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  Editoriale Numero 58, Dicembre 2007   
Tradizione: Vantaggio o Ostacolo?Tradizione: Vantaggio o Ostacolo?  Sommario 
Numero 57, Novembre 2007 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 59, Gennaio 2008

Tradizione: Vantaggio o Ostacolo?


 Da quando l'uomo ha iniziato a produrre vino, o forse sarebbe più esatto dire, da quando ha iniziato ha commercializzare il vino, la cultura e la tradizione si sono legati a questa bevanda e, spesso, utilizzate come fattore promozionale per assicurare il successo nelle vendite. Nella maggioranza dei casi, i fattori tradizionali e culturali hanno rappresentato un motivo vincente nella commercializzazione e nell'identificazione di un vino. Uno storico esempio su tutti è Bordeaux, che già dai tempi degli antichi Romani poteva “spendere” il suo nome ovunque come sinonimo di vino - vino buono - una fama ancora solida ai giorni nostri. Ovviamente, oltre al nome, è necessario anche avere dell'altro, altrimenti il nome - da solo - prima o poi rischia di diventare una meteora e scomparire nell'oblio del tempo. Nei fattori che determinano il successo di un nome, c'è sicuramente anche la capacità dell'evoluzione di un prodotto - vino compreso - che inevitabilmente cambia e si adatta nel tempo in accordo alle nuove tendenze, gusti, necessità e culture.


 

 Questo concetto diventa ancora più evidente se si pensa al modo con il quale i nostri antenati producevano vino in tempi remoti: nessuno oggi, diciamo pure la maggioranza, non troverebbe gradevoli e “bevibili” i vini che in passato erano considerati veri e propri nettari. La tecnologia ha fatto la sua buona parte, tanto da consentire il miglioramento di tanti vini fino a renderli virtualmente ineccepibili, qualcosa che, senza ombra di dubbio, non ha nulla da condividere con la tradizione dei tempi passati. Il modo con il quale si produce il vino oggi è innegabilmente diverso - persino lontano - da quello che si produceva cinquanta anni fa. Eppure ancora oggi si cerca di identificare un vino con la tradizione, quando di quella tradizione è chiaramente rimasto solamente un nome e una recondita memoria. In questa epoca di vini supertecnologici, ha ancora senso parlare di antiche tradizioni, quando queste conservano prevalentemente un ruolo romantico utilizzato, nella maggioranza dei casi, per non turbare la coscienza di chi non vuole accettare il fatto che le cose sono inevitabilmente cambiate?

 Chi produce oggi il vino esattamente come lo si produceva cinquanta o cento anni fa, cioè in quel periodo che tanto si evoca nel celebrare una tradizione? Probabilmente nessun produttore di vino, forse qualche vignaiolo che produce vino per puro diletto e per consumo personale e che - probabilmente - non ha né le risorse né l'interesse di fare uso di moderna tecnologia enologica, come invece accade per la totalità del vino “commerciale”. Questa, che potrebbe essere vista come una critica, è in realtà una considerazione che evidenzia ciò che da sempre ha accompagnato l'uomo, nel bene e nel male, durante il corso della sua storia: evoluzione e sviluppo. È del tutto naturale che le cose subiscano evoluzioni e sviluppi, derivate da una migliore conoscenza - seppure e comunque limitata - tale da consentire il progresso dell'ingegno e dell'espressione umana. Qualcosa che inevitabilmente accadeva già cinquanta anni fa, quando il vino era prodotto in modo diverso rispetto a cento, duecento, mille anni fa. È molto probabile che in ogni epoca si sia fatto appello alla tradizione dei tempi passati, nonostante tutti tendessero al miglioramento della produzione e non solo per motivi puramente commerciali.

 È molto probabile che fra cinquanta anni ci sarà ancora chi farà appello alla tradizione - cioè a quello che noi siamo ed esprimiamo adesso in questo tempo e in questa epoca - quando inevitabilmente la tecnologia e il progresso avranno, come da sempre accade, sviluppato nuovi sistemi e metodi per produrre vino. Migliore o peggiore di quello che produciamo oggi, è una sentenza che lasciamo ai posteri, ma certamente il progresso tecnologico avrà introdotto nuove metodologie, esattamente come oggi disponiamo di tecniche assenti e impensabili in tempi passati. Frutto del progresso: c'è sempre stato, ha da sempre accompagnato l'uomo e sempre ci sarà. Anche per il vino. Quanto ha senso, quindi, attaccarsi alla tradizione quando questa innegabilmente si adatta e cresce con l'espressione, la cultura e le abitudini di ogni tempo? Quanti cibi, quanti vini, quante abitudini appartenenti al tempo passato - quindi innegabilmente tradizionali - sono scomparse, o per meglio dire, si sono evolute, con il procedere del tempo? Probabilmente tutte.

 Non c'è niente di sbagliato nel ricordare e mantenere le tradizioni di un tempo: del resto ciò che siamo oggi è anche l'innegabile frutto delle tradizioni e del passato, pertanto è bene non dimenticarle, se non altro per ricordarci da dove veniamo e dove possiamo andare. Quello che probabilmente è più fastidioso nell'ostentazione e nella tutela delle tradizioni è la speculazione. Spesso si abusa della tradizione unicamente per ottenere dei vantaggi commerciali, come se la tradizione - da sola - fosse l'unica garanzia di qualità. E quel che da più fastidio è che nessuno - o forse pochi - oggi producono vino secondo autentica tradizione con tutto quello che questa rappresenta, sia perché certe normative burocratiche e igieniche non consentono l'impiego di certe procedure tradizionali, sia perché ciò che si produceva un tempo spesso non incontra il gusto degli uomini moderni. La tradizione è quindi un ostacolo? Certamente no: è un grandissimo vantaggio nel caso in cui si abbia l'intelligenza di imparare dall'esperienza che ogni tradizione può offrire e impiegarla per migliorare qualcosa di esistente.

 In questo senso è significativa l'esperienza dei paesi vinicoli del cosiddetto nuovo mondo, dove, innegabilmente, non esistevano tradizioni enologiche locali alle quali fare riferimento. In questi luoghi si sono semplicemente osservate le tradizioni degli altri cercando di migliorarle con l'unico obiettivo di produrre qualità. Il risultato è evidente per tutti e, in modo particolare, con un innegabile vantaggio tecnologico anche per quei paesi che cercano ancora di vendere la tradizione come se questa fosse, da sola, un motivo vincente. Potrebbe certamente esserlo, a patto che ci sia anche una qualità tale da giustificare il prezzo della tradizione, anche dal punto di vista economico. Nessuno è probabilmente disposto a pagare per qualcosa che è di dubbia qualità, anche se tradizionale. La tradizione è certamente un vantaggio, è un'inestimabile espressione dell'evoluzione dell'ingegno e della cultura degli esseri umani e dei luoghi da questi abitati, un patrimonio a vantaggio delle generazioni future per comprendere gli errori del passato con la speranza di non commetterli nuovamente. Ricordiamo, manteniamo e tuteliamo le tradizioni - cosa buona e giusta, comprese quelle del vino - ma che non diventino un peso insopportabile tale da imprigionare in una gabbia l'intuizione, l'ingegno, la fantasia e la capacità di sognare degli uomini.

 




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