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  ABC Vino Numero 49, Febbraio 2007   
Emilia-RomagnaEmilia-Romagna  Sommario 
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Emilia-Romagna

La placida regione che si estende lungo la pianura padana, è conosciuta per la sua ricca cucina, ma anche per i suoi vini bianchi, rossi, dolci e frizzanti

 Si parla dell'Emilia-Romagna e subito si pensa alla sua ricca e opulenta cucina, gustosa, saporita, esuberante, cordiale e ospitale, proprio come la gente che vive in questa regione. Non è solo la ricca e variegata cucina di questa regione a contraddistinguere l'Emilia-Romagna, ma anche arte, cultura e storia, oltre alla famosa cordialità e ospitalità dei suoi abitanti. In questo contesto così ricco e complesso, anche il vino trova un suo ruolo ben preciso, qui come altrove in Italia, la bevanda di Bacco svolge un ruolo fondamentale nella cultura della regione. La regione è divisa in due aree geografiche e culturali distinte: l'Emilia, nella parte occidentale, e la Romagna, nella parte orientale. Le due aree si distinguono non solo per la diversa cucina - sempre ricca e gustosissima in entrambe le aree - ma anche per il modo di produrre vino, e quindi anche per le uve che si coltivano. L'Emilia è la patria indiscussa dei tanti “Lambruschi”, vini rossi effervescenti - o come sono definiti da queste parti, bruschi e vivi - che andrebbero meglio valorizzati e rivalutati. Nella Romagna il vino diviene prevalentemente secco e si produce con le uve Sangiovese, Albana, Pignoletto e altre varietà.


Le principali aree di produzione dell'Emilia-Romagna
Le principali aree di produzione dell'Emilia-Romagna

 La storia della vite e del vino in Emilia-Romagna ha radici che si perdono negli albori della civiltà e tutto ha inizio, presumibilmente, con l'uva più celebre dell'Emilia - la parte occidentale della regione - e dalla quale si produce uno dei vini italiani più famosi nel mondo: il Lambrusco. Quest'uva selvatica era nota già ai tempi di Virgilio, e anche Plinio il Vecchio la cita nella sua Naturalis Historia. È proprio Virgilio a raccontare - nella sua Quinta Bucolica - che si conosceva dell'esistenza della Vitis Labrusca già da duemila anni. Plinio il Vecchio riconosce a quest'uva proprietà mediche e ne descrive, per la prima volta, le caratteristiche. Anche alcune scoperte archeologiche confermerebbero la lunga storia della Vitis Labrusca, grazie al ritrovamento di semi e radici fossilizzate di questa specie, databili fra il XX e il X secolo a.C. Il Lambrusco si può pertanto definire, a pieno titolo, il progenitore della viticoltura dell'Emilia-Romagna.

 Nonostante queste importanti scoperte archeologiche, non ci sono tuttavia notizie certe relativamente all'uso della Vitis Labrusca a quei tempi per la produzione di vino. Le prime notizie attendibili sulla coltivazione della vite e la produzione del vino in Emilia-Romagna risalgono al VII secolo a.C., all'epoca della civiltà villanoviana di Verrucchio, nei pressi di Rimini. Le scoperte archeologiche svolte in queste zone hanno infatti consentito di stabilire con certezza che a quei tempi gli abitanti di quelle terre si dedicavano alla viticoltura. Altre importanti testimonianze sulla viticoltura e sulla produzione di vino in Emilia-Romagna sono inoltre riconducibili all'epoca del dominio etrusco. Un'altra importante testimonianza è offerta da Varrone nel suo De Re Rustica, dove si racconta che nella valle del Po, in seguito ad opere di bonifica, si coltivavano Albana, Trebbiano, Cagnina e Spergola, varietà che producevano uva in abbondanza. Durante il dominio dei Galli, la viticoltura non si svilupperà significativamente e si dovrà attendere l'arrivo degli antichi Romani per dare inizio a un importante sviluppo della coltivazione della vite e della produzione di vino.


 

 La viticoltura conosce un nuovo sviluppo a partire dal V secolo d.C. e risale a quest'epoca l'introduzione dalla Dalmazia della varietà Refosco Terrano, conosciuto in Emilia-Romagna con il nome di Cagnina. A seguito delle invasioni longobarde, qui avvenute nel 568 d.C., la vitivinicoltura conosce un periodo di recessione e sarà solo grazie all'opera dei diversi ordini religiosi, qui come altrove in Europa, che la coltivazione della vite e la produzione di vino sarà preservata da ulteriori recessioni. Un significativo contributo alla vitivinicoltura di questa regione sarà svolto dall'ordine dei monaci benedettini, soprattutto nei pressi di Ferrara, dalla quale attività, più tardi, prenderà origine la viticoltura di Bosco Eliceo. Interessanti sono i documenti scritti in epoche successive, nei quali si fa riferimento alle varietà presenti nel territorio dell'Emilia-Romagna, in particolare ai Lambruschi. A partire dal XVII secolo, sono numerosi i documenti che descrivono le diverse varietà di Lambrusco, che a quei tempi da vite selvatica è oramai divenuta una varietà addomesticata, ampiamente utilizzate per la produzione di vini bruschi e frizzanti.

 Si giungerà così al 1800 quando, qui come altrove, l'arrivo della fillossera segnerà un arresto della viticoltura. In questo contesto, è singolare il caso che si verificò nel delta del Po, nei pressi dell'odierno territorio della DOC Bosco Eliceo, dove i vigneti di uva Fortana furono risparmiati da questo parassita e, ancora oggi, sono innestate su piede franco e non su varietà di origine americana. Con la fine della mezzadria, nel 1900, si costituiranno in Emilia-Romagna, come in altre regioni d'Italia, piccole proprietà di privati e diverse cooperative di produttori, segnando l'inizio di una produzione caratterizzata dalla quantità e che vedrà protagonista, in particolare, i vini prodotti con le diverse varietà di uve Lambrusco. Questo lungo periodo di produzioni basate esclusivamente sulla quantità, segnerà anche il destino del Lambrusco. Se è vero che l'enorme produzione di questo vino ha consentito al Lambrusco di essere conosciuto ovunque nel mondo, e in particolare negli Stati Uniti d'America, la discutibile qualità di queste produzioni ha generato la convinzione diffusa che con quest'uva si producono solamente vini ordinari. Questo pregiudizio è evidentemente smentito dai vari esempi di produzioni di qualità e che riguardano il Lambrusco.

 Mentre le cantine dell'Emilia-Romagna erano intente alla produzione di grandi quantità di vino, negli anni 1960 alcuni produttori cominciarono a intraprendere il cammino della qualità, una decisione, forse, troppo anticipata rispetto ai tempi. Nel 1962, con lo scopo di tutelare l'immagine del vino della Romagna, si costituisce a Faenza il “Consorzio Vini Tipici Romagnoli” che diventerà più tardi “Ente Tutela Vini di Romagna”, contraddistinto dall'inconfondibile marchio del “Passatore”, Stefano Pelloni, il celebre brigante romagnolo vissuto nel 1800. Nel 1970 viene fondata un'altra importante istituzione, l'Enoteca Regionale Emilia-Romagna, che ancora oggi, per legge, ha il compito di promuovere i vini di questa regione. Il cammino della qualità dei vini dell'Emilia-Romagna seguirà negli ultimi anni due strade praticamente parallele, nelle quali si cercherà di rivalutare sia le varietà autoctone della regione, sia introducendo in maniera piuttosto massiccia i vitigni cosiddetti “internazionali”, spesso utilizzati insieme alle varietà locali.

 

Classificazione dell'Emilia-Romagna

 I vini dell'Emilia-Romagna sono classificati in accordo al sistema di qualità in vigore in Italia, dove, al livello più basso del sistema, si trovano i Vini da Tavola, seguiti dai vini a Indicazione Geografica Tipica (IGT), Denominazione d'Origine Controllata (DOC) e Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG). Attualmente in Emilia-Romagna sono definite 20 aree a Denominazione d'Origine Controllata e un'area a Denominazione d'Origine Controllata e garantita riconosciuta all'Albana di Romagna, primo vino bianco italiano a raggiungere questo traguardo. Le 20 aree DOC dell'Emilia-Romagna sono: Bosco Eliceo, Cagnina di Romagna, Colli Bolognesi, Colli di Faenza, Colli di Imola, Colli di Parma, Colli di Rimini, Colli di Scandiano e di Canossa, Colli Piacentini, Colli Romagna Centrale, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, Lambrusco Salamino di Santa Croce, Pagadebit di Romagna, Reggiano, Reno, Romagna Albana Spumante, Sangiovese di Romagna e Trebbiano di Romagna. La denominazione Colli Bolognesi comprende le seguenti sottozone: Colline di Oliveto, Colline di Riosto, Colline Marconiane, Monte San Pietro, Serravalle, Terre di Montebudello e Zola Predosa.

 

Zone di Produzione

 In Emilia-Romagna la produzione di vino riguarda l'intero territorio regionale, dai confini occidentali fino all'estremità orientale della costa del mare Adriatico. Nonostante l'enologia regionale sia orientata alla produzione di vini da uve autoctone, qui la presenza di varietà “internazionali” è piuttosto rilevante, utilizzate sia in purezza, sia miscelate con le varietà locali. L'enologia dell'Emilia - la parte occidentale della regione - è tradizionalmente legata alla produzione di vini frizzanti, prevalentemente dalle diverse varietà di Lambrusco. Nella parte orientale della regione - la Romagna - la produzione è prevalentemente dedita ai vini secchi e dolci, sia bianchi, principalmente con le uve Albana, Pignoletto, Trebbiano Romagnolo e Pagadebit (Bombino Bianco), sia rossi, principalmente da uve Sangiovese. Fra le varietà “internazionali” più diffuse in Emilia-Romagna si ricordano: Chardonnay, Sauvignon Blanc, Cabernet Sauvignon e Merlot.

Albana di Romagna

 L'Albana di Romagna è stato il primo vino bianco italiano a ricevere il riconoscimento della Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG), riservato solamente agli stili secco, amabile, dolce e passito. Il più alto riconoscimento a questo vino ha da sempre suscitato pareri discordanti, poiché molti sono stati i detrattori di questa denominazione, per molti non degna di appartenere al livello più alto della qualità enologica italiana. Uno dei punti più discutibili del disciplinare di produzione dell'Albana di Romagna, è rappresentato dal limite massimo di resa per ettaro, attualmente fissato a 140 quintali, un valore che contrasta chiaramente con i criteri di qualità enologica e che invece la categoria DOCG dovrebbe assicurare per legge. Con un limite così alto, in effetti, la qualità ne risente in modo evidente, e i migliori vini prodotti con questa uva sono quelli ottenuti con rese piuttosto basse, una scelta adottata solamente dai migliori produttori. Di particolare interesse è la versione passito, probabilmente i migliori vini dell'intera denominazione.

Il Lambrusco

 Fra le uve che principalmente contraddistinguono la produzione dell'Emilia, troviamo la grande famiglia dei “lambruschi”. I principali rappresentanti di questa famiglia sono il Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Grasparossa e Lambrusco Salamino, ai quali si aggiungono Lambrusco Marani, Lambrusco Maestri, Lambrusco Montericco e Lambrusco Viadanese, quest'ultimo tipico della provincia di Mantova, in Lombardia. Il Lambrusco comincia a vedersi nei vigneti a partire dalla provincia di Parma e diventa il protagonista quasi assoluto in quelli di Reggio Emilia e di Modena, aree nelle quali il Lambrusco ha stretto profondi legami con le tradizioni di questi luoghi e, non da ultimo, con la gustosa cucina. Il vino che si produce con il Lambrusco è “secco” o “amabile”, tuttavia frizzante, la quale effervescenza è generalmente ottenuta attraverso la fermentazione naturale. Nonostante il Lambrusco sia associato all'immagine di vino “ordinario”, sono molti i produttori che, grazie a criteri di qualità, riescono a produrre vini di notevole interesse e che andrebbero certamente rivalutati. Il Lambrusco si esprime ottimamente nelle aree collinari nei pressi del borgo medievale di Castelvetro - in provincia di Modena - dove si produce il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC.

Sangiovese di Romagna

 Vino rosso in Romagna significa Sangiovese. Molti ritengono che la terra d'origine di quest'uva sia appunto la Romagna. Com'è noto, il Sangiovese prende il suo nome da “Sangue di Giove”, e sono in molti a ritenere che questa definizione derivi dal monte Giove, nei pressi di Santarcangelo di Romagna, in provincia di Rimini, dove l'uva era chiaramente coltivata. I risultati che si ottengono con il Sangiovese nella terra di Romagna sono estremamente interessanti, pur tuttavia presentando una diversità organolettica piuttosto varia, da vini leggeri fino a vini di buona struttura, dal gusto secco e deciso. Il Sangiovese di Romagna è stato il primo vino rosso della regione ad ottenere la Denominazione d'Origine Controllata (DOC) e si produce in un territorio piuttosto vasto, dalla provincia di Bologna fino alla costa orientale del mare Adriatico. Il Sangiovese di Romagna prodotto nelle migliori colline della denominazione con un volume alcolico non inferiore al 12%, può utilizzare l'indicazione “superiore”, mentre se sottoposto a un periodo di maturazione non inferiore ai due anni, può utilizzare in etichetta l'indicazione “riserva”.

Altre Aree di Produzione

 Fra le altre zone di produzione vinicola dell'Emilia-Romagna, una delle più interessanti è certamente quella dei Colli Piacentini, nella zona dove fu ritrovato il gutturnium. Si tratta di un boccale d'argento che ha dato il nome al più celebre vino di questa zona, il Gutturnio, prodotto con uve Barbera e Croatina, qui detta Bonarda. Fra i vini interessanti dei Colli Piacentini si ricorda il Vin Santo di Vigoleno, prodotto in quantità limitate da uve bianche aromatiche e non aromatiche. Fra le altre zone, si ricorda quella del Reggiano, e in particolare la denominazione Colli di Scandiano e Canossa, dove - oltre a vini da uve Lambrusco - si producono interessanti vini anche da uve “internazionali”. Procedendo verso est, un'altra denominazione interessante è quella dei Colli Bolognesi, nella quale si producono vini con uve autoctone, fra queste il Pignoletto, e vini da uve “internazionali”, in quest'area piuttosto diffuse. Di particolare interesse è la produzione di vini IGT, nei quali spesso le uve autoctone incontrano i vitigni internazionali, molto spesso utilizzati anche in purezza.

 




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