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  Editoriale Numero 188, Ottobre 2019   
Il Vino ai Tempi della BrexitIl Vino ai Tempi della Brexit  Sommario 
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Il Vino ai Tempi della Brexit


 C'è una data imminente che in molti stanno aspettando, ognuno per motivi diversi, e che sancisce, salvo ulteriori proroghe, l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea. La data fissata è il 31 ottobre, quindi fra meno di un mese, nella quale si renderà esecutivo il complesso processo che prende il nome di Brexit, la celeberrima sincrasi composta dalle parole inglesi Britain – più precisamente, Great Britain – ed exit. Un evento che, com'è ben noto, avrà conseguenze in molti ambiti della vita sociale e politica sia del Regno Unito, sia dell'Unione Europea. A queste si aggiungono, inevitabilmente e non meno importanti, conseguenze anche in ambito economico, poiché si rende necessaria la ridefinizione dei rapporti commerciali con un impatto diretto e ancora indefinibile per tutti i soggetti che eseguono operazioni di importazione ed esportazione con il Regno Unito.


 

 Le conseguenze della brexit, in ogni caso, riguarderanno in modo decisamente importante anche il settore agroalimentare di tutti i paesi europei, comprese le cantine che producono vino, fra queste – e in modo particolare – quelle italiane. L'Italia non è, chiaramente, l'unico paese europeo il quale settore agroalimentare, compreso quello enologico, rappresenta una parte importantissima del bilancio economico, tuttavia è noto che molte di queste, cantine comprese, esportano quantità e volumi importanti di prodotti e vino verso il Regno Unito. Non è un problema da poco, in effetti, poiché per molte cantine italiane, ma anche per quelle di altri paesi europei, la quota di profitto derivante dall'esportazione di vino e bevande alcoliche verso il Regno Unito rappresenta una parte molto rilevante. Non da meno, costituisce un importantissimo capitolo di profitto anche per intere zone, denominazioni e stili di vino, in particolare il Prosecco, le quali bollicine sono amatissime nel Regno Unito.

 La Brexit, che ancora pare non avere assunto alcuna forma ufficiale nelle modalità di conclusione e di definizione dei rapporti commerciali e politici con i paesi dell'Unione Europea, sta infatti preoccupando – comunque vada – molti produttori di vino in Italia. Infatti, sia che si attuerà la cosiddetta soft brexit – cioè con un accordo reciproco – sia la hard brexit, nota anche come no-deal brexit – ovvero senza alcun accordo – le conseguenze economiche avranno un impatto importante in entrambe le parti. Per quello che ci riguarda, come cittadini italiani ed europei, sarà certamente più difficile fare giungere le nostre produzioni nel Regno Unito. Infatti, l'eventuale definizione di regole commerciali e di scambio più complesse e meno agevoli – che potrebbero, con molta probabilità, introdurre dazi doganali – i prezzi di vendita nel mercato del Regno Unito aumenteranno con conseguente diminuzione dei volumi.

 A fornire una misura dell'impatto economico relativo al commercio del vino, ci ha pensato Confagricoltura, sottolineando che attualmente il Regno Unito importa ogni anno dai paesi membri dell'Unione Europea prodotti agroalimentari per un valore di circa 40 miliardi di euro. Per quanto riguarda poi il settore vitivinicolo, Confagricoltura ricorda che il 55% dei vini consumati nel Regno Unito è importato dai paesi dell'Unione Europea. Anche nel Regno Unito si sono fatte stime sull'impatto della Brexit, in modo particolare le conseguenze che questa porterà nell'importazione di vino e liquori. Secondo un'analisi condotta dalla Wine and Spirits Trade Association – l'associazione britannica per il commercio di vini e liquori – i prezzi al consumo di questi prodotti sono inevitabilmente destinati ad aumentare e in modo decisamente importante. Una misura che, evidentemente, è diretta conseguenza dell'introduzione di specifici dazi oltre che di costi da sostenere per l'importazione.

 Confagricoltura informa inoltre che il costo degli adempimenti doganali è stato stimato in circa settanta milioni di sterline all'anno, cifra che sarà a carico dei consumatori e porterà inevitabilmente alla perdita di competitività dei prodotti importati. Una previsione che preoccupa evidentemente gli operatori del settore del Regno Unito, i quali stanno cercando di fare opportune scorte di prodotti acquistandoli secondo le attuali norme europee, in vista dell'inevitabile aumento dei prezzi. Il solo comparto del vino – sempre secondo i dati di Confagricoltura – ha visto aumentare gli ordini del 20% rispetto agli anni passati: un comportamento che fornisce in modo chiaro la misura di come sono percepiti dagli operatori del settore del Regno Unito gli effetti della Brexit. Un dato che, con molta probabilità, non registrerà nei prossimi mesi il medesimo risultato, soprattutto nel caso in cui si verificasse la cosiddetta hard Brexit che porterebbe a un blocco, certamente temporaneo, degli scambi commerciali e fino a quando non saranno stabiliti nuovi accordi.

 Il comparto agroalimentare e vitivinicolo in Italia sta mostrando preoccupazioni anche in merito alle conseguenze dell'aumento dei prezzi dei prodotti italiani. Si suppone, infatti, l'aumento dei prezzi di vendita nel Regno Unito porterebbe favorire la sostituzione di prodotti “analoghi” e meno costosi provenienti da altri paesi. Un'altra ipotesi potrebbe essere quella dell'introduzione di prodotti contraffatti o di minore qualità – quindi venduti a un prezzo più accessibile – e identificati con nomi simili a quelli originali. In altre parole, si potrebbero verificare condizioni favorevoli per la commercializzazione di falso made in Italy con grave danno per l'immagine e l'eccellenza della produzione italiana. Secondo alcune dichiarazioni rilasciate da istituzioni del Regno Unito, non si prevedono dazi per l'importazione dei vini italiani, tuttavia va osservato che, in questo momento di incertezza, tutte le previsioni e dichiarazioni potrebbero essere smentite dai nuovi accordi. In ogni caso, difficile pensare che il Regno Unito possa privarsi dei prodotti agroalimentari e vitivinicoli dei paesi dell'Unione Euroea, considerando soprattutto la lunga tradizione di importazione e apprezzamento. Sarebbe, quanto meno, un cambiamento drastico e radicale per molte abitudini oramai consolidate, pertanto è prevedibile – oltre che auspicabile – la definizione di accordi favorevoli e proficui per entrambe le parti così da scongiurare ben peggiori conseguenze.

Antonello Biancalana



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