Senza lo zucchero, o meglio, gli zuccheri, non esisterebbe il vino. Non solo
essenziali componenti per la produzione di una delle caratteristiche tipiche del
vino - l'alcol - ma anche, e soprattutto, per ottenere l'equilibrio gustativo
della bevanda di Bacco. Sia chiaro: vino non è sinonimo di alcol e, inutile
dirlo, il vino è molto più di una semplice bevanda alcolica. Lo zucchero - più
precisamente, la quantità presente nel mosto e successivamente nel vino - è
fondamentale sia per le caratteristiche organolettiche del vino sia per il suo
equilibrio. La presenza o l'assenza dello zucchero nel vino ne determina lo
stile e l'orientamento organolettico. Se è vero che una quantità sostanziale di
zucchero classifica il vino come dolce e l'assenza - o la quantità
trascurabile - lo classifica come secco, quantità intermedie determinano
profili sensoriali molto particolari. A questo proposito, si pensi - ad esempio
- ai vini spumanti e alle diversità sensoriali conferite proprio dalla quantità
di zucchero presente nel vino.
Lo zucchero, infatti, non si trova solamente nei vini dolci, o almeno,
solamente in quei vini nei quali la sensazione organolettica della dolcezza è
prevalente e chiaramente percettibile. La percezione della dolcezza, esattamente
come qualunque altro stimolo gustativo, è puramente relativo e in funzione
dell'intensità degli stimoli antagonisti o sinergici. La mancata
percezione di uno stimolo non significa infatti l'assenza della sostanza che lo
produce, potrebbe anche significare una condizione organolettica nella quale
quella determinata sostanza è efficacemente contrastata - o
equilibrata - da altre sostanze. Si pensi, ad esempio, a certi vini
prodotti con uve da vendemmia tardiva e che potrebbero contenere una certa
quantità di zuccheri residui - cioè zuccheri non fermentati e quindi capaci di
produrre lo stimolo della dolcezza - eppure, al gusto, questi vini potrebbero
definirsi anche secchi.
L'apprezzamento della dolcezza nei vini - va detto - è profondamente cambiato
nel corso della storia dell'enologia e nell'evoluzione del gusto riferito alla
bevanda di Bacco. Se in tempi passati, al tempo degli antichi greci, agli albori
dell'enologia, erano i vini dolci ad essere considerati i più pregiati e
preferiti, oggi il gusto moderno si orienta prevalentemente verso i vini secchi.
La produzione attuale dei vini dolci è infatti marginale rispetto ai vini
secchi e da tavola, proprio a causa della minore richiesta e, quindi, del minore
interesse da parte dei consumatori. A questo si deve necessariamente aggiungere
il fattore economico, poiché la produzione di un vino dolce di alta qualità,
prodotto con uve appassite, ha dei costi elevati, quindi, anche un prezzo di
vendita elevato. In tempi passati, anche dopo l'introduzione della pratica di
produrre vini secchi, i vini dolci - prodotti con uve appassite e, spesso,
attaccate dalla muffa nobile - erano considerati la massima espressione del dio
Bacco e, come oggi, erano vini molto costosi, destinati unicamente ai calici dei
ricchi nobili.
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Non solo dolci: lo zucchero è un
elemento fondamentale nell'equilibrio dei vino | |
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Lo zucchero è essenziale per la produzione del vino; semplicemente, senza lo
zucchero, non esisterebbe il vino e neppure nessun'altra bevanda fermentata.
Questo non è solamente legato al prodotto primario della fermentazione - l'alcol
- ma anche, e soprattutto, alle notevoli trasformazioni chimiche alle quali è
sottoposto il succo dell'uva durante il viaggio che lo trasformerà in vino. Il
principale responsabile della fermentazione alcolica - il Saccharomyces
Cerevisiae - grazie alla conversione dello zucchero presente nel succo
dell'uva, produce alcol e anidride carbonica. Senza zucchero, quindi, non
esisterebbe il vino, e nemmeno la birra e il pane, tanto per citare i più famosi
esempi di prodotti ottenuti dalla fermentazione condotta a opera dei lieviti.
Non tutti gli zuccheri sono uguali e non tutti gli zuccheri sono
fermentabili dallo stesso tipo di lievito: ogni tipo di lievito - di fatto -
può convertire solo determinati tipi di zucchero.
Prima di trattare il ruolo della dolcezza nella degustazione sensoriale del
vino, cerchiamo di comprendere l'origine degli zuccheri presenti nel succo
dell'uva e utilizzati in enologia. In natura, gli zuccheri - meglio definiti
come glucidi - sono elementi essenziali per garantire la sopravvivenza
della maggioranza degli organismi viventi. La ricerca dei glucidi è una delle
attività prevalenti degli organismi viventi, poiché utili nutrienti per
l'approvvigionamento di energia. Le piante, e soprattutto i loro frutti, sono
generalmente ricchi di zuccheri, facendo di questi fra gli alimenti più comuni e
ricercati dalla gran parte degli appartenenti al regno animale. L'uva,
ovviamente, non fa eccezione, poiché all'interno dei suoi piccoli acini, al
raggiungimento della piena maturità, si trova una quantità considerevole di
zucchero. Si deve precisare che non si tratta dello zucchero comune, poiché con
questo termine si indica solitamente il cosiddetto zucchero da tavola,
propriamente definito saccarosio.
Nell'acino dell'uva sono presenti diversi tipi di zuccheri, tuttavia quelli
principali, che rappresentano la maggiore quantità, sono il glucosio e il
fruttosio. Non tutti gli zuccheri presenti nella polpa dell'uva interessano il
processo della fermentazione alcolica. Alcuni di questi - detti zuccheri
infermentescibili - non sono infatti convertiti in alcol e anidride carbonica
dai lieviti, lasciando quindi al vino una certa dolcezza. Questa dolcezza,
prodotta dai cosiddetti zuccheri residui, non sempre è percettibile
all'assaggio, sia perché equilibrati da altre sostanze, sia perché presenti in
quantità trascurabili e tali da non superare il livello della soglia di
percettibilità. In alcuni casi, la fermentazione è volutamente interrotta, così
da non consentire al lievito di completare il proprio lavoro, lasciando parte
degli zuccheri fermentescibili nel vino che, anche in questo caso, costituiranno
la frazione degli zuccheri residui e la sensazione organolettica della
dolcezza.
La presenza dello zucchero nel vino si può ottenere anche in altri modi. Uno di
questi consiste nell'aggiungere al vino - quindi al prodotto che si ottiene al
termine della fermentazione - una certa quantità di zucchero in modo da
aumentare la dolcezza. Va detto che questa pratica è, di fatto, vietata dalle
leggi enologiche nella gran parte dei paesi del mondo e gli unici vini per i
quali è ammessa sono gli spumanti. La dolcezza più o meno evidente negli
spumanti prodotti con il metodo classico è infatti ottenuta in questo modo,
aggiungendo al vino rifermentato in bottiglia una miscela di vino, zucchero e,
in alcuni casi e in accordo allo stile del produttore, acquavite da vino
variamente invecchiata. La quantità di zucchero aggiunta negli spumanti - che in
altri stili di vino sarebbe sufficiente a produrre uno stimolo della dolcezza
ben percettibile - non sempre è sufficiente a rendere evidente la sua
percezione. In questo particolare stile di vino, l'anidride carbonica svolge
infatti un efficace ruolo di contrasto degli zuccheri, abbassando la percezione
relativa della dolcezza.
Esiste un altro metodo per ottenere la presenza dello zucchero del vino, un
metodo che si può considerare del tutto naturale. La fermentazione, come già
detto, converte gli zuccheri in alcol e anidride carbonica grazie al lavoro dei
lieviti. L'alcol è comunque una sostanza tossica e, benché sia prodotto dai
lieviti, la loro tolleranza verso questo elemento è comunque limitata. Quando
nel mosto è presente una quantità elevata di zucchero - come nel caso di mosto
prodotto da uve surmature o appassite - i lieviti trovano nutrimento in
abbondanza continuando a produrre alcol che finirà per intossicarli e, quindi, a
bloccare il processo della fermentazione. Il blocco della fermentazione lascia
quindi nel vino una certa quantità di zuccheri naturali e che conferiranno
dolcezza. A questo proposito è opportuno ricordare che ogni tipo di lievito ha
una tolleranza propria all'alcol e alcuni tipi possono anche sopportare quantità
eccezionali di alcol pari al 20% del volume totale. In termini generali, un
volume alcolico superiore al 17% è solitamente tossico per la maggioranza dei
tipi di lievito.
Il contributo dello zucchero nella degustazione sensoriale di un vino va ben
oltre al semplice stimolo della dolcezza. Limitarsi alla percezione di
quello che è probabilmente il sapore maggiormente apprezzato dal genere
umano, sarebbe semplicemente un errore di imperdonabile superficialità. Lo
zucchero contribuisce principalmente con il sapore della dolcezza - non c'è
dubbio - tuttavia il suo ruolo nel quadro complessivo del gusto di un vino è
decisamente più complesso. Lo zucchero - e più precisamente, la dolcezza
- svolge un ruolo fondamentale per l'equilibrio gustativo di diversi elementi,
per contro, egli stesso necessita di essere propriamente equilibrato così da non
risultare eccessivo. La giusta dolcezza, nel senso di equilibrata,
conferisce infatti al vino una rara dimensione nobile e aristocratica,
mentre lo squilibrio per eccesso, rende un vino totalmente sgraziato, stanco e
perfino stucchevole.
Fra tutte le sostanze presenti nel vino, gli zuccheri stabiliscono una
particolare relazione di equilibrio con le sostanze acide. L'acidità è infatti
la primaria qualità organolettica capace di contribuire efficacemente
all'equilibrio della dolcezza. Per completezza, l'azione di equilibrio svolta da
una sostanza nei confronti di un'altra, non è mai riferita all'alterazione della
quantità dei singoli elementi presenti nel vino. Per equilibrio, si intende
l'azione di contrasto sensoriale che ha come effetto, non la diminuzione della
quantità di una determinata sostanza, ma l'alterazione della sua percettibilità,
rendendo lo stimolo equilibrato e armonico in funzione di tutti
gli altri. Un ottimo esempio è offerto dal succo di limone. Questa sostanza,
notoriamente dal gusto acido e aspro, trova un ottimo equilibrio gustativo con
l'aggiunta di una sostanza dal gusto dolce. Con l'aggiunta di zucchero, la
quantità di sostanze acide non diminuisce, tuttavia lo stimolo gustativo è reso
più tollerabile, cioè equilibrato, dalla dolcezza.
Se è vero che la dolcezza è capace di rendere l'acidità più tollerabile,
l'acidità ha la capacità di rendere la dolcezza più gradevole e meno
stucchevole. Per questo motivo, la qualità più importante nei vini dolci non è
necessariamente rappresentata dalla quantità di zuccheri, piuttosto dalla
quantità di sostanze acide capaci di equilibrare proficuamente la dolcezza,
evitando al vino di divenire stucchevole. Anche l'anidride carbonica svolge un
ruolo di efficace contrasto nei confronti della dolcezza. In termini generali,
l'azione dell'anidride carbonica abbassa - anche significativamente - la
percezione degli zuccheri, facendo percepire il vino, o altra bevanda, meno
dolce di quanto non sia effettivamente. Si pensi, ad esempio, a una bevanda
analcolica gasata: quando l'effervescenza è chiaramente percettibile, la
dolcezza risulta meno intensa; facendo disperdere l'anidride carbonica, per
effetto dell'agitazione, la dolcezza risulterà al gusto molto più intensa,
perfino stucchevole.
Lo stesso principio si applica, ovviamente, ai vini spumanti, i quali,
nonostante contengano spesso quantità apprezzabili di zucchero, per effetto
dell'anidride carbonica potrebbero risultare anche secchi al gusto. Fra
le sostanze presenti nel vino, in particolare nei vini rossi, gli zuccheri
tendono a rendere più tollerabile l'astringenza dei tannini, tuttavia la
combinazione tannini-zuccheri, se non ben controllata, può risultare talvolta
poco gradevole al gusto. La temperatura è fra i fattori che alterano la
percezione della dolcezza. La percezione delle sostanze dolci risulta più
intensa con l'aumentare della temperatura, mentre temperature estremamente basse
possono anche annullare la loro percezione. Un vino dolce servito freddo
risulterà quindi meno dolce, mentre può risultare stucchevole quando servito a
temperature elevate, anche nel caso di vino con pochi zuccheri residui. Infine,
fra le sostanze presenti nel vino, è bene ricordare che l'alcol etilico - oltre
a produrre il caratteristico stimolo tattile pseudocalorico - ha un gusto
tendenzialmente dolce che contribuisce alla dolcezza complessiva del vino.
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