi calici e iniziamo la degustazione per contrasto di questo mese procedendo con la valutazione dell'aspetto del Fiano di Avellino. Incliniamo il calice sopra una superficie bianca e, osservando la base del vino, valutiamo il colore e la trasparenza. Il vino si presenta con un colore giallo paglierino chiaro e una trasparenza elevata, tanto da permettere chiaramente la visione dell'eventuale oggetto posto fra il calice e la superficie bianca. La sfumatura del Fiano di Avellino, osservata all'estremità del vino, verso l'apertura del calice, rivela una tonalità giallo verdolino, anche a testimonianza della giovane età. Passiamo ora alla valutazione dell'aspetto del Greco di Tufo, anche in questo caso inclinando il calice sopra la superficie bianca. Il colore del vino, osservato alla base del calice, rivela una tonalità giallo paglierino intenso, talvolta tendente al giallo dorato, con una trasparenza molto elevata. La sfumatura del Greco di Tufo, osservata all'estremità superiore del vino, mostra un colore giallo paglierino tendente al giallo verdolino. I vini prodotti con Fiano e Greco regalano all'olfatto sensazioni di piacevole eleganza, con qualità aromatiche comuni pur tuttavia caratterizzati da profonde differenze in termini di composizione e sviluppo. Entrambe le uve hanno ampiamente dimostrato la loro capacità di produrre vini con ottime potenzialità di affinamento, sviluppando nel tempo caratteri di interessante complessità ed evoluzione. Fiano e Greco si fanno riconoscere entrambi per le sensazioni di frutta a polpa bianca e gialla, oltre ad aromi che ricordano direttamente i fiori. Queste due varietà si caratterizzano inoltre per certi aromi che richiamano la frutta secca: nocciola tipicamente associata al Fiano, mandorla più frequente nei vini prodotti con Greco. Molto spesso, sia nel Fiano di Avellino sia nel Greco di Tufo, si percepiscono aromi che richiamano la frutta esotica così come piacevoli sensazioni che ricordano le erbe aromatiche tipiche della macchia mediterranea. Proseguiamo la nostra degustazione per contrasto e concentriamoci sulla valutazione dei profili olfattivi di Fiano di Avellino e Greco di Tufo, iniziando dal primo vino. Manteniamo il calice in posizione verticale e, senza rotearlo, eseguiamo la prima olfazione che consentirà la valutazione dell'apertura, cioè i primi aromi identificativi che si levano dal calice. Il Fiano di Avellino apre con aromi di mela, pera e biancospino ai quali segue il caratteristico profumo di nocciola. Roteiamo il calice – operazione che favorirà lo sviluppo degli altri aromi – ed eseguiamo la seconda olfazione. Il profilo olfattivo del Fiano di Avellino si completa con susina, pesca, ananas, ginestra, agrumi, nespola oltre ad aromi di erbe aromatiche come rosmarino e tiglio. Passiamo ora alla valutazione dell'apertura del Greco di Tufo, eseguendo la prima olfazione mantenendo il calice in posizione verticale e senza rotearlo. Questo vino si svela al naso con aromi di pera, mela cotogna e pesca, seguite dal caratteristico profumo di mandorla. Dopo avere roteato il calice, il profilo olfattivo del Greco di Tufo si completa con susina, ananas, biancospino, ginestra, albicocca, seguiti da accenni che ricordano il finocchio e il tiglio. È giunto il momento di valutare i profili gustativi dei vini di questo mese e, come per le fasi precedenti, iniziamo dal Fiano di Avellino. Prendiamo un sorso di questo vino e procediamo con l'esame dell'attacco, cioè delle prime sensazioni percepite in bocca. Il vino si rivela con una netta e piacevole sensazione di freschezza conferita dall'acidità, seguita dall'effetto pseudo-calorico dell'alcol che permette al vino di raggiungere l'equilibrio. In bocca si percepisce un'apprezzabile struttura, pur conservando ottima piacevolezza nella quale si riconoscono i sapori di mela, pera e ananas, confermando buona corrispondenza con il naso. Passiamo ora all'assaggio del Greco di Tufo e prendiamo un sorso di questo vino così da valutare il suo attacco. Il secondo vino della nostra degustazione per contrasto si presenta in bocca con una piacevole freschezza e, anche in questo caso, l'apporto dell'alcol è determinante per l'equilibrio, al quale contribuisce una morbidezza più accentuata rispetto al Fiano. In bocca, oltre alla percezione dell'evidente struttura, riconosciamo i sapori di pera, mela cotogna e pesca, confermando la buona corrispondenza con il naso. L'ultima fase della nostra degustazione prenderà in esame le qualità finali della percezione organolettica, cioè le sensazioni che il vino lascia in bocca dopo la deglutizione, in particolare, la persistenza gusto-olfattiva, uno dei primari fattori che determinano la qualità. Il finale del Fiano di Avellino è persistente, lasciando in bocca una piacevole sensazione di freschezza – quindi di acidità – oltre alla buona struttura che è tipica dei vini prodotti con quest'uva. Si continuano a percepire i sapori di mela, pera e ananas, seguite dal caratteristico sapore che ricorda la nocciola. Il finale del Greco di Tufo è persistente e, come nel vino precedente, lascia in bocca la piacevole sensazione dell'acidità unita alla buona morbidezza e struttura. Si continuano a percepire nettamente i sapori di pera, mela cotogna e pesca, unitamente alla piacevole sensazione leggermente amarognola della mandorla. Infine, valutiamo in sequenza il profilo olfattivo e gustativo di entrambi i vini, prima il Fiano di Avellino e poi il Greco di Tufo: le differenze risultano evidenti sia al naso sia in bocca.
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I Vini del Mese |
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Legenda dei punteggi![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese e del luogo in cui vengono acquistati i vini |
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Sannio Sant'Agata dei Goti Falanghina Vigna Segreta 2016 |
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Mustilli (Campania, Italia) | |
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Prezzo: € 18,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Sannio Sant'Agata dei Goti Piedirosso Artus 2016 |
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Mustilli (Campania, Italia) | |
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Prezzo: € 18,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Franciacorta Brut |
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Ricci Curbastro (Lombardia, Italia) | |
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Prezzo: € 20,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Franciacorta Dosaggio Zero Gualberto 2009 |
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Ricci Curbastro (Lombardia, Italia) | |
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Prezzo: € 40,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Pietra Susumaniello 2017 |
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Menhir (Puglia, Italia) | |
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Prezzo: € 12,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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CalaMuri 2015 |
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Menhir (Puglia, Italia) | |
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Prezzo: € 15,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Il Moro 2015 |
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Valle dell'Acate (Sicilia, Italia) | |
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Prezzo: € 16,50 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Cerasuolo di Vittoria Classico Iri da Iri 2013 |
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Valle dell'Acate (Sicilia, Italia) | |
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Prezzo: € 50,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Fiano di Avellino 2017 |
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Tenuta Sarno 1860 (Campania, Italia) | |
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Prezzo: € 19,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Nettare d'Uva 2016 |
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Tenute Iacovazzo (Basilicata, Italia) | |
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Prezzo: € 18,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Primatem 2016 |
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Tenute Iacovazzo (Basilicata, Italia) | |
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Prezzo: € 15,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Notiziario |
In questa rubrica sono pubblicate notizie e informazioni relativamente a eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail.
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Io, Barolo 2019 |
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Dalle 17:00 alle 22:30 almeno trenta produttori incontreranno gli appassionati del Barolo e dei paesaggi delle Langhe patrimonio dell'umanità, in una degustazione diffusa che condurrà i partecipanti in un viaggio alla scoperta del Re dei Vini, lungo le stradine e le piazzette del concentrico medievale di Roddi, da Piazza Umberto I fino al belvedere, ai piedi del Castello. Un appuntamento che si ripete nella settima edizione, che per questo 2019 propone un programma interamente pensato per celebrare il Barolo, che ogni produttore potrà presentare nelle sue molteplici sfaccettature, proponendo in degustazione cru e annate differenti. Il pubblico potrà inoltre gustare piatti preparati con i migliori prodotti del territorio, che potranno essere acquistati singolarmente. Come di consueto, a margine dell'evento principale, Masterclass e laboratori per chi intende approfondire la conoscenza del Barolo e dei grandi vini di Langa, sotto la guida di un esperto. Con le Food&Wine Experience condotte da Federico Bellini sarà possibile sperimentare abbinamenti gourmet fra una selezione di vini piemontesi e alcuni prodotti agroalimentari di eccellenza. Nelle Wine Tasting Experience 4.0 il pubblico sarà guidato da Sandro Minella alla scoperta dei vini attraverso le proprie percezioni sensoriali: un gioco interattivo nel quale ogni partecipante potrà valutare i diversi parametri dei vini in degustazione, per ricostruire autonomamente il profilo sensoriale di ciascun vino tramite il proprio smartphone. Infine, grande novità di questa edizione, la Masterclass a cura di Cantina Social (in doppia lingua: italiano e inglese). Per tutto il pomeriggio dal giardino del Castello di Roddi saranno trasmesse in diretta su Facebook e Instagram interviste ai produttori e al pubblico a cura del team di Cantina Social, un progetto nato nel dicembre del 2015 con lo scopo di raggiungere e informare persone legate al mondo del vino attraverso una comunicazione consapevole e divertente. L'evento è organizzato con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, con il patrocinio dell'Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, di Barolo&Castles Foundation, grazie alla collaborazione di Comune e Pro Loco di Roddi e Turismo in Langa. |
AquavitaeRassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti |
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Wine Guide ParadeFebbraio 2019
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Informativa sulla Riservatezza |
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