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Numero 152, Giugno 2016 |
Sommario |
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Elogio al Fiano |
Spesso mi chiedono quale sia il mio vino preferito o la mia uva preferita. È una domanda che mi sento ripetere in molte occasioni, spesso per semplice curiosità, a volte per avere una conferma alle proprie preferenze o, al limite, per ottenere un suggerimento sulla prossima bottiglia da aprire. Lungi da me l'idea di mettermi su un pulpito con l'ipocrita quanto pietosamente superficiale convinzione di credere che la gente penda dalle mie labbra e dai miei pensieri, la risposta non è mai semplice. Sono troppe infatti le variabili che determinano la scelta di un vino, una serie di fattori che in un momento specifico rappresentano la bottiglia preferita, certamente perfetta. Qualora non dovessi considerare altre implicazioni o fattori, fra i miei vini preferiti un posto speciale è riservato al Marsala, Jerez e Porto, ai vini fortificati in genere e dalla lunghissima maturazione. Grandissimi vini, rappresentano una straordinaria complessità sensoriale, sempre nuova, emozionante e avvincente. Mi è comunque difficile assegnare il ruolo di preferito assoluto, ma di certo non nego di avere delle preferenze che, necessariamente, non si limitano a una sola scelta. Anche perché la vastità di uve e vini esistenti - e non solo in Italia - rende la scelta ardua e complessa, visto che ogni uva e ogni vino possono esprimere qualità certamente uniche. Ammetto anche che, in certi periodi, rivolgo la mia attenzione a particolari uve che, ciclicamente, si ritrovano per ragioni diverse, o per caso, nel mio calice. In questi frangenti mi dedico a loro in modo pressoché esclusivo, senza dimenticare - per quanto possibile - anche il resto del mondo di Bacco. Ho, per così dire, degli interessi ciclici che si ripresentano ogni tanto, uve e vini che riprendono totalmente la mia attenzione e studio, allietando il mio calice per lungo tempo. Spesso è come se incontrassi un vecchio amico che non ho visto da tanto tempo: alcune volte lo riconosci, altre volte capisci che è cambiato ed è diventato un'altra persona. E il cambiamento non sempre è positivo. Fra le tante uve che si ripresentano puntualmente a rapire completamente la mia attenzione c'è il Fiano, gigante dell'enologia italiana, una delle varietà che seguo con interesse. Ho sempre avuto una predilezione particolare per il Fiano, un colpo di fulmine avvenuto tanti anni fa quando assaggiai un Fiano di Avellino, a quei tempi ancora lontano dal riconoscimento della DOCG. Ammetto quella bottiglia non era esattamente quello che si potrebbe definire degno rappresentante, ma certamente sufficiente per capire che si trattava di un'uva dalle grandi potenzialità. A quei tempi le bottiglie di Fiano che si potevano reperire fuori dai confini della Campania erano tutte appartenenti alla zona dell'Irpinia, terra che, allora, si faceva principalmente conoscere per il Greco di Tufo. Iniziò per me un cammino di scoperta continua, soprattutto quando cominciai ad assaggiare i vini da uve Fiano provenienti da altre zone e regioni. Negli ultimi anni - più o meno una decina - noto, con piacere, uno straordinario miglioramento generale nei vini prodotti con il Fiano, qualcosa che non riguarda solo l'Irpinia e la Campania. Perché va detto che il Fiano non si trova unicamente in Campania e interessanti risultati si apprezzano anche in Basilicata, Puglia e Molise. Il Fiano è inoltre presente, seppure in termini marginali, in altre regioni d'Italia, tuttavia quella che ha reso grande questa varietà è la Campania, sua terra di origine. Il Fiano, in questa regione, non è solamente Irpinia, ovviamente, anche se, innegabilmente, questo è il territorio che lo ha reso famoso ovunque. Si devono infatti ricordare almeno altre due grandi terre della Campania dove il Fiano ha saputo dare magnifiche interpretazioni: Cilento e Sannio. In queste terre, alle quali si aggiungono chiaramente anche quelle fuori dalla Campania, il Fiano è capace di produrre vini dal carattere diversissimo, in ogni caso, sempre elegante e pregevole. Questa grande uva, certamente fra le più grandi varietà a bacca bianca d'Italia, dimostra inoltre una straordinaria versatilità enologica. Non solo vini bianchi, ma anche spumanti e vini dolci da uve appassite. I produttori, nel corso degli ultimi anni, sembrano avere compreso il Fiano in modo più approfondito e cosciente, probabilmente anche grazie alle tante ricerche tecniche che si sono fatte in questo tempo. I produttori, infatti, sono riusciti a dare al Fiano così tante interpretazioni, da vini immediati e diretti, fino a esempi di potenza e complessità, capaci di sfidare il tempo e divenire migliore. Va infatti detto che, quando prodotto con questo esplicito scopo, il Fiano regala vini capaci di maturare e migliorare per molti anni, sviluppando qualità organolettiche entusiasmanti e complesse. Non è un caso, infatti, assaggiare dei Fiano affinati in bottiglia per oltre dieci anni e trovarsi nel calice un vino ancora vivo e strepitoso, a volte perfino giovane. Una magia, quella del Fiano, che stupisce sempre, anche grazie alla sua capacità di interpretare il territorio in modo evidente. Basti pensare, infatti, all'influsso del suolo di origine vulcanica dell'Irpinia confrontato con i vini che si producono in Cilento e il suo celebre flysch. Territori così diversi che regalano due interpretazioni distanti della stessa uva. Una magia che si esprime anche nelle tante bollicine prodotte con il Fiano che, soprattutto in tempi recenti, cominciano a farsi conoscere, sia in autoclave sia con il metodo classico. Un successo che, va detto, non nasce per caso e non solo per merito del Fiano. Si tratta anche di una maggiore consapevolezza dei produttori che, finalmente, comprendono le enormi potenzialità della loro terra che, fra l'altro, è inoltre generosa di uve rosse, Aglianico su tutte. Il Fiano, signore e signori, è uva capace di emozionare sempre, un talento che è risaputo sin dai tempi remoti, viste le lodi che cronisti del passato hanno espresso per i suoi vini. Una magia che si rinnova a ogni vendemmia e che merita ben più di un elogio. Un monumento, direi. Antonello Biancalana
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Contrasti di Picolit e Malvasia delle LipariDue punti estremi dell'Italia ma entrambi grandi terre da vino, famose per i vini bianchi e rossi, ma anche sublimi vini dolci da uve appassite |
Una pagina importante del panorama enologico italiano è certamente scritta dai vini dolci, più in particolare, da quelli prodotti con uve appassite. Vini che in passato riscuotevano il favore delle tavole dei benestanti e delle classi sociali abbienti, erano considerati autentici nettari divini. Molto diffusi e prodotti nella quasi totalità dei paesi vinicoli d'Europa, i vini dolci da uve appassite rappresentano i discendenti dell'enologia di tempi remoti. Le cronache del passato citano sovente, e con entusiasmanti lodi, la bontà e il prestigio dei vini dolci, una qualità che - probabilmente - era comune a gran parte dei vini dell'Antica Grecia. I tempi sono cambiati, con questi anche il gusto, e, nonostante i vini dolci siano ancora oggi capaci di suscitare un certo fascino, hanno comunque un carattere diverso da quelli del passato. Con i loro antenati esiste ancora un forte legame, soprattutto per il prestigio e l'eleganza. Quello che non conservano con il passato è invece l'interesse, poiché i vini dolci da uve appassite registrano una delle quote più basse di vendita della produzione enologica. I consumatori sembrano infatti essere più interessati ai vini secchi, contrariamente a quanto accade, per esempio, negli alimenti, visto il successo che riscuotono i cibi dolci. L'Italia è uno dei principali paesi vitivinicoli dove l'offerta e la produzione di vini dolci è fra le più importanti. L'enologia e la cultura di ogni regione, infatti, annovera fra le rispettive tradizioni diversi vini dolci e si può affermare che, in Italia, non esiste una regione dove non si produca almeno un vino dolce. Dalle Alpi alla Sicilia, il Bel Paese è attraversato da un fiume di vini dolci, da sempre riservati per le grandi occasioni. La nostra degustazione per contrasto avrà come protagonisti due grandi rappresentanti di questo stile: Colli Orientali del Friuli Picolit e Malvasia delle Lipari, gloria enologica che si produce nell'arcipelago delle Eolie, in Sicilia.
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Il Picolit è un'uva originaria del Friuli Venezia Giulia, rara e difficile da coltivare, in passato ha seriamente rischiato l'estinzione a causa del disinteresse dei produttori. Data la sua bassissima capacità di produrre acini, i produttori del passato preferivano dedicarsi a varietà più produttive, perfettamente in linea con le scelte e le tendenze dei decenni passati. Se a questo si aggiunge il minore interesse che si è verificato in passato per i vini dolci, i pochissimi produttori che con tenacia continuavano a dedicarsi al Picolit di certo non vivevano momenti floridi. Grazie al rinnovato interesse che si è sviluppato negli ultimi venti anni, in particolare l'attenzione per i vini di qualità e le tipicità locali, il Picolit è tornato alla ribalta della scena enologica internazionale. Oggi, per fortuna, molti produttori, compresi quelli che storicamente si sono sempre dedicati al Picolit, hanno rivolto il loro interesse verso questa magnifica uva, regalando al mondo incredibili nettari dolci. Uva di antichissime origini, si suppone fosse già apprezzata ai tempi degli antichi romani. Caratterizzato da grappoli piccoli e molto spargoli, il Picolit produce pochissimi acini per grappolo, tuttavia, grazie all'alto contenuto di zuccheri, si rende adatto per la produzione di vini dolci. Il Picolit, a causa di questa sua scarsa produttività, ha sempre vissuto momenti di gloria alterna e, in tempi moderni, si deve la sua rivalutazione grazie alla famiglia Perusini proprietaria di Rocca Bernarda. Questo ha permesso al Picolit di diffondersi prevalentemente nella zona di Udine, quindi incluso alla denominazione Colli Orientali del Friuli. Il Picolit prodotto in questa zona è oggi riconosciuto come DOCG e include anche la sottozona Cialla. Grazie a questo riconoscimento, il Picolit sta ricevendo l'interesse sia di produttori sia di consumatori, restando comunque un vino raro e prezioso, certamente fra i più pregiati e ricercati vini dolci d'Italia.
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Non meno pregiato e ricercato è certamente il vino dolce che si produce da tempi immemori nell'arcipelago delle Eolie. La Malvasia delle Lipari è infatti uno dei grandissimi e prestigiosi vini dolci che si producono in Italia. Le uve impiegate per la sua produzione non sono avare come il Picolit, tuttavia resta un vino raro e prezioso a causa del ridotto territorio nel quale si produce. La Malvasia delle Lipari nasce in prevalenza dall'omonima uva alla quale si aggiunge una piccola parte di Corinto Nero. La produzione di questo raro e nobile vino è ammessa nell'intero arcipelago delle Eolie, ma è nell'isola di Salina che si concentra il maggiore numero di produttori. La Malvasia delle Lipari ha da sempre riscosso un notevole interesse, vino dalle antichissime radici, rappresenta una perla assoluta della produzione enologica italiana. Data la particolarità del territorio - piccole isole dalla conformazione del suolo non sempre semplice - la produzione di questo vino assume una dimensione magica e di grandezza assoluta testimoniata dalla sua indiscutibile qualità.
L'uva Malvasia delle Lipari, una delle tante varietà appartenenti alla numerosa famiglia delle Malvasie, è presente in queste isole da tempo immemore e si suppone sia stata introdotta dai coloni greci intorno al 580 a.C. La magia di questo vino si compone, in accordo al disciplinare, per circa il 95% di Malvasia delle Lipari e la restante parte di Corinto Nero, anch'esso introdotto dai greci nell'arcipelago delle Eolie. Il vino Malvasia delle Lipari ha da sempre suscitato forte interesse e molti cronisti del passato hanno lodato le sue qualità nei loro scritti. Un fascino ancora oggi vivo poiché regala ai sensi del degustatore una complessità e personalità uniche. Una magia innegabile che riflette il fascino di questo arcipelago dove la storia remota e i paesaggi suggestivi si affacciano sul mare, il cui influsso è chiaramente percettibile nelle caratteristiche sensoriali della Malvasia delle Lipari.
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La nostra degustazione per contrasto, nonostante possa fare pensare a vini simili a causa del loro gusto dolce, metterà in evidenza sostanziali differenze sensoriali. Per quanto riguarda il Picolit, sceglieremo una bottiglia appartenente alla denominazione Colli Orientali del Friuli che, lo ricordiamo, nel caso specifico di quest'uva è riconosciuto come DOCG. Si deve notare che il disciplinare di produzione consente una quantità minima di Picolit dell'85% e la restante parte di uve ammesse alla coltivazione in Friuli Venezia Giulia con l'eccezione del Gewürztraminer. Per questo motivo si farà attenzione alla composizione del vino, assicurandosi che sia prodotto con Picolit in purezza. La scelta della Malvasia delle Lipari è certamente più semplice poiché il disciplinare di produzione prevede l'uso delle varietà Malvasia delle Lipari e Corinto Nero, quest'ultimo nella quota massima dell'8%. I vini non dovranno avere più di tre anni di età e prodotti in contenitori inerti. La temperatura di servizio sarà di 14 °C e i vini serviti in calici da degustazione. Iniziamo la degustazione per contrasto con la valutazione dell'aspetto dei due vini. Versiamoli nei rispettivi calici e procediamo con la valutazione del colore e della trasparenza del Colli Orientali del Friuli Picolit. Poniamo il calice sopra una superficie bianca e incliniamolo così da potere osservare il colore e la trasparenza alla base e la sfumatura verso l'apertura. Il colore del Picolit è generalmente giallo dorato intenso e brillante con sfumature che confermano lo stesso colore. La trasparenza è molto elevata tanto che si può distinguere perfettamente l'oggetto posto dietro il calice. Passiamo ora alla valutazione dell'aspetto della Malvasia delle Lipari. Le differenze con il Picolit sono notevoli poiché il vino eoliano mostra un colore giallo ambrato intenso con evidenti tonalità ramate che ritroviamo anche nella sfumatura. La trasparenza della Malvasia delle Lipari, nonostante sia elevata, risulta comunque minore rispetto al Picolit. La valutazione olfattiva dei vini dolci è generalmente entusiasmante e, spesso, complessa e impegnativa. Grazie all'impiego di uve appassite, alla concentrazione del mosto e al tempo, questi vini raggiungono vette di complessità elevate e solo la valutazione superficiale potrebbe definirli semplici e dolci. I vini dolci da uve appassite non sono infatti solamente il regno dei profumi che richiamano la frutta secca e l'uva passa, qualcosa che si potrebbe concludere da una semplice valutazione sommaria. Anche nel loro periodo di giovinezza, questi vini esprimono un certo livello di complessità e, dipendentemente dal modo con il quale sono prodotti, sviluppano profumi difficilmente percettibili in altri vini. Il tempo è inoltre capace di regalare a questi vini un'ulteriore e straordinaria evoluzione che, grazie all'alto contenuto di zucchero, all'alcol e all'acidità, può continuare per decine di anni. Iniziamo la valutazione degli aromi dei nostri vini dal Colli Orientali del Friuli Picolit. Manteniamo il calice in posizione verticale e, senza rotearlo, procediamo con la prima olfazione così da apprezzare l'apertura. Dal calice si percepiscono aromi intensi e piacevoli di uva passa, albicocca secca e miele. Dopo avere roteato il calice, il profilo aromatico del Picolit si completa con una sequenza elegantissima che comprende scorza di agrumi, canditi, lavanda, camomilla, dattero, confettura di pesche e, talvolta, una piacevole sensazione di smalto e nocciola. Procediamo ora con la valutazione della Malvasia delle Lipari: manteniamo il calice in posizione verticale e senza rotearlo così da percepire l'apertura. Questo vino si fa apprezzare per i suoi aromi di uva passa, fico secco, albicocca secca e, soprattutto, miele. Dopo avere roteato il calice, la Malvasia delle Lipari completa il suo profilo olfattivo con canditi, agrumi, confettura di pesche, lavanda, mandorla, marmellata d'arance e mela cotogna. Si noterà, a differenza del Picolit, la percezione di profumi riconducibili a erbe aromatiche come rosmarino, salvia e cappero. I vini della nostra degustazione per contrasto continuano certamente a deliziare i nostri sensi anche nella fase dell'assaggio. Prendiamo un sorso del Colli Orientali del Friuli Picolit e valutiamo il suo attacco, cioè la percezione iniziale che il vino sviluppa in bocca. Notiamo subito un'intensa sensazione di dolcezza, molto ben equilibrata da una piacevole ed essenziale acidità, oltre a un'apprezzabile morbidezza. In bocca si percepiscono inoltre i sapori di uva passa, albicocca secca e miele, confermando un'ottima corrispondenza con il naso. Passiamo ora alla valutazione della Malvasia delle Lipari. In bocca si percepisce la sensazione di dolcezza - caratteristica del tutto ovvia - e, anche in questo caso, il perfetto equilibrio che il vino raggiunge grazie al contributo dell'acidità. In questo vino si percepisce una maggiore sensazione di morbidezza rispetto al Picolit. Nei sapori che si percepiscono in bocca si possono riconoscere uva passa, fico secco, albicocca secca e mandorla, oltre a rosmarino e salvia. Due grandi vini come il Picolit e la Malvasia delle Lipari non deludono nemmeno nella fase conclusiva della degustazione, pur conservando le rispettive differenze e personalità. È piuttosto difficile, infatti, che i vini prodotti con queste uve deludano nella parte finale poiché caratterizzati da persistenze decisamente lunghe. Il finale del Colli Orientali del Friuli Picolit è molto buono, spesso esprimibile in tempi piuttosto lunghi, lasciando in bocca intensi e piacevole sapori di uva passa, albicocca secca e miele d'acacia. Inoltre resta ben percettibile la sensazione di freschezza conferita dall'acidità. Il finale della Malvasia delle Lipari non è da meno e, anche in questo caso, la persistenza è decisamente lunga. In bocca si continuano a percepire sapori puliti e intensi di uva passa, fico secco, albicocca secca e le tipiche sensazioni di erbe aromatiche, rosmarino su tutte. Due grandissimi interpreti dell'enologia italiana e della nobile categoria dei vini dolci, Picolit e Malvasia delle Lipari producono nettari capaci di emozionare sempre per classe, finezza, eleganza e prestigio.
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I Vini del Mese |
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Legenda dei punteggi![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese e del luogo in cui vengono acquistati i vini |
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Aglianico del Vulture Titolo 2013 |
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Elena Fucci (Basilicata, Italia) | |
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Prezzo: € 32,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Avvoltore 2012 |
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Moris Farms (Toscana, Italia) | |
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Prezzo: € 32,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Morellino di Scansano Riserva 2012 |
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Moris Farms (Toscana, Italia) | |
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Prezzo: € 18,60 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Taurasi Riserva La Loggia del Cavaliere 2009 |
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Tenuta Cavalier Pepe (Campania, Italia) | |
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Prezzo: € 37,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Taurasi Opera Mia 2010 |
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Tenuta Cavalier Pepe (Campania, Italia) | |
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Prezzo: € 20,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Langhe Chardonnay Asso di Fiori 2013 |
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Braida (Piemonte, Italia) | |
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Prezzo: € 18,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Barbera d'Asti Montebruna 2014 |
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Braida (Piemonte, Italia) | |
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Prezzo: € 12,60 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Etna Rosso Calmarossa 2014 |
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Santa Maria La Nave (Sicilia, Italia) | |
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Prezzo: € 45,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Sicilia Bianco Millesulmare 2014 |
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Santa Maria La Nave (Sicilia, Italia) | |
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Prezzo: € 45,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Notiziario |
In questa rubrica sono pubblicate notizie e informazioni relativamente a eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail.
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Presentato a Santo Stefano Belbo l'OPIV |
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Il ricco e dettagliato programma della presentazione ha intrattenuto il numeroso pubblico presente per quasi due ore e ha visto l'avvicendarsi dei tanti relatori sui diversi temi: L'avvocato Alessandro Picchi, amministratore delegato della Gancia Spa ha parlato degli attuali problemi di mercato che interessano l'Asti e quindi l'economia dell'intero territorio, di una qualità da ricercare e da tutelare attraverso una grande sinergia di tutta la filiera, di un percorso comune che abbia l'ambizione e la consapevolezza di valorizzare ulteriormente con i cambiamenti necessari un prodotto unico. Dell'unicità e quindi del valore delle uve Moscato di queste colline ha parlato anche Giuseppe Laiolo per l'azienda Paolo Saracco di Castiglione Tinella, tra i soci fondatori a rappresentare le medie aziende, e così anche Barbara Gatti che possiede una piccola azienda vitivinicola a S. Stefano Belbo ed è assessore alla Cultura e all'Agricoltura del Comune: onorata di essere tra i fondatori, invita a partecipare ai lavori dell'Osservatorio, sostiene l'idea dei marchi collettivi e la tutela contro la concorrenza sleale, che possono aiutare i produttori grandi e piccoli a lavorare serenamente per produrre qualità ed esportare in tutto il mondo. Giovanni Satragno, presidente di Assomoscato, rappresenta la parte agricola e particolarmente arrabbiata per la situazione negativa in cui si trova attualmente il mercato delle uve, ma ribadisce che gli agricoltori sono pronti a fare la qualità se guidati in un proficuo percorso di valorizzazione del mercato stesso. Sono seguiti poi gli interventi di professionisti ed esperti tra cui il commercialista Carlo Vicarioli che ha spiegato i dettagli della costruzione del sodalizio: avrà la forma di una associazione senza scopo di lucro, sarà una struttura con soci fondatori, sostenitori e aderenti, un comitato scientifico promotore delle iniziative da sviluppare e un ente di formazione. Enrica Acuto Jacobacci, amministratore delegato di Jacobacci & Partners ha spiegato l'intenzione di offrire un contributo tecnico per valorizzare un brand mondiale di questo territorio e ha mostrato gli elementi con i quali si è creato il logo dell'Osservatorio: le bottiglie bordolesi monumentali, la sede della Fondazione Pavese e le linee a rappresentare le colline e gli ingranaggi della meccanizzazione. Come da scaletta, sono poi ancora intervenuti l'avvocato Paola Gelato e l'ingegnere Edgardo Deambrogi, sempre della Jacobacci & Partners, e gli avvocati Vittorio Merlo ed Emanuela Nespola dello Studio Legale Merlo Nespola che hanno concluso i lavori parlando di registrazione e tutela dei marchi e dei domini internet. I lavori ora proseguiranno per definire e concretizzare questo importante progetto che avrà grande valore per il territorio. |
Il Miglior Bursôn è il 2011 della Tenuta Uccellina |
Il miglior Bursôn Etichetta Nera (la riserva) in commercio nel 2016 è
l'annata 2011 della Tenuta Uccellina. A decretarlo è stata una giuria popolare
formata da oltre 150 persone - giornalisti, gourmet, addetti del settore e
tantissimi appassionati - che nel corso di una cena con degustazione alla
cieca (ossia senza sapere di quale azienda fosse il vino) ha espresso la
propria preferenza nei confronti del Bursôn dell'Uccellina. Gli altri Bursôn Etichetta Nera arrivati a questa finale della 13esima edizione del concorso enologico A che punto siamo? sono stati (in ordine di classifica) quelli delle aziende: Randi Augusto di Lugo, Poderi Morini di Faenza, Spinetta di Faenza, Longanesi Daniele di Bagnacavallo. A condurre la serata organizzata dal Consorzio Il Bagnacavallo, che si è svolta all'Agriturismo Rossetta di Masiera di Bagnacavallo il 25 maggio, è stato Sergio Ragazzini, enologo e ideatore e promotore del concorso. Nell'albo doro del concorso A che punto siamo?, la Tenuta Uccellina si era aggiudicata il titolo di Miglior Bursôn anche negli anni 2006, 2007, 2010, 2013, 2014 e 2015. Nel mese di novembre, poi, il Bursôn 2011 della Tenuta Uccellina affronterà quattro fra i vini più famosi e blasonati d'Italia (dal Brunello all'Amarone, giusto per fare un paio di nomi importanti) nel corso di una degustazione alla cieca il cui scopo è proprio quello di valutare l'autoctono bagnacavallese nei confronti dei migliori vini nazionali. Il Bursôn, ottenute da Uva Longanesi, è un vino autoctono di carattere. Si presenta di un colore impenetrabile, si va dal rubino al granato intenso. La sua struttura consistente è evidente dopo poche rotazioni nel bicchiere, dalla forma ampia e panciuta per coglierne al massimo il bouquet di profumi che vuole offrirci: ciliegie, more, frutta di bosco con spezie tostate e note di tabacco e vaniglia. Un vino di grande intensità e finezza. Il sorso è energico e carnoso, con un buon equilibrio tra il tannico e l'alcool e, nel finale persistente, resta a lungo in bocca il suo frutto dolce e concentrato, piacevolmente delicato. Per le sue caratteristiche, il Bursôn Etichetta Nera può sopportare l'invecchiamento, migliorando nel tempo. |
AquavitaeRassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti |
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Wine Guide ParadeMarzo 2016
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