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  Non Solo Vino Numero 14, Dicembre 2003   
La MozzarellaLa Mozzarella Wine ParadeWine Parade  Sommario 
Numero 13, Novembre 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 15, Gennaio 2004

La Mozzarella

Tipico formaggio dell'Italia meridionale, viene classificato come formaggio a pasta filata di consistenza molle. È uno dei formaggi più famosi, reso ancora più famoso da molte preparazioni culinarie e soprattutto dalla pizza

 Il termine “mozzarella” deriva dal verbo “mozzare” e descrive l'operazione, eseguita ancora oggi, di tagliare con le mani la pasta filata stringendola tra il dito pollice e l'indice, detta appunto “mozzatura”.

 

La Storia

 La mozzarella ha una storia antichissima e un'origine incerta. La storia di questo formaggio è strettamente legata alla comparsa del bufalo in Campania, nell'Italia meridionale, che alcuni fanno risalire al sesto secolo, altri ritengono sia stato introdotto in Italia da Annibale. Tornando indietro nel tempo si trovano notizie certe da uno storico della Chiesa Metropolitana di Capua, Monsignore Alicandri. In un suo lavoro cita un documento in cui si legge che presso il Monastero di S. Lorenzo in Capua - siamo nel XII secolo - i frati offrivano come ristoro ai pellegrini un pezzo di pane e una mozza o provatura. Lo scritto recita testualmente: “…una mozza o provatura con un pezzetto di pane era la prestazione che i monaci del monastero di S. Lorenzo in Capua davano in agnitionem dominii al Capitolo Metropolitano il quale ogni anno, per antica tradizione, nella quarta fiera delle legazioni, recavasi processionalmente in quella Chiesa…”. Il termine “mozzarella” è strettamente legato alla locuzione “mozza” che non è altro che la provatura, ovvero la provola, come si può intuire nel testo citato di Monsignore Alicandri.


 

 Curiosando tra i contratti per l'appalto del prodotto della “Reale Industria della Pagliara delle bufale”, era disposto che la mozzarella doveva restare nella salsa 24 ore mentre la provola 48. Sembra sempre più evidente che la mozzarella era un sottoprodotto della preparazione della provola, sottoprodotto non per qualità, ma per la sua evidente difficoltà nel mantenere la freschezza durante il trasporto, condizione indispensabile per la mozzarella. Al contrario la provola veniva affumicata in modo da poterla conservare più a lungo. La mozzarella dunque doveva essere un prodotto usato nell'ambito familiare dei produttori o ad un mercato ristretto di palati raffinati.

 Il termine “mozzarella” lo troviamo nel XVI secolo, e precisamente nel 1570, citato in un libro di cucina scritto da Bartolomeo Scappi, cuoco presso la corte papale dove specialità d'ogni parte d'Europa erano sempre presenti. Il testo cita “…capo di latte, butirro fresco, ricotte fiorite, mozzarelle fresche et neve di latte…”. Anche se dal 1500 si sente parlare di mozzarelle ed altri formaggi, non sembra che questi prodotti fossero ampiamente diffusi, infatti da documenti dell'epoca si parla di provature affumicate e fresche. Solo più tardi si verificherà un episodio fondamentale e che farà aumentare la diffusione della mozzarella. Grazie ad un impianto d'allevamento di bufale e di trasformazione del latte nella Tenuta Reale, meglio conosciuta con “Reggia di Carditello”, la mozzarella comincia ad acquistare notorietà e diffusione. Compare nel mercato verso il 1720 per poi diffondersi fino diventare conosciuta a partire dal 1780.

 Con l'Unità d'Italia si crea ad Aversa un mercato all'ingrosso delle mozzarelle e di altri formaggi dove l'incontro tra la domanda e l'offerta stabiliscono e guidano i prezzi che verranno poi applicati. La mozzarella ha sempre legato le sue radici alla bufala, inizialmente utilizzata come animale da lavoro, ma poi divenuta preziosa per la produzione del latte. Dal 1600 si inizia ad avere notizia delle “bufalare”: costruzioni in muratura di forma circolare dove si lavorava il latte di bufala producendo caciocavalli, burro, ricotta e, naturalmente, mozzarella. All'inizio la mozzarella, vista la sua deperibilità, era destinata ad un mercato prevalentemente locale.

 

La Produzione della Mozzarella

 Tecnicamente si definisce mozzarella un formaggio fresco, a pasta molle, cruda e filata a sfoglie sovrapposte dalla crosta sottilissima. Oggi viene prodotta in forme tondeggianti di diverse dimensioni, bocconcini, pani o trecce.

 La prima fase della lavorazione della mozzarella parte dal latte, filtrato per togliere tutte le impurità e pastorizzato per eliminare gli eventuali germi patogeni, quindi viene fatto coagulare mediante l'aggiunta di caglio di vitello. Successivamente il composto viene scaldato alla temperatura ottimale di 34-38° C. Anticamente si aggiungeva latte bollente ma oggi viene riscaldato mediante getti di vapore. Il tempo necessario per la coagulazione del latte è di circa trenta minuti e talvolta si può arrivare anche ad un'ora. La massa che costituisce la cagliata viene quindi spezzata in parti piuttosto grandi e posta a riposare. L'operazione seguente consiste nella rottura della cagliata, utilizzando bastoni alla cui estremità è fissato un disco di legno oppure utilizzando un attrezzo metallico, fino ad ottenere dei frammenti dalle dimensioni di 3-6 centimetri. Questa operazione, apparentemente semplice, viene eseguita con molta cura ed attenzione dagli operatori, anche perché durante la rottura viene generalmente persa una piccola quantità di grasso (circa l'1%) nel siero.


La Mozzarella: un formaggio apprezzato
dalla cucina Italiana
La Mozzarella: un formaggio apprezzato dalla cucina Italiana

 Dopo la rottura la cagliata viene lasciata acidificare sotto siero. Questa fase della lavorazione è fondamentale per la qualità del prodotto finale e la durata dell'acidificazione rappresenta un fattore che darà un contributo importante alle caratteristiche della mozzarella. La cagliata si pone, a questo punto, su un tavolo a spurgare e a maturare per circa 20-30 minuti. Generalmente nel Sud dell'Italia è preferita una mozzarella dal sapore acidulo, più adatta per il periodo invernale. Il giusto grado di maturazione della mozzarella viene determinato nel seguente modo: si prendono circa 100 grammi di pasta matura, viene fatta fondere in acqua calda e fatta filare con l'ausilio di un bastoncino. Se si allunga in filamenti di almeno un metro e senza spezzarsi, la mozzarella si può considerare “pronta”. Questa operazione, apparentemente semplice, richiede in realtà l'esperienza e l'abilità del casaro competente per potere superare questa fase critica della lavorazione. Una cagliata immatura o surmatura produrrà una mozzarella di bassa consistenza e ad un abbassamento nella resa della lavorazione. Il siero rimanente dalla lavorazione, ricco di proteine, sarà utilizzato per la produzione della ricotta.

 La fase di lavorazione successiva prende il nome di “filatura” ed è la fase che incide maggiormente sulla consistenza della mozzarella. Nella lavorazione tradizionale quest'operazione viene eseguita ancora manualmente e consiste nel tagliare a fette sottili la cagliata, inserirla in un tino di legno e, con l'aggiunta di acqua bollente ad 80 gradi, viene fatta fondere. Utilizzando strumenti tradizionali, una ciotola ed un bastone di legno, la cagliata viene sollevata e tirata fino ad ottenere un impasto omogeneo dall'aspetto lucido, lasciando drenare il siero in eccesso. Proprio da questo tipo di processo deriva la classificazione della mozzarella come formaggio a pasta “filata”. Si procede quindi con la “formatura”, cioè con l'operazione che determinerà la porzionatura della pasta. Sono necessarie due persone per poter manipolare, con gesti sapienti e ricchi di esperienza, nonché per “mozzare” la pasta stringendola tra il dito pollice e l'indice, isolando i pezzi della grandezza desiderata per poi immergerli in acqua fredda. In questa fase nascono le varie forme di mozzarelle, tra cui la caratteristica forma di treccia, foggiate attorcigliando tre segmenti di pasta. Nei caseifici artigianali questa fase viene fatta ancora manualmente, in quelli industriali saranno appositi macchinari a svolgere questo lavoro.

 L'ultima fase della preparazione consiste nella salatura immergendo le forme di mozzarella in una soluzione salina al 10-18%. La durata dell'operazione varia da caseificio a caseificio e dipende dalla concentrazione della salamoia e dalla pezzatura. La salatura può essere fatta anche durante il processo di filatura. Durante questa fase il sale penetra nella parte superficiale della mozzarella, per poi diffondersi uniformemente fino all'interno durante la permanenza nel liquido di governo. Questo liquido serve a conservare la mozzarella fino al consumo finale ed è costituito tradizionalmente da acqua di filatura, sale e siero acido diluito, tuttavia può essere sostituita con acqua salata e acido citrico e/o acido lattico. Quest'ultimo liquido viene ritenuto più idoneo poiché consente di prolungare la vita della mozzarella.

 

La Conservazione

 Il periodo di conservazione di una mozzarella dipende dalla qualità della materia prima e dalla lavorazione. Generalmente si conserva immersa nel liquido di governo per 3 o 4 giorni ad una temperatura di circa 10-15°C senza perdere le sue caratteristiche. Dopo tale periodo il prodotto inizia a perdere consistenza, la parte esterna comincia a sfaldarsi, perde la sua caratteristica struttura a sfoglie e comincia ad avere una consistenza più “burrosa”, di conseguenza va consumata cotta. Nel caso in cui viene conservata in frigo, per meglio apprezzare le sue caratteristiche si consiglia di tenerla a temperatura ambiente per almeno mezz'ora, poi immergerla per cinque minuti in acqua calda a 35-40° C, tuttavia essendo un prodotto fresco è consigliabile consumarla nel minore tempo possibile. Al contrario, se deve essere cucinata è buona regola toglierla dal liquido di governo e lasciarla in frigo per alcune ore cosi che possa separarsi dal liquido in eccesso e guadagnare in consistenza.

 

Tipi di Mozzarella

 Le principali differenze derivano dal latte con cui si produce la mozzarella. La differenza principale tra il latte di bufala ed il latte vaccino è data dal contenuto di grasso e proteine, caratteristiche fondamentali per l'industria casearia. Normalmente nel latte di bufala sono più concentrati alcuni ceppi di lattobacilli, responsabili della differenza di sapore e di aroma e, a quanto pare, influirebbero anche sull'acidificazione della cagliata. Il fior di latte è un termine moderno, nella lingua napoletana non esiste la distinzione “mozzarella fior di latte” ma solo il termine generico mozzarella, senza alcuna distinzione. Il termine fior di latte pare abbia avuto origine in Toscana. In accordo alle leggi di tutela sulla produzione di questo formaggio, la mozzarella viene classificata come segue:

 

  • Mozzarella di bufala Campana - La commissione Europea ha creato un logo che consente di identificare i prodotti alimentari previsti dal sistema di tutela, meglio noto come DOP, ovvero Denominazione di Origine Protetta. Questo garantisce che le caratteristiche del prodotto sono legate strettamente all'ambiente geografico da cui proviene. La mozzarella di bufala Campana ha ottenuto il riconoscimento del marchio DOP per effetto del regolamento CEE n. 1107 del 12 giugno 1996. Per ambiente geografico non si intende solo la zona geografica, ma anche il clima, il suolo, i fattori umani e le tradizioni locali. La mozzarella di bufala Campana DOP è un formaggio derivato da latte intero di bufala e regolamentato dal disciplinare contenuto nel DPR 28/9/1979. Per meglio tutelare e valorizzare in tutto il mondo la mozzarella è nato il “Consorzio per la tutela del formaggio mozzarella di bufala Campana”. Il consorzio si preoccupa di promuovere, valorizzare, assistere le aziende produttrici, salvaguardare la tipicità e le caratteristiche peculiari, nonché vigilare sulla produzione e sul commercio affinché venga sempre rispettata la normativa di tutela. La mozzarella di bufala Campana deve essere prodotta esclusivamente con latte di bufala, munto da animali che vivono nelle zone previste della Campania e del basso Lazio, e prodotta nella stessa zona. È l'unica che può fregiarsi del logo giallo/blu e del logo con la testa di bufala
  • Mozzarella di latte di bufala - Si tratta di mozzarelle che derivano da latte di bufale non campane o del basso Lazio, o comunque secondo un procedimento non conforme al disciplinare
  • Mozzarella con latte di bufala - Si tratta di una denominazione molto rara, ma possibile, secondo la normativa. In questo caso dovrebbe essere nota la percentuale di latte di bufala utilizzato nella produzione, in caso contrario si intende che il latte di bufala sia anche l'ingrediente principale
  • Mozzarella tradizionale - Viene prodotta con latte di vacca. Questo marchio garantisce che il ciclo di lavorazione rispetta l'attestazione di specificità dell'Unione Europea. La confezione deve riportare la scritta “Specialità tradizionale garantita”
  • Mozzarella o fior di latte - Prodotto ottenuto con le stesse modalità delle precedenti utilizzando come base il latte vaccino. Esistono due varianti la “magra”, con una quantità di grasso inferiore al 20%, e “leggera”, contenente grasso in misura del 20-35%

 






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Posizione Vino, Produttore
1 Franciacorta Cuvée Annamaria Clementi 1996, Ca' del Bosco (Italia)
2 Colli Bolognesi Pignoletto Superiore “Prova d'Autore” 2001, Bonfiglio (Italia)
3 Fumé Blanc Napa Valley 2001, Grgich Hills (USA)
4 Masseto 1998, Tenuta dell'Ornellaia (Italia)
5 Alto Adige Gewürztraminer Kolbenhof 2002, Hofstätter (Italia)
6 Château Laroque Saint-Émilion Grand Cru Classè 1998 (Francia)
7 Teroldego Rotaliano Granato 1998, Foradori (Italia)
8 Capo di Stato 1998, Conte Loredan Gasparin (Italia)
9 Margaux 2000, Ségla (Francia)
10 Sauvignon Blanc 2000, Cakebread (USA)
11 Barolo Brunate 1999, Enzo Boglietti (Italia)
12 Shiraz 2000, Plantaganet (Australia)
13 Turriga 1998, Argiolas (Italia)
14 Syrah Winemaker's Lot Vic 3, Concha y Toro (Cile)
15 Sauvignon Blanc Reserve Marlborough 2002, Kaituna Hills (Nuova Zelanda)

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