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  Editoriale Numero 141, Giugno 2015   
C'è la Crisi? Si Consuma Meno VinoC'è la Crisi? Si Consuma Meno Vino  Sommario 
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C'è la Crisi? Si Consuma Meno Vino


 Mi capita molto spesso di parlare con produttori di vino e, inevitabilmente, l'argomento delle vendite è uno di quelli che, negli ultimi tempi, riceve particolare attenzione e preoccupazione. Per chi produce vino, si tratta di una comprensibile e ovvia preoccupazione. Devo dire, per onore di verità, che negli ultimi mesi molti dei produttori con i quali parlo si esprimono in toni meno catastrofici rispetto agli anni passati, rilevando dei timidissimi cenni di ripresa. Un piccolo raggio di sole, dopo avere subito le gravi conseguenze di una severa tempesta con insistenti temporali, non può che suscitare ottimismo, benché cauto e minimo. I tempi che hanno caratterizzato gli anni passati, e che - inutile nasconderlo - continuano a influire l'economia del presente, hanno gravato pesantemente sui bilanci e profitti delle cantine, pertanto - anche di fronte a questo raggio di sole - la cautela è una saggia difesa.


 

 Secondo una recente indagine condotta dalla Coldiretti, gli anni che abbiamo lasciato alle spalle - nello specifico, dal 2008 al 2014 - hanno segnato un periodo decisamente negativo per il consumo di vino. Non si tratta di una notizia eclatante: che l'economia del vino non godesse di buona salute negli anni appena passati, era ben risaputo e del tutto percettibile. L'indagine della Coldiretti diviene importante poiché quantifica la misura di questo andamento incerto, di quanto il vino italiano ha perso negli ultimi tempi. Il mio sospetto è che non tutto sia dovuto ai tempi di crisi economica che stanno caratterizzando questi anni, ma di certo hanno contribuito in modo significativo. In fin dei conti, il vino è da tempo considerato un bene elitario, pertanto non rappresenta una necessità primaria. Dovendo fare delle scelte, nei momenti di minore disponibilità economica, è ovvio che si rinuncia - seppure con dispiacere - a quello che non rientra nelle priorità fondamentali.

 L'indagine della Coldiretti ci fa sapere che, in questi anni di crisi, quasi 1,7 milioni di italiani hanno smesso di consumare bevande alcoliche. Sicuramente la crisi ha svolto un ruolo determinante, tuttavia ritengo che anche le norme in merito al tasso alcolemico del sangue per i soggetti che si mettono alla guida di un veicolo - recentemente introdotte - abbiano fortemente influito su questi comportamenti. L'indagine ha fatto emergere, in particolare, che in Toscana i consumi di vino sono diminuiti dell'11,8%, registrando addirittura un calo del 13% fra i consumatori abituali della bevanda di Bacco. La Toscana, regione fra le più significative del panorama enologico italiano, registra uno strepitoso incremento del 32% nel consumo quotidiano di birra. Un risultato che conferma, evidentemente, il buon momento che la bevanda di Cerere sta vivendo in Italia, grazie anche ai lodevoli risultati conseguiti dai tanti birrifici artigianali del nostro Paese.

 Qualora il calo del consumo di vino fosse motivo di preoccupazione, in realtà l'indagine della Coldiretti offre - purtroppo - ben altri motivi per i quali preoccuparsi seriamente. Il 14,5% dei giovani di età compresa fra i 18 e i 24 anni è dedita al deplorevole comportamento del binge drinking, praticato con lo smodato consumo di aperitivi, amari e superalcolici. Qualora fosse necessario ricordarlo, il binge drinking - che si potrebbe tradurre in italiano come bere pesantemente - consiste nel consumo di bevande alcoliche con lo scopo di ubriacarsi e perdere il controllo. Un comportamento che è l'antitesi dell'intelligenza, certamente preoccupante - molto preoccupante - e che dovrebbe fare riflettere, in particolare, sulla condizione sociale di certi scellerati giovani. Soddisfazione certamente trascurabile sapere che il vino - almeno in questo - non è responsabile di questa scellerata e sciagurata abitudine.

 Nel periodo 2009-2014, sempre secondo l'indagine condotta dalla Coldiretti, in Italia si è registrato un calo nei consumi di vino del 2,9%, il consumo di superalcolici e liquori è diminuito dell'1,3%, mentre la birra è aumentata dello 0,1%. Anche il consumo quotidiano del vino nelle tavole degli italiani è diminuito: dalla media di cinque bicchieri si passa a quattro. Una tendenza confermata dalla diminuzione del consumo e dall'acquisto di vino nelle famiglie che registra - su scala nazionale - un calo del 19% rispetto al 2008. L'unico dato in controtendenza, come già detto, è il consumo - ma sarebbe bene parlare di abuso - di superalcolici da parte dei giovani, in particolare nel fine settimana. Si registra, inoltre, una concentrazione dei consumi di vino e alcolici al di fuori dei pasti. A quanto pare, gli italiani stanno abbandonando la tradizionale abitudine di associare il vino al cibo, da sempre elemento centrale della tipica convivialità gastronomica.

 In Italia si sta diffondendo quindi l'abitudine del bere casuale, compagno di momenti sociali informali e frugali, ancor peggio e preoccupante, la detestabile e certamente idiota tendenza del binge drinking fra i giovani. Sarebbe opportuno interrogarsi sui motivi per i quali stiano emergendo queste abitudini. Di certo l'insistente comunicazione di un modello comportamentale ribelle ed egoista - concedetemi di aggiungere, palesemente idiota e insulso - è da ritenersi fra i motivi responsabili di questi insignificanti modelli sociali. Un tempo si diceva “la sera leoni, la mattina” - qui mi permetto una dignitosa modifica, rinunciando alla fondamentale rima - “irrimediabilmente stupidi”. Se il calo dei consumi corrisponde a questo tipo di nuove mode, proseguo con i proverbi di un tempo: si stava meglio, quando si stava peggio. Se è vero che la società moderna altro non è che la conseguenza di ciò che è stato tramandato dalle generazioni precedenti, interroghiamoci - con non poco sgomento - sul tipo di educazione che abbiamo insegnato e all'eredità che lasceremo.

Antonello Biancalana






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