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  Editoriale Numero 233, Novembre 2023   
La Bellezza dello Spumante Maturo Capace di Sfidare il TempoLa Bellezza dello Spumante Maturo Capace di Sfidare il Tempo  Sommario 
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La Bellezza dello Spumante Maturo Capace di Sfidare il Tempo


 Una delle domande che più frequentemente mi fanno – da sempre – è relativa alle mie preferenze in fatto di vino e quale sia il mio preferito, come stile o un'etichetta in particolare. Da sempre, rispondo puntualmente con “quello buono”. In verità, ben consapevole della burlesca superficialità della mia affermazione, una domanda simile non può avere una risposta “precisa e specifica”. Corrisponde comunque a quello che è effettivamente il mio personale gusto relativo al vino: non credo di potere affermare che, per esempio, i vini rossi mi piacciono più di quelli bianchi, oppure di prediligere gli spumanti rispetto ai vini dolci da uve appassite o, infine, i vini liquorosi a quelli rosati. In definitiva, per quanto banale possa essere, sì, mi piace il vino buono, per meglio dire, quello che piace a me. Questo significa, non da meno, che dipende dal momento, dalla persona o dalle persone con le quali si condivide uno specifico vino, al luogo e all'occasione.


 

 Quando mi capita di trovare nel calice un vino buono – cioè, un vino che mi piace molto – in genere ne acquisto almeno tre bottiglie. La prima è destinata all'immediata degustazione organolettica, quindi prendendo appunti e annotando tutte le sue qualità sensoriali – comprese le mie impressioni e previsioni sull'evoluzione – sia per mia futura memoria, sia per arricchire il mio personalissimo database di degustazioni che oramai si appresta a contare circa 85.000 vini. La “futura memoria” sarà utile, quando a distanza di qualche anno, degusterò la seconda bottiglia, annotando sempre scrupolosamente le qualità organolettiche, mettendole a confronto con la prima. Infine, la terza bottiglia è aperta a distanza di molto tempo, spesso lunghissimo, sempre annotando le sue qualità sensoriali e mettendole a confronto con le due degustazioni precedenti. Se poi quel vino mi piace particolarmente tanto, l'acquisto aumenta a sei bottiglie, tre delle quali da degustare e condividere con amici e appassionati, stappate non appena si presenta l'occasione o il momento giusto.

 Gli intervalli di tempo nei quali le due bottiglie da degustazione sono aperte sono determinati unicamente dallo stile di vino, tipo, territorio, composizione delle uve e, non da meno, tecniche di produzione. Molto spesso la terza bottiglia è quella che riserva le sorprese più straordinarie, spesso del tutto inaspettate. Considerando che ho iniziato a coltivare questa mia abitudine di acquisto circa trenta anni fa, negli ultimi dieci è aumentato considerevolmente il numero di “terze bottiglie” che prendono la strada del calice, passando inevitabilmente per il cavatappi. Ovviamente, può capitare che qualche terza bottiglia non abbia resistito alla sfida del tempo, soccombendo al peso dei suoi anni, qualcosa che, puntualmente, era spesso previsto valutando la seconda bottiglia. Come si dice, “tentar non nuoce”, anche se in questi casi, “nuoce alquanto e fin troppo”, mentre in altri l'attesa è ampiamente ripagata dalla bellezza di un vino che è cresciuto a piena, complessa ed elegantissima matura nobiltà proprio grazie al tempo.

 Questo mio vezzo nasce prevalentemente a causa del mio interesse – per meglio dire, passione – per gli spumanti metodo classico maturi, quelli che a distanza di un tempo, per molti eccessivo, sviluppano magnificamente in bottiglia una complessità irraggiungibile per tantissime altre categoria di vini. Non sono le uniche bottiglie a essere acquistate per questo scopo piacevolmente didattico, poiché la mia cantina è anche allegramente popolata di bianchi, rosati e rossi, non da meno liquorosi e dolci da uve appassite. Quelli che mi sorprendono sempre e puntualmente sono, appunto, gli spumanti metodo classico, in modo particolare quelli prodotti con una delle mie uve predilette e care: il Pinot Nero. Non è l'unica, ovviamente, ma la bellezza e la classe che possono raggiungere gli spumanti metodo classico prodotti con la grande uva rossa di Borgogna è davvero strepitosa, anche dopo 30 anni.

 Ovviamente si perde un po' di freschezza, l'effervescenza non ha certamente la forza e l'impeto della giovane età, ma al naso – oh, il naso! – assume un carattere di complessità straordinario, profumi complessi nei quali si riconosce ancora il fascino di una bellissima giovane donna che il tempo ha reso ancor più affascinante, di consapevole e compiuta femminea classe ed eleganza. Anche il gusto, evidentemente, è decisamente distante dal ricordo dell'esuberanza di gioventù, con la morbidezza che si porta decisamente alla ribalta, tuttavia ben supportata dalla freschezza della matura acidità e un'effervescenza più garbata, a segnare lo scorrere del tempo. L'evoluzione dei profumi di questi spumanti trova piena corrispondenza anche al gusto, con sapori che sono lontani dall'immediata comprensione che è tipica – concedetemi il beneficio della generalizzazione – negli spumanti giovani dopo pochi mesi dalla sboccatura. Questi vini chiedono ora la completa attenzione e concentrazione: solo così si concedono ai sensi e regalano tutte le loro sfumature conquistate nel tempo.

 Le qualità sensoriali conferite dai lieviti e – in particolare – dalla loro autolisi, sono un lontanissimo ricordo, oramai dimenticati dall'oblìo del tempo. Si apre un mondo di emozioni del tutto nuovo e certamente insospettabile a chi è abituato alle qualità sensoriali dei vini spumanti metodo classico con alcuni mesi di vita dopo la sboccatura. Ovviamente l'attesa degli anni può anche riservare delle sorprese decisamente bruttissime, quando nel calice si versa un vino che è andato ben oltre la bellezza della sua maturità, quindi – per così dire – oramai “morto” e privo di qualunque finezza o interesse sensoriale. È un rischio che corro comunque volentieri poiché consente di imparare una preziosa lezione su quel vino – considerato nel suo potenziale enologico – e che spesso diviene utilissima anche per giudicare le sorti di vini analoghi. Quando accade, la delusione e il disappunto si può eventualmente lenire stappando un'altra bottiglia. Incrociando le dita, ovviamente.

 In termini generali, gli spumanti metodo classico prodotti con il Pinot Nero – in purezza oppure unito ad altre varietà – sono quelli che regalano le maggiori soddisfazioni, sia per lo sviluppo delle qualità sensoriali, sia per la capacità di sostenere la sfida del tempo. Non si tratta comunque di una regola affidabile, poiché è accaduto che spumanti metodo classico prodotti con Pinot Nero si siano trasformati in cocenti delusioni, nonostante la mia iniziale fiducia ed entusiasmo. Capita, poi, che spumanti prodotti con insospettabili uve dimostrino un'eccellente vocazione alla produzione di metodo classico capaci di evolvere e crescere nel tempo. Si tratta, nella maggioranza dei casi, di varietà autoctone italiane, trasformate in gioiose bollicine da lungimiranti e intraprendenti produttori. Oltre al mio personale piacere e predilezione per i vini spumanti metodo classico maturi, ritengo che lo studio di queste bottiglie rappresenti un enorme valore didattico. Spesso si scoprono delle sensazioni e qualità – in ogni singola fase della degustazione – del tutto inaspettate e insospettabili, comprese quelle che, con somma soddisfazione, si immaginava si fossero sviluppate con il tempo. Nell'uno o nell'altro caso, resta sempre e comunque il mio stupore per la bellezza dei vini spumanti metodo classico capaci di sfidare e vincere il tempo.

Antonello Biancalana



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