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  Editoriale Numero 33, Settembre 2005   
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Numero 32, Estate 2005 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 34, Ottobre 2005

Tocai Friulano: la Storia Continua


 Lo scorso 12 maggio 2005, la Corte Europea di giustizia del Lussemburgo ha stabilito «come pattuito nell'accordo del 1993 tra l'Unione Europea e l'Ungheria, il divieto di utilizzare - dopo il 31 marzo 2007 - la denominazione “Tocai” per taluni vini italiani». A meno che non si verifichino ulteriori sviluppi, la partita fra lo storico Tocai Friulano - gloriosa uva del Friuli Venezia Giulia - e il Tokaji Ungherese, si è conclusa con una sconfitta per la celebre uva Italiana. A nulla sono valse le storiche e ben documentate prove a sostegno dell'ottimo Tocai Friulano. La Corte Europea ha infatti stabilito che «le regole in materia di omonimia degli accordi internazionali esaminati non impongono che, di fronte all'indicazione geografica ungherese “Tokaj”, la denominazione della varietà di vite italiana “Tocai Friulano” possa ancora essere utilizzata per la designazione e la presentazione di determinati vini italiani». Un verdetto che lascia poche speranze sul futuro del Tocai Friulano - ben inteso - unicamente al suo nome.

 Infatti l'ottima uva Friulana - per fortuna - non scomparirà dai nostri calici: arriverà semplicemente con un nuovo nome e che al momento non è stato ancora definito. La sentenza - senza entrare nel merito della decisione - lascia comunque perplessi, poiché non si sono voluti considerare innegabili e provati fattori storici a sostegno del Tocai Friulano e si è operato esclusivamente a sostegno delle denominazioni geografiche, certamente importanti e innegabili. I motivi che hanno sollevato questa disputa fra Ungheria e gli altri paesi membri dell'Unione Europea sono oramai largamente risaputi. Tutto nasce dall'omonimia fra la celebre zona Ungherese di Tokaj, certamente madre di ottimi e famosi vini, e le altre denominazioni che - in un modo o nell'altro - facevano uso di termini che potessero ricordare questa zona. A tale proposito, nel novembre 1993, la Comunità Europea e l'Ungheria stipularono un patto nel quale si stabilivano i termini per una reciproca tutela e controllo sulle denominazioni dei vini. Con lo scopo di proteggere la denominazione geografica Tokaj, l'accordo prevedeva il divieto dell'uso del termine tocai - così come di altre forme simili - a partire da marzo 2007. Il provvedimento riguardava, in modo particolare, i vini Italiani prodotti con uva Tocai Friulano e il termine Tokay riportato nelle etichette di alcuni vini Francesi.


 

 La sentenza cancella - di fatto - 800 anni di storia, comprovata da numerosi documenti del passato, nei quali si fa esplicito riferimento a quest'uva con il suo consueto e storico nome. Nonostante non sia completamente chiara l'origine del nome della gloriosa uva Friulana, è comunque interessante notare che nella regione scorre un torrente - il Toccai - e dal quale si suppone, fra le tante teorie, la celebre uva bianca prenda il suo, per il momento innominabile, nome. Esistono comunque documenti dei Patriarchi di Venezia - risalenti al 1200 - nei quali si cita, già a quei tempi, l'uva Tocai Friulano. Esistono inoltre altre testimonianze storiche relative a quest'uva e all'Ungheria. Si suppone infatti che alcune piante di Tocai Friulano furono inviate nel XIII secolo da Bertoldo di Andechs - a quei tempi Patriarca di Aquileia - al Re Bela IV di Ungheria. È sorprendente che la sentenza della Corte Europea - anche di fronte alle tante prove storiche - non abbia voluto considerare un passato così forte e comprovato, tanto da risolvere la disputa fra Italia e Ungheria con la “cancellazione” del Tocai Friulano dalle etichette dei vini e dalla cultura del Friuli Venezia Giulia.

 Con tutto il rispetto che si deve agli eccellenti vini del Tokaj Ungherese, non crediamo proprio che il Tocai Friulano - o in qualunque altro modo si chiamerà - abbia bisogno di sfruttare la storica e nobile fama dei vini del Tokaj per provare il suo enorme talento enologico. Anche perché, se si pensa a Tokaj, l'associazione più consueta e diretta è in favore del grandissimo Aszú - il celebre e suadente vino dolce fatto con uve attaccate dalla Botrytis Cinerea - cioè a un tipo di vino estremamente diverso da quelli prodotti con il Tocai Friulano, notoriamente impiegato per i vini secchi. È comunque doveroso ricordare che nel Tokaj si producono anche vini bianchi secchi da tavola, principalmente con uva Furmint, totalmente assente in Italia e priva di ogni relazione - anche genetica - con il Tocai Friulano. L'omonimia di una zona geografica con la nostra uva bianca si è risolta in un'aula di tribunale, facendo imporre le rigide regole della burocrazia al buon senso. Pare non siano previste proroghe o alternative: entro Marzo 2007, il Tocai Friulano dovrà cambiare nome.

 Nonostante non si sia ancora deciso il nuovo nome da attribuire a quest'uva che vanta secoli di gloriosa storia - e di eccellenti vini - si sono comunque avanzate proposte. Fra i tanti nomi proposti si ricordano Friulano, Toccai (in onore all'omonimo torrente che scorre nella regione) oppure Tai Friulano (Tai significa bicchiere nel dialetto locale). È comunque triste che questa contesa sull'uso esclusivo di un nome sia finita in questo modo e che magari un po' di buon senso sarebbe stato più opportuno. Viene proprio voglia di ricordare a tutti quelli che insistono nel nascondersi dietro un nome e a ostentarlo come una bandiera, le parole di Giulietta rivolte a Romeo nel celebre dialogo della seconda scena del secondo atto della tragedia Romeo e Giulietta di William Shakespeare. Giulietta ricordava al suo amato Romeo: «Che cos'è un nome? Quella che noi chiamiamo rosa, anche con un altro nome avrebbe sempre il suo soave profumo». In qualunque altro modo si deciderà di chiamare il nostro Tocai Friulano, nessuno riuscirà mai a cancellare il prestigio e l'eccellenza di quest'uva e di tutto ciò che i suoi vini sanno esprimere nei calici, compreso il suo profumo.

 Ma si sa, gli uomini hanno spesso bisogno di etichette per potersi identificare e per riconoscere la dignità delle cose, vini e uve comprese. È innegabile che questo provvedimento sarà comunque motivo di non pochi problemi e serie conseguenze per i produttori Friulani, che per anni hanno legato il proprio nome a quello del Tocai Friulano. Questo significa che si dovrà lavorare molto nella promozione del nuovo nome, cercando di fare comprendere ai consumatori e agli appassionati, che si tratta esattamente della stessa uva. Sarà - per molti aspetti - come riscrivere la storia dall'inizio e in un mondo così distratto e spesso attratto dal superfluo e dall'apparenza, probabilmente non sarà semplice. Ci sarà molto da lavorare sulla promozione e sulla diffusione del nuovo nome, e questo è qualcosa che ben sanno i produttori e le istituzioni del Friuli Venezia Giulia. L'unica cosa per la quale essere certi è che non si tratta di un addio, ma piuttosto di un arrivederci. Qualunque sarà il nome, sarà come incontrare un caro e vecchio amico che per così tante volte ci ha allietato con la sua buona compagnia. Arrivederci Tocai Friulano: ti attendiamo, come sempre, nei nostri calici a raccontarci ancora la tua lunga e gloriosa storia che - a dispetto degli uomini - non potrà mai cambiare il suo nome.

 



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La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione oppure utilizzare l'apposito modulo disponibile nel nostro sito.

 

Desidererei avere alcune informazioni sulla mescita del vino sfuso.
Michele Greco -- Potenza (Italia)
La vendita di vino sfuso è una pratica che nasce praticamente con la “scoperta” del vino. Il vino sfuso è generalmente associato alla bassa qualità - e molto spesso questo corrisponde al vero - tuttavia il punto di forza di questi vini è rappresentato dal basso prezzo e pertanto sono generalmente acquistati come vini da consumare quotidianamente per accompagnare i pasti. La vendita di vino sfuso è solitamente svolta dalle cantine sociali e cooperative, e spesso è una scelta commerciale operata anche da molti produttori privati. Il vino sfuso è solitamente acquistato in contenitori di grosse dimensioni, pertanto il problema principale è rappresentato dall'ossidazione e dall'eventuale acescenza che potrebbero verificarsi a seguito della progressiva quantità di aria che si crea con il progressivo svuotamento del contenitore. Per questo motivo, è opportuno provvedere all'imbottigliamento subito dopo l'acquisto in modo da assicurare una migliore conservabilità del vino. Per quanto concerne la mescita - e quindi il servizio - è sufficiente seguire le normali indicazioni valide per qualunque altro vino, pertanto si sceglieranno la temperatura e il bicchiere in accordo al tipo, alla struttura e alle qualità organolettiche del vino.



Mia moglie, che è italiana di Modena, adora i vini della sua terra e ogni volta che torna dall'Italia porta con sé alcune bottiglie di Lambrusco. Sapreste consigliarci un buon abbinamento per questo vino?
Miguel Raventós -- Madrid (Spagna)
Il Lambrusco - ma si farebbe meglio a dire le uve Lambrusco, viste le diverse varietà esistenti - è molto diffusa nell'Emilia Romagna e nella provincia di Mantova in Lombardia. Storicamente il Lambrusco è utilizzato per la produzione di vini vivaci - cioè frizzanti - fortemente legati alla tradizione e alla cultura delle terre in cui si producono. La qualità dei vini prodotti con uve Lambrusco è piuttosto varia - esattamente come qualunque altra uva - anche se molte cantine storiche si dedicano con serietà e passione alla produzione di qualità e con eccellenti risultati. Vista la grande diffusione dell'uva nelle zone in cui è tipica, è piuttosto frequente trovare prodotti di qualità discutibile. Il buon Lambrusco è comunque un vino piacevole e interessante, non solo dal punto di vista dell'abbinamento con il cibo. La sua qualità principale è l'effervescenza e - non da ultimo - una buona struttura e tannicità. Generalmente il Lambrusco è prodotto nelle versioni secco e amabile, con una leggera nota dolce. L'abbinamento più tipico del Lambrusco, specialmente quello secco, sono lo zampone e il cotechino, poiché la sua gioiosa effervescenza - unitamente all'apprezzabile astringenza - riescono perfettamente a bilanciare la collosità tipica di queste pietanze. Il Lambrusco si presta anche all'abbinamento con la pasta, in particolare quelle ripiene, e alcune ricette di carne, come i brasati e gli stufati, e si sposa perfettamente con i salumi. Infine, il Lambrusco amabile è un ottimo compagno delle serate autunnali abbinato alle caldarroste.



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