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  Editoriale Numero 116, Marzo 2013   
Sagrantino: Orgoglio di una TerraSagrantino: Orgoglio di una Terra  Sommario 
Numero 115, Febbraio 2013 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 117, Aprile 2013

Sagrantino: Orgoglio di una Terra


 Il Sagrantino mi piace. Mi piace davvero molto. Sono consapevole, in questa predilezione, di essere in buona compagnia, cosa che mi rende certamente contento e mi procura ampia soddisfazione. Non perché il Sagrantino è vino della mia terra, per meglio dire, della mia regione - io sono natìo della nobile ed etrusca Perugia - e Montefalco si trova a circa quaranta chilometri dal luogo dove sono nato e dove abitualmente vivo. Il Sagrantino è vino mio prediletto, nonostante possa essere considerato lontano da quella categoria di vini che maggiormente verso nel mio personalissimo calice e dei quali traggo il maggiore piacere. Vini che esprimono, innanzitutto, eleganza ed equilibrio, un esempio su tutti, il mio amato Pinot Nero, il buon Pinot Nero, ovviamente. Così come adoro il grande Nebbiolo, nelle sue diverse espressioni territoriali, non solo quelle dettate dalle terre del Piemonte, nel quale trovo sempre un'affascinante eleganza, ben evidente nonostante la prorompente potenza.


 

 Vino scontroso, non sempre facile da capire e da apprezzare, al Sagrantino si muove spesso l'accusa di essere troppo potente, troppo irruente al gusto, vista la sua inarrivabile generosità di sostanze polifenoliche e di tannini. Un'accusa che si muove sia allo stile dei vini della grande uva rossa di Montefalco - quello rosso, robusto e secco - sia allo stile storico e antico, ma sempre magnificamente vivo, che unisce la dolcezza alla potenza, il cosiddetto passito. Oggi il Sagrantino ha raggiunto, con pieno merito e onore, l'apice dell'olimpo del vino, non solo in Italia, ma anche nel mondo. Il merito - evidentemente - va riconosciuto indiscutibilmente alle prime cantine e aziende vitivinicole che, con caparbietà, tenacia e, se me lo permettete, un'ammirevole ma di certo non folle, lungimiranza, hanno investito su quest'uva e sul territorio. Un esempio su tutti, la cantina Arnaldo Caprai e l'encomiabile impegno di Marco Caprai, al quale va l'indiscusso merito di avere fatto conoscere il Sagrantino al mondo intero. L'impegno di Marco Caprai è andato ben oltre l'investimento personale, operando anche nella promozione e, soprattutto, nel fondamentale lavoro di ricerca e sviluppo, anche grazie al contributo di illustri e competenti esperti.

 Il mio interesse e la mia passione per il Sagrantino mi hanno accompagnato dal momento nel quale ho maturato una consapevolezza “matura” sul vino, poco più di venticinque anni fa, praticamente poco dopo avere raggiunto l'età legale per il consumo della bevanda grata a Bacco. Ricordo che, a quei tempi - verso la fine degli anni 1980 - godevo con enorme soddisfazione dei Sagrantino che già facevano bella mostra di sé negli scaffali della mia città. I ricordi più vivi si illuminano del rubizzo e scurissimo contenuto delle bottiglie di Arnaldo Caprai, Adanti, Antonelli, Milziade Antano, Rocca dei Fabbri e Paolo Bea. A quei tempi, certamente, il Sagrantino aveva anche altri interessanti interpreti - degni e significativi, senza ombra di dubbio - ma per godere delle loro bottiglie si doveva necessariamente andare nelle loro cantine, poiché piuttosto difficili da reperire nelle enoteche. Anche il Sagrantino passito percorreva la sua nuova strada e, a quei tempi, l'interprete più alto del Sagrantino dolce era certamente Giuliano Ruggeri, ruolo che ancora oggi svolge con encomiabile impegno e con straordinari risultati.

 Parlare delle figure di riferimento e di rilievo del mondo del Sagrantino degli anni 1980, impossibile non citare Alvaro Palini - dal carattere poliedrico e caparbio, un po' come lo è il Sagrantino e i figli della sua terra - che ha espresso la sua visione per il vino di Montefalco nelle bottiglie della cantina Adanti. Oggi in questa cantina troviamo Daniel Palini - figlio di Alvaro - altrettanto bravo e competente, pacato e riflessivo, con innegabile talento, non solo per la cantina e la vigna, ma anche per la degustazione. E poi Filippo Antonelli, persona di squisita disponibilità e cortesia, altro importante personaggio del Sagrantino che, da sempre, ha mantenuto alta la bandiera dell'uva e del vino di Montefalco: i suoi vini sono certamente fra le migliori bottiglie di questo territorio. A quei tempi sentivo parlare di questi e altri personaggi del Sagrantino - e, va detto, ne sentivo parlare con rispetto e ammirazione - oggi, mio privilegio e mio onore, li conosco personalmente, e il mio ringraziamento è immutato e rinnovato per tutte le belle emozioni che i loro vini sanno regalarmi.

 In questi 25 anni il Sagrantino ne ha fatta di strada e, durante il suo straordinario viaggio, altri personaggi si sono uniti a questa meravigliosa avventura, contribuendo al prestigio e alla qualità del grande rosso dell'Umbria. Eppure, il Sagrantino - nella sua versione più celebre, cioè secco e robusto - è un vino piuttosto giovane, con una storia che non arriva nemmeno a 50 anni. Molto è stato fatto, ma ritengo che molto ancora deve essere fatto, soprattutto nella formazione di un'identità forte e decisa, legata al territorio di Montefalco, nello sforzo corale di tutti i produttori. Non è un caso se si dice uniti si vince, divisi si perde. Soprattutto se si considera che nella sua giovane età - poco più di quaranta anni di storia, in senso enologico, sono molto pochi - c'è ancora molto da scoprire delle potenzialità di questa straordinaria uva rossa, da ricordare, con il più alto contenuto di sostanze polifenoliche al mondo. Proprio il tempo, infatti, comincia a fare scoprire la potenzialità del paziente lavoro degli anni e come possa regalare al Sagrantino un'immagine di spiccata eleganza, nonostante la sua poderosa struttura.

 Questi ricordi sono tornati vivi qualche sera fa, quando ho posto la mia attenzione su due bottiglie che acquistai a quei tempi: un Sagrantino di Montefalco 1985 di Adanti e uno annata 1990 di Arnaldo Caprai. Cavatappi e calice alla mano, quei vini erano ancora vivi e scalpitanti, certo, il tempo aveva regalato loro un carattere più austero e ricco, ma la personalità del Sagrantino era ben presente, viva e arzilla. Bottiglie aperte con spirito di studio poiché chi degusta vino non ha alternativa: si deve mantenere sempre in allenamento, con vini di ogni luogo e zona, giovani e, non da meno, maturi. Certo, si tratta di due Sagrantino appartenenti a un'epoca oramai lontana e lo stile di produzione attuale è ben diverso, forte anche dell'esperienza dei produttori che - in questi anni - hanno compreso le potenzialità del nobile rosso Umbro. Si è compreso il ruolo del tempo: i produttori - ai quali va il mio sostegno e incoraggiamento - hanno iniziato a commercializzare cru di Sagrantino; un contributo immenso per la comprensione delle potenzialità del territorio e delle singole espressioni ambientali e viticolturali. Quelle due bottiglie mi hanno fatto ricordare la passione che avevo già a quei tempi per il Sagrantino di Montefalco. Passione che mi ha sempre accompagnato e tengo cara ancora oggi con accresciuta dedizione. Sì, il Sagrantino mi piace. Mi piace davvero molto.

Antonello Biancalana



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