Il mondo del vino ha perso uno dei suoi più alti e grandi interpreti, colui che
ha reso grande l'enologia italiana facendola entrare in una nuova e
straordinaria era, portandola in cima all'Olimpo. Lo scorso 6 febbraio 2016 ci
ha lasciato Giacomo Tachis, l'uomo che, più di chiunque altro, ha segnato il
cammino irreversibile del vino italiano, iniziando quello che si può definire
un autentico rinascimento. Il più grande di tutti, senza ombra di dubbio
alcuno. Un grande enologo che ha saputo capire, prima di chiunque altro nel
nostro Paese, che il vino doveva cambiare e per sempre. Giacomo Tachis, che
amava definirsi mescolatore di vini, era nato a Poirino, in provincia di
Torino, il 4 novembre 1933. Lo stesso mese nel quale è nato anche un altro
grandissimo personaggio del vino italiano e che ha contribuito alla grandezza
enologica d'Italia: Luigi Veronelli. Due personaggi - Tachis e Veronelli - che
hanno segnato profondamente e in modo indelebile il destino del vino italiano.
Il primo in vigna e in cantina, il secondo con la sua inimitabile e
indimenticata penna.
Il re degli enologi italiani ci ha lasciato all'eta di 82 anni lasciandoci
un'eredità di grandissimi vini, tutti capaci di avere rilanciato il prestigio
del vino italiano nel mondo. I vini che portano la firma di Giacomo Tachis sono
infatti numerosi e tutti hanno saputo stupire gli appassionati di tutto il
mondo. Fare un elenco dei vini nati dall'intelligenza e dal talento di Giacomo
Tachis sarebbe piuttosto lungo. Impossibile, però, non ricordare il suo
straordinario contributo ai vini della Toscana, a partire da quelli che sono
usciti dalle cantine della famiglia Antinori e del Marchese Niccolò Incisa
della Rocchetta. Tignanello, Solaia e Sassicaia portano infatti la sua
indelebile firma, iniziando una nuova vita per l'enologia della Toscana
rendendola famosa nel mondo. Giacomo Tachis lega il suo nome anche a un grande
vino voluto dalla lungimirante volontà di un altro importante nobile del vino
italiano: il San Leonardo della Tenuta San Leonardo - in Trentino - del
Marchese Carlo Guerrieri Gonzaga. Il San Leonardo è uno dei miei vini preferiti
di sempre, esempio assoluto di rara, nobile e ricercata eleganza, un capolavoro
inimitabile in stile bordolese.
In Toscana Giacomo Tachis ha inoltre firmato i vini di Querciabella, Castello
di Rampolla, Argiano, Le Pupille, Alberese e Falchini. Ovunque sia andato,
Giacomo Tachis ha lasciato un segno indelebile con i suoi vini. Come in
Sardegna, dove ha firmato vini del calibro di Turriga per Argiolas, Terre Brune
per la Cantina di Santadi e Barrua per Punica. Anche nell'altra grande isola
d'Italia - la Sicilia - l'enologo piemontese ha lasciato la sua firma. A
partire dalla collaborazione con l'Istituto Regionale della Vite e del Vino e
le cantina Duca di Salaparuta e Florio. Sempre in Sicilia, firma il raro ed
esclusivo il vino Mothya prodotto in una piccolissima vigna nell'isola
di Mozia. Fra i tanti vini nati dal talento di Giacomo Tachis, troviamo anche
Pelago di Umani Ronchi - nelle Marche - dove intuisce il potenziale del
territorio alla produzione di vini muffati portando alla nascita di Maximo.
Sempre nelle Marche, partecipa all'interessante progetto de Il Pollenza.
Il grande mescolavino - come a lui piaceva definirsi in modo ironico - si
era diplomato nel 1954 alla Scuola Enologica di Alba ed è stato allievo di
Émile Peynaud, il celebre enologo francese, fra i più grandi del 1900. La prima
grande opportunità per dimostrare al mondo il suo talento e la sua visione del
vino avviene nel 1961 quando è chiamato a guidare la cantina dei Marchesi
Antinori. Qui Giacomo Tachis inizia il rinascimento del vino italiano, segnando
il nuovo cammino che sarà di esempio per molti, dando vita al Tignanello e al
Solaia. In un territorio fortemente radicato nelle sue tradizioni come
quello del Chianti, Giacomo Tachis ebbe il coraggio di unire il Sangiovese alle
straniere Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc. Fa inoltre maturare quel
vino in barrique - a quei tempi praticamente sconosciuta in Italia - e produce
uno dei primi vini del Chianti senza usare uve bianche, il primo Sangiovese a
essere vinificato in barrique. Un affronto, per così dire, a quella tradizione
ma che segnerà in modo irreversibile il destino dell'enologia Toscana e,
ovviamente, del Chianti.
Giacomo Tachis era, soprattutto, una persona di enorme cultura, curiosa e
desiderosa di sperimentare, guardando un orizzonte molto lontano, troppo
lontano per molti, ma che è riuscito poi a mostrare a tutti. A chi crede che lo
stile di Giacomo Tachis fosse, per così dire, di carattere francese o
internazionale, farebbe bene a ricredersi. Forse anche perché non ha mai goduto
delle forti emozioni che i suoi vini erano capaci di regalare. Va infatti detto
che il suo rispetto per il territorio e quello che la terra di ogni luogo
sapeva offrire era di primaria importanza. Questo è dimostrato da molti dei
suoi vini, nei quali non dimenticava di rendere protagoniste le uve del
territorio, come Sangiovese, Montepulciano, Cannonau, Carignano e Nero d'Avola,
solo per fare alcuni esempi. Per capirlo, si può ricordare quello che disse nel
2010, quando annunciò il suo ritiro dal mondo del vino: «Rispettiamo la natura
e la semplicità del vino. Perciò niente chimica come viene fatta oggi e attenti
alla genetica, perché la natura si ribella». L'insegnamento che ci lascia
Giacomo Tachis è enorme e fondamentale, non solo nella grandezza dei suoi vini,
ma anche nella sua visione enologica e nella sua straordinaria storia
professionale.
Il grande enologo piemontese ci ha lasciato anche una testimonianza scritta
raccolta nel suo libro Sapere di Vino. Nel suo libro, Giacomo Tachis
racconta il suo percorso professionale e la sua significativa visione del vino,
gettando le basi per il futuro che, c'è da sperarlo, sarà portato avanti dai
suoi tanti allievi. Non ho mai avuto il privilegio di conoscere personalmente
Giacomo Tachis e sono convinto che sarebbe stato un incontro entusiasmante,
visto che chi lo ha conosciuto me ne ha sempre parlato come persona di enorme
conoscenza e cultura. In un mondo, compreso quello del vino, dove molti si
improvvisano in modo supponente e pietosamente vanitoso, ascoltare chi ha fatto
la storia del vino italiano - con i fatti - mi avrebbe fatto enorme piacere e
onore. Mi restano comunque le infinite emozioni dei vini che ci ha donato e,
almeno quelli, ne ho conosciuti moltissimi e ne conservo una preziosa memoria.
In quel senso, mi onoro di avere conosciuto Giacomo Tachis attraverso i suoi
vini, di certo è stato un grande privilegio e del quale lo ringrazio. Il
ringraziamento, non da meno, per avere tracciato la nuova strada del vino
italiano e fatto rinascere l'enologia del nostro Paese. Un solco profondo e
netto, dal quale non si deve e non si può tornare indietro. Grazie ancora
Giacomo Tachis: la tua arte di mescolavino è e sempre sarà vanto e
onore dell'enologia italiana e di tutti quelli che amano il vino.
Antonello Biancalana
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