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Numero 47, Dicembre 2006
Sommario


Editoriale    Sommario della rubrica Editoriale
 La Scalata dell'Alcol
Il vino, che è certamente espressione della cultura, della tradizione, del luogo e delle persone che lo producono, è una bevanda che nel corso della sua storia si è evoluta e sviluppata in accordo al gusto e alle abitudini della gente. Il… [continua]
 La Posta dei Lettori



ABC Vino    Sommario della rubrica ABC Vino
 Marche
Le principali aree vinicole della Marche
Dagli appennini al mare, le Marche sono un variegato vigneto capace di offrire interessanti vini bianchi e rossi, una sfida enologica ricominciata dal grande Verdicchio… [continua]



Gusto DiVino    Sommario della rubrica Gusto DiVino
 Grechetto a Confronto
I tre Grechetto della nostra degustazione comparativa
Uva autoctona dell'Umbria, il Grechetto è la principale varietà utilizzata nei vini bianchi della regione, capace di produrre vini con aromi piacevoli e di buona struttura … [continua]
 I Vini del Mese
Vino Nobile di Montepulciano Asinone 2003, Poliziano (Toscana, Italia)
Vino Nobile di Montepulciano Asinone 2003, Sforzato di Valtellina Canua 2002, Scavigna Vigna Garrone 2001, Sagrantino di Montefalco 2001, Valtellina Superiore Corte della Meridiana 2003, Savuto Superiore Vigna Mortilla 2001… [continua]



Produttori    Sommario della rubrica Produttori
 Castel de Paolis
L'ingresso dell'azienda agricola Castel de Paolis
A Grottaferrata, vicino Roma, dopo un lungo periodo di ricerca e di sperimentazione, la Castel de Paolis è oggi una delle più affermate cantine del Lazio… [continua]
 Giornale di Cantina


Eventi    Sommario della rubrica Eventi
 Notiziario



Il Cavatappi    Sommario della rubrica Il Cavatappi
 Fare il Vino: il Mosto
Uva matura di Trebbiano pronta per essere trasformata in mosto
La produzione del mosto rappresenta la prima fase di lavorazione in cantina, un'operazione che inizia con la selezione e la spremitura dei grappoli dell'uva… [continua]



 Zucchero
I cristalli di zucchero sono da sempre il simbolo della dolcezza in cucina
Lo zucchero è la sostanza che ha permesso alla cioccolata e al caffè di trasformarsi in quelle deliziose bevande oggi apprezzate da milioni di persone in tutto il mondo… [continua]
 Aquavitae
Grappa di Sagrantino, Adanti (Umbria, Italia)
Rassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti, Grappa di Sagrantino… [continua]
 Wine Parade



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La Scalata dell'Alcol


 Il vino, che è certamente espressione della cultura, della tradizione, del luogo e delle persone che lo producono, è una bevanda che nel corso della sua storia si è evoluta e sviluppata in accordo al gusto e alle abitudini della gente. Il concetto della bevanda vino, oltre ad essere qualcosa di assolutamente personale per ognuno, è cambiato nel corso degli anni, si è trasformato anche in qualcosa di ben diverso dal suo ruolo essenziale. Da bevanda rituale a risorsa commerciale, da bevanda popolare a bevanda elitaria, da alimento a bevanda edonistica, il vino ha cambiato molte volte la sua maschera a seconda di ciò che si voleva rappresentasse. Con il passare del tempo, grazie ai progressi ottenuti dalla tecnologia enologica, il modo di fare il vino è cambiato e continua a cambiare, consapevoli del fatto che “fare il vino” non significa mai pigiare l'uva e aspettare che la “natura” faccia il proprio corso. Anche nelle filosofie enologiche più “naturali”, si attuano le indispensabili procedure - anche se in misura ridotta - così da assicurare la buona riuscita, cioè che alla fine si ottenga vino e non qualcos'altro.


 

 Negli ultimi anni si sta assistendo a un'evoluzione enologica piuttosto particolare: i progressi che si sono ottenuti in termini di qualità sono certamente innegabili. Questo cambiamento è stato certamente condizionato da diversi fattori, non tutti derivanti da esigenze puramente enologiche. Il gusto del vino è cambiato negli ultimi venti anni: dal vino non ci si aspetta solamente una bevanda, dal vino si cerca certamente qualcosa che va ben oltre questa qualità. Struttura, potenza e consistenza sono - per esempio - delle caratteristiche che generalmente si desiderano in un vino rosso, vini che sempre più mostrano concentrazioni di colore, corpo e struttura tali da suggerire l'uso di un coltello anziché di un calice. E lo stesso vale generalmente per i bianchi, che sempre più somigliano ai vini rossi, almeno sotto certi aspetti. Nei vini bianchi, oltre agli aromi freschi e “immediati”, si tende a preferire quelli che hanno una certa struttura - spesso conferita dalla fermentazione o dalla maturazione in botte - e per i vini leggeri sembra non esserci più spazio, salvo rarissime eccezioni.

 In fin dei conti, se il mercato richiede vini con delle caratteristiche ben precise, chi produce vino deve adeguarsi, e di conseguenza contribuisce - volontariamente o involontariamente - a modificare e a guidare il gusto del vino nei consumatori. Se consideriamo i vini rossi, da un punto di vista organolettico, la maggiore presenza di tannini - che contribuiscono ad aumentare la struttura - richiede una maggiore presenza delle sostanze capaci di rendere il vino equilibrato: in mancanza di equilibrio, il vino sarebbe, prima di tutto, di pessima qualità. Ci sono diversi modi per bilanciare l'aumentata struttura e l'aumentata potenza, tuttavia la soluzione più frequente è quella di produrre vini più alcolici. Questo potrebbe spiegare la recente consuetudine di produrre vini più alcolici rispetto al passato, qualcosa che riguarda non solo i vini rossi, ma anche quelli bianchi. Crediamo sia legittimo chiedersi se sia davvero indispensabile tutto questo alcol nella produzione di un buon vino.

 In tempi passati, la maggioranza dei vini rossi - tanto per fare un esempio - avevano un volume alcolico medio del 12,5%, un valore che oggi è diventato piuttosto inconsueto: la maggioranza dei vini rossi attualmente prodotti ha un volume alcolico medio del 13,5%. E lo stesso si può dire per i vini bianchi, che in tempi passati avevano una percentuale di alcol media di circa 11%, mentre oggi non è difficile trovare dei bianchi con volume alcolico del 13% e oltre. L'alcol nel vino svolge un ruolo organolettico indispensabile: promuove la percezione degli aromi e contribuisce all'equilibrio gustativo. I timidi e sporadici esempi di produrre un vino totalmente analcolico confermano l'importanza dell'alcol nella bevanda di Bacco, qualcosa che rende il vino - sempre consumato con moderazione e intelligenza - una bevanda speciale sotto molti punti di vista. Anche la medicina riconosce che il consumo moderato - sempre e solo moderato - di vino e di bevande alcoliche hanno effetti positivi per la salute.

 Dal punto di vista organolettico, il vino senza alcol non sarebbe probabilmente così interessante: è innegabile che l'alcol svolga un ruolo fondamentale nella personalità del vino. Ma è anche vero che è sempre bene limitare il consumo di alcol, nonostante sia importante nella produzione del vino, o meglio, nelle qualità organolettiche del vino. È anche vero che l'intelligenza suggerirebbe che qualora un vino fosse più alcolico, se ne dovrebbe consumare meno. In altre parole, il piacere del vino - per rimanere tale - passa sempre per la moderazione, anche in funzione del suo volume alcolico. Ma probabilmente il punto è diverso: possibile che i vini che si considerano migliori - sia bianchi, sia rossi - hanno tutti un volume alcolico piuttosto elevato? Possibile che i vini con un volume alcolico inferiore al 13%, salvo rarissimi casi, non incontrano generalmente il favore dei consumatori? Un vino per essere buono deve avere un volume alcolico elevato?

 Ovviamente ci sono zone dove i vini sono naturalmente caratterizzati da un volume alcolico maggiore: nelle zone calde e assolate è quasi impossibile ottenere vini poco alcolici, a meno che non si adottino specifiche pratiche viticolturali ed enologiche tali da ridurre la quantità di zuccheri. Tuttavia la tendenza dei vini alcolici è qualcosa che si registra anche nelle zone più fresche dove - a rigore di logica - c'è meno sole e quindi il tenore zuccherino dell'uva dovrebbe essere naturalmente inferiore. Nonostante si continui a ripetere nelle campagne di sensibilizzazione pubblica che il consumo dell'alcol - soprattutto nei giovani - è qualcosa da fare sempre e comunque con moderazione, la tendenza alla produzione di vini sempre più alcolici sembrerebbe essere in controtendenza con questi suggerimenti. Del resto, se i consumatori continuano a chiedere vini sempre più robusti, corposi e consistenti, forse questo è il prezzo da pagare. Ma il vino - anche e soprattutto quello di qualità - non è solo questo, certo che no, è innanzitutto un'emozione che è molto lontana dalla sconsiderata ebbrezza dell'alcol. Sarà forse giunto il momento di rivalutare anche il senso dell'olfatto e capire che un vino di qualità è - prima di tutto - un vino che ha dei buoni e piacevoli aromi e che non è solamente alcol?

 



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La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione oppure utilizzare l'apposito modulo disponibile nel nostro sito.

 

Ho sentito parlare di Barolo tradizionale e Barolo moderno. Qual è la differenza? Sono due tipi di Barolo previsti dal disciplinare di produzione?
Annamaria Parente -- Bari (Italia)
La questione del Barolo tradizionale e Barolo moderno non ha nessun riferimento nel disciplinare che regola la produzione di questo straordinario vino delle Langhe del Piemonte. Si tratta piuttosto di due “correnti di pensiero” su come interpretare la produzione del Barolo sostenute dai produttori che si contrappongono fra loro, spesso anche con accese e forti polemiche. Le due correnti di pensiero sono sostenute anche dai consumatori che si schierano per l'una o l'altra parte, spesso anche per entrambe. Tradizionalmente, il Barolo è fatto maturare in botti di grandi capacità, una tecnica che, con l'uva Nebbiolo, richiede lunghi periodi di maturazione così da consentire al vino un'evoluzione organolettica ottimale, spesso riconoscibile con la dominanza di aromi di liquirizia piuttosto che di vaniglia. Questo è il modo utilizzato dai cosiddetti tradizionalisti, cioè dai produttori che utilizzano ancora il metodo più classico legato al Barolo. Alcuni produttori, con lo scopo di consentire al Barolo tempi più rapidi di maturazione così da immetterlo in commercio in tempi più brevi, preferiscono utilizzare una botte più piccola - la barrique - riconoscibile per la dominanza di aromi di vaniglia piuttosto che di liquirizia. I produttori che ricorrono a questo sistema si definiscono pertanto modernisti. Dire quale sia il migliore dei due Barolo è una discussione che lascia sempre il tempo che trova, poiché è innegabile che - oltre ad essere un'indiscutibile questione di gusti personali - produttori tradizionalisti e modernisti hanno saputo dimostrare che si possono create Barolo di grande livello con entrambi i metodi.



La maggioranza dei vini Chardonnay è fermentato e maturato in barrique, sostenendo il più delle volte che questa sia un'abitudine Francese. Eppure in Francia esistono tanti ottimi Chardonnay prodotti senza l'uso di legno, come gli ottimi vini di Chablis. Per quale motivo si tende ad associare lo Chardonnay sempre con la barrique?
Patrick Gillot -- Digione (Francia)
Se si considerano i vini prodotti con uve bianche fermentati o maturati in barrique, la percentuale di quelli prodotti con lo Chardonnay è innegabilmente molto elevata. Per questo motivo, l'associazione dello Chardonnay con la barrique è molto frequente. In effetti - come anche lei ha osservato - lo Chardonnay è capace di eccellenti risultati anche senza ricorrere all'uso della barrique o di altri tipi di botte, come dimostrano ampiamente la maggioranza dei vini di Chablis e molti bianchi della Borgogna. In realtà la “moda” di produrre lo Chardonnay con una forte impronta di barrique, non nasce in Francia, ma in Australia, in particolare in Australia Meridionale, quando si iniziarono a produrre quelli che saranno poi definiti come i vini del Nuovo Mondo. Verso la metà degli anni 1980, l'Australia riuscì infatti a sorprendere il mondo intero con questo tipo di Chardonnay, tanto da offuscare il prestigio degli Chardonnay prodotti in Europa. Nacque - di fatto - un nuovo modo di interpretare lo Chardonnay, ben presto adottato nei paesi cosiddetti del Nuovo Mondo per poi arrivare anche in Europa. Fra le uve bianche, in effetti lo Chardonnay è quello che meglio di altre si presta alla vinificazione in botte - o comunque in barrique - poiché le qualità organolettiche del legno riescono ad amalgamarsi meglio con i vini prodotti con quest'uva rispetto ad altre.



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MarcheMarche  Sommario 
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Marche

Dagli appennini al mare, le Marche sono un variegato vigneto capace di offrire interessanti vini bianchi e rossi, una sfida enologica ricominciata dal grande Verdicchio

 Il cambiamento, per meglio dire il progresso, dell'enologia e del vino italiano negli ultimi venti anni è stato davvero notevole. La qualità dei vini di ogni regione ha mostrato notevoli progressi; un processo di rinnovamento della qualità che, forse, pochi avrebbero potuto immaginare. Il patrimonio ampelografico dell'Italia, si sa, è notevole, ricco e variegato: ogni regione dispone di uve tipiche così da rendere ogni zona unica non solo per le caratteristiche ambientali e climatiche. Sono infatti molte le regioni d'Italia che, nella scia di questo rinnovamento, si sono affidate alle tante uve presenti nei propri territori, cominciando così a cambiare il volto dell'enologia italiana e riprendendo la via della qualità, per troppi anni dimenticata in nome della quantità. Fra le regioni che si sono affidate prevalentemente alle uve del proprio territorio, troviamo le Marche che si è affidata alla valorizzazione della loro più celebre uva, il Verdicchio, oggi uno dei più celebri vini bianchi d'Italia. Un successo che ha poi riguardato anche i rossi della regione, come il Rosso Conero, Rosso Piceno, Vernaccia di Serrapetrona e la Lacrima di Morro d'Alba.


Le principali aree vinicole della Marche
Le principali aree vinicole della Marche

 Le origini della viticoltura e della produzione di vino nelle Marche si fanno risalire all'epoca etrusca, fra il decimo e l'ottavo secolo a.C., quando si diffuse il caratteristico sistema colturale della vite maritata - nelle Marche chiamato anche “a folignata” - che consisteva nell'utilizzare un albero ad alto fusto sul quale fare arrampicare la vite. La presenza della vite nell'antichità è inoltre testimoniata dal ritrovamento di una tomba di un guerriero e risalente all'VIII secolo a.C., all'interno della quale si trovava un bacile in bronzo contenente oltre 200 vinaccioli di vitis vinifera. Nonostante Plinio il Vecchio avesse scritto dei vini delle Marche nella sua importante opera Naturalis Historia - descrivendo i vini di questa terra come generosi - sarà solo verso la fine del 1500 che le uve e i vini delle Marche saranno descritti in modo approfondito. Andrea Bacci - filosofo, medico e scrittore nato a Sant'Elpidio, nelle Marche - pubblicò nel 1595 la sua monumentale e importante opera De Naturali Vinorum Historia (Storia Naturale dei Vini).

 Nel quinto libro “Vini delle varie parti d'Italia”, Andrea Bacci descrive le diverse zone delle Marche, identificando ben venti territori diversi, nonché le tecniche di coltivazione e di vinificazione tipiche della regione. Andrea Bacci si sofferma particolarmente sulle uve bianche trebulane e malvasie, le uve moscatelle bianche e nere con le quali si producevano vini dolci, citando inoltre la Lacrima, l'uva che oggi sta riscuotendo un rinnovato successo con i suoi vini. La viticoltura e la produzione di vino erano diffusi nelle Marche molto prima dei tempi di Andrea Bacci, una diffusione iniziata nel 1200 e che già a quei tempi era regolata da specifici editti e regole su come e cosa si dovesse piantare nei vigneti. A quell'epoca non mancano nemmeno leggi per la tutela della genuinità del vino, punendo severamente coloro che lo adulteravano o, per esempio, lo allungavano con l'acqua prima di venderlo. Nel 1579, in un documento che obbligava il tipo di viti da piantare in un vigneto, si cita per la prima volta l'uva Verdicchio riferita al territorio di Matelica.


 

 All'inizio del 1800 l'agricoltura delle Marche era prevalentemente caratterizzata dalla coltivazione di cereali e i campi erano attraversati da filari di viti, una convivenza colturale che consentiva di ottenere dallo stesso terreno i due beni principali per il sostentamento della gente: pane e vino. A quei tempi le uve bianche più coltivate - e considerate anche le migliori - erano Verdicchio, Trebbiano, Moscatello Bianco e Uva Bianca della Maddalena; fra le uve rosse, le migliori erano Balsamina, Vernaccia e Moscatello Aleatico. Sempre nel 1800 si trovano testimonianze sulla difficoltà di conservare i vini, e pertanto se ne suggeriva di cuocere il mosto così da produrre il cosiddetto “vino cotto”, una tradizione ancora oggi in uso nel territorio del Piceno e che si ritrova anche in Abruzzo. Un evento che contribuì al cambiamento e allo sviluppo, non solo della viticoltura nelle Marche, ma anche all'agricoltura della regione, fu l'istituzione alla fine del 1800 - ad opera dell'abate Rinaldi - delle “Cattedre Ambulanti per l'Agricoltura”, in particolare a Jesi, Osimo e Ascoli Piceno, svolgendo una fondamentale opera culturale per quello che sarà il nuovo sviluppo dell'agricoltura delle Marche.

 Il 1900 vede ancora confermata l'importanza dell'area del Piceno come maggiore produttore di vini della regione, in particolare di quelli prodotti con le uve Sangiovese e Montepulciano, mentre nella parte settentrionale la produzione riguardava prevalentemente vini bianchi da uve Verdicchio, Trebbiano e Malvasia. Sarà solo negli anni 1950 che si registrerà il primo evento significativo ai fini commerciali per la vendita del vino della regione. La famiglia Angelini, proprietaria della Fazi Battaglia, bandì un concorso che aveva come scopo la realizzazione di una bottiglia che avrebbe caratterizzato la commercializzazione del Verdicchio. Nel 1953, l'architetto milanese Antonio Maiocchi disegnò quella che diventerà ben presto la bottiglia a forma di anfora e che ancora oggi è associata al Verdicchio. La forma ad anfora fu scelta in ricordo dei recipienti tipicamente usati dagli etruschi e anche l'etichetta riportava caratteri che ricordavano la scrittura etrusca, sottolineando la volontà di mantenere il legame di questo vino con la sua storia. Era appena nata una delle prime e più significative operazioni commerciali legate al vino: nel 1970 saranno vendute in tutto il mondo un milione e mezzo di anfore di Verdicchio.

 La celebrità dell'anfora svolgerà un ruolo importante per la rivalutazione e lo sviluppo del Verdicchio, oggi fra le più interessanti uve autoctone a bacca bianca d'Italia. Che il Verdicchio sia una grande uva capace di grandi vini non è più una novità - spesso capace di vini talmente robusti da essere definiti come vini rossi dal colore bianco - tuttavia, nonostante la notorietà di quest'uva, nelle Marche si trovano anche altre interessanti uve autoctone che in tempi recenti hanno saputo guadagnarsi la ribalta della scena internazionale. Fra queste la Lacrima di Morro d'Alba e, in particolare, la Vernaccia Nera di Serrapetrona, i vini di quest'ultima hanno recentemente ottenuto la Denominazione di Origine Controllate e Garantita (DOCG), insieme all'altra celebrità dei vini rossi marchigiani: il Rosso Conero. Fra gli altri vini che stanno emergendo in tempi recenti, va ricordato anche l'eccellente Rosso Piceno che - esattamente come il Rosso Conero - è prodotto con Montepulciano e Sangiovese. Di particolare interesse, infine, la vasta produzione di vini a Indicazione Geografica Tipica (IGT) che, per molti aspetti, sta segnando un nuovo corso nella storia dei vini di qualità delle Marche.

 

Classificazione delle Marche

 I vini delle Marche sono classificati in accordo al sistema di qualità in vigore in Italia e che prevede Vini da Tavola, Indicazione Geografica Tipica (IGT), Denominazione d'Origine Controllata (DOC) e Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG). Nel 2004 le Marche hanno ottenuto il riconoscimento della Denominazione d'Origine Controllata e Garantita di due vini: la Vernaccia di Serrapetrona - prodotto con l'omonima uva nelle versioni secco, dolce e spumante - e il Conero Rosso Riserva, prodotto da uve Montepulciano e Sangiovese. Nelle Marche, oltre alle due DOCG, sono definite 14 aree a Denominazione d'Origine Controllata (DOC): Bianchello del Metauro, Colli Maceratesi, Colli Pesaresi, Esino, Falerio dei Colli Ascolani o Falerio, I Terreni di Sanseverino, Lacrima di Morro o Lacrima di Morro d'Alba, Offida, Pergola, Rosso Conero, Rosso Piceno, Serrapetrona, Verdicchio dei Castelli di Jesi e Verdicchio di Matelica.

 

Zone di Produzione

 Il territorio delle Marche offre una variabilità di paesaggio piuttosto ampia. La parte occidentale della regione è caratterizzata dagli appennini e procedendo verso est, dopo avere attraversato territori di tipo collinare divisi da valli, si raggiunge il mare Adriatico. La coltivazione della vite nelle Marche riguarda prevalentemente le aree collinari e le varietà principalmente presenti nei vigneti sono Verdicchio, Trebbiano Toscano, Montepulciano e Sangiovese. In tempi recenti si sta registrando una maggiore presenza nei vigneti delle cosiddette uve internazionali, spesso utilizzate per la produzione di vini miscelate alle altre uve locali. Le uve a bacca bianca prevalentemente coltivate nelle Marche sono Verdicchio, Trebbiano Toscano, Bianchello, Maceratino, Pecorino e Passerina; mentre le uve rosse più tipiche includono Montepulciano, Sangiovese, Vernaccia Nera e Lacrima, queste ultime due quasi esclusivamente e rispettivamente presenti nei territori di Serrapetrona e di Morro d'Alba. Fra le varietà internazionali si rilevano Chardonnay, Sauvignon Blanc, Cabernet Sauvignon, Merlot, Syrah e Pinot Nero.

 

Verdicchio dei Castelli di Jesi e Matelica

 Una delle uve più celebri delle Marche, quella che ha contribuito più di altre all'affermazione dell'enologia di questa regione, è certamente il Verdicchio. Questa celebre uva bianca è la protagonista assoluta di due zone a Denominazione d'Origine Controllata delle Marche: i Castelli di Jesi e Matelica. Due modi diversi di interpretare il Verdicchio: difficile dire quale dei due sia il migliore poiché entrambi ottimi. Dei due, il più celebre è certamente quello dei Castelli di Jesi e che prevede la definizione della zona classica, cioè quella più tipica e tradizionale, e più recentemente l'indicazione Riserva che, insieme al Verdicchio di Matelica, è fra i pochi vini bianchi Italiani a prevederla. Il Verdicchio è un'uva estremamente versatile e oltre alla produzione di vini secchi, è utilizzata anche per vini passiti e spumanti. Le caratteristiche dei vini prodotti con Verdicchio sono piuttosto varie, da vini leggeri e freschi, fino a vini robusti e strutturati, il quale corpo può essere ulteriormente aumentato dalla maturazione in botte.

 

Rosso Conero e Piceno

 I vini rossi delle Marche sono prevalentemente prodotti con Montepulciano e Sangiovese, dei quali i più celebri rappresentanti sono il Rosso Conero - che dal 2004 ha ottenuto la Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG) nella versione riserva - e il Rosso Piceno, prodotto in una zona piuttosto vasta che dalla parte meridionale della regione giunge fino ai confini della provincia di Pesaro. L'uva principale in entrambi i vini è il Montepulciano - presente per almeno l'85% - al quale si aggiunge talvolta il Sangiovese. Dei due vini, il Rosso Conero è quello più celebre, prodotto nel promontorio del Conero - dal quale prende il nome - nei pressi della città di Ancona. Nonostante i due vini siano prodotti con le stesse uve, in realtà il Rosso Conero e il Rosso Piceno esprimono caratteri molto diversi fra loro. Il Rosso Conero beneficia infatti di un microclima assolutamente particolare a causa della sua posizione a ridosso del mare Adriatico: l'influsso delle brezze marine, unitamente alla composizione calcarea del suolo, consentono di ottenere un vino rosso unico nel suo genere.

 

Vernaccia di Serrapetrona

 La Vernaccia di Serrapetrona - in provincia di Macerata - dopo essere stata per anni sottovalutata e poco considerata dalla scena enologica italiana, è stata la prima area delle Marche a ottenere il riconoscimento della Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG). La produzione di questo vino è piuttosto limitata, infatti la superficie totale dei vigneti è di appena 45 ettari. La Vernaccia di Serrapetrona rappresenta un caso molto speciale nel panorama enologico italiano, poiché si tratta di uno spumante rosso prodotto nelle versioni secco e dolce. La produzione di questo spumante è piuttosto particolare. Dopo la vendemmia, una parte delle uve sono vinificate secondo i criteri della vinificazione in rosso, mentre una parte viene lasciata ad appassire all'aria così da concentrare la quantità di zuccheri. Le uve appassite sono quindi pigiate e il mosto si aggiunge al primo vino, provocando una seconda fermentazione. La produzione della Vernaccia di Serrapetrona si conclude con l'avviamento della procedura di spumantizzazione che donerà al vino la caratteristica spuma rosa e i suoi aromi inconfondibili.

 

Altre Zone di Produzione

 Fra gli altri vini e zone celebri delle Marche, una particolare menzione spetta alla Lacrima di Morro d'Alba, un vino rosso che sta riscuotendo in tempi recenti molto successo da parte dei consumatori. Ottenuto dalla vinificazione dell'uva Lacrima, questo vino rosso è prodotto in due versioni. La prima consiste nell'imbottigliare il vino precocemente così da ottenere un rosso vivace e da consumarsi giovane, la seconda è prodotta in accordo al tradizionale metodo della vinificazione in rosso. Fra gli altri vini della Marche si ricordano il Bianchello del Metauro - prodotto nella provincia di Pesaro con l'uva Bianchello o Biancame - e il Falerio dei Colli Ascolani. Altre zone interessanti sono inoltre quelle di Offida e di Esino, dove si producono vini bianchi, rossi e spumanti. Fra i bianchi delle Marche, particolarmente interessanti sono quelli prodotti con l'uva Pecorino e Passerina - vinificati insieme oppure in purezza - e Maceratino, con il quale si producono vini bianchi del Colli Maceratesi.

 




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Grechetto a Confronto

Uva autoctona dell'Umbria, il Grechetto è la principale varietà utilizzata nei vini bianchi della regione, capace di produrre vini con aromi piacevoli e di buona struttura

 Nel panorama ampelografico dell'Umbria, un posto di assoluto rilievo è occupato dal Grechetto, la più importante uva a bacca bianca del cuore verde d'Italia. Presente in quasi tutti i disciplinari di produzione dei vini bianchi a Denominazione d'Origine Controllata dell'Umbria, il Grechetto è utilizzato sia in purezza, sia assemblato con le altre uve presenti nella regione, come Trebbiano Toscano e Malvasia Bianca, così come con alcune varietà internazionali, delle quali la più frequente è lo Chardonnay. Nonostante il Grechetto sia un'uva autoctona dell'Umbria, la sua diffusione non è limitata unicamente alla verde regione del centro Italia. Il Grechetto è infatti presente - anche se la sua diffusione è minima e marginale - in Toscana, nelle Marche e nel Lazio, prevalentemente nelle aree confinanti con l'Umbria. Al di fuori dei confini dell'Umbria, il Grechetto è utilizzato quasi esclusivamente insieme ad altre uve, mentre nella sua terra d'origine è molto spesso utilizzato per la produzione di vini monovarietali.

 Il nome Grechetto sembrerebbe collegare in modo inequivocabile l'origine di quest'uva con la Grecia, unendola alla grande famiglia delle cosiddette uve greche introdotte dagli ellenici in tempi passati. In realtà il nome Grechetto sembrerebbe risalire al Medioevo, quando i vini prodotti con quest'uva ricordavano gli aromi e i sapori di quelli provenienti dalle aree orientali del Mediterraneo. Il legame con le uve greche sarebbe inoltre smentito da alcune ricerche genetiche condotte sul Grechetto. Queste analisi avrebbero rilevato che il Grechetto conosciuto in Umbria è geneticamente simile al Pignoletto diffuso in Emilia Romagna e alla Ribolla Riminese. Per quanto concerne i vini prodotti con il Grechetto, è opportuno ricordare la particolarità di quelli appartenenti alla Colli Martani DOC, il quale disciplinare prevede la speciale denominazione “Grechetto di Todi”, famoso per la sua finezza ed eleganza.

 

I Vini della Degustazione

 Dal punto di vista enologico, il Grechetto è principalmente utilizzato per la produzione di vini bianchi secchi, tuttavia è molto frequente trovare quest'uva nei Vin Santo dell'Umbria, il tipico vino dolce della regione prodotto con uve appassite. I vini prodotti con Grechetto tendono ad avere una struttura media, a volte anche medio-alta, con colori che variano dal giallo verdolino al giallo dorato. La tecnica di vinificazione più tipica del Grechetto - quando è utilizzato nei vini secchi da tavola - prevede l'uso di contenitori inerti, tuttavia alcuni produttori dell'Umbria tendono a preferire botti o barrique. La barrique e la botte sono generalmente utilizzate in quei vini dove il Grechetto è miscelato con lo Chardonnay, tuttavia non sono rari i casi nei quali la botte o la barrique sono utilizzate con vini Grechetto in purezza. Va comunque osservato che l'uso della botte è piuttosto limitato e generalmente solo una parte del vino viene fermentato o maturato in questo modo, mentre la parte rimanente è solitamente vinificata in contenitori inerti, come l'acciaio o il cemento.


I tre Grechetto della nostra degustazione comparativa
I tre Grechetto della nostra degustazione comparativa

 I vini selezionati per la nostra degustazione comparativa sono tutti prodotti in Umbria con Grechetto in purezza. Due di questi vini provengono dalla zona più conosciuta per la produzione di Grechetto - la Denominazione d'Origine Controllata Colli Martani, nella parte sud orientale dell'Umbria - mentre il terzo è un vino a Indicazione Geografica Tipica (IGT) prodotto vicino Perugia. La scelta è stata inoltre effettuata in accordo alle tecniche di produzione dei tre vini: uno è stato completamente vinificato in vasche d'acciaio, mentre gli altri due hanno subito una maturazione in barrique. Il primo vino della degustazione è il Grechetto dei Colli Martani Grecante di Arnaldo Caprai, l'unico vino dei tre completamente vinificato in vasche d'acciaio. Il secondo vino è il Grechetto dei Colli Martani Vigna Tonda di Antonelli, maturato per 4 mesi in botte, mentre il terzo vino è il Moggio di Goretti, maturato in barrique. Come di consueto, la degustazione comparativa sarà svolta usando tre calici da degustazione ISO, il Grecante di Arnaldo Caprai sarà servito alla temperatura di 10° C, mentre gli altri due vini a 12° C.

 

Esame Visivo

 I colori che si possono osservare nei vini prodotti con il Grechetto dipendono - come per ogni altro vino bianco - dalle pratiche di vinificazione e dalla maturazione, oltre che dai tipi di contenitori utilizzati durante la produzione. Il colore che generalmente si osserva nei vini Grechetto varia da giallo verdolino fino a raggiungere tonalità di giallo dorato molto intenso, soprattutto nei casi in cui il vino è stato fatto fermentare o maturare completamente in barrique, una pratica adottata da alcuni produttori. Per quanto riguarda l'uso della barrique con il Grechetto, va osservato che nella maggioranza dei casi i produttori scelgono di maturare in legno solamente una parte del vino, mentre la parte restante subisce una maturazione in contenitori inerti, come l'acciaio e il cemento. Il colore più frequentemente osservato nei vini Grechetto è giallo paglierino più o meno intenso.

 Il primo vino del quale prenderemo in esame l'aspetto è il Grechetto del Colli Martani Grecante di Arnaldo Caprai. Mantenendo il calice inclinato sopra una superficie bianca - come per esempio un foglio di carta o una tovaglia - si inizierà l'osservazione dell'intensità del colore. Alla base del calice sarà visibile un colore giallo verdolino intenso e brillante con sfumature dello stesso colore. Passiamo ora alla valutazione dell'aspetto del secondo vino, Il Moggio delle cantine Goretti. Mantenendo il calice inclinato sopra una superficie bianca, la massa liquida - osservata alla base del calice - mostrerà un colore giallo dorato brillante, mentre la sfumatura, osservabile nell'estremità della massa liquida, verso l'apertura del calice, presenterà un colore giallo paglierino. Passiamo ora all'osservazione dell'ultimo vino, il Grechetto dei Colli Martani Vigna Tonda di Antonelli. L'intensità sarà caratterizzata da un colore giallo paglierino brillante mentre la sfumatura presenterà un colore giallo verdolino. Si osservi, infine, le variazioni di colore nei tre vini in funzione al tipo di vinificazione e ai contenitori usati per la maturazione.

 

Esame Olfattivo

 Il profilo aromatico dei vini prodotti con Grechetto in purezza è piuttosto variegato, nei quali si ritrovano prevalentemente aromi di frutta - talvolta anche tropicale - frutta secca e fiori. Fra gli aromi più caratteristici del Grechetto troviamo la nocciola che, insieme a mela, pera e biancospino, si possono considerare come qualità identificative dei vini prodotti con quest'uva. Fra gli aromi di frutta, nel Grechetto si possono percepire anche susina, pesca, limone e nespola, mentre l'aroma più frequente di frutta tropicale è l'ananas e, occasionalmente, banana, kiwi e pompelmo. Fra gli aromi floreali, oltre al biancospino - che è l'aroma più frequente appartenente a questa famiglia - si percepisce anche la ginestra e, talvolta, camomilla e acacia. La maturazione in legno conferisce al Grechetto aromi di vaniglia e di tostato, tuttavia - grazie alla scelta prevalente dei produttori di maturare solo una parte del vino - le qualità organolettiche del legno non tendono a prevalere sulle caratteristiche aromatiche del Grechetto, anche se ben percettibili.


 

 Cominciamo la valutazione degli aromi dei vini della nostra degustazione comparativa, iniziando dall'unico dei tre vini completamente prodotto in vasche d'acciaio: Grechetto del Colli Martani Grecante di Arnaldo Caprai. Mantenendo il calice in posizione verticale e senza rotearlo, inizieremo con la valutazione degli aromi di apertura. Dopo la prima olfazione si percepiranno dal calice aromi di pera, pesca e nocciola, il primo e il terzo molto tipici per il Grechetto. Dopo avere roteato il calice, in modo da favorire un'opportuna ossigenazione del vino, si procederà con la seconda olfazione che consentirà la percezione degli altri aromi, come mela, biancospino e ginestra - aromi anche in questo caso sono molto frequenti e tipici del Grechetto - oltre a un piacevole aroma di ananas, il più frequente aroma di frutta tropicale che si può trovare nei vini prodotti con questa uva autoctona dell'Umbria. Passiamo ora alla valutazione olfattiva del secondo vino: Il Moggio delle Cantine Goretti.

 La prima olfazione, che consentirà di percepire gli aromi di apertura del vino ed effettuata mantenendo il calice in posizione verticale e senza rotearlo, farà emergere aromi di mela, pera e nocciola, tutti e tre caratteristici e identificativi del Grechetto. Dopo avere roteato il calice, si procederà quindi con la seconda olfazione. Il quadro aromatico del Moggio sarà completato da biancospino e ginestra - i due più tipici aroma floreali del Grechetto - agrumi, ananas, susina e vaniglia, quest'ultimo conferito dalla parziale maturazione in barrique. Procediamo la nostra degustazione comparativa con l'ultimo dei tre vini: il Grechetto dei Colli Martani Vigna Tonda di Antonelli. La prima olfazione consentirà la percezione degli aromi di apertura di mela, nocciola e legno tostato. Si noti come l'apporto del legno sia più marcato in questo vino rispetto al precedente, pur consentendo la chiara percezione dei due aromi tipici del Grechetto. La seconda olfazione, effettuata dopo avere roteato il calice, completerà il profilo aromatico del vino con biancospino, limone, pera, susina e ananas ai quali si aggiungeranno gli aromi di vaniglia e un piacevole accenno di lievito.

 

Esame Gustativo

 I vini da tavola prodotti con il Grechetto sono generalmente caratterizzati da un pronunciato gusto secco, buona acidità e struttura. L'acidità e la struttura di quest'uva rendono inoltre il Grechetto adatto alla produzione del Vin Santo. In Umbria il Grechetto è infatti presente nella quasi totalità dei Vin Santo prodotti nella regione, sia miscelato alle altre uve presenti nel territorio - come Trebbiano Toscano e Malvasia Bianca - e molto spesso anche in purezza. I vini secchi prodotti con Grechetto hanno un volume alcolico che varia generalmente dal 12% al 13,5%, una quantità spesso necessaria per equilibrare sia l'acidità sia la struttura. Con lo scopo di mitigare l'acidità e la ruvidità del Grechetto, spesso i produttori ricorrono all'uso di botti e barrique, anche se generalmente solo con una parte del vino. Il passaggio in legno contribuisce infatti a limitare la percezione relativa dell'acidità, aumentando nel contempo la morbidezza e la struttura del vino.

 Inizieremo l'analisi gustativa della nostra degustazione comparativa con il Grechetto del Colli Martani Grecante di Arnaldo Caprai, l'unico dei tre vini ad essere maturato completamente in vasche d'acciaio. All'attacco questo Grechetto mostra subito la sua piacevole ed evidente freschezza, una qualità che è ben equilibrata dall'alcol e dalla struttura, mostrando una buona corrispondenza con il naso. Passiamo ora all'analisi gustativa del secondo vino: Il Moggio delle Cantine Goretti. Anche l'attacco di questo vino è caratterizzato da una piacevole ed evidente freschezza. Si noti anche l'apporto dell'alcol sull'equilibrio dell'acidità e, in particolare, la differenza di morbidezza rispetto al vino precedente, conferita - in questo caso - dal passaggio in legno che ne aumenta anche la struttura. Infine, prendiamo in esame l'ultimo dei tre vini, il Grechetto dei Colli Martani Vigna Tonda di Antonelli. L'attacco di questo Grechetto, nonostante sia anch'esso caratterizzato dalla freschezza, mette ancor più in evidenza il contributo del passaggio in legno conferendo al vino una maggiore struttura e morbidezza, unitamente all'alcol.

 

Considerazioni Finali

 I tre vini della nostra degustazione comparativa esprimono tre modi diversi di interpretare il Grechetto, tutti e tre con ottimi risultati. Il finale del Grechetto dei Colli Martani Grecante di Arnaldo Caprai è persistente con ricordi di pera, pesca e ananas, oltre a una piacevole nota acidula e amarognola, tipica del vitigno. Anche il finale de Il Moggio delle Cantine Goretti è persistente, lasciando in bocca ricordi di mela, susina e nocciola, più morbido rispetto al vino precedente. Il finale dell'ultimo vino, il Grechetto dei Colli Martani Vigna Tonda di Antonelli è persistente con ricordi di susina, nocciola e mela, non molto diverso dal vino precedente anche se con una maggiore percezione di struttura e di morbidezza. Il Grechetto, nonostante sia stato per anni poco considerato anche nella sua terra d'origine, è in realtà un'uva capace di produrre vini molto interessanti, con una piacevole freschezza unita a una buona struttura, due qualità che lo rendono molto utile anche nella produzione di vini assemblati con altre uve.

 






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I Vini del Mese


 

Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
Vino con buon rapporto qualità/prezzo Vino con buon rapporto qualità/prezzo
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Valtellina Superiore Corte della Meridiana 2003, Conti Sertoli Salis (Lombardia, Italia)
Valtellina Superiore Corte della Meridiana 2003
Conti Sertoli Salis (Lombardia, Italia)
Uvaggio: Nebbiolo (Chiavennasca)
Prezzo: € 19,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso arancio, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di ciliegia, prugna e violetta seguite da aromi di mirtillo, rosa, lampone, vaniglia, tabacco, liquirizia, cannella, cacao e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e piacevole freschezza, comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di ciliegia, prugna e mirtillo. Valtellina Superiore Corte della Meridiana è prodotto con il metodo del “rinforzo” e matura per 18 mesi in botte a cui seguono almeno 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Sforzato di Valtellina Canua 2002, Conti Sertoli Salis (Lombardia, Italia)
Sforzato di Valtellina Canua 2002
Conti Sertoli Salis (Lombardia, Italia)
Uvaggio: Nebbiolo (Chiavennasca)
Prezzo: € 32,00 Punteggio:
Sforzato di Valtellina Canua si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso aranciato, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di ciliegia, viola appassita e prugna secca seguite da aromi di vaniglia, rosa appassita, tabacco, cuoio, anice stellato, cannella, cacao, pepe rosa, liquirizia, macis e mentolo. In bocca ha ottima corrispondenza con il naso, un attacco tannico e piacevole freschezza, comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole morbidezza. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di ciliegia e prugna secca. Un vino ben fatto. Sforzato di Valtellina Canua matura per 2 anni in barrique a cui seguono almeno 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Brasati e stufati di carne, Carne arrosto, Formaggi stagionati



Colli Martani Grechetto di Todi Bianco della Cervara 2005, Franco Todini (Umbria, Italia)
Colli Martani Grechetto di Todi Bianco della Cervara 2005
Franco Todini (Umbria, Italia)
Uvaggio: Grechetto
Prezzo: € 6,00 Punteggio:   Vino con buon rapporto qualità/prezzo
Alla vista si presenta con un colore giallo paglierino chiaro e sfumature giallo verdolino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di pesca, pera e biancospino seguite da aromi di ananas, camomilla, nocciola, mela, ginestra e susina. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di pesca, pera e ananas. Questo vino matura in vasche d'acciaio.
Abbinamento: Pesce fritto, Pasta e risotti con pesce, Crostacei e pesce alla griglia



Nero della Cervara 2003, Franco Todini (Umbria, Italia)
Nero della Cervara 2003
Franco Todini (Umbria, Italia)
Uvaggio: Merlot (50%), Cabernet Sauvignon (50%)
Prezzo: € 30,00 Punteggio:
Nero della Cervara si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di prugna, amarena e ribes seguite da aromi di mirtillo, vaniglia, tabacco, liquirizia, cioccolato, pepe nero, macis ed eucalipto. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e ribes. Nero della Cervara matura per 12 mesi in barrique.
Abbinamento: Carne arrosto, Stufati e brasati di carne, Formaggi stagionati



Brunello di Montalcino 2001, Col d'Orcia (Toscana, Italia)
Brunello di Montalcino 2001
Col d'Orcia (Toscana, Italia)
Uvaggio: Sangiovese
Prezzo: € 26,50 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo Brunello di Montalcino si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso granato, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di prugna, amarena e mirtillo seguite da aromi di violetta, vaniglia, tabacco, cuoio, pepe rosa, liquirizia, cioccolato e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso , un attacco tannico e piacevole freschezza, comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di prugna e amarena. Un vino ben fatto. Questo Brunello di Montalcino matura per 4 anni in botte a cui seguono 12 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Savuto Superiore Vigna Mortilla 2001, Odoardi (Calabria, Italia)
Savuto Superiore Vigna Mortilla 2001
Odoardi (Calabria, Italia)
Uvaggio: Gaglioppo (45%), Greco Nero (15%), Magliocco Canino (15%), Nerello Cappuccio, Sangiovese (25%)
Prezzo: € 18,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di mora, prugna e amarena seguite da aromi di mirtillo, vaniglia, violetta, tabacco, liquirizia, cioccolato, macis, pepe rosa e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di mora, amarena e prugna. Un vino ben fatto. Savuto Superiore Vigna Mortilla matura per 14 mesi in barrique.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Stufati e brasati di carne, Formaggi stagionati



Scavigna Vigna Garrone 2001, Odoardi (Calabria, Italia)
Scavigna Vigna Garrone 2001
Odoardi (Calabria, Italia)
Uvaggio: Gaglioppo (80%), Nerello Cappuccio (10%), Cabernet Franc (5%), Cabernet Sauvignon, Merlot (5%)
Prezzo: € 28,00 Punteggio:
Scavigna Vigna Garrone si presenta con un colore rosso rubino cupo e sfumature rosso rubino, impenetrabile alla luce. Al naso esprime aromi intendi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di amarena, mirtillo e mora seguite da aromi di prugna, violetta, vaniglia, tabacco, pepe nero, cacao, liquirizia, chiodo di garofano, macis e mentolo. In bocca ha ottima corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di amarena, mirtillo e mora. Un vino ben fatto. Scavigna Vigna Garrone matura per 18 mesi in barrique a cui seguono 8 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Trebbiano d'Abruzzo Altare 2002, Marramiero (Abruzzo, Italia)
Trebbiano d'Abruzzo Altare 2002
Marramiero (Abruzzo, Italia)
Uvaggio: Trebbiano d'Abruzzo
Prezzo: € 11,50 Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore giallo dorato intenso e sfumature giallo dorato, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di mela cotogna, susina e mandorla seguite da aromi di agrumi, miele, biancospino, vaniglia e pera. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di susina, mela cotogna e mandorla. Trebbiano d'Abruzzo Altare matura per 16-18 mesi in botte a cui seguono 12 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Paste ripiene con funghi, Carne bianca arrosto, Pesce arrosto



Montepulciano d'Abruzzo Inferi 2001, Marramiero (Abruzzo, Italia)
Montepulciano d'Abruzzo Inferi 2001
Marramiero (Abruzzo, Italia)
Uvaggio: Trebbiano d'Abruzzo
Prezzo: € 17,50 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino cupo e sfumature rosso rubino granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di mora, prugna e amarena seguite da aromi di mirtillo, vaniglia, liquirizia, cacao, cannella, tabacco, macis e pepe nero. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di prugna, mora e amarena. Un vino ben fatto. Montepulciano d'Abruzzo Inferi matura per 24 mesi in vasche d'acciaio, 18 mesi in barrique e per 6 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne con funghi, Formaggi stagionati



Giro di Vite 2004, La Carraia (Umbria, Italia)
Giro di Vite 2004
La Carraia (Umbria, Italia)
Uvaggio: Montepulciano
Prezzo: € 14,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Giro di Vite si presenta con un colore rosso rubino cupo e sfumature rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di amarena, prugna e mirtillo seguite da aromi di violetta, vaniglia, tabacco, melograno, cannella, cacao, carruba, liquirizia ed eucalipto. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di prugna, amarena e mirtillo. Un vino ben fatto. Giro di Vite matura per 12 mesi in barrique a cui seguono 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Fobiano 2004, La Carraia (Umbria, Italia)
Fobiano 2004
La Carraia (Umbria, Italia)
Uvaggio: Merlot (70%), Cabernet Sauvignon (30%)
Prezzo: € 17,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino cupo e sfumature rosso porpora, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di amarena, ribes e prugna seguite da aromi di mirtillo, vaniglia, violetta, tabacco, cacao, pepe rosa, macis ed eucalipto. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di ribes, prugna e amarena. Un vino ben fatto. Fobiano matura per 12 mesi in barrique a cui seguono 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Podere dei Castelli Merlot 2005, Masserie Flocco (Molise, Italia)
Podere dei Castelli Merlot 2005
Masserie Flocco (Molise, Italia)
Uvaggio: Merlot (95%)
Prezzo: € 7,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso rubino, abbastanza trasparente. Al naso esprime buona personalità con aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di amarena, lampone e fragola seguite da aromi di mirtillo, ciclamino, violetta e prugna. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di amarena, lampone e fragola. Questo vino matura in vasche d'acciaio.
Abbinamento: Carne saltata con funghi, Paste ripiene, Carne alla griglia



Molise Tintilia I Kuq 2004, Masserie Flocco (Molise, Italia)
Molise Tintilia I Kuq 2004
Masserie Flocco (Molise, Italia)
Uvaggio: Tintilia
Prezzo: € 10,50 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime buona personalità con aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di ciliegia, prugna e ribes seguite da aromi di ciclamino, violetta, salamoia e pepe nero. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e apprezzabile freschezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di ciliegia e prugna. Molise Tintilia I Kuq matura in vasche d'acciaio.
Abbinamento: Paste ripiene, Carne saltata con funghi, Carne alla griglia



Cortona Merlot In Violas 2004, Poliziano (Toscana, Italia)
Cortona Merlot In Violas 2004
Poliziano (Toscana, Italia)
Uvaggio: Merlot (85%), Cabernet Sauvignon (15%)
Prezzo: € 17,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di ribes, prugna e amarena seguite da aromi di mirtillo, pepe rosa, vaniglia, tabacco, liquirizia, cioccolato, grafite, macis ed eucalipto. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di ribes, amarena e prugna. Un vino ben fatto. Cortona Merlot In Violas matura per 18 mesi in barrique a cui seguono 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Vino Nobile di Montepulciano Asinone 2003, Poliziano (Toscana, Italia)
Vino Nobile di Montepulciano Asinone 2003
Poliziano (Toscana, Italia)
Uvaggio: Prugnolo Gentile
Prezzo: € 31,00 Punteggio:
Questo Nobile di Montepulciano si presenta con un colore rosso rosso rubino intenso e sfumature rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di prugna, amarena e mirtillo seguite da aromi di violetta, ribes, tabacco, vaniglia, pepe rosa, grafite, cacao, mentolo e un accenno di caucciù. In bocca ha ottima corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di amarena, mirtillo e prugna. Un vino ben fatto. Vino Nobile di Montepulciano Asinone matura per 18 mesi in botte e in barrique a cui seguono almeno 8 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Barbaresco Vigna Borgese 2003, Piero Busso (Piemonte, Italia)
Barbaresco Vigna Borgese 2003
Piero Busso (Piemonte, Italia)
Uvaggio: Nebbiolo
Prezzo: € 23,50 Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso arancio, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di ciliegia, prugna e lampone seguite da aromi di violetta, vaniglia, tabacco, liquirizia, cannella, cacao, macis e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e piacevole freschezza, comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di ciliegia, prugna e lampone. Barbaresco Vigna Borgese matura per 24 in botte a cui seguono 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Selvaggina, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Barbera d'Alba S. Stefanetto 2004, Piero Busso (Piemonte, Italia)
Barbera d'Alba S. Stefanetto 2004
Piero Busso (Piemonte, Italia)
Uvaggio: Barbera
Prezzo: € 15,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino cupo e sfumature rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di ciliegia, prugna e ribes seguite da aromi di mirtillo, mora, violetta, vaniglia, tabacco, caffè, liquirizia, cioccolato e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di ciliegia, prugna e ribes. Barbera d'Alba S. Stefanetto matura per 12 mesi in barrique a cui seguono 12 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Brasati e stufati di carne con funghi, Carne arrosto, Formaggi stagionati



Arquata Rosso 2001, Adanti (Umbria, Italia)
Arquata Rosso 2001
Adanti (Umbria, Italia)
Uvaggio: Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc (40%), Merlot (40%), Barbera (20%)
Prezzo: € 16,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Arquata Rosso si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di amarena, prugna e ribes seguite da aromi di mirtillo, mora, liquirizia, tabacco, vaniglia, violetta, cacao, cannella ed eucalipto. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di prugna, ribes e amarena. Un vino ben fatto. Arquata Rosso matura in botte per 24 mesi a cui seguono 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Brasati e stufati di carne, Carne arrosto, Formaggi stagionati



Sagrantino di Montefalco 2001, Adanti (Umbria, Italia)
Sagrantino di Montefalco 2001
Adanti (Umbria, Italia)
Uvaggio: Sagrantino
Prezzo: € 21,00 Punteggio:
Questo Sagrantino di Montefalco si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di amarena, mora e prugna seguite da aromi di mirtillo, violetta, vaniglia, liquirizia, cacao, cannella, cuoio, ginepro, pepe rosa, tabacco e mentolo. In bocca ha ottima corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di mora, amarena e prugna. Un vino ben fatto. Questo Sagrantino di Montefalco matura per 26 mesi in botte a cui seguono 12 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Brasati e stufati di carne, Carne arrosto, Formaggi stagionati






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Castel de Paolis

A Grottaferrata, vicino Roma, dopo un lungo periodo di ricerca e di sperimentazione, la Castel de Paolis è oggi una delle più affermate cantine del Lazio

 L'enologia italiana sta vivendo negli ultimi venti anni un momento di rinnovamento e di splendore. Dopo un lunghissimo periodo segnato da produzioni di quantità - nelle quali la qualità era un fattore riscontrabile in poche realtà vitivinicole - in ogni regione d'Italia si possono oggi trovare produzioni di altissimo livello. Regioni e aree vinicole che un tempo erano poco considerate, hanno saputo oggi dimostrare le loro grandi potenzialità, rivalutando l'espressione unica di ogni territorio, delle loro uve e dei loro vini. Fra queste regioni troviamo indubbiamente il Lazio, che proprio in tempi recenti ha saputo cambiare radicalmente l'immagine dei suoi vini e della loro qualità, un tempo considerati semplicemente come “ordinari”, si sono rivelati oggi autentici “fuoriclasse”. Il lavoro condotto nel Lazio è esemplare per molti aspetti, dalla rivalutazione delle uve locali all'introduzione di nuove varietà, dallo stravolgimento radicale del modo di produrre vino al metodo di farlo conoscere al mondo.


L'ingresso dell'azienda agricola Castel de Paolis
L'ingresso dell'azienda agricola Castel de Paolis

 Fra le cantine che hanno maggiormente contribuito a rilanciare l'immagine dei vini del Lazio troviamo Castel de Paolis, della famiglia Santarelli, che in pochi anni ha saputo portare ai massimi livelli il Frascati, uno dei vini più celebri dei Castelli Romani. La cantina prende il nome da una delle più importanti fortezze per il controllo delle campagne romane durante il periodo dell'alto Medioevo. La fortezza Castel de Paolis fu costruita sulle rovine di una villa di epoca romana che, grazie alla sua posizione strategica, consentiva di controllare l'antica strada che univa Roma a Castromoenium. In tempi passati si riteneva che il colle Castel de Paolis coincidesse con l'antico sito di Castromoenium, tuttavia ricerche recenti hanno confermato che in realtà l'antica colonia romana corrispondeva all'attuale centro abitato di Marino. Anche il terreno nel quale si trovano oggi i vigneti della cantina Castel de Paolis era attraversato da un diverticolo, una strada lastricata che collegava la via Castrimense con la via Latina.

 L'azienda agricola Castel de Paolis si trova nel comune di Grottaferrata, a poche decine di chilometri da Roma - nella zona dei Castelli Romani e nel territorio della Denominazione d'Origine Controllata del Frascati - si estende su una superficie totale di dodici ettari interamente coltivati a vigneto. L'azienda è situata in una posizione collinare a un'altitudine di 270 metri su terreni di origine vulcanica. La storia della Castel de Paolis inizia nel 1985, quando Giulio Santarelli, insieme alla moglie Adriana Croce, riscopre la passione per l'arte di fare il vino, una passione che presto lo porterà a dedicarsi completamente alla cantina della sua famiglia. La svolta fondamentale inizia nel 1985, quando Giulio Santarelli incontra il prof. Attilio Scienza, dell'Università di Milano e all'epoca direttore del prestigioso Istituto Agrario di San Michele all'Adige. Il prof. Attilio Scienza, in visita alla Castel de Paolis, propose a Giulio Santarelli di ripristinare nei suoi vigneti la coltivazione delle antiche varietà autoctone che in passato erano state capaci di rendere famosi ovunque i vini dei Castelli Romani, ma che in quel periodo non godevano certamente della stessa fama.


I signori Santarelli nella loro cantina
I signori Santarelli nella loro cantina

 Iniziò così una lunga e preziosa attività di ricerca e sperimentazione, durante la quale si espiantarono dai vigneti di Castel de Paolis le varietà Malvasia di Candia e Trebbiano Toscano. Si proseguì quindi con la ricerca dei vecchi vitigni della zona: Malvasia Puntinata del Lazio, Bombino Bianco, Cacchione, Bellone, Passerina, Pecorino, Grechetto e Romanesca, oramai divenuti rari nei vigneti dei Castelli Romani. Quando finalmente furono individuate le varietà, fu impiantato un vigneto sperimentale che portò a buoni risultati. Si decise quindi di ampliare le varietà di uve sulle quali condurre la fase sperimentale, ricorrendo alle varietà internazionali Sauvignon Blanc, Chardonnay, Syrah, Cabernet Sauvignon, Viognier, Sémillon, Moscato Rosa, Moscato Giallo, Roussanne, Merlot e Petit Verdot. La fase sperimentale - che si è conclusa nel 1992 - ha inoltre portato alla creazione di una cantina dotata delle più avanzate tecnologie e nella quale si vinificavano unicamente le uve provenienti dai vigneti sperimentali sotto la responsabilità tecnica dell'enologo Lorenzo Peira.


 

 Al termine della fase sperimentale, l'azienda agricola Castel de Paolis era pronta a fare conoscere al mondo i risultati di questa fondamentale attività di ricerca, suscitando sin dai primi momenti un alto interesse da parte dei consumatori e degli appassionati. I vini appartenenti alla DOC Frascati prodotti dalla Castel de Paolis erano così sorprendenti tanto da ritenere che appartenessero a un'altra denominazione: la nuova storia del Frascati e dei vini dei Castelli Romani era appena cominciata. Un risultato - che ancora oggi è fra i più interessanti del Lazio - ottenuto coniugando tradizione e innovazione nell'essenziale e fondamentale opera di sperimentazione, dimostrando che, in presenza di condizioni favorevoli e giuste pratiche vitivinicole, è possibile conservare e migliorare la tradizione enologica di un territorio. La conduzione della cantina, che fino al 2003 era affidata all'enologo Franco Bernabei, è oggi guidata dall'enologo Carlo Corino.

 I vigneti dell'azienda agricola Castel de Paolis sono coltivati secondo i principi dell'agricoltura biologica, con una densità di impianto di 5500 ceppi per ettaro e un carico produttivo per pianta di 1,5 chilogrammi. I vini sono attualmente esportati negli Stati Uniti d'America, Giappone, Australia, Regno Unito, Germania, Danimarca, Belgio, Austria, Francia e Svizzera. La produzione prevede sia vini bianchi sia rossi, ai quali si affiancano gli interessanti vini dolci Rosathea, da uve Moscato Rosa, Frascati Cannellino e Muffa Nobile, prodotto con Sémillon e Sauvignon Blanc. La produzione dei vini bianchi è composta da Frascati Superiore DOC, Campovecchio Bianco, Vigna Adriana - uno dei vini bandiera della Castel de Paolis e prodotto con Malvasia Puntinata del Lazio, Viognier e Sauvignon Blanc - e Selve Vecchie, da uve Chardonnay e Sauvignon Blanc. La produzione di vini rossi è composta da Campovecchio Rosso - da uve Syrah, Cesanese d'Affile, Montepulciano e Sangiovese - e da I Quattro Mori, prodotto con uve Syrah, Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot maturato per 18 mesi in barrique.

 




Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
Vino con buon rapporto qualità/prezzo Vino con buon rapporto qualità/prezzo
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Campovecchio Bianco 2005, Castel de Paolis (Lazio, Italia)
Campovecchio Bianco 2005
Castel de Paolis (Lazio, Italia)
Uvaggio: Malvasia del Lazio, Bellone, Romanesca, Bonvino, Passerina, Grechetto, Trebbiano Giallo
Prezzo: € 7,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Campovecchio Bianco si presenta con un colore giallo paglierino chiaro e sfumature giallo verdolino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di pera, mela e biancospino seguite da aromi di ginestra, ananas, pesca e susina. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di mela, pera e ananas. Campovecchio Bianco matura in vasche d'acciaio.
Abbinamento: Pesce fritto, Pasta e risotto con verdure e pesce, Pesce saltato



Frascati Superiore 2005, Castel de Paolis (Lazio, Italia)
Frascati Superiore 2005
Castel de Paolis (Lazio, Italia)
Uvaggio: Malvasia di Candia, Malvasia del Lazio, Trebbiano Toscano, Bonvino, Pecorino, Cacchione, Grechetto, Passerina
Prezzo: € 10,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo Frascati Superiore si presenta con un colore giallo dorato chiaro e sfumature giallo paglierino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di susina, mela e pera seguite da aromi di biancospino, ananas, mandorla e acacia. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di mela, pera e ananas. Questo Frascati Superiore matura in vasche d'acciaio.
Abbinamento: Pasta con carne e pesce, Carne bianca arrosto, Pesce arrosto



Campovecchio Rosso 2003, Castel de Paolis (Lazio, Italia)
Campovecchio Rosso 2003
Castel de Paolis (Lazio, Italia)
Uvaggio: Syrah (50%), Cesanese d'Affile (20%), Montepulciano (20%), Sangiovese (10%)
Prezzo: € 11,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di amarena, prugna e mirtillo seguite da aromi di ribes, violetta, vaniglia, tabacco a pepe rosa. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di prugna e amarena. Il Syrah utilizzato per il Campovecchio Rosso matura per 18 mesi in barrique, mentre le altre uve maturano in vasche d'acciaio.
Abbinamento: Paste ripiene, Stufati di carne, Carne alla griglia



Vigna Adriana 2005, Castel de Paolis (Lazio, Italia)
Vigna Adriana 2005
Castel de Paolis (Lazio, Italia)
Uvaggio: Malvasia Puntinata, Viognier, Sauvignon Blanc
Prezzo: € 16,00 Punteggio:
Vigna Adriana si presenta con un colore giallo paglierino chiaro e sfumature giallo verdolino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di pera, mela e pesca seguite da aromi di ananas, biancospino, ginestra, uva spina, susina e minerale. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di pera, mela e pesca. Vigna Adriana matura in vasche d'acciaio.
Abbinamento: Pasta con funghi e pesce, Pesce fritto, Pesce stufato, Carne bianca saltata



I Quattro Mori 2003, Castel de Paolis (Lazio, Italia)
I Quattro Mori 2003
Castel de Paolis (Lazio, Italia)
Uvaggio: Syrah (65%), Merlot (20%), Cabernet Sauvignon (10%), Petit Verdot (5%)
Prezzo: € 27,00 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di prugna secca e amarena seguite da aromi di ribes, mirtillo, vaniglia, tamarindo, tabacco, cannella, cioccolato, macis ed eucalipto. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di prugna secca e amarena. I Quattro Mori matura per 18 mesi in barrique.
Abbinamento: Paste ripiene con funghi, Brasati e stufati di carne, Carne arrosto



Muffa Nobile 2005, Castel de Paolis (Lazio, Italia)
Muffa Nobile 2005
Castel de Paolis (Lazio, Italia)
Uvaggio: Sémillon (80%), Sauvignon Blanc (20%)
Prezzo: € 20,00 - 50cl Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore giallo ambra intenso e sfumature giallo ambra, trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di albicocca secca, dattero e uva passa seguite da aromi di confettura di pesche, miele, confettura di mele cotogne, fico secco e mandorla. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco dolce e morbido, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di uva passa, albicocca secca e miele. Muffa Nobile è prodotto con uve completamente attaccate da Botrytis Cinerea.
Abbinamento: Formaggi stagionati e piccanti, Dessert



Castel de Paolis - Via Val de Paolis, Grottaferrata (Roma) - Tel. 06 9413648 Fax: 06 94316026 - Enologo: Carlo Corino - Anno fondazione: 1985 - Produzione: 90.000 bottiglie - E-Mail: info@casteldepaolis.it - WEB: www.casteldepaolis.it


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Giornale di Cantina


 Questa rubrica è riservata ai produttori di vino che intendono rendere note particolari attività produttive, annunciare nuovi prodotti o semplicemente comunicare alla clientela informazioni e promozioni sulla propria attività e i propri prodotti. Inviare le notizie da pubblicare al nostro indirizzo e-mail.

 

Ancora Riconoscimenti alla Qualità del Franciacorta


 
«Le bollicine di Lombardia non hanno più nulla da invidiare a nessuno, Champagne compreso. E non sono io a dirlo, ma i massimi esperti internazionali del settore». Esordisce così Viviana Beccalossi, assessore all'agricoltura e vicepresidente della Regione nel suo discorso di presentazione della VII Giornata dedicata ai Vini di Lombardia. La manifestazione, organizzata al Circolo della Stampa di Milano, ha fotografato lo stato di salute della vitivinicoltura regionale che, al di là di una congiuntura di mercato mediamente complessa, si mantiene positiva. Vini importanti, apprezzati in tutto il mondo, che possono fregiarsi di un marchio di qualità, tra i quali spicca il Franciacorta che è stato il primo e unico prodotto italiano realizzato esclusivamente con la rifermentazione in bottiglia ad aver ottenuto, fin dal 1995, la Denominazione di Origine Controllata e Garantita, la DOCG, massimo riconoscimento di qualità e tipicità di un vino.
La vicepresidente Viviana Beccalossi ha inoltre confermato che: «grazie al lavoro dei produttori e dei Consorzi siamo in grado di offrire prodotti di altissima qualità. Le bottiglie prodotte con il metodo classico, tecnica che trova la propria massima espressione in Franciacorta, possono essere definite, senza timore di smentite, uniche e inimitabili. Ancora una volta verifichiamo come in Lombardia, regione delle bollicine di Franciacorta, la parola d'ordine sia sempre di più l'eccellenza» e ha invitato tutti a valorizzare i prodotti di questo territorio così versatile e, con l'avvicinarsi delle prossime festività, a «bere e brindare con le nostre bollicine».
La manifestazione si è conclusa nel pomeriggio con un banco di assaggio dei migliori vini di 80 cantine di Lombardia. Una grande percentuale di Aziende di Franciacorta, come al solito, è stata premiata per la qualità delle sue bollicine e si è presentata ai banchi d'assaggio con in degustazione i propri vini. Al banco d'assaggio sono stati invitati, e hanno risposto numerosissimi, giornalisti e professionisti del settore enogastronomico, esperti e degustatori.

Cesarini Sforza Rinnova i Lieviti

Cesarini Sforza Spumanti ha partecipato a Bologna al 20° Convegno Internazionale FoodMicro 2006, evento biennale di ampio respiro internazionale, inerente la microbiologia e la sicurezza alimentare. Il Convegno ha visto la partecipazione di ricercatori e studiosi appartenenti a 25 Paesi, i quali hanno affrontato i differenti aspetti microbiologici e biotecnologici in campo alimentare. Cesarini Sforza ha presentato l'importante contributo scientifico del dr. Matteo Cavagna, inerente i risultati preliminari di un'importante ricerca applicata, svoltasi in collaborazione con il Dipartimento Scientifico e Tecnologico dell'Università di Verona, con l'obiettivo di recupero e di studio dei ceppi di lieviti storici aziendali. I risultati presentati al Convegno hanno riguardato essenzialmente la prima fase di studio dei ceppi in laboratorio, attraverso la loro identificazione e caratterizzazione mediante moderne metodiche basate sull'analisi di DNA e sullo studio delle caratteristiche tecnologiche di maggiore rilevanza per la valorizzazione e la tipicità del prodotto.
Nei primi anni '90 sono stati eseguiti da Cesarini Sforza dei tiraggi-prova con ceppi di lieviti indigeni, oltre a quelli già in uso in Azienda, per studiare la capacità fermentativa e il potenziale organolettico. Negli anni questi spumanti sono stati conservati in catasta e degustati periodicamente per valutarne l'evoluzione. Considerata la longevità e le capacità olfatto-gustative di particolare pregio, si è cercato di recuperare e selezionare i lieviti presenti in queste bottiglie da 15 anni. La massa di lieviti prelevata da una bottiglia, che si pensava esaurita, è stata fatta sviluppare su un terreno nutritivo sterile, dando vita a ben 8 ceppi di lieviti diversi sottoposti poi ad attento studio. Da questi 8 lieviti ne sono stati scelti 3 per i loro caratteri interessanti e messi in tiraggio per valutarne le potenzialità: questo lavoro ha permesso di rivitalizzare e ampliare la tradizione di Cesarini Sforza nell'uso di lieviti propri per la spumantizzazione dei suoi prodotti.
La ricerca rappresenta la naturale continuazione del progetto intrapreso da Cesarini Sforza per la valorizzazione della Zona Classica di produzione, individuata in collaborazione con Cantina La-Vis e Valle di Cembra, attraverso il Progetto Zonazione. Studi scientifici hanno infatti appurato che il lievito - nel processo di spumantizzazione - può influire in maniera importante nel conferimento delle proprietà organolettiche del prodotto. In particolare le azioni dei ceppi utilizzati da Cesarini Sforza in rifermentazione hanno contribuito a caratterizzare il vino spumante mediante il conferimento di note organolettiche peculiari, esprimendo al massimo la tipicità del territorio d'origine.

 



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Notiziario


 In questa rubrica sono pubblicate notizie e informazioni relativamente a eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail.

 

Prosecco DOC: una Realtà in Continua Crescita


 
Sabato 16 dicembre alle ore 10.00 a Pieve di Soligo (TV) presso Villa Brandolini, sede del Distretto che verrà inaugurata in questa occasione, sarà presentato il Rapporto del Centro Studi 2006. Come ogni anno verrà tracciato un quadro della realtà strutturale del Prosecco DOC, dall'identikit dell'azienda media al trend di crescita delle produzioni, dalla realtà di mercato in Italia alla presenza del Prosecco DOC nel mondo. Grazie alla presenza di due esperti di mercato stranieri, verrà inoltre effettuato un focus su Inghilterra e Germania. Per il primo paese interverrà Brian Howard di Wine Intelligence, per il secondo sarà invece la volta di Stefano Pellegrini della Pellegrini e Grundmann. In un momento congiunturale difficile per la produzione enologica, il Prosecco DOC si riconferma una delle realtà produttive più solide. I risultati positivi si devono alla capacità delle aziende di ascoltare il mercato mantenendo un equilibrato rapporto qualità prezzo, che ha saputo conquistare il consumatore in questi anni. «Punto di forza della denominazione è aver instaurato un dialogo fra i componenti di tutta la filiera produttiva, che lavorano per garantire la stabilità alla DOC di Conegliano Valdobbiadene.» afferma il Presidente del Consorzio di Tutela Franco Adami «Autogestire il successo della nostra realtà, offrendo un sostanziale mantenimento dei prezzi, è la strada vincente che ha premiato il lavoro di questi anni ed ha reso più forte l'identità del Distretto.»
Oltre ad una presenza sempre maggiore in Italia, che lo ha eletto il “vino del benvenuto” a livello nazionale, il Prosecco DOC di Conegliano Valdobbiadene è sempre più presente nel mondo e sta divenendo uno dei simboli dello stile italiano a tavola. Le caratteristiche di piacevolezza e bevibilità lo rendono infatti adatto a tradizioni gastronomiche anche molto diverse fra loro. A dimostrarlo è anche l'ampio articolo sulla denominazione, apparso in giugno sul New York Times, dove vengono tracciate le differenze tra il Prosecco DOC con il Prosecco non DOC. Si tratta di un elemento essenziale perché la principale minaccia al successo del prodotto è rappresentata dai molti vini di imitazione, che minano la notorietà dell'autentico prodotto. Con questo obiettivo, chiarire che l'originale Prosecco è quello di Conegliano Valdobbiadene, è partita dall'aeroporto Marco Polo di Venezia la campagna di comunicazione “Prosecco? L'originale è quello di Conegliano Valdobbiadene”. La sfida di domani sarà infatti chiarire sempre più l'identità del Prosecco DOC nel mondo e studiare i singoli mercati per affrontarli con maggiore efficacia.
La presentazione del 16 dicembre sarà aperta a tutti gli interessati: autorità, produttori, giornalisti, imprenditori. Per informazioni: relazioniesterne@prosecco.it

Il Cioccolato e la Grappa si Presentano al Cioccoshow

Cioccolato e grappa per gli adulti golosi. È questo il curioso e accattivante slogan proposto dall'Accademia della Grappa e delle Acquaviti per raccontare la magia della nostra acquavite di bandiera alle migliaia di visitatori del Cioccoshow. Dal 9 al 12 novembre in Piazza Maggiore nel cuore di Bologna, l'Accademia della Grappa e delle Acquaviti, rappresentata dai soci fondatori Roberto Castagner Acquaviti, Carpenè Malvolti, Distillerie Francoli, Durbino, Segnana - F.lli Lunelli, Villa Frattina - Averna, ha portato la magia della grappa. Attraverso degustazioni guidate, tasting liberi e seminari, l'Accademia della Grappa e delle Acquaviti ha fatto riscoprire il piacere della nostra acquavite di bandiera che, degustata a piccole dosi con un buon cioccolato, rappresenta un piacere per i cinque sensi.
Gli abbinamenti migliori? Grappe fruttate con cioccolato leggero, al latte, e grappe barricate per cioccolato fondente. Durante i quattro giorni dell'evento, l'Accademia della Grappa e delle Acquaviti ha avuto un posto d'onore ed è stata infatti chiamata a rappresentare lo spirito più italiano, la grappa, come valore culturale da riscoprire. I seminari hanno reso ancor più interessante l'evento riservato agli adulti, abbinando le specialità artigianali di Venchi, Simone De Castro e Giraudi con le grappe monovitigno, barricate e torbate dell'Accademia della Grappa e delle Acquaviti.

A Nicola Bonera il Sesto Master del Sangiovese

Lunedì 20 novembre nei padiglioni della Fiera di Faenza (Ra) sono stati proclamati i vincitori dell'edizione 2006 del Trofeo Consorzio Vini di Romagna - 6° Master del Sangiovese, uno dei concorsi enologici più importanti e qualificati a livello nazionale in quanto il protagonista assoluto è sempre e comunque il Sangiovese, uno dei vini e dei vitigni principi della viticoltura italiana e mondiale. Organizzato dal Consorzio Vini di Romagna e dall'A.I.S. - Associazione Italiana Sommelier, in collaborazione con l'Enoteca Regionale Emilia Romagna, il prestigioso titolo di vincitore è stato ottenuto dal sommelier professionista Nicola Bonera di Brescia che nel corso di una serie di impegnative prove (scritte, orali e pratiche di servizio e degustazione) si è imposto su Ivano Antonini di Varese, secondo classificato, e su Giancarlo Bacilieri di Riva del Garda e sul ravennate Pietro Vicchi, terzi qualificati ex equo.
Per Bonera si tratta di un'importante soddisfazione in quanto conferma le sue altissime qualità professionali che negli anni passati gli avevano già fatto vincere il primo premio al concorso Novello Sommelier Lombardia e Triveneto e il primo premio AIS Villa Santi 2005. A valutare e giudicare i partecipanti al concorso è stata una giuria esperta e qualificata composta da: Roberto Ronchi - Vice Presidente del Consorzio Vini di Romagna, Gian Alfonso Roda - Presidente dell'Enoteca Regionale dell'Emilia Romagna, Giancarlo Mondini, Roberto Gardini e Terenzio Medri dell'Associazione Italiana Sommelier, Giordano Zinzani - Presidente Sezione Romagna Assoenologi, Cristiano Cini - vincitore dell'ultima edizione del Master, Morena Trerè - Presidente della Strada dei Vini dei colli di Faenza, il giornalista Beppe Sangiorgi. Alla premiazione erano presenti, oltre a tutti i componenti della giuria, anche l'Assessore alle politiche agro-alimentari della Provincia di Ravenna, Libero Asioli, il Sindaco di Faenza, Claudio Casadio, l'Assessore alle politiche economiche del Comune di Faenza, Stefano Collina, il Presidente di Faenza Fiere, Francesco Carugati.

 



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  Cavatappi Numero 47, Dicembre 2006   
Fare il Vino: il MostoFare il Vino: il Mosto  Sommario 
Numero 46, Novembre 2006 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 48, Gennaio 2007

Fare il Vino: il Mosto

La produzione del mosto rappresenta la prima fase di lavorazione in cantina, un'operazione che inizia con la selezione e la spremitura dei grappoli dell'uva

 La fase che segue la vendemmia consiste nella produzione del mosto, cioè lo schiacciamento degli acini dell'uva così da ottenere il succo che sarà successivamente fermentato in vino. Nonostante questa operazione possa sembrare semplice nella sua esecuzione - la spremitura delle uve è in effetti una procedura semplice - in realtà questa deve essere eseguita in modo tale da non compromettere la qualità dell'uva e del suo succo, operando - se necessario - le opportune correzioni. Le correzioni che si operano sul mosto dipendono ovviamente dalla qualità delle uve: uve sane e di qualità producono un mosto sano e di qualità che non richiede correzioni. Tuttavia, anche nei mosti di qualità - e dipendentemente dal tipo di vino che si desidera produrre - sarà necessario adottare le opportune precauzioni in modo da evitare e prevenire le inevitabili alterazioni prodotte, per esempio, dal contatto con l'ossigeno. L'obiettivo di chiunque desideri produrre un buon vino rimane sempre e comunque lo stesso: avere a disposizione uve sane e di qualità proprio con lo scopo di evitare il più possibile ogni tipo di correzione, sia sul mosto, sia sul vino.


Uva matura di Trebbiano pronta per essere trasformata in mosto
Uva matura di Trebbiano pronta per essere trasformata in mosto

 Dal punto di vista tecnico, il mosto è il prodotto che si ricava dall'uva fresca o ammostata - con o senza raspi e bucce - attraverso i procedimenti meccanici della pigiatura, sgrondatura e torchiatura. Se si considera il mosto come il risultato della spremitura delle uve senza ulteriori procedimenti, esso è composto per l'80-85% dalla polpa, 10-15% di bucce, 5% di vinaccioli o semi. Durante la fase della pigiatura - che consiste nello schiacciamento degli acini - si esegue generalmente anche la cosiddetta diraspatura, cioè la separazione dei raspi con lo scopo di non arricchire eccessivamente il mosto di tannini ruvidi: un'operazione praticamente indispensabile per i mosti destinati alla produzione di vini bianchi. Il mosto è la frazione liquida del pigiato dell'uva - il succo - composta per il 70-80% di acqua, 10-30% di zuccheri (prevalentemente fruttosio e glucosio) oltre a sostanze minerali, azotate (inorganiche e proteiche), polifenoli (tannini e sostanze coloranti) e acidi organici. La vinaccia è invece la frazione solida del pigiato dell'uva composta dalle parti fibrose della polpa, semi e buccia.

 L'analisi condotta sul mosto rileva inoltre la presenza di lieviti, sia perché questi sono naturalmente presenti nell'aria, sia perché - e soprattutto - si trovano nella pruina, lo strato superficiale opaco e biancastro che ricopre la buccia dell'acino dell'uva. Le sostanze acide - anche se normalmente poco percettibili all'assaggio a causa dell'azione di contrasto degli zuccheri - sono generalmente comprese fra i valori di pH 2,7 e 3,5, indispensabili per un regolare svolgimento della fermentazione. Nel mosto si trovano anche vitamine dei gruppi A, B e C, sostanze minerali (potassio, calcio, magnesio, sodio, fosfati, solfati, cloruri, ferro e rame) utili per il regolare andamento della fermentazione e per la stabilità e la limpidezza del vino. Di particolare importanza è la presenza di sostanze azotate, indispensabili allo sviluppo dei lieviti responsabili della fermentazione alcolica. Queste sostanze, al termine della fermentazione, si trasformeranno in componenti aromatici, alcune delle quali molto importanti per l'aroma complessivo del vino. Nonostante il loro importante ruolo, l'eccessiva presenza di sostanze azotate nel mosto può provocare intorbidamenti al vino oltre a compromettere la sua stabilità.

 

Produzione del Mosto

 Nonostante la pigiatura dell'uva - l'operazione che consente la produzione del mosto - sia semplice nella sua forma, in realtà è opportuno utilizzare strumenti idonei. In commercio esistono diversi tipi di pigiatrici meccaniche che consentono di pigiare grosse quantità di uva in tempi piuttosto brevi. La rapidità con la quale si pigia l'uva è in effetti di fondamentale importanza, poiché dal momento del raccolto al momento nel quale si inizia la produzione del mosto dovrà passare il minor tempo possibile. Uno dei problemi principali nella produzione casalinga del vino è rappresentata dalla procedura di separazione dei raspi dall'uva, un'operazione che si ritiene indispensabile per la produzione dei vini bianchi. La pigiatura dell'uva dovrebbe essere in effetti preceduta dalla diraspatura, cioè la separazione del raspo - la parte legnosa centrale del grappolo al quale sono attaccati gli acini - così da non conferire quantità eccessive di tannini ruvidi al mosto. A tale proposito è bene ricordare che in certi casi, in particolare quando le uve sono carenti di tannini, la diraspatura può essere evitata, tuttavia è sempre consigliabile eseguirla nella produzione dei vini bianchi in modo da assicurare maggiore finezza ed eleganza.


 

 Questa operazione può essere eseguita mediante un'apposita macchina - detta diraspatrice - tuttavia è più conveniente e pratico utilizzare una pigio-diraspatrice, cioè una macchina che oltre a provvedere alla separazione degli acini dal raspo, esegue anche la pigiatura dell'uva. In commercio esistono diversi tipi di pigio-diraspatrici e non tutte sono uguali. Una buona pigio-diraspatrice, oltre a consentire la separazione del raspo, dovrà pigiare l'uva in modo piuttosto delicato, senza eccessiva forza e in modo tale da non lacerare eccessivamente le bucce evitando la frantumazione dei vinaccioli. Il lavoro svolto da una buona pigio-diraspatrice è facile da riconoscere: le bucce sono integre e presentano una sola spaccatura laterale e i vinaccioli sono perfettamente integri. La frantumazione dei vinaccioli va evitata soprattutto nella produzione per i vini bianchi, poiché cedono quantità eccessive di tannini al mosto. Bucce più integre faciliteranno inoltre l'operazione di sgrondamento del mosto, cioè la separazione delle parti solide dalla parte liquida.

 A seconda del tipo di vino che si intende produrre, il mosto va trattato in modo opportuno. Nel caso di vino bianco, si procederà con lo sgrondamento, cioè all'immediata separazione delle bucce e dei vinaccioli così da limitare la cessione di polifenoli. Per il mosto destinato alla produzione di vino rosso, le bucce sono invece lasciate in macerazione per tutto il periodo della fermentazione, o fino a quando non si raggiunge il grado di colorazione e la quantità di tannini desiderata. Subito dopo la pigiatura, a causa del contatto con l'aria e dei lieviti naturalmente presenti nelle bucce, il mosto inizia a ossidarsi e a fermentare. L'ossidazione dovrà essere evitata in ogni caso - così come nel vino - mentre nel caso della produzione di vino bianco, è opportuno ritardare la fermentazione così da consentire un'adeguata sedimentazione delle parti solide presenti nel mosto. Nella produzione di vino bianco è infatti auspicabile l'utilizzo di mosto limpido e privo di sostanze solide - costituite dai residui della polpa e delle bucce - in modo da ottenere un vino più limpido e più stabile.

 L'anidride solforosa si rivela utile e fondamentale già subito dopo la pigiatura dell'uva poiché, grazie ai suoi effetti, evita dannose ossidazioni, opera un'opportuna selezione dei lieviti e blocca temporaneamente la loro azione. Queste due qualità saranno indispensabili per i mosti destinati alla produzione di vino bianco, poiché bloccando l'azione dei lieviti e svolgendo una blanda azione chiarificante, si consentirà la sedimentazione delle parti solide presenti nel mosto ritardando la fermentazione. Nonostante l'anidride solforosa abbia degli effetti indesiderati sull'organismo, le quantità tipicamente utilizzate e ammesse in enologia sono da considerarsi relativamente sicure, tuttavia è sempre opportuno utilizzare sempre e comunque la quantità minima indispensabile. Nella produzione casalinga di vino, il metodo più semplice e affidabile di addizione di anidride solforosa è rappresentato dall'impiego di metabisolfito di potassio, semplice da pesare e da aggiungere. È invece sconsigliabile il poco pratico impiego di dischi di zolfo da bruciare nei contenitori, poiché questo metodo non consente di stabilire esattamente le dosi di anidride solforosa aggiunta al mosto o al vino.

 Utilizzando il metabisolfito di potassio, è opportuno ricordare che questo contiene circa il 55% di anidride solforosa, pertanto un grammo di metabisolfito di potassio produce 550 mg di anidride solforosa. Per quanto riguarda il mosto, le quantità di metabisolfito di potassio da impiegare possono variare da 5 a 30 grammi per ettolitro, dosi variabili in funzione della qualità e della sanità delle uve. Nel caso di uve sane e senza difetti, sarà sufficiente impiegare da 5 a 10 grammi per ettolitro di metabisolfito di potassio, mentre con uve alterate da muffa, o peggio ancora, da marciume, si arriverà all'impiego di 20-30 grammi per ettolitro. In condizioni normali, l'impiego di 10-15 grammi per ettolitro è da considerarsi corretto e tale da garantire una buona fermentazione. È comunque opportuno ricordare che maggiore è la dose di anidride solforosa utilizzata nel mosto e più lento risulterà essere l'inizio della fermentazione alcolica. Inoltre, quantità eccessive di metabisolfito di potassio (50-60g/hl e oltre) inibiscono completamente la fermentazione del mosto poiché in questo modo si eliminano tutti i microorganismi presenti, compresi i lieviti.

 L'aggiunta di anidride solforosa, nella forma di metabisolfito di potassio o di altri metodi, va eseguita in accordo al tipo di mosto da trattare. Poiché l'anidride solforosa svolge anche un'azione solvente in certi componenti presenti nella buccia degli acini d'uva - in particolare le sostanze coloranti e i polifenoli - si sconsiglia l'addizione, praticata da molti, direttamente sulle uve bianche poiché questo provocherebbe un poco desiderabile ingiallimento del mosto. Nel mosto prodotto da uve bianche è sempre opportuno aggiungere l'anidride solforosa dopo la fase di sgrondamento, cioè dopo avere provveduto a separare le bucce dal mosto. In ogni caso, indipendentemente dal tipo di vino da produrre - sia bianco, sia rosso - è preferibile aggiungere l'anidride solforosa direttamente al mosto provvedendo a mescolare uniformemente la massa. Il contatto con le bucce è indispensabile nei mosti da uve rosse poiché saranno proprio queste a conferire colore al vino, mentre nel vino bianco vanno eliminate subito dopo la pigiatura. La parte sgrondata può essere quindi torchiata e aggiunta al mosto, oppure utilizzata per la produzione di vini di minore pregio.

 

Analisi e Correzione del Mosto

 Nonostante si siano già effettuati dei controlli sulle uve per stabilire il giusto momento della vendemmia, prima di avviare il mosto alla fase della fermentazione alcolica, è opportuno eseguire specifiche analisi con lo scopo di conoscere le sue caratteristiche e - se necessario - operare le opportune correzioni. Nella produzione casalinga del vino si può considerare sufficiente - oltre che essenziale - l'analisi della quantità di zuccheri presenti nel mosto, tuttavia sarebbe opportuno provvedere anche all'importante controllo della quantità di acidi. L'analisi degli zuccheri del mosto può essere eseguita utilizzando un densimetro - o mostimetro di Babo - oppure un rifrattometro, che ha il vantaggio di fornire un risultato più attendibile. Per conoscere il volume di alcol approssimativo del vino in base alla quantità di zuccheri rilevata con il mostimetro di Babo o con il rifrattometro, si rimanda il lettore agli articoli precedenti.

 L'analisi dell'acidità risulta essere più complessa, soprattutto nell'ambito della produzione casalinga di vino. In un recipiente di vetro - preferibilmente un Becher - si mettono 7,5 ml di mosto al quale si aggiungono 40 ml di acqua distillata e alcune gocce di blu di bromotimolo. Si aggiunge quindi - lentamente e mescolando continuamente il mosto - idrato di sodio (NaOH) 0,1 N (normaldecimo) fino a quando la soluzione non assume un colore blu, segno che gli acidi del mosto sono stati neutralizzati (nel mosto rosso si noterà invece un evidente incupimento del colore). La quantità di NaOH 0,1 N aggiunta, espressa in millilitri, corrisponderà all'acidità totale del mosto espressa in grammi di acido tartarico per litro. Lo stesso metodo può essere utilizzato anche per la determinazione dell'acidità di un vino. La corretta quantità di acido in un mosto dipende dal tipo di vino da produrre.

 Qualora il mosto dovesse risultare carente di zuccheri o di acidi, si può provvedere alla sua correzione. L'aumento della quantità di zucchero nel mosto può essere effettuata sia mediante l'aggiunta di mosto concentrato, sia aggiungendo del comune zucchero, ricordando che quest'ultimo metodo è vietato in Italia per i vini destinati al commercio, ma utilizzabile per i vini destinati al consumo personale, come quelli della produzione casalinga. Ogni 1,7 kg di zucchero aggiunti per ettolitro di mosto consente di ottenere l'aumento del volume alcolico di circa l'1%. Lo zucchero va preventivamente sciolto in pochi litri di mosto e quindi aggiunto alla massa in fermentazione. L'aumento dell'acidità del mosto va eseguita aggiungendo acido tartarico, normalmente reperibile nei negozi di enologia. Poiché l'acido tartarico tende a combinarsi con alcuni sali presenti nel mosto e nel vino, ogni 1,3-1,5 grammi di acido tartarico aggiunti per litro corrisponderà all'aumento di un grammo per litro di acidità. La disacidificazione del mosto non è consigliabile - se non nei casi in cui questa è molto elevata - poiché durante la fermentazione alcolica e malolattica, quasi la metà dell'acidità originale viene persa; pertanto al termine della produzione è molto probabile che il vino abbia raggiunto la giusta acidità.

 




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Zucchero

Lo zucchero è la sostanza che ha permesso alla cioccolata e al caffè di trasformarsi in quelle deliziose bevande oggi apprezzate da milioni di persone in tutto il mondo

 In natura esistono molte sostanze dal sapore dolce, una qualità organolettica dovuta alla presenza di uno o più componenti comunemente classificati come “zucchero”. Lo zucchero, o meglio gli zuccheri, si trovano in natura non solo negli alimenti di origine vegetale ma anche in quelli di origine animale, e appartengono alla famiglia dei carboidrati. I carboidrati (o idrati di carbonio) sono formati, come dice il nome, da carbonio, idrogeno e ossigeno. I carboidrati si dividono in: monosaccaridi, glucosio e fruttosio; bisaccaridi, saccarosio, lattosio e maltosio; polisaccaridi, amido, cellulosa, destrina e glicogeno. Gli zuccheri non sono tutti uguali, differiscono per il grado di solubilità in acqua, il punto di fusione e, probabilmente la qualità più interessante, il grado di dolcezza. Qualora si assegnasse al saccarosio un livello di dolcezza pari a 100, il lattosio risulterebbe avere un grado di 16, il maltosio 32, il glucosio 74 e il fruttosio 173. Lo zucchero, la quale formula chimica è C12H22O11, è usato principalmente nell'alimentazione, costituisce un alimento facilmente assimilabile e molto calorico: 4 calorie per grammo. Il termine zucchero deriva dal sanscrito sarkara, divenuto poi sakcharon dai greci e saccharum dai romani.

 

Breve Storia dello Zucchero

 Le prime notizie relative allo zucchero provengono dalla Polinesia, dalla Cina e dall'India, all'epoca riconducibile a circa il 510 a.C. e si tratta di zucchero di canna. I Persiani di Dario raccontano di aver trovato coltivazioni di un vegetale da cui si estraeva un liquido dolcissimo, successivamente trasformato in cristalli così da poterlo conservare più a lungo. I persiani portarono con loro la canna da zucchero e ne estesero la coltivazione in tutto il medio oriente. Alessandro Magno ne parla, siamo nel 325 aC, raccontando che nei paesi orientali si produceva un liquido dolce come il miele ma prodotto senza l'ausilio delle api. Genovesi e Veneziani fecero la loro parte, nel X secolo, importando modeste quantità di zucchero allora conosciuto come “sale arabo”.


I cristalli di zucchero sono da sempre il simbolo della dolcezza in cucina
I cristalli di zucchero sono da sempre il simbolo della dolcezza in cucina

 Federico di Svevia fece piantare la canna da zucchero in Sicilia. Lo zucchero resterà comunque per molti anni una merce rara e preziosa, venduta a carissimo prezzo e solo i nobili potevano usarlo come dolcificante, mentre il popolo doveva accontentarsi del miele. La scoperta dell'America porta la canna da zucchero nel Nuovo Mondo, in particolare Cuba, Messico, Antille e Brasile, che sono ancora oggi tra i maggiori produttori. Lo zucchero americano era più economico e di maggior qualità tanto da cancellare le coltivazioni arabe e siciliane.

 Nacque così un fiorente mercato fra l'America e l'Europa, così fiorente da far calare notevolmente il prezzo. Questo permise a molte persone di avere accesso a questa prelibatezza contribuendo così alla nascita dell'arte della pasticceria europea, insieme al cacao, al caffè e alla cioccolata. Nel 1747, il tedesco Andreas Sigismund Marggraf, riprendendo un'osservazione fatta dall'agronomo francese Olivier de Serres, riuscì a estrarre saccarosio dal succo bollito delle barbabietole. Alcuni anni più tardi, nel 1802, il suo discepolo Franz Achard iniziò la produzione dello zucchero a livello industriale. La nuova scoperta ebbe un impatto notevole, tanto che nel 1806 lo zucchero di canna era stato soppiantato dallo zucchero di barbabietola. Questo cambiamento fu favorito anche dall'aumento dei contrasti tra Francia e Inghilterra, che portarono al blocco delle importazioni, tra cui anche quella dello zucchero, dall'Inghilterra all'Europa. Da questo momento la produzione e il consumo di zucchero non ha conosciuto né sosta né crisi.

 

I Vari Tipi di Zucchero

 Con il termine zucchero si identificano una serie di sostanze, tutte a sapore dolce, e che in realtà sono definite, in accordo al tipo, con nomi specifici. Il tipo di zucchero più diffuso in assoluto e che tutti abbiamo in cucina, altro non è che saccarosio. Si ricava principalmente dalla barbabietola da zucchero oppure dalla canna da zucchero, tuttavia è possibile estrarre saccarosio anche dall'acero, dal succo di palma e dal sorgo dolce. Il saccarosio è presente in molti alimenti, come per esempio ananas, fragole, carote e barbabietole. Il saccarosio si scioglie completamente in una quantità d'acqua pari a un terzo del suo peso. Se viene scaldato senza acqua, fonde alla temperatura di 160° C e si caramella a 180° C, scaldandolo ulteriormente diventa simile al catrame.


 

 Il glucosio è conosciuto anche con il termine destrosio. È presente in gran quantità nell'uva e forma dei grumi duri nell'uva passa. Costituisce, insieme al fruttosio, il 30% del miele. In commercio si trova sotto forma di scaglie o sotto forma di sciroppo, si ottiene cuocendo amido, saccarosio e acido cloridrico, neutralizzato successivamente con gesso a cui segue un'opportuna depurazione. Il glucosio liquido è formato da acqua (18%), glucosio (35%) e destrina (47%). Il glucosio liquido viene usato in pasticceria ed è utilissimo nelle preparazioni di dolci fatti in casa, oppure per addolcire marmellate e canditi. Un tempo era considerato il fratello povero del saccarosio, oggi viene usato come una rapida fonte di energia. Al palato risulta molto meno dolce del saccarosio, una caratteristica da ricordare nel caso venga utilizzato in sostituzione del saccarosio.

 Il fruttosio, come il glucosio, è presente nel miele e nella frutta matura, il suo uso in cucina è piuttosto ridotto. Il fruttosio è molto più dolce del glucosio e si scioglie più facilmente in acqua. Il maltosio, come suggerisce lo stesso nome, si ottiene dalla preparazione del malto, quando l'enzima “diastase” agisce sull'amido. Il maltosio è presente in quantità notevoli nell'estratto di malto ed è molto importante nella lavorazione del pane e della birra, poiché costituisce un ottimo alleato dei lieviti, è solubilissimo in acqua ed è igroscopico. Quest'ultima è forse la caratteristica che, unitamente alla sua particolare facilità di uso da parte dei lieviti, lo rende molto importante nella panificazione. Per questo motivo il pane preparato con estratto di malto si conserva molto più a lungo, grazie alla capacità del maltosio di assorbire e trattenere acqua.

 Il lattosio è lo zucchero contenuto nel latte, ed è meno dolce rispetto agli altri. Si ricava dal latte residuo dalla lavorazione del burro. Poiché è un sottoprodotto della lavorazione del latte, le sue caratteristiche sono interessanti per la fabbricazione dei formaggi e derivati. Il lattosio si trova in commercio e il suo più tipico impiego è rappresentato dalla pasticceria.

 

La Canna da Zucchero

 La canna da zucchero (Saccharum officinarum) è una pianta tropicale appartenente alla famiglia delle Poaceae, una pianta simile alla canna comune, dal midollo molto dolce, succoso e ricco di saccarosio. Nei paesi d'origine, la canna da zucchero viene tagliata in pezzetti di circa 10 centimetri e masticata estraendone il dolce succo, tuttavia non tutte le varietà si adattano a questo scopo. Per rendere più sfizioso e meno monotono il sapore della canna da zucchero, sono state ideate alcune ricette semplici e veloci. La più comune consiste nel frullare il midollo della canna, aggiungere succo di lime e alcune spezie, ottenendo così una bevanda deliziosa. Ancora oggi la canna da zucchero è una delle principali fonti di zucchero. Le origini della canna da zucchero sono sicuramente asiatiche: i cinesi ne facevano uso già intorno al 1000 aC. Nel 327 aC, quando venne importata in Europa, in India era già conosciuta. Nel 641 DC raggiunge l'Egitto e un secolo dopo la Spagna. I portoghesi la portarono a Madera e Cristoforo Colombo la introdusse in America. Oggi la canna da zucchero viene coltivata in tutto il mondo, nelle aree dove il clima lo permette.

 Quando si pensa allo zucchero, si pensa a una sostanza di facile reperibilità e a buon mercato. Ma non è stato sempre così: lo zucchero bianco o raffinato, come lo conosciamo noi, è un prodotto relativamente recente. Analizzando i testi e le ricette antiche si evince che lo zucchero veniva usato anche nel Medio Evo ma era un prodotto costoso e raro: veniva venduto solo dai farmacisti. A quei tempi il dolcificante quotidiano era il miele. Per trovare lo zucchero disponibile e a buon mercato si dovranno attendere i primi anni del XIX secolo.

 In alcune parti del mondo, nelle zone tropicali, è ancora oggi possibile assistere alla preparazione tradizionale dello zucchero: la canna viene recisa alla base e frantumata con una macina formata da due grandi ruote mosse da buoi, il liquido viene raccolto in pentole che sono poi messe sul fuoco a bollire, alimentato dai residui della lavorazione delle canne. Quando il liquido di canna bolle, si aggiunge del succo di lime. A questo punto le proteine del liquido si coagulano e la schiuma che si forma è utilizzata per chiarificare il composto. Alla fine della preparazione rimane uno sciroppo marrone e denso. Mentre il liquido si raffredda, lo zucchero comincia a cristallizzarsi e quando si è raffreddato completamente, si forma un blocco unico di zucchero di canna grezzo, detto “muscorado”.

 In India viene utilizzato un altro tipo di zucchero grezzo, ancora più grezzo di quello appena descritto, conosciuto con il nome di gur, viene usato nella cucina indiana per la preparazione dei dolci e in quella del curry. Questo tipo di zucchero si trova solitamente nei negozi specializzati in spezie indiane, ricordando che questo ingrediente non è utilizzato come sostituto dello zucchero. Oggi lo zucchero bianco si ottiene separando chimicamente i cristalli dalla melassa, ottenendo un prodotto molto raffinato e senza aromi. I processi di raffinazione dello zucchero pare siano stati inventati nei paesi arabi. Lo zucchero raffinato veniva lasciato raffreddare in stampi dalla forma conica, che ha dato origine al termine “pan di zucchero”, successivamente frantumati, o meglio sminuzzati, prima di essere utilizzati. Ancora oggi, il pan di zucchero è lo zucchero utilizzato in Persia nelle case da tè tradizionali.

 Mentre lo zucchero bianco raffinato ha pochissimo aroma, gli zuccheri grezzi conservano parte dell'aroma della melassa. Oggi si trovano diverse qualità di zucchero grezzo, tuttavia è bene ricordare che alcuni provvedono alla colorazione dello zucchero bianco spacciandolo per grezzo. Questo piccolo trucco può essere svelato mettendo in acqua lo zucchero: quello grezzo non diventa bianco. In cucina vengono utilizzati anche altri tipi di melasse che contengono anche il 50% circa di saccarosio, così come altri zuccheri che non cristallizzano, aromi vari e acqua. La melassa di canna ha un sapore caratteristico, viene utilizzata nella preparazione del rum ed è molto utilizzata nella cucina americana.

 

La Barbabietola da Zucchero

 La canna da zucchero cresce solo nei climi caldi, pertanto in Europa fu necessario condurre studi e ricerche così da trovare una pianta locale dalla quale estrarre lo zucchero. In Francia si cominciarono le ricerche dalla carota, tuttavia, dopo vari tentativi, dalla metà del XIX secolo la barbabietola divenne la più importante fonte nella produzione di zucchero e di conseguenza ampiamente coltivata.

 Il procedimento dell'estrazione dello zucchero dalla barbabietola non differisce molto da quello della canna. Le barbabietole vengono raccolte durante la stagione invernale, quando le radici sono mature. Le barbabietole sono quindi lavate e sminuzzate fino a ridurle in poltiglia e successivamente riscaldate in acqua con lo scopo di consentire allo zucchero di fondersi. Il composto viene quindi trattato con succo di lime e anidride carbonica, favorendo la precipitazione delle impurità. Il liquido che si ottiene è fatto evaporare ottenendo alla fine i cristalli di zucchero. Il prodotto che si ottiene è saccarosio puro, indistinguibile dal saccarosio ottenuto dalla canna da zucchero. La melassa e lo zucchero grezzo di barbabietola non vengono utilizzati poiché hanno un pessimo sapore, tuttavia la melassa è utilizzata a livello industriale.

 

Altri Tipi di Zucchero

 L'acero da zucchero è un albero caratteristico dell'America Nord Orientale. Già verso la fine del 1600, gli esploratori notarono che gli indiani ricavavano uno sciroppo dolce dalla linfa di queste piante. I primi colonizzatori svilupparono e migliorarono il sistema di produzione, facendo bollire la linfa fino a ridurla a uno sciroppo denso, la versavano quindi in stampi immersi nella neve così da cristallizzare la melassa. Oggi il sistema si è evoluto e la linfa viene estratta tramite delle incisioni nella corteccia dell'albero e fatta scorrere per mezzo di un tubicino. Il succo raccolto viene passato agli evaporatori che, previa concentrazione, permettono l'estrazione dello zucchero. Fuori dall'America è più noto lo sciroppo d'acero, dall'inconfondibile aroma, viene utilizzato in America sin dai tempi antichi in numerose ricette, a colazione con i waffles, pancakes e numerosi altri dolci da forno.

 Lo zucchero di palma si ricava da varie specie di palma, incidendone il tronco o un'altra parte e raccogliendo il succo in contenitori. Il clima caldo fa fermentare il liquido zuccherino in fretta, tanto che i contenitori devono essere raccolti ogni giorno, altrimenti lo sciroppo, fermentando, si trasforma in “vino di palma”. Lo zucchero di palma viene preparato a livello artigianale, con un procedimento simile a quello della canna tradizionale. Alla vista si presenta di colore scuro e al palato ha un sapore molto forte. In commercio si trova nei negozi specializzati di merci e cibi orientali, è conosciuto con il nome indiano di jaggery. La linfa delle palme non contiene saccarosio, ma altri tipi di zucchero, per questo la raffinazione non è né conveniente né efficace, quindi lo zucchero di palma si presenta con una consistenza piuttosto viscosa.

 Il sorgo dolce è una grande erba tropicale, coltivata per scopi alimentare ed è stata una delle prime piante ad essere addomesticata. Il sorgo dolce non è adatto alla produzione dello zucchero, ma dal suo succo si ricava uno sciroppo dolce. Il consumo di zucchero raffinato è cresciuto fino ad arrivare a 2 chilogrammi per persona all'anno. Il consumo eccessivo di zucchero viene considerato responsabile di alcune malattie, fra queste la carie, il diabete e l'obesità.

 






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Aquavitae

Rassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti

 

I punteggi delle acqueviti sono espressi secondo il metodo di valutazione di DiWineTaste. Fare riferimento alla legenda dei punteggi nella rubrica "I Vini del Mese"



Grappa di Sagrantino, Adanti (Umbria, Italia)
Grappa di Sagrantino
Adanti (Umbria, Italia)
(Distillatore: Distilleria Aquileia)
Materia prima: Vinaccia di Sagrantino
Prezzo: € 20,00 - 50cl Punteggio:
Questa grappa si presenta incolore, limpida e cristallina. Al naso esprime aromi intensi, puliti e gradevoli di mora, amarena, prugna, nocciola e liquirizia con pungenza dell'alcol quasi impercettibile. In bocca è intensa con pungenza dell'alcol in evidenza e che tende a dissolversi rapidamente, buona corrispondenza con il naso, buona morbidezza, dolcezza bilanciata. Il finale è persistente con ricordi di mora, amarena e liquirizia. Questa grappa è prodotta con alambicco discontinuo a caldaiette di vapore. Alcol 46°.





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Wine Parade


 

I 15 migliori vini secondo i lettori di DiWineTaste. Per esprimere le vostre preferenze comunicate i vostri tre migliori vini al nostro indirizzo di posta elettronica oppure compilare il modulo disponibile nel nostro sito.


Posizione Vino, Produttore
1 Wine Obsession 2001, Vignamaggio (Italia)
2 Chianti Classico Riserva Novecento 2000, Dievole (Italia)
3 Amarone della Valpolicella Classico 2000, Zenato (Italia)
4 Nero al Tondo 2001, Ruffino (Italia)
5 Brunello di Montalcino 1999, Castello Banfi (Italia)
6 Chianti Classico Riserva Novecento 2000, Dievole (Italia)
7 Don Antonio 2003, Morgante (Italia)
8 Notarpanaro 1999, Taurino (Italia)
9 Amarone della Valpolicella Classico Costasera 2001, Masi (Italia)
10 Sagrantino di Montefalco Collepiano 2003, Arnaldo Caprai (Italia)
11 Colli Orientali del Friuli Rosazzo Bianco Terre Alte 2002, Livio Felluga (Italia)
12 Soave Classico Monte Alto 2004, Ca' Rugate (Italia)
13 Sagrantino di Montefalco 2003, Antonelli (Italia)
14 Sforzato di Valtellina Canua 2001, Conti Sertoli Salis (Italia)
15 Trento Talento Brut Riserva Methius 1998, Dorigati (Italia)

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