I vini dolci, quelli prodotti con uve appassite, insieme ai fortificati,
appartengono allo stile meno consumato dai consumatori moderni. Un tempo
considerati alla stregua di farmaci per la cura e la riabilitazione dei malati,
i vini dolci erano spesso presenti nelle tavole delle classi nobili e più
agiate, soprattutto per dimostrare la propria agiatezza economica. Vini da
sempre costosi - unicamente quelli di qualità e realmente prodotti con uve
appassite - hanno costruito la gloria di certe zone viticolturali del mondo,
una fama che, in molti casi, resiste ancora oggi. Basta citare due esempi su
tutti - Sauternes e Tokaji - per suscitare nell'immaginario di molti
appassionati di vino l'idea di un nettare eccelso, entrambi emblemi di elevata
e storica qualità. Va detto, per onore di verità, che gran parte del fascino di
questi vini è dato anche dagli effetti della Botrytis Cinerea - nota
come muffa nobile - capace di impreziosire e arricchire questi vini.
Il declino di questi vini prestigiosi è dovuto anche al cambiamento del gusto e
delle mode dei nostri tempi, che vedono nei vini secchi il principale modello
enologico di riferimento. I vini dolci da uve appassite e, ancor più, quelli
prodotti con uve attaccate dalla muffa nobile, rappresentano un esercizio
enologico piuttosto impegnativo. Non da ultimo, anche di tipo economico, poiché
la resa che si ottiene dalle uve appassite è decisamente inferiore rispetto a
quelle impiegate per la produzione dei vini da tavola. In termini generali,
l'appassimento delle uve determina una perdita di acqua - e quindi di mosto -
che può superare anche il 40% del peso, pertanto una resa in vino decisamente
inferiore. A dispetto della tendenza dei consumi moderni, i vini dolci da uve
appassite rappresentano un esercizio sensoriale fra i più complessi ed
entusiasmanti per qualunque degustatore. La complessità che raggiungono questi
vini è infatti quanto di più impegnativo si possa trovare nel proprio calice.
La Sicilia è terra di grandi vini dolci da uve appassite. In questa isola si
producono infatti alcuni dei più famosi vini dolci d'Italia, come i celebri
Passito di Pantelleria, Malvasia delle Lipari e Moscato di Siracusa. La Sicilia
sembra essere particolarmente vocata alla produzione di questo stile di vini,
non solo per la generosa presenza del sole, ma anche per la varietà di uve
adatte ai vini dolci. Protagonista dei vini dolci siciliani è certamente il
Moscato di Alessandria - conosciuto nell'isola come Zibibbo - il quale,
oltre ad essere utilizzato nel Passito di Pantelleria, è presente in diversi
vini dolci IGT della regione. Originario dell'Egitto, il Moscato di Alessandria
è stato introdotto in Sicilia dai Fenici e da sempre utilizzato per la
produzione di vini dolci. La vocazione alla produzione dei vini dolci del
Moscato di Alessandria è confermata anche dal termine con il quale in Sicilia
si chiama quest'uva.
Il termine Zibibbo deriva infatti dall'arabo zabib, dal
significato di uva passita, a conferma dell'uso che da sempre si fa di
questa varietà, ovvero la si fa appassire e consumata come frutta secca oppure
vinificata. La terra di elezione del Moscato di Alessandria è certamente la
suggestiva isola di Pantelleria, luogo dove nasce il celebre passito, autentica
eccellenza dell'enologia siciliana e italiana. Qui i vigneti, coltivati ad
alberello, assumono un carattere suggestivo e particolare, disposti nei tipici
terrazzamenti, una tecnica introdotta dagli arabi nell'isola. Una pratica
viticolturale così unica e particolare, tanto da valere il riconoscimento della
coltivazione ad alberello di Pantelleria patrimonio dell'umanità e conferito
dall'UNESCO. Da questi preziosi vigneti si raccoglie l'uva Zibibbo e, dopo
avere provveduto a opportuno appassimento al sole, si pigia e si ricava un
mosto dolcissimo e denso, con il quale si produce il Passito di Pantelleria.
Ben più distante da Pantelleria, dove si pratica una viticoltura non meno
suggestiva, è la zona delle Cinque Terre, in provincia di La Spezia. Per la
specifica bellezza del paesaggio e come l'uomo è riuscito trarre vantaggio
dalla natura di questi luoghi, le Cinque Terre sono state dichiarate patrimonio
dell'umanità e protetto dall'UNESCO. In queste terre si producono vini bianchi
da uve Bosco, Albarola e Vermentino, compreso il celebre Sciacchetrà, fra i più
ricercati e rari vini dolci da uve appassite d'Italia. I vigneti sono coltivati
in terrazzamenti scoscesi - pezzi di terra strappati alla natura - e le viti
sono mantenute basse, una pratica tipica delle zone caratterizzate da forte
vento. La viticoltura e la vendemmia sono svolte in condizioni piuttosto
estreme, tanto da richiedere, in certi casi, l'uso di particolari carrelli che
si muovono su cremagliere collocate lungo le ripide e scoscese pareti che
degradano verso il mare.
In queste terre, strappate al rigore della natura e adattate alla coltivazione
della vite, si ricavano i preziosi grappoli che, dopo opportuno appassimento,
danno vita al ricercato e pregiato Cinque Terre Sciacchetrà. La produzione di
questo vino è decisamente esigua, considerando inoltre che le uve coltivate
nelle Cinque Terre si impiegano anche per i vini bianchi secchi. Dal colore
dorato scuro, spesso ambrato intenso, lo Sciacchetrà è vino dolce di rara
eleganza e complessità. Questa caratteristica è dovuta anche al tempo minimo di
maturazione stabilito dal disciplinare, il quale impone un periodo di circa un
anno, esattamente fino al primo novembre dell'anno successivo alla vendemmia.
Lo Sciacchetrà è vino raro e, forse, dovuto anche al minore interesse dei
nostri tempi verso i vini dolci, non gode della fama di altri vini appartenenti
alla stessa categoria. Questo pregiato vino ligure si colloca comunque fra le
più alte e prestigiose eccellenze dell'enologia italiana e del mondo.
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Il colore del Cinque Terre
Sciacchetrà osservato inclinando il calice | |
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I vini che sceglieremo per la nostra degustazione dovranno appartenere alla
stessa annata e non avere comunque più di due anni. Si deve ricordare,
innanzitutto, che lo Sciacchetrà è prodotto dall'unione di tre uve
- Bosco, Albarola e Vermentino - mentre il Passito di Pantelleria ne prevede
solamente una: lo Zibibbo. Inoltre, va detto che, contrariamente al Moscato di
Alessandria, le tre varietà usate per lo Sciacchetrà non sono di tipo
aromatico. Si deve notare che nella produzione dello Sciacchetrà si tende a
favorire una maggiore percentuale della varietà Bosco a causa dello spessore
della buccia, caratteristica che limita il rischio di rotture degli acini. Un
fattore fondamentale poiché consente di usare acini integri, contrariamente a
quanto accade quando si usano varietà a buccia sottile. I vini saranno versati
in due appositi calici e degustati alla temperatura di 15 °C, così da
assicurare il giusto sviluppo delle qualità organolettiche senza favorire
l'eccessiva percezione della dolcezza.
Versiamo i due vini nei rispettivi calici e iniziamo la nostra degustazione per
contrasto dall'analisi dell'aspetto. I vini dolci prodotti con uve appassite si
presentano speciali e nobili già alla valutazione del colore. In questi vini le
tonalità si fanno scure e scintillanti, assumendo anche eleganti colori dorati
e perfino ambra. I vini della nostra degustazione non fanno eccezione a questa
caratteristica. Il Passito di Pantelleria si presenta infatti al calice con un
colore giallo dorato intenso e cupo, tendente all'ambra, con evidenti sfumature
di giallo dorato. L'aspetto del Cinque Terre Sciacchetrà è, in termini
generali, più cupo, mostrando un evidente colore giallo ambra intenso e scuro.
La sfumatura, osservata inclinando il calice e valutando il vino all'estremità
verso l'apertura, mostra tonalità dello stesso colore. I due vini mostrano una
buona trasparenza, non esattamente elevata, ma che consente, in ogni caso, la
visione dell'oggetto posto dietro il calice.
L'esame del profilo olfattivo rappresenta certamente la parte più entusiasmante
e straordinaria della degustazione sensoriale dei vini dolci da uve appassite.
Aromi densi, complessi, spesso complicati, i vini dolci da uve appassite -
quando prodotti con criteri di qualità - offrono al degustatore uno dei massimi
esercizi formativi e didattici che si possano incontrare. Lontani dai tipici
profumi dei vini da tavola - anche questi certamente entusiasmanti - la
valutazione del profilo olfattivo dei vini dolci da uve appassite richiede
maggiore concentrazione e attenzione. La ricchezza di questi vini è conferita
sia dall'impiego di uve appassite - un processo che, di fatto, concentra il
succo all'interno dell'acino - sia dal tempo e dalla maturazione. Questi vini,
oltre a riuscire a maturare per molti anni, divenendo - nel contempo - più
complessi, sono solitamente posti in commercio dopo diversi mesi, perfino anni,
dalla vendemmia.
Procediamo con l'analisi olfattiva dei due vini. Manteniamo i due calici in
posizione verticale e senza rotearli, procedendo con la preliminare olfazione
dei due vini. Si annusi il calice del Passito di Pantelleria e, subito dopo,
quello del Cinque Terre Sciacchetrà: la differenza aromatica dei due vini è
evidente. Il Moscato di Alessandria - o Zibibbo - offre al naso una carica
aromatica molto simile al succo dell'uva, mentre nello Sciacchetrà questa
caratteristica sembra assente, pur tuttavia rilevando un netto profumo di uva
passa. Entrambi i vini presentano al naso un carattere complesso nei quali si
riconoscono aromi di frutta secca, fra questi, fico secco, dattero e uva passa.
Nel Passito di Pantelleria si riconosce la mandorla, mentre nel Cinque Terre
Sciacchetrà la noce, condividendo aromi di canditi, miele e scorza d'agrume. Il
Passito di Pantelleria offre talvolta al naso profumi di litchi, lavanda ed
erbe aromatiche, fra queste la salvia e il timo. Presenti in entrambi i vini
decisi profumi di confetture di frutti a polpa bianca e gialla, in particolare
albicocca e pesca.
Al gusto il Passito di Pantelleria e il Cinque Terre Sciacchetrà sembrano avere
più punti in comune anziché contrasti. L'attacco dei due vini, com'è ovvio ci
si aspetti, è caratterizzato da una spiccata dolcezza. Il mosto utilizzato per
la produzione di questi vini è, in conseguenza dell'appassimento delle uve,
molto concentrato e denso, pertanto in bocca si percepirà una struttura densa e
piena. A questo si aggiunge anche una piacevole morbidezza, per certi aspetti
inevitabile, una caratteristica che aumenta la piacevolezza di questi vini.
Anche l'alcol, presente in quantità significative in entrambi i vini,
contribuisce ad aumentare la dolcezza e la morbidezza, nonostante svolga una
certa azione di equilibrio attraverso la sensazione bruciante e
pseudo-calorica. L'elemento fondamentale di questi vini per raggiungere
l'equilibrio è rappresentato dall'acidità, fattore che segna la divisione
fra vino dolce piacevole ed elegante e vino stucchevole. In entrambi i vini
si nota infatti una spiccata acidità: non solo piacevole ma anche essenziale
all'equilibrio.
Un'altra caratteristica entusiasmante dei vini dolci prodotti con uve appassite
è certamente il finale, costituito dalle sensazioni che il vino lascia in bocca
dopo la deglutizione. La persistenza del Passito di Pantelleria e del Cinque
Terre Sciacchetrà è molto buona, vini che - in questo senso - non deludono con
durate piuttosto lunghe. Entrambi lasciano in bocca una sensazione di
equilibrio, nel quale si continua a percepire la dolcezza e la morbidezza che
si oppone alla piacevole acidità. La differenza in questi vini si esprime nei
sapori che si percepiscono in bocca. Il Passito di Pantelleria si fa apprezzare
per il caratteristico sapore di uva e albicocca secca, mentre nel Cinque Terre
Sciacchetrà si percepisce maggiormente uva secca, fico secco e miele, in
entrambi i casi, un finale decisamente elegante. Due grandi vini, figli di due
suggestive terre nelle quali la viticoltura rappresenta - per certi aspetti -
una sfida fra uomo e natura, capace di dare vita a nettari divini, generosi di
alte e nobili emozioni.
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