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Numero 160, Marzo 2017 |
Sommario |
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La Bellezza del Sagrantino |
Il Montefalco Sagrantino è indubbiamente uno dei miei vini preferiti. L'ho detto tante volte, anche in queste pagine, e lo ribadisco ancora. Non si tratta solo dell'affetto che nutro in generale per i vini della mia terra - l'Umbria - il Sagrantino è un vino che ho iniziato regolarmente a versare nel mio calice a partire dalla metà degli anni 1980. Il Montefalco Sagrantino, non c'è dubbio, è cambiato molto rispetto a quei tempi, è decisamente cresciuto e di strada ne ha fatta molta conquistando importanti successi. In tutto questo tempo, con la notorietà del Montefalco Saqrantino, sono aumentati anche i produttori che si dedicano alla produzione di questo vino, un aspetto certamente positivo. Il Montefalco Sagrantino, oltre a essere di potenza e personalità, è capace di eleganza, un traguardo che raggiunge chiaramente con il tempo. Uva robusta e imponente - nessuna varietà raggiunge il suo contenuto di tannini e polifenoli - il Sagrantino è come un cavallo di razza che ha bisogno di un fantino capace e determinato per arrivare vittorioso al traguardo in tutta sua gloria. In questi anni i produttori di Montefalco Sagrantino hanno compreso il valore del tempo e quanto questo riesca a fare la differenza, alleato prezioso per domare l'irruenza dei tannini e - nel contempo - donare maggiore eleganza e complessità sensoriale. Se esiste un'uva e un vino che beneficia del tempo, il Montefalco Sagrantino è certamente uno di questi. Alcuni produttori - contrariamente a quello che il disciplinare e il mercato richiede - preferiscono lasciare i loro Sagrantino in cantina per un tempo maggiore così da consegnare ai sensi degli appassionati vini di maggiore complessità ed eleganza. Una scelta condivisibile, nonostante sia evidente questo influisca inevitabilmente sui costi e quindi sul prezzo finale della bottiglia. La soluzione potrebbe essere anche quella di acquistare bottiglie di Montefalco Sagrantino e, cantina personale permettendo, lasciarle affinare per qualche anno prima di apprezzarle. Questo è quello che personalmente faccio con il grande Montefalco Sagrantino consapevole che il tempo sarà capace di premiare la mia attesa. Le magie che il tempo regala al Montefalco Sagrantino hanno raggiunto un legame ancora più forte e significativo grazie a un vino recentemente messo in commercio. La cantina artefice di questa nuova magia è la Arnaldo Caprai - innegabilmente la più celebre e celebrata del territorio - il vino è il Montefalco Sagrantino Spinning Beauty 2006. Avete letto bene: annata duemilasei, messa in commercio nel 2016 dopo avere trascorso ben otto anni in barrique e il resto in bottiglia. La cantina Arnaldo Caprai non ha evidentemente bisogno di presentazioni: guidata con successo dal caparbio Marco Caprai, è senza timore di smentita la realtà vitivinicola che ha fatto rinascere e crescere il Sagrantino. Dopo avere tracciato in modo rigoroso e scientifico il passato e il presente del Sagrantino - avvalendosi del supporto dell'Università degli Studi di Milano - oggi la cantina Arnaldo Caprai apre un nuovo e affascinante capitolo della storia del Montefalco Sagrantino. Il contributo della cantina Arnaldo Caprai per il Sagrantino e la viticoltura di Montefalco è imponente e fondamentale, in particolare, il contributo scientifico e tecnico per la comprensione delle caratteristiche e potenzialità della grande rossa umbra. Marco Caprai, infatti, non ha lasciato nulla al caso, scegliendo da subito un percorso di ricerca affidabile e verificabile, chiamando a Montefalco qualificati e autorevoli esperti e studiosi, contribuendo allo sviluppo del Sagrantino e all'intero territorio di Montefalco. Il risultato di quelle ricerche e sperimentazioni - che, a distanza di anni, continuano ancora - hanno permesso di individuare e riconoscere diversi cloni di Sagrantino, alcuni di questi riconosciuti e riportati nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite. A tale proposito, si ricordano i celebri cloni di Sagrantino I - UniMi - Caprai - 25 Anni, I - UniMi - Caprai - Cobra e I - UniMi - Caprai - Collepiano. Non da ultimo, il singolare Sagrantino Bianco, ancora oggi oggetto di sperimentazioni e ricerche. E poi arriva il Montefalco Sagrantino Spinning Beauty 2006. Sapevo dell'esistenza di questo vino da diverso tempo, poiché me ne avevano parlato Marco Caprai e alcuni suoi collaboratori. Poi, in un'occasione informale presso la Cantina Arnaldo Caprai, riesco finalmente ad assaggiare lo Spinning Beauty 2006. Comprendo subito che quello che ho nel calice è un Sagrantino diverso da tutti quelli che avevo assaggiato fino a quel momento, un vino capace di scrivere una nuova e importante pagina di storia. Incuriosito, chiedo a Marco Caprai il motivo per il quale avesse deciso di produrre un Sagrantino maturato così a lungo in botte. La risposta - chiara e semplice - non tradisce lo spirito innovativo e di sperimentazione che da sempre anima Marco Caprai e la sua cantina per il continuo sviluppo delle potenzialità del Sagrantino e di Montefalco. L'intento di Marco Caprai, con questo magnifico Spinning Beauty, è quello di dare vita a un vino capace di rivaleggiare in qualità e prestigio con gli altri vini del mondo lungamente maturati prima della commercializzazione. Marco Caprai mi fa inoltre notare che questo stile di vino - maturato in legno per molti anni - è poco considerato in Italia, ritenendo il Sagrantino capace di sostenere l'impresa e divenire certamente protagonista in questa categoria. Visto il risultato, di innegabile e monumentale grandezza, si può solo dire che ha ragione. Il Montefalco Sagrantino Spinning Beauty 2006 è prodotto con il celebre clone Cobra, proveniente dal più antico vigneto di selezione clonale Monte della Torre e matura per otto anni in barrique. Il risultato è di una grandezza impressionante: la potenza del Sagrantino che si unisce a una sorprendente complessità sensoriale che si veste di elegantissima classe. L'assaggio del Montefalco Sagrantino Spinning Beauty 2006 regala subito l'impressione di trovarsi nel calice un vino speciale e inimitabile, un capolavoro che si esprime con una magnifica sinfonia di aromi, assolutamente perfetto. Con questo magnifico vino la cantina Arnaldo Caprai segna inequivocabilmente una nuova, sorprendente e straordinaria storia del Sagrantino, una delle tante che è stata capace di scrivere nel corso degli anni. Una bellezza straordinaria. Un vino che esprime la più sublime delle bellezze: quella del grande Sagrantino e del rinnovato miracolo che si compie da molti anni in Umbria nelle colline di Montefalco. Antonello Biancalana
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Contrasti di Nerello Mascalese e LagreinSicilia e Alto Adige si confrontano nei calici, con due delle uve rosse più significative dei rispettivi territori, in un confronto ricco di sorprese |
Due territori distanti, agli estremi dello stesso paese - l'Italia - si confrontano questo mese nei nostri calici nel contrasto di due varietà altrettanto distanti. Nei nostri calici verseremo infatti vini prodotti rispettivamente con Nerello Mascalese - a rappresentare la Sicilia - e il Lagrein, tipica varietà rossa dell'Alto Adige. Due uve ricche di personalità e carattere i quali vini sono capaci di esprimere eleganza e classe, seppure in modi diversi. Il Nerello Mascalese è particolarmente apprezzato per il suo carattere di fine eleganza che fa della freschezza il suo elemento più identificativo. Il Lagrein ha invece un carattere decisamente più robusto e pieno, tuttavia capace di finezza organolettica e pregevole eleganza. Uve quindi distanti, sotto ogni aspetto, perfette per essere confrontate con il metodo del contrasto che metterà in assoluta evidenza le rispettive qualità e differenze. Le due varietà vantano una buona versatilità enologica. Il Nerello Mascalese è impiegato con successo nella produzione di vini rosati e rossi, compresi spumanti, anche con il metodo classico, cioè la rifermentazione in bottiglia. In questo senso, il Lagrein condivide con l'uva siciliana lo stesso destino enologico, ampiamente utilizzato nella produzione di vini rosati e rossi, perfino vini spumanti. Caratteri comunque molto diversi, le uve della nostra degustazione per contrasto sembrano trovare la massima espressione nelle rispettive terre di origine. Nerello Mascalese e Lagrein sono infatti presenti, praticamente in modo esclusivo, nelle rispettive regioni di origine, Sicilia e Alto Adige. Le produzioni che si registrano fuori da queste due regioni risultano essere infatti marginali rispetto alle terre di origine, producendo - in ogni caso - vini interessanti e caratterizzati dalla personalità tipica delle due varietà.
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Il Nerello Mascalese è l'uva regina del territorio che circonda il maestoso vulcano Etna. Questa varietà ha infatti stabilito un forte legame con questo territorio, facendo stupire i sensi degli appassionati di vini per l'eleganza dei suoi vini, riportando l'enologia della Sicilia alla ribalta. Spesso messo a confronto con il Pinot Nero - il Nerello Mascalese possiede inequivocabilmente personalità propria - i vini prodotti con la varietà siciliana possono in effetti ricordare quelli prodotti con la celebre uva borgognona. Eleganza, freschezza, moderata astringenza e complessità sensoriale, unita alla versatilità enologica, sono caratteristiche che sono proprie del Nerello Mascalese e dei suoi vini. Complice, innegabilmente, anche il territorio e il suolo dell'Etna - area che conferisce grande carattere e potenziale espressivo - il Nerello Mascalese è capace di produrre vini rosati, rossi e spumanti di notevole eleganza e raffinatezza. Le origini del Nerello Mascalese sono incerte nonostante sia presente nel territorio circostante il vulcano Etna da alcuni secoli. Il nome deriva da Mascali - comune in provincia di Catania - area dalla quale sembra avere origine questa varietà, selezionata nel tempo dai viticoltori di questo territorio. La sua diffusione si registra prevalentemente nella zona nordorientale della Sicilia, tuttavia è presente in tutto il territorio dell'isola e marginalmente nella parte meridionale della Calabria. La coltivazione del Nerello Mascalese si svolge principalmente nel territorio montuoso dell'Etna ricorrendo a terrazzamenti costruiti con pietra lavica, ad altitudini che possono superare anche i 1000 metri. Uva regina della denominazione d'origine controllata Etna, il Nerello Mascalese è impiegato anche nella produzione di vini di altre denominazioni della Sicilia. Il territorio dell'Etna è certamente il più significativo e celebre, dal quale si producono i migliori vini di Nerello Mascalese, principalmente nello stile rosso così come rosato e spumante, anche metodo classico.
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Il Lagrein è l'uva a bacca rossa più celebre e rappresentativa dell'Alto Adige, trovando nell'area di Bolzano il suo territorio d'elezione. Uva capace di regalare vini rossi di struttura e personalità, il Lagrein trova felice impiego anche nella produzione di vini rosati che, in Altro Adige, sono noti come Kretzer. Interessante anche l'uso di questa varietà per la produzione di vini spumanti rosati che riguarda, in modo particolare, il Veneto. Il Lagrein, inoltre, si presta molto bene a diverse tecniche di vinificazione, esprimendo buona personalità sia nella maturazione in contenitori inerti sia in quelli di legno, come botte e barrique. Le origini del Lagrein sono ancora oggi incerte e anche il luogo di origine non è chiaramente identificabile con l'Alto Adige, terra nella quale il Lagrein è considerato autoctono. Si hanno comunque notizie certe sulla presenza del Lagrein in Alto Adige da tempo immemore, in particolare nella zona di Bolzano. La coltivazione del Lagrein risulta regolamentata già dal 1097: editti di quei tempi stabilivano infatti le pratiche di vendemmia riservate ai monaci di Gries. Nel 1370 l'imperatore Carlo IV vieta addirittura la distribuzione dei vini Lagrein alle proprie milizie, ritenuto troppo robusto per il sostentamento dei soldati e preferendo a questo i vini prodotti con la Schiava. La robusta struttura dei vini rossi prodotti con il Lagrein - che in Alto Adige prendono il nome di Dunkel (scuro) - potrebbe essere il motivo che ha favorito la produzione dello stile Kretzer (rosato), decisamente più immediato e leggero. Si deve comunque notare che lo stile Dunkel è sempre stato preferito presso le tavole delle classi più agiate e nobili, mentre il Kretzer sovente destinato a quelle meno abbienti. Oggi il Lagrein continua a essere una delle varietà a bacca rossa più diffuse nell'Alto Adige, protagonista dei tanti grandi vini che si producono in questa regione.
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La scelta dei vini della nostra degustazione per contrasto avrà come protagonisti bottiglie prodotte nel territorio di Etna, per il Nerello Mascalese, e quello di Bolzano - per il Lagrein - possibilmente della zona di Gries. In entrambi i casi, la tendenza generale è quella di vinificare Nerello Mascalese e Lagrein facendo uso della botte o barrique. Nello scegliere i nostri vini, ci orienteremo verso quelli fatti maturare in botte grande così da limitare, per quanto possibile, l'influsso del legno nelle caratteristiche organolettiche dei vini. Questo è particolarmente necessario per il Nerello Mascalese, dato il suo carattere più fresco e decisamente meno imponente rispetto al Lagrein. Va comunque detto che, in termini generali, i produttori di Nerello Mascalese raramente eccedono con l'uso del legno, proprio per preservare e mettere in risalto le qualità di quest'uva. Sceglieremo, in ogni caso, vini che non abbiano più di due anni, pertanto piuttosto giovani. Nerello Mascalese e Lagrein saranno serviti in calici da degustazione alla temperatura di 18 °C.
La valutazione dell'aspetto dei vini è la fase che inizia la nostra degustazione per contrasto. Il primo vino che prenderemo in esame è il Nerello Mascalese, osservando il suo colore e trasparenza. Incliniamo il calice sopra una superficie bianca e osserviamo il colore alla base. Il vino mostra un bel colore rosso rubino brillante con una trasparenza moderata che lascia intravvedere chiaramente l'oggetto messo a contrasto dietro il calice. Osserviamo ora il vino all'estremità del calice - dove la massa liquida si fa sottile - così da apprezzare le sfumature: il colore è rosso rubino chiaro. Passiamo ora alla valutazione dell'aspetto del Lagrein. Il colore del vino altoatesino - osservato alla base del calice - rivela un rosso rubino intenso e una trasparenza piuttosto bassa, totalmente diverso rispetto al Nerello Mascalese. Anche la sfumatura rivela un colore rosso rubino acceso che spesso si tinge di porpora, confermando la netta differenza con la varietà siciliana. Nerello Mascalese e Lagrein esprimono al naso sensazioni che ricordano direttamente i frutti rossi e neri, oltre a riconoscimenti riconducibili al mondo dei fiori. Si tratta, in termini generali, di frutti e fiori diversi anche se - in certi casi - sono presente in entrambe le varietà. Il Nerello Mascalese si fa riconoscere prevalentemente con aromi di frutti a polpa rossa, come ciliegia, lampone e fragola, ai quali si uniscono mirtillo, prugna e i riconoscimenti di fiori, come violetta e ciclamino. Il Lagrein, per così dire, esprime al naso un profilo più denso e compatto, caratterizzato da frutti a polpa scura, come amarena, prugna, mora e mirtillo, oltre a sensazioni che ricordano la violetta. Oltre a questo, a volte nel Lagrein si possono percepire aromi di lampone e fragola, perfino il ribes. Entrambe le uve, come già detto, si prestano bene alla vinificazione in legno, pertanto nei vini prodotti con questa varietà si percepiscono anche gli aromi tipici di questa tecnica. Va detto che nel Nerello Mascalese si tende a non eccedere con l'influsso del legno così da conservare la sua caratteristica freschezza. La valutazione dei profili olfattivi dei vini della nostra degustazione per contrasto inizia dal Nerello Mascalese prodotto nel territorio dell'Etna. Manteniamo il calice in posizione verticale e, senza rotearlo, procediamo con la prima olfazione così da valutare l'apertura del vino. Dal calice si percepiscono profumi di ciliegia, prugna, mirtillo e lampone, confermando il tipico orientamento verso i frutti a polpa rossa. Dopo avere roteato il calice, il profilo del Nerello Mascalese si completa con violetta, ciclamino e fragola ai quali non è raro si uniscano anche la rosa e il geranio. Passiamo ora alla valutazione del Lagrein. L'apertura del vino altoatesino regala al naso aromi di amarena, prugna, mora e mirtillo, decisamente orientato alle sensazioni che riconducono ai frutti a polpa scura. Dopo avere roteato il calice, il profilo olfattivo del Lagrein è completato da violetta e, sovente, da melagrana e ribes. Si confrontino ora i due calici: le differenze fra i due vini sono molto evidenti. Le differenze fra Nerello Mascalese e Lagrein continuano a essere ben evidenti anche nella fase dell'assaggio. Il primo vino del quale valuteremo il profilo gustativo è il Nerello Mascalese. L'attacco del vino siciliano - cioè le sensazioni che si percepiscono al primo sorso - è caratterizzato da una piacevole struttura nella quale si mette in evidenza la tipica acidità di questa varietà. Si percepisce, inoltre, una piacevole astringenza che si contrappone all'effetto dell'alcol, oltre alla buona corrispondenza con il naso espressa da ciliegia, mirtillo e lampone. Passiamo ora alla valutazione dell'attacco del Lagrein. In bocca il vino altoatesino mostra maggiore struttura rispetto al Nerello Mascalese così come una sensazione più accentuata di astringenza. La freschezza risulta inferiore rispetto al vino siciliano, non l'effetto dell'alcol, decisamente in buona evidenza. La corrispondenza con il naso è molto buona: amarena, prugna e mora sono i riconoscimenti principali del Lagrein che si percepiscono in bocca. Passiamo ora alla valutazione delle sensazioni finali che i due vini lasciano in bocca dopo la deglutizione. Iniziamo questa fase della degustazione dal Nerello Mascalese. Il finale del vino etneo è caratterizzato da buona persistenza, lasciando in bocca dei piacevoli sapori di ciliegia, mirtillo e lampone, molto spesso prugna. Si continua a percepire chiaramente la freschezza conferita dall'acidità che trova ancora equilibrio nella piacevole sensazione di morbidezza. Il finale del Lagrein è di buona persistenza e si percepisce chiaramente una sensazione di maggiore struttura rispetto al vino precedente, dominata da evidente astringenza. Si continuano a percepire - netti - i sapori di amarena, prugna e mora. Uve opposte che creano vini altrettanto opposti, perfette per uno studio fatto di contrasti, così da mettere in risalto le rispettive qualità. Due belle espressioni di Sicilia e Alto Adige, grandi interpreti dell'enologia italiana.
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I Vini del Mese |
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Legenda dei punteggi![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese e del luogo in cui vengono acquistati i vini |
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Montefalco Sagrantino 25 Anni 2012 |
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Arnaldo Caprai (Umbria, Italia) | |
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Prezzo: € 60,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Montefalco Sagrantino Spinning Beauty 2006 |
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Arnaldo Caprai (Umbria, Italia) | |
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Prezzo: € 200,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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T 2010 |
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Castello di Montegiove (Umbria, Italia) | |
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Prezzo: € 25,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Elicius 2010 |
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Castello di Montegiove (Umbria, Italia) | |
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Prezzo: € 22,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Barbaresco Coste Rubin 2013 |
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Fontanafredda (Piemonte, Italia) | |
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Prezzo: € 25,80 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Barolo Vigna La Rosa 2012 |
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Fontanafredda (Piemonte, Italia) | |
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Prezzo: € 55,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Montecucco Sangiovese Riserva Viandante 2011 |
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Tenuta L'Impostino (Toscana, Italia) | |
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Prezzo: € 19,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Lupo Bianco 2011 |
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Tenuta L'Impostino (Toscana, Italia) | |
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Prezzo: € 32,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Notiziario |
In questa rubrica sono pubblicate notizie e informazioni relativamente a eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail.
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Il Master del Sangiovese Torna in Romagna |
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Era dal 2013 che l'ambito titolo di Ambasciatore del Sangiovese non era vinto da un romagnolo. In quell'anno ad aggiudicarsi il Master fu la lughese Annalisa Linguerri, poi il titolo andò a Venezia (Ottavio Venditto nel 2014), a Firenze (Andrea Galanti nel 2015, quando ci fu un podio tutto toscano), a Lucca (Simone Vergamini nel 2016). I tre Sommelier AIS finalisti di questo 2017 erano emersi - tra una decina di partecipanti provenienti da Lombardia, Veneto, Toscana, otre che da Emilia Romagna - dalle prove scritte svolte in mattinata. Poi nel corso della serata è andata in scena la prova finale, che ha visto come di consueto la presenza di un folto pubblico rimasto favorevolmente impressionato e affascinato dalla bravura e dalla maestria dei tre finalisti. Dalla prova finale è dunque emersa tutta la bravura e la professionalità di Marco Casadei, classe 1985. Casadei è arrivato all'appuntamento di Faenza dopo due intensi anni nel corso dei quali ha partecipato a diversi concorsi enologici, sempre con ottimi piazzamenti: 3° classificato al Master del Friulano: Trofeo Miglior Sommelier dei vini del Friuli Venezia Giulia (2014), concorso poi vinto nel 2016 e, sempre lo scorso anno, è stato finalista al Miglior Sommelier d'Italia. Oltre al titolo di Master 2017 - Ambasciatore del Sangiovese, Marco Casadei si è anche aggiudicato la somma di 2.500 euro o, a scelta, avrà la possibilità d'intraprendere un'interessante esperienza professionale, volando a Los Angeles per partecipare, tra l'altro, al corso Master of Sangiovese tenuto dalla North American Sommelier Association (N.A.S.A) nella città degli angeli. Ad avvalorare l'alto profilo del Master del Sangiovese è la qualificata giuria formata, tra gli altri, da: Antonello Maietta, Presidente AIS Nazionale, Giordano Zinzani, Presidente Consorzio Vini di Romagna, Roberto Giorgini, Presidente AIS Romagna, Pierluigi Zama, Presidente Assoenologi Romagna, Simone Vergamini, vincitore dell'edizione 2016 del Master del Sangiovese, Luisito Perazzo, responsabile dei concorsi nazionali AIS. Le prove finali del Master del Sangiovese hanno visto i tre Sommelier finalisti cimentarsi in una serie di prove impegnative: degustazione di due vini Sangiovese con riconoscimento; abbinamento di vini Sangiovese (romagnoli, italiani ed esteri) a un menu; accoglienza e presa della comanda; prova di comunicazione su personaggi, etichette e territori del Sangiovese; decantazione e servizio di un vino. Il Master del Sangiovese è stato organizzato dal Consorzio Vini di Romagna e dall'AIS - Associazione Italiana Sommelier, con il patrocinio dell'Enoteca Regionale Emilia Romagna e di North American Sommelier Association (N.A.S.A.). |
AquavitaeRassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti |
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Wine Guide ParadeDicembre 2016
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