L'Italia del vino italiano si appresta quest'anno a superare per la prima
volta i 6 miliardi di euro di saldo di una bilancia commerciale strutturalmente
attiva, sebbene nel primo semestre la crescita (+3,3%, a circa 3 miliardi di
euro) sia meno vigorosa rispetto al passato e il prezzo medio registri un calo
significativo, specie nell'area UE. Volano le vendite nei paesi terzi oggetto
di trattati di libero scambio (Giappone, Canada, Corea del Sud), mentre
l'incremento negli USA è inferiore rispetto alla media del mercato e in Cina si
affacciano gli sparkling, unica tipologia segnalata in crescita nel Dragone. È
l'aggiornamento sul mercato del vino dell'Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine
Monitor, che ha analizzato i dati semestrali export a fonte Istat e le
performance della domanda extra-UE a base doganale nei primi sette mesi del
2019.
Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: «Il saldo
commerciale del vino è quello che presenta la maggior incidenza positiva
rispetto a tutti i comparti del made in Italy. Un record che va salvaguardato
puntando ancora di più sui mercati esteri emergenti e sulla crescita della
fascia premium. Per questo, fatta salva l'indiscutibile qualità del prodotto,
le tensioni al ribasso che riscontriamo su più livelli rappresentano un
campanello di allarme che saremo in grado di silenziare solo attraverso la
crescita delle dinamiche di business. I presidi ormai stabili di Vinitaly nei
Paesi chiave dovranno servire anche a questo».
Il pur positivo +3,3% a valore (base Istat) sottende un export italiano di
vino che ha risentito nel primo semestre di una brusca frenata registrata nel
mese di giugno (-7,6%), ma soprattutto di un prezzo medio in calo. Complice in
particolare la caduta dello sfuso e la contemporanea minor contrazione
dell'imbottigliato, il prezzo medio segna a livello globale un -5,1% sul pari
periodo dello scorso anno, con punte del -7,9% per l'area comunitaria. Giù
tutte le principali piazze europee, in primis la top buyer Germania (-10,1%),
la cui quotazione media si è fermata a 1,9 euro al litro. Scende anche il
prezzo di acquisto in Regno Unito, a -3,6% (-9,9% lo sparkling) e Francia
(-9,4%), che detiene il primato del low cost (1,8 euro/l) anche per effetto
dei maxi acquisti di sfuso. Meno netta la situazione nei Paesi terzi, con Stati
Uniti, Canada e Svizzera in leggera crescita, Norvegia e Russia stabili, mentre
si deprezza in modo significativo il vino italiano in Giappone e in Cina. Nel
complesso, il vino italiano nel mondo (sfuso compreso) è venduto in media a
2,9 euro/litro, nell'UE a 2,3 euro/litro.
Per il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini: «Tra i top exporter
mondiali, quella dell'Italia rappresenta la quarta miglior performance per il
primo semestre, dopo quella della Nuova Zelanda (+13,2%), il cui export cresce
sensibilmente in Usa e Uk, del Cile (+8,2%) e della Francia (+5,9%),
quest'ultima in forte spolvero negli USA, UK e Giappone con aumenti superiori
al 10%».
Prosegue nei primi 7 mesi di quest'anno l'incremento del vino italiano nei
Paesi terzi, seppur a ritmi meno decisi rispetto al recente passato. Le
importazioni di bianchi e rossi made in Italy nei primi 10 Paesi buyer, che da
soli valgono l'87% del mercato extra-UE, sono infatti cresciute nel complesso
del 2,8% a valore. Meglio dei competitor (import da mondo a +0,9%), e in
particolare della Francia che paga la pesante contrazione transalpina in Cina e
a Hong Kong.
L'analisi su base doganale dell'Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, che
ha riguardato i principali buyer extra-UE (a esclusione della Russia), dimostra
inoltre come il trend italiano sia sostenuto dai soliti sparkling, a +9,8%, e
dagli incrementi registrati dalle aree oggetto di recenti trattati di libero
scambio. Il Giappone, in particolare, che avanza del 15% sullo stesso periodo
dello scorso anno, ma anche il Canada, a +4,5% e ormai prossimo a raggiungere
la Svizzera al secondo posto tra i top buyer extraeuropei. Negli Stati Uniti
(+3%) la crescita è dimezzata rispetto al valore delle importazioni totali di
vino (+8%) e, ancora una volta, gli spumanti (+11,1%) indorano il dato
italiano bloccato dal +1% dei fermi imbottigliati, questi ultimi timidi anche
nel complesso della domanda extraUe (+1,6%).
Le importazioni cinesi, in gran parte bloccate nel primo quadrimestre di
quest'anno a causa di un eccesso di scorte ma soprattutto di un rallentamento
economico, riducono il trend negativo e chiudono, per l'Italia, a -7,3%.
Mentre la sorpresa nel Dragone (come a Hong Kong) sono gli sparkling: +6,2%
il dato italiano, +12,2% quello globale.
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