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Numero 7, Aprile 2003
Sommario


Editoriale    Sommario della rubrica Editoriale
 La Guerra delle Bollicine
La vastità dei prodotti disponibili nel mercato del vino è spesso oggetto di discussioni e, come in tutte le cose in cui prende parte la soggettività degli esseri umani, si arriva alla costituzione di veri e propri schieramenti con lo… [continua]
 La Posta dei Lettori



ABC Vino    Sommario della rubrica ABC Vino
 Cile
Il Cile
Beneficiato da un clima praticamente di tipo mediterraneo, il paese è prevalentemente orientato alla produzione di vini varietali prodotti con uve internazionali… [continua]



Gusto DiVino    Sommario della rubrica Gusto DiVino
 I Difetti
La qualità di un vino si determina anche grazie all'assenza di difetti, una condizione essenziale per tutti i grandi vini… [continua]
 I Vini del Mese
Valtellina Superiore Prestigio 1999, Triacca (Italia)
Valtellina Superiore Prestigio 1999, Rosso La Fabriseria 2000, Montepulciano d'Abruzzo Marina Cvetic 1999, Amarone della Valpolicella Classico Capitel Monte Olmi 1999, Valtellina Sforzato 1999, Trebbiano d'Abruzzo Marina Cvetic 2000… [continua]



Produttori    Sommario della rubrica Produttori
 Argiolas
Franco Argiolas
In Sardegna, affascinante isola del Tirreno, in una terra ricca di storia, arte e tradizioni, si producono grandi vini frutto della terra e espressione del territorio… [continua]
 Giornale di Cantina


Eventi    Sommario della rubrica Eventi
 Notiziario



Il Cavatappi    Sommario della rubrica Il Cavatappi
 La Conservazione Casalinga del Vino
La cantina personale è il sogno di ogni appassionato di vino, tuttavia non tutti si possono permettere di possederla. Ecco alcune semplici regole per conservare in casa le bottiglie di vino… [continua]



 La Pizza
La più celebre delle preparazioni culinarie d'Italia, sempre ricca, gustosa e colorata, sorprende sempre per le sue mille forme ed è proprio difficile trovare qualcuno a cui non piaccia… [continua]
 Wine Parade
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  Editoriale Numero 7, Aprile 2003   
La Guerra delle BollicineLa Guerra delle Bollicine La Posta dei LettoriLa Posta dei Lettori  Sommario 
Numero 6, Marzo 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 8, Maggio 2003

La Guerra delle Bollicine


 La vastità dei prodotti disponibili nel mercato del vino è spesso oggetto di discussioni e, come in tutte le cose in cui prende parte la soggettività degli esseri umani, si arriva alla costituzione di veri e propri schieramenti con lo scopo di sostenere le proprie opinioni rispetto a quelle di chi la pensa in modo diverso. Uno dei vini che ha praticamente da sempre diviso i suoi consumatori è certamente il vino spumante, non solo fra coloro che lo definiscono semplicemente “dolce” o “secco”, ma anche fra quelli che prediligono la tipologia più comune, cioè gli spumanti secchi, spostando la contesa sulle zone e le metodologie di produzione.

 Il re incontrastato, spesso vincitore di qualunque “guerra” che riguarda i vini spumanti, è certamente lo Champagne, grande, anzi grandissimo vino spumante, simbolo dell'eccellenza del mondo delle bollicine. Eppure in questo vasto mondo non esiste solamente lo Champagne. Ciò che rende “speciale” lo Champagne, e di certo questo vino è speciale nel suo genere, è tutta quella serie di luoghi comuni e di tradizioni che fanno pensare, ogni volta che si apre una bottiglia di Champagne, indipendentemente dalla marca o dalla sua reale qualità, ci si trovi difronte ad un momento speciale, di gran classe, uno di quei momenti da ricordare.


 

 Vogliamo premettere subito che la nostra non è una guerra contro lo Champagne, lo ripetiamo, lo Champagne è un vino spumante grandioso e di grande classe, quando è fatto bene, e di certo non tutto lo Champagne si può definire in questo modo. Esistono anche altri vini spumanti e praticamente ogni paese che produce vino offre anche vini spumanti. Italia, Spagna, Stati Uniti d'America, Germania, Australia e Sud Africa sono solamente alcuni degli esempi di paesi che si possono citare e di certo non sono gli unici. Lo spumante Italiano, tanto per fare un esempio, offre una vasta scelta di vini e di zone, certamente non tutti possono essere definiti straordinari, anzi, molti sono semplicemente ordinari, eppure ci sono delle zone in Italia capaci di offrire degli spumanti di grande classe. Lo stesso si può dire anche per gli altri paesi produttori di vini spumanti.

 Certo, ogni volta che si assaggia un vino spumante, indipendentemente dalla sua zona di origine o dalla sua tipologia, il confronto con lo Champagne pare quasi sempre inevitabile. La zona della Champagne ha caratteristiche uniche e straordinarie, dal terreno alle uve, dal clima alla serietà di certi produttori, e ciò che si trova nei grandi Champagne è, e sempre sarà, impossibile da trovare in altri spumanti prodotti in altre zone, ed è allo stesso modo impossibile trovare nello Champagne ciò che si trova in altri spumanti, nel bene e nel male, prodotti in altre zone. Per fare un ulteriore esempio, nei Franciacorta Italiani, da considerarsi certamente come prodotti eccellenti e non tutti i Franciacorta sono eccellenti, e come nello Champagne, troviamo caratteristiche che sono assenti negli Champagne e vice versa, nonostante siano prodotti seguendo le stesse metodologie di spumantizzazione.

 Crediamo che alla fine questa guerra produca tante vittime, tanti sconfitti e nessun vincitore. Se si aggiunge poi anche il fatto che gli spumanti, fra tutti i vini prodotti nel mondo, soffrono anche di una “stagionalità” di consumo, in certi paesi lo spumante è tradizionalmente consumato in occasione di specifiche festività, in particolare il Natale, Capodanno e Pasqua, oltre ad essere stappato in rare occasioni e nei momenti di festa o di celebrazione, questo rappresenta un ulteriore ostacolo che riguarda ogni produttore di vino spumante. Crediamo che la vera guerra delle bollicine non debba essere la concorrenza fra i vari spumanti, la vera sfida è quella di migliorare la cultura del consumo di questi vini e di farli uscire da quel ruolo che si è loro imposto a causa di tradizioni, pregiudizi e opportunità commerciali. Crediamo che questa, più che essere una guerra, debba essere una sfida che coinvolga principalmente i produttori, gli enogastronomi e, non da ultimo, i consumatori.

 Perché, allora, non pensare a stappare una buona bottiglia di spumante e di abbinarla ad un buon pasto? È un'idea che sembra bizzarra? Eppure lo spumante offre nuove ed eccellenti possibilità enogastronomiche. Del resto esistono così tanti spumanti disponibili sul mercato, prodotti con uve diverse, in zone diverse e con metodologie diverse, da quelli più leggeri e delicati fino a quelli più robusti e complessi, come nel caso di spumanti millesimati prodotti con metodo classico, da quelli secchi a quelli dolci, capaci pertanto di soddisfare un'ampia possibilità d'uso nell'abbinamento con il cibo. Dall'aperitivo al dolce, si possono trovare eccellenti risposte negli spumanti prodotti nei vari paesi del mondo.

 Crediamo che questa sia la vera sfida alla quale ci si dovrebbe dedicare in modo serio e concreto: i produttori, che dovrebbero iniziare ad investire di più nella promozione e nella cultura dei loro spumanti anche in periodi e in occasioni diverse dell'anno e non solamente per sfruttare le opportunità commerciali di certi periodi, gli enogastronomi che dovrebbero imparare ad “osare” di più e, infine, gli stessi consumatori che dovrebbero essere più curiosi e intraprendenti e provare qualcosa di nuovo e, ne siamo certi, l'esperienza non li deluderà. La prossima volta che si pensa a celebrare o a festeggiare qualcosa di importante, apriamo certamente una buona bottiglia di spumante, ma ricordiamoci anche di rendere questi vini più presenti nelle nostre tavole, insieme a tutti gli altri, perché in fondo, sempre di vino si tratta, anzi, di buon vino con le bollicine.

 



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La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione.

 

Sono un appassionato di vino Chianti e ho notato che in alcune etichette si legge “Chianti Classico” e in altre semplicemente “Chianti”. Qual'è la differenza? Esistono due metodi di produzione distinti?
Seymour Cutler -- Tacoma, Washington (USA)
Le denominazione “Chianti” e “Chianti Classico” sono utilizzate per identificare la zone di provenienza di questo famoso vino della Toscana. Il “Chianti Classico” proviene dalla zona storicamente tradizionale e si estende da nord di Siena fino a sud di Firenze. Le bottiglie di “Chianti Classico” sono solitamente riconoscibili grazie all'etichetta “Gallo Nero”, solitamente applicata sul collo della bottiglia. Il “Chianti” è invece prodotto in una zona molto più estesa e prevede attualmente sette zone di produzione: Colli Fiorentini, Rufina, Montalbano, Montespertoli, Colli Senesi, Colli Aretini e Colline Pisane. Le uve con cui si producono questi vini sono in genere le stesse, tradizionalmente Sangiovese, Canaiolo Nero, Trebbiano Toscano e Malvasia Bianca, tuttavia la maggioranza della produzione è basata in prevalenza sull'uva Sangiovese, spesso in purezza, oppure con l'aggiunta di altre uve, non tradizionali per la zona del Chianti, come il Cabernet Sauvignon o il Merlot.



Ho letto che con le uve rosse è possibile fare vino bianco. Com'è possibile visto che il vino prodotto con queste uve è generalmente rosso e spesso piuttosto scuro?
Sylvie Feuillerat -- Saint-Jean de Duras (Francia)
Produrre vini bianchi con uve rosse è perfettamente possibile. Questa tecnica, applicabile a qualunque tipologia di vino, è principalmente utilizzata per la produzione di vini spumanti, come per esempio lo Champagne. Il colore dei vini rossi è principalmente determinato dalle sostanze coloranti presenti nelle bucce dell'uva e che vengono cedute al mosto durante la macerazione o la fermentazione. Nel caso in cui il mosto delle uve rosse viene immediatamente separato dalle bucce dopo la pigiatura, il vino risultante sarà bianco, proprio come se fosse stato prodotto da uve bianche. In genere i vini prodotti in questo modo prendono il nome di “blanc de noirs”.



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  ABC Vino Numero 7, Aprile 2003   
CileCile  Sommario 
Numero 6, Marzo 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 8, Maggio 2003

Cile

Beneficiato da un clima praticamente di tipo mediterraneo, il paese è prevalentemente orientato alla produzione di vini varietali prodotti con uve internazionali

 Il Cile, oltre ad essere considerato il più importante paese vinicolo del Sud America, è anche storicamente considerato fra i primi paesi dell'emisfero meridionale dove si è iniziata coltivazione dell'uva. Dopo un lungo periodo di decadenza, il Cile ha orientato la propria produzione vinicola sulle varietà cosiddette internazionali riuscendo a creare con queste uve vini che presentano caratteristiche tali da essere considerati tipici. Una curiosa caratteristica del Cile è l'assenza di certe malattie della vite, che in altre parti del mondo hanno commesso veri e propri scempi, come la temibile fillossera e la peronospora. La ragione di questa “immunità”, pare sia dovuta all'ottima e naturale barriera offerta dalla catena montuosa delle Ande e dall'Oceano Pacifico, condizioni che hanno impedito a questi “flagelli” di penetrare all'interno del paese.


Il Cile
Il Cile

 La coltivazione della vite e la produzione di vino nel Cile furono introdotti dai missionari Spagnoli nel 1550 circa. Si ritiene che le piante o i semi della vite provenissero dal Perù oppure dal Messico, tuttavia si trattava di specie di uva introdotta precedentemente dagli Spagnoli in quei paesi. Il motivo per il quale la vite e il vino venivano introdotti nei paesi dell'America Latina è praticamente lo stesso per il quale si diffuse la vite in Europa. Il vino era un elemento essenziale per la celebrazione delle liturgie Cristiane e pertanto i missionari erano soliti portare con loro la vite con la quale produrre vino. Con molta probabilità, l'uva introdotta dai missionari Spagnoli in Cile era il Pais, un'uva a bacca rossa ancora diffuso nel paese e con il quale si producono vini rossi piuttosto ordinari, probabilmente riconducibile all'uva Mission introdotta dai missionari sia in California sia in altri paesi dell'America del Sud.

 La coltivazione della vite in Cile non ebbe vita facile, i vigneti furono inizialmente devastati dalle popolazioni native, tuttavia si riuscì ad avviare una solida attività vitivinicola nell'area di Santiago e per più di quattro secoli e fino ai giorni nostri rappresenta la zona principale del Cile. Nel XVII secolo gli Spagnoli, con lo scopo di tutelare i loro interessi commerciali relativi all'esportazione del vino in America Latina, vietarono l'impianto di nuovi vitigni, tuttavia l'iniziativa non ebbe effetti determinanti per lo sviluppo dell'enologia locale. Questo divieto diede luogo a veri e propri incoraggiamenti da parte delle autorità locali in modo da favorire la coltivazione della vite, e quindi la produzione di vino, con il risultato di avviare numerose attività che avevano l'esplicito scopo di produrre vino. Nonostante la presenza di numerose estancias, cioè di fattorie, la fama del vino Cileno era nota per la loro ingente quantità e per il loro basso prezzo piuttosto che per la qualità.

 Lo slancio verso la produzione di qualità fu avviato per opera del Francese Claudio Gay che convinse il governo Cileno di realizzare la Quinta Normal, una serra sperimentale per la coltivazione di esemplari di piante esotiche e di Vitis Vinifera, la vite Europea dalla quale si produce vino. Era il 1830. Questo evento rappresenta di per sé un fatto di eccezionale importanza storica, perché costituisce la prova che in Cile furono introdotte specie di viti Europee prima della comparsa dell'oidio e della fillossera che, com'è noto, produssero ingenti danni in tutto il “vecchio continente”. Il fatto è eccezionale perché il Cile è l'unico paese vinicolo del mondo in cui né l'oidio né la fillossera sono mai comparsi, pertanto gli esemplari Cileni, che non necessitano di un “piede” americano immune alla fillossera, com'è invece necessario in Europa, sono da considerarsi come rari esemplari integri della vite originale.


 

 Il vero impulso verso il cambiamento dell'enologia Cilena si verificò dopo l'indipendenza dalla Spagna, quando nel Cile cominciarono ad arrivare i vini Europei, nettamente diversi da quelli prodotti nel paese, e che suscitarono un vivido interesse nei produttori tanto da cercare di produrre vini simili. In particolare, fu Ochagavía Echazarreta che nel 1851 importò personalmente in Cile diversi esemplari di viti dalla Francia e convinse un'enologo Francese a seguirlo nel suo paese e ad aiutarlo a produrre vino da quelle uve. Fu un evento fondamentale perché costituì di fatto l'avviamento dell'enologia moderna Cilena fortemente basata sulle cosiddette uve “internazionali”. Il florido e fortunato periodo dell'enologia Cilena iniziò con il declino e la disgrazia dei paesi produttori di vino dell'Europa, devastati dalla fillossera e pertanto incapaci di produrre vino, il Cile era praticamente l'unico paese al mondo che poteva produrre vino grazie alla totale assenza di questo parassita. Il periodo “fortunato” ebbe termine quando in Europa si adottarono misure preventive contro la fillossera e si riprese a produrre vino di qualità. Un periodo di declino che si è protratto fino agli anni '80 del secolo scorso anche a causa del regime politico del paese.

 Il ritorno della democrazia in Cile fece emergere la strategica importanza economica e commerciale del vino e negli anni che seguirono il 1987 si verificò una vero e proprio rilancio dell'enologia Cilena; furono piantati nuovi vigneti con il chiaro scopo di produrre vini di qualità, un obiettivo che sembra essere sempre più concretamente perseguito dal Cile e brillantemente testimoniato dai suoi vini, oramai esportati in tutto il mondo.

 

Il Sistema di Qualità Cileno

 Sul sistema di qualità del vino Cileno, ad onore del vero, non c'è molto da dire, nel senso che, come gli Stati Uniti d'America, non ha un sistema rigido di leggi che stabiliscono, per esempio, quali varietà di uve possono essere coltivate in determinate zone o le modalità di vendemmia e di vinificazione. Tuttavia nel 1995 furono introdotte nuove leggi che principalmente riguardano la definizione di regioni vitivinicole e delle loro sotto zone, così come norme da seguire nell'etichettatura delle bottiglie. Il “sistema” fu sviluppato dal Ministero dell'Agricoltura in collaborazione con i produttori.

 In particolare il sistema stabilisce quanto segue:

 

  • Se un vino menziona in etichetta la regione di provenienza, almeno il 75% delle uve devono provenire dalla regione indicata
  • Se un vino menziona in etichetta l'uva con cui è fatto, il vino deve essere prodotto con almeno il 75% dell'uva indicata
  • Se un vino menziona in etichetta l'annata di vendemmia, almeno il 75% del vino deve appartenere alla vendemmia indicata

 

Zone di produzione

 La produzione enologica del Cile si basa essenzialmente sulle cosiddette uve “internazionali” e la coltivazione è prevalentemente sviluppata nelle valli che si estendono dalla Valparaiso fino a Bío-Bío. Grazie agli effetti dell'oceano Pacifico e della catena montuosa delle Ande, il clima Cileno è piuttosto mite e le temperature raramente salgono al di sopra dei 32 gradi e le notti di estate sono fresche. Le varietà di uve a bacca bianca prevalentemente coltivate nel paese sono lo Chardonnay, il Sauvignon Blanc e il Sauvignon Vert, noto anche con il nome di Sauvignonnasse, mentre le uve a bacca rossa includono il Cabernet Sauvignon, il Carmenère, il Merlot e il Pais, la prima uva ad essere coltivata in Cile e usata per la produzione di vini ordinari.

 Le zone principali di produzione sono da individuarsi, a nord, nelle valli di Aconcagua e Casablanca, mentre nel centro troviamo le valli di Maipo, Rapel, Curicó e Maule, che insieme formano la cosiddetta “Valle Centrale”. Al sud troviamo due valli, Bío-Bío e Itata, di minore importanza rispetto alle precedenti, dove si producono generalmente vini di largo consumo. La zona più famosa e importante del Cile è certamente la valle di Maipo, nelle vicinanze di Santiago, una delle più antiche regioni vinicole del paese. Una zona che recentemente sta dimostrando pregevoli qualità è la Valle di Casablanca, in prossimità dell'oceano Pacifico, questa zona sembra possedere eccellenti qualità tanto da essere considerata come una delle zone che in futuro sarà probabilmente il riferimento dell'enologia Cilena, in particolare per i vini bianchi a base di Chardonnay e Sauvignon Blanc.

 A nord della Valle di Casablanca si trova la Valle di Aconcagua, caratterizzata da un clima piuttosto caldo, che si sta rivelando piuttosto interessante per la produzione di vini a base di Merlot e Cabernet Sauvignon. Uno degli aspetti positivi per la viticoltura Cilena è la considerevole disponibilità di acqua, in pratica si tratta di neve che si scioglie dalle cime della Ande per poi scaricarsi nell'oceano Pacifico, e che rappresenta una preziosa risorsa per l'irrigazione dei vigneti. Tuttavia questa enorme quantità di acqua, che consentirebbe di ottenere ricchi e cospicui raccolti, e quindi uve di discreta qualità, necessita di una sistematica e concreta canalizzazione in modo da evitare eccessive irrigazioni che potrebbero favorire la sovrapproduzione delle viti. Per questa ragione molti produttori di qualità hanno installato nei propri vigneti dei sistemi di irrigazione a goccia controllati in modo da evitare i rischi di un raccolto di notevoli quantità ma di scarsa qualità.

 I migliori vini prodotti in Cile sono probabilmente quelli a base di Cabernet Sauvignon, disponibili in diverse fasce di prezzo, da quelli più correnti e poco costosi, fino a quelli eleganti e raffinati con prezzi decisamente più alti. Fra i vini bianchi spicca certamente lo Chardonnay, prevalentemente per la grande quantità che si produce rispetto agli altri vini bianchi, tuttavia si possono trovare dei buoni vini fatti con questa uva. Di recente stanno emergendo anche i bianchi prodotti con Sauvignon Blanc, anche se, ad onore del vero, non tutti i Sauvignon Blanc prodotti in Cile sono fatti con quest'uva. Spesso si tratta Sauvignon Vert, o Savignonnasse, purtroppo mai o raramente indicato in etichetta. Anche i vini prodotti con uve Merlot, in crescita dal punto di vista qualitativo, nascondono la stessa “insidia” perché talvolta si tratta di Carmenère e, come per il Sauvignon Blanc, questo non viene riportato in etichetta. Va comunque osservato che molti produttori stanno cercando di fare chiarezza su questi aspetti conducendo indagini sul DNA delle proprie uve in modo da identificare esattamente la varietà e riportarla chiaramente in etichetta.

 




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I DifettiI Difetti I Vini del MeseI Vini del Mese  Sommario 
Numero 6, Marzo 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 8, Maggio 2003

I Difetti

La qualità di un vino si determina anche grazie all'assenza di difetti, una condizione essenziale per tutti i grandi vini

 Anche se oramai la tecnologia enologica consente di produrre vini di qualità, talvolta si possono incontrare difetti che possono compromettere in modo determinante sia la valutazione, sia la qualità. Parlare di difetti, anche gravi, nei vini sembra essere oggi un argomento piuttosto inconsueto in quanto il verificarsi di queste condizioni sono sempre più rare, tuttavia un degustatore di vini dovrebbe essere capace di riconoscere i vari difetti, almeno quelli più frequenti, e conseguentemente stabilire la qualità del vino. La qualità del vino, com'è fin troppo ovvio ed evidente, si esprime anche attraverso l'assenza di difetti e, in particolare, con la presenza di requisiti che favoriscono la qualità.

 

Difetti Visivi

 Trovare un vino che presenti dei difetti nell'aspetto è oramai piuttosto raro. Grazie alle corrette e moderne pratiche enologiche, i vini prodotti sono limpidi e cristallini, con una totale assenza di “sostanze” o condizioni tali da pregiudicarne l'aspetto. Si può affermare che certi difetti e certe malattie che compromettevano l'aspetto e la gradevolezza estetica del vino sono praticamente scomparse, la loro presenza in un vino, oltre a costituire un fatto piuttosto eccezionale, sono anche il segno di una vinificazione approssimativa e grossolana.


 

 Un vino, che può considerarsi di qualità almeno nel suo aspetto, deve essere sempre limpido e la presenza di sostanze in sospensione è sempre e comunque un fattore negativo che compromette la sua qualità. Tuttavia è necessario sottolineare che talvolta la presenza di particelle in sospensione, nella bottiglia, mai nel bicchiere, sono da considerarsi normali e non pregiudicano la qualità del vino. Può talvolta accadere che nella bottiglia si sviluppi sul fondo uno strato di sedimenti e che in genere sono da considerarsi come una naturale conseguenza o reazione in relazione a specifici eventi.

 Nei vini rossi, soprattutto in quelli che sono destinati a lunghi affinamenti e ricchi di tannini e di estratti, è piuttosto normale che si formi sul fondo uno strato di sedimenti che in realtà sono costituiti da tannini polimerizzati, e diventando più pesanti e meno solubili, si depositano sul fondo. Questo non può essere considerato come difetto perché, oltre ad essere assolutamente una naturale conseguenza dell'affinamento di questi vini, una opportuna decantazione restituisce un vino perfettamente limpido.

 Un altro fenomeno che può generare sedimenti è relativo alla precipitazione dei cosiddetti “tartrati”, riscontrabile prevalentemente nei bianchi e nei rosati, è provocato da uno “shock” termico a seguito di un repentino e prolungato raffreddamento del vino. Il deposito di tartrati si riconosce dalla presenza di cristalli trasparenti sul fondo della bottiglia, piuttosto pesanti, e difficilmente si troveranno in sospensione nel vino. Pur essendo un difetto “perdonabile”, la precipitazione dei tartrati è pur sempre un fattore che pregiudica la gradevolezza estetica del vino e va pertanto evitata.

 Cause che invece pregiudicano realmente l'aspetto del vino, in modo specifico la sua limpidezza, riguardano tutti eventi legati alla scarsa stabilizzazione del vino o da rifermentazioni avvenute in bottiglia. Il fenomeno, in verità, è oramai piuttosto raro, tuttavia ci sono casi in cui può essere ancora rilevato. Questo intorbidimento è dovuto principalmente da due cause distinte: rifermentazione alcolica e rifermentazione malolattica, entrambe avvenute in bottiglia. La rifermentazione alcolica in bottiglia si verifica quando il vino viene imbottigliato non perfettamente stabilizzato e quanto contiene ancora zucchero non fermentato. La rifermentazione malolattica è invece causata dalla presenza di microrganismi che trasformano l'acido malico in acido lattico. Entrambi i fenomeni possono dare luogo ad intorbidimento del vino in quanto, nel caso della rifermentazione alcolica, i saccaromiceti trasformano lo zucchero in alcol, e come sottoprodotto, anidride carbonica, mentre nel caso della rifermentazione malolattica, i batteri lattici trasformano l'acido malico in acido lattico e, come sottoprodotto, anidride carbonica. In entrambi i casi, al termine della rifermentazione, i microrganismi muoiono e si depositano nel fondo della bottiglia presentandosi come uno strato farinoso e sabbioso, intorbidendo il vino. In entrambi i casi il vino, oltre ad essere velato o torbido, a seconda dell'entità del fenomeno, risultano essere anche leggermente frizzanti.

 Esistono anche altre cause che pregiudicano l'aspetto visivo del vino, come le cosiddette “casse” (rotture) e altre malattie, come la fioretta, che sono oramai rare e pertanto estremamente, se non impossibile, difficili da incontrare. Un altro difetto che può essere rilevato nell'aspetto del vino è l'atipicità del suo colore, tendenti al marrone sia per i vini bianchi, sia per i vini rossi, segno di una forte ossidazione oppure di una condizione di vita del vino che ha oltrepassato ogni stato di bevibilità, in altre parole, un vino che è decrepito e vecchio. La causa di questo difetto è da ricercarsi nella cattiva pratica di conservazione delle bottiglie oppure nell'eccessivo prolungamento della maturazione in bottiglia. In questo caso specifico è molto probabile che il vino, oltre ad essere poco gradevole alla vista, risulti anche sgradevole al gusto e talvolta anche al naso. Si deve inoltre osservare che l'ossidazione, quando viene rilevata in vini giovani, è un difetto grave da attribuire alla scarsa cura del produttore.

 

Difetti Olfattivi

 A differenza dei difetti visivi, quelli olfattivi sono più frequenti e, quando sono presenti, pregiudicano in modo determinante la qualità del vino. Fra i principali e più temuti difetti che colpiscono gli aromi di un vino, troviamo il cosiddetto “odore di tappo”, un difetto che colpisce circa il 5-7% di tutto il vino messo in commercio e riguarda unicamente le bottiglie chiuse con tappi di sughero. Questo difetto si sviluppa a causa del 2,4,6--tricloroanisolo, o semplicemente tricloroanisolo, abbreviato con 246--TCA o TCA, che si manifesta nel sughero in conseguenza di cause difficilmente prevedibili. Descrivere l'odore di tappo è piuttosto difficile, tuttavia una volta che si incontra difficilmente si dimentica. L'odore di questo difetto può essere descritto come un insieme di odori che ricordano muffa, cartone o giornali bagnati e sostanze organiche in putrefazione.

 L'odore di tappo è certamente il difetto olfattivo più comune e noto, tuttavia esistono anche altri difetti, a direi il vero non molto comuni anche grazie alle moderne pratiche enologiche, ed è comunque importante saperli riconoscere quando questi sono presenti nel vino. L'origine di questi difetti è pertinente alla chimica organica e pertanto la spiegazione dei fenomeni chimici responsabili di questi odori viene volutamente omessa in questo articolo. Va comunque osservato che certi odori sgradevoli, e quindi difetti olfattivi, quando sono presenti in minime quantità possono risultare gradevoli a certi individui e, in questo caso specifico, è proprio il caso di ricordare il celebre detto dei Latini “De Gustibus Non Est Disputandum” (Sui gusti non si discute). Va inoltre ricordato che la percezione di tutti gli odori, e quindi anche dei difetti, è soggettiva e dipende anche dalla soglia minima di percezione di ogni individuo.

 L'elenco che segue riporta i difetti olfattivi più comuni, unitamente alle cause che li generano e le caratteristiche che ne permettono il riconoscimento.

 

  • Banana - Nonostante questo aroma sia gradevole nei vini bianchi, può essere considerato un difetto quando è eccessivamente presente e, peggio ancora, quando si rileva nei vini rossi. La causa di questo difetto, ricordando che l'aroma di banana è una caratteristica tipica di diverse varietà di uva, fra tutte lo Chardonnay, è solitamente un sotto prodotto della fermentazione malolattica.
  • Cerotto, Letame, Sella di Cavallo - Indica la presenza di brettanomiceti, una famiglia di lieviti che in genere ha l'effetto di guastare il vino. Va osservato che questo odore, in quantità tollerabili, può essere una caratteristica voluta dal produttore, soprattutto nei Syrah Californiani o in certi vini rossi della Borgogna.
  • Fiammifero bruciato, zolfo - Indica una presenza eccessiva di anidride solforosa. Si deve comunque osservare che questo componente è sempre presente nel vino, sia perché è un sotto prodotto della fermentazione, sia perché viene utilizzato in enologia con lo scopo di stabilizzare il vino. Se presente in piccole dosi il suo odore è impercettibile e non disturba gli altri aromi.
  • Asparagi in scatola - Questo difetto si rileva principalmente nei vini a base di Sauvignon Blanc e indica, in genere, un'errata e approssimativa coltivazione della vite oppure un'uva raccolta acerba.
  • Sudore, Calzini sporchi - Questo difetto è solitamente segno di una contaminazione batterica oppure di botti sporche.
  • Burro - Questo aroma viene in genere considerato un difetto quando è presente in quantità eccessive, tuttavia è una caratteristica gradevole di certi vini bianchi. La causa di questo difetto è da ricercarsi nell'eccessiva presenza di diacetile che solitamente si sviluppa durante la fermentazione alcolica così come nella fermentazione malolattica.
  • Muffa - É sempre segno di una contaminazione batterica, uve ammuffite o botti sporche.
  • Smalto, Acetone - Indica la presenza di acetato di etile, il cui odore è piuttosto pungente, ed è il risultato della combinazione fra l'acido acetico, normalmente presente nel vino, e l'etanolo, cioè l'alcol principale del vino.
  • Uova marce - Indica la presenza di idrogeno solforato, un gas che può svilupparsi alla fine della fermentazione e che ricorda l'odore delle uova marce. La formazione di questo gas può essere anche a causa di tarde solfitazioni alla vite, oppure nel caso in cui il succo dell'uva è povero di nitrogeno, come per esempio quello di Chardonnay, Riesling e Syrah.
  • Alcol - L'alcol è naturalmente presente nel vino, ma quando il suo odore è chiaramente percettibile e in modo predominante, viene considerato un difetto.
  • Crauti, Cavoli lessi - É in genere un odore generato come sotto prodotto della fermentazione malolattica.
  • Marsala, Sherry - L'aroma tipico e apprezzato di questi vini può talvolta essere rilevato in altri vini e quando questo si verifica è sempre segno di un'eccessiva e violenta ossidazione che altera, inoltre, anche l'aspetto del vino.
  • Aglio - Indica la presenza di mercaptani e di disolfuri. Questo odore è in genere il risultato della combinazione di diversi componenti solforosi e si verificano dopo la fermentazione.
  • Aceto - Detto comunemente anche spunto, è il risultato di un'eccessiva presenza di acido acetico ed è provocato dai batteri acetici nei vini in cui la fermentazione alcolica non è stata condotta in modo corretto oppure nel caso in cui alcol, ossigeno e batteri acetici si combinano insieme.
  • Cartone bagnato, Pelliccia di cane - Si rileva chiaramente nel caso in cui il sughero sia difettoso e da origine al cosiddetto “odore di tappo”.

 

Difetti Gustativi

 I difetti che si riscontrano al gusto sono in genere anticipati dall'analisi olfattiva: un vino che presenta degli aromi sgradevoli, con molta probabilità avrà anche un cattivo sapore. Questo diventa molto evidente con tutti quei odori sgradevoli, come per esempio lo spunto, che sono facilmente confermati in bocca. Va comunque osservato che un vino che risulti essere troppo tannico o con una tendenza ai sapori amari non sarà in nessun caso anticipato dal naso o dal suo aspetto. Va ricordato che, soprattutto nel caso dei tannini, questa può essere una caratteristica voluta dal produttore e che ha previsto per quel vino un lungo periodo di affinamento prima di essere consumato. In questo caso specifico è improprio parlare di difetto, piuttosto si deve considerare quel vino aperto con troppo anticipo e pertanto “acerbo”. Un'ulteriore permanenza di qualche anno in bottiglia renderà certamente lo stesso vino meno aggressivo e più equilibrato. La massiccia presenza di tannini, o di qualunque altro elemento gustativo, come per esempio l'acidità o l'alcolicità, influisce direttamente sulla determinazione dell'equilibrio; un vino con scarso equilibrio può a tutti gli effetti considerarsi come difettoso, cioè carente di un aspetto fondamentale per la qualità.

 Anche la persistenza, cioè la quantità di tempo in cui le sensazioni gusto-olfattive del vino sono percettibili dopo la sua deglutizione, può essere considerata un difetto quando questa non è sufficientemente lunga e si consuma nell'arco di pochi secondi. Va osservato che questa caratteristica è da considerarsi una carenza di qualità piuttosto che un difetto vero e proprio, quello che è certo è che un vino corto, cioè carente in persistenza, risulta essere deludente e pertanto può essere considerato come un difetto anche se di minore entità. Un vino che risulti essere corto non significa che questo sia stato fatto con metodologie enologiche di discutibile o scarsa qualità, è pur vero che la persistenza viene, per così dire, costruita sia in vigna che in cantina, si deve però ricordare che la quantità di tempo in cui un vino rimane chiaramente percettibile in bocca dopo la sua deglutizione dipende anche dalle varietà di uve utilizzate e dalle condizioni meteorologiche dell'anno, non da ultimo, dalle rese per ettaro prodotte durante la vendemmia.

 



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Numero 6, Marzo 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 8, Maggio 2003

I Vini del Mese


 

Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Colli Piacentini Ortrugo Paolo III Farnese 2002, Testa (Italia)
Colli Piacentini Ortrugo Paolo III Farnese 2002
Testa (Italia)
Uvaggio: Ortrugo
Prezzo: € 5,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Il vino si presenta con un bel colore giallo paglierino scarico e sfumature giallo verdolino, molto trasparente ed evidente effervescenza. Gradevole profilo olfattivo prevalentemente fruttato, con intensi e piacevoli aromi su cui domina la banana. Si percepiscono inoltre buoni aromi di acacia, ginestra, litchi, mela verde, pera e pesca. In bocca rivela una piacevole effervescenza e buona corrispondenza con il naso. Fresco e intenso, questo vino è piacevole ed equilibrato. Il finale è persistente con piacevoli ricordi di banana, pera e mela verde.
Abbinamento: Aperitivi, Risotti e paste di pesce o verdure



Trebbiano d'Abruzzo Marina Cvetic 2000, Masciarelli (Italia)
Trebbiano d'Abruzzo Marina Cvetic 2000
Masciarelli (Italia)
Uvaggio: Trebbiano d'Abruzzo
Prezzo: € 25,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Il vino si presenta con un colore giallo dorato e sfumature giallo paglierino, molto trasparente. Al naso denota un'evidente impronta di legno che lascia comunque spazio anche alla percezione degli altri aromi. Si riconoscono buoni e intensi aromi, prevalentemente di frutta, fra cui la banana, biancospino, mela, nocciola, pera, tostato e vaniglia. In bocca rivela una buona corrispondenza con il naso e un ottimo equilibrio. L'alcol, presente in buona quantità, è ben bilanciato dall'acidità del vino. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di aromi di legno, pera e banana. Un vino ben fatto, fermentato in barrique e affinato per 22 mesi in barrique.
Abbinamento: Carne bianca arrosto, formaggi freschi, paste ripiene



Critone 2002, Librandi (Italia)
Critone 2002
Librandi (Italia)
Uvaggio: Chardonnay (90%), Sauvignon Blanc (10%)
Prezzo: € 6,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Il vino si presenta con un colore giallo paglierino e sfumature di giallo paglierino, molto trasparente. Al naso rivela eleganza, raffinatezza e personalità con un netto e intenso aroma di banana a cui seguono intensi e buoni aromi di acacia, albicocca, kiwi, litchi, mela, pera e pesca. In bocca è ottimamente corrispondente al naso, molto equilibrato con alcol bel bilanciato dall'acidità e sapori intensi. Il finale è persistente con piacevoli ricordi di banana, kiwi, pera e pesca. Un vino veramente ben fatto. Critone viene prodotto con fermentazione a temperatura controllata.
Abbinamento: Crostacei, Pasta e risotto di pesce, pesce alla griglia o arrosto



Valtellina Superiore Prestigio 1999, Triacca (Italia)
Valtellina Superiore Prestigio 1999
Triacca (Italia)
Uvaggio: Nebbiolo
Prezzo: € 23,00 - 30,00 Punteggio:
Il vino si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso granato, abbastanza trasparente. Il naso presenta aromi intensi e puliti con una prevalenza di violetta a cui seguono aromi di amarena, confettura di fragole, lampone, liquirizia, mirtillo e un lieve accenno di pepe. In bocca rivela una buona corrispondenza con il naso e un attacco leggermente alcolico tuttavia ben equilibrato dai tannini. Il finale è persistente con piacevoli ricordi di violetta, amarena e confettura di fragole. Un vino ben fatto prodotto con uve Nebbiolo lasciate appassire sulla vite per 25-30 giorni ed è affinato in barrique nuove per 12 mesi e per 8 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Formaggi stagionati, Arrosti di carne, Brasati, Stufati, Selvaggina



Valtellina Sforzato 1999, Triacca (Italia)
Valtellina Sforzato 1999
Triacca (Italia)
Uvaggio: Nebbiolo
Prezzo: € 22,00 - 28,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso granato, abbastanza trasparente. Al naso rivela aromi puliti, netti e intensi di violetta e amarena a cui seguono confettura di fragole, lampone, mirtillo e mora. In bocca si presenta con un attacco leggermente alcolico ma comunque equilibrato dai tannini, buona corrispondenza con il naso, di buon corpo e sapori intensi. Il finale è persistente con netti e puliti ricordi di violetta, mora e mirtillo. Questo vino è prodotto con uve Nebbiolo appassite e viene affinato in botte per 18 mesi e in bottiglia per 3 mesi.
Abbinamento: Formaggi stagionati, Arrosti di carne, Brasati, Selvaggina



Controguerra Rosso Lumen 1999, Dino Illuminati (Italia)
Controguerra Rosso Lumen 1999
Dino Illuminati (Italia)
Uvaggio: Montepulciano (70%),
Cabernet Sauvignon (30%)
Prezzo: n.d. Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Il vino ha un un intenso colore rosso rubino e sfumature di rosso rubino, poco trasparente. Al naso rivela buona personalità con intensi, eleganti e puliti aromi di amarena, cacao, finocchio, fragola, lampone, liquirizia, mora, noce di cocco, prugna e vaniglia su un lieve tocco di menta. In bocca è molto equilibrato e molto corrispondente al naso, di buon corpo e con sapori intensi e puliti. Il finale è persistente con piacevoli e puliti sapori di mora, prugna e amarena. Un vino ben fatto prodotto con macerazione sulle bucce per 15 giorni e un affinamento in barrique per circa 18 mesi a cui segue un affinamento per 12-14 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Brasati o stufati con funghi, Selvaggina, Arrosti di carne, Formaggi stagionati



Montepulciano d'Abruzzo Zanna 1998, Dino Illuminati (Italia)
Montepulciano d'Abruzzo Zanna 1998
Dino Illuminati (Italia)
Uvaggio: Montepulciano
Prezzo: n.d. Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Il vino si presenta con un colore rosso rubino senza cedimenti, abbastanza trasparente. Al naso rivela personalità e aromi puliti e intensi di amarena, ciliegia, lampone, mirtillo, prugna, vaniglia e violetta. In bocca è molto equilibrato con un'ottima corrispondenza con il naso. Di buon corpo, i tannini sono ben bilanciati dall'alcol, con intensi e buoni sapori. Il finale è persistente con ricordi di prugna, amarena e mirtillo. Un vino ben fatto che viene prodotto con fermentazione in acciaio a temperatura controllata a cui segue un affinamento in botte per 24-26 mesi.
Abbinamento: Brasati o stufati con funghi, Selvaggina, Arrosti di carne, Formaggi stagionati



Aglianico del Vulture Carato Venusio 1999, Cantina di Venosa (Italia)
Aglianico del Vulture Carato Venusio 1999
Cantina di Venosa (Italia)
Uvaggio: Aglianico
Prezzo: € 13,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Il vino si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature di rosso rubino, abbastanza trasparente. Al naso si percepiscono aromi puliti e in prevalenza di frutta come amarena, mirtillo, mora, prugna e violetta. In bocca rivela una buona corrispondenza con il naso, buon corpo e buon equilibrio. Il finale è persistente con ricordi di amarena, mora e prugna. Carato Venusio è affinato in botte per 12-18 mesi a cui segue un affinamento in bottiglia per 6 mesi.
Abbinamento: Carne con funghi, Formaggi stagionati, Carne arrosto, Carne alla griglia



Gravello 1999, Librandi (Italia)
Gravello 1999
Librandi (Italia)
Uvaggio: Gaglioppo (60%), Cabernet Sauvignon (40%)
Prezzo: € 18,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino e sfumature di rosso granato, abbastanza trasparente. Al naso rivela un'elegante personalità con aromi intensi e puliti di amarena, carruba, cioccolato, confettura di mirtilli, fragola, liquirizia, prugna e vaniglia sun un piacevole fondo di pepe e mentolo. In bocca esprime una piacevole struttura e piacevoli sapori, molto corrispondenti al naso, eccellente equilibrio e buon corpo con tannini ben bilanciati dall'alcol. Il finale è persistente con piacevoli e puliti ricordi di amarena, prugna e fragola. Un vino ben fatto. Questo vino è prodotto con macerazione delle bucce per 10-15 giorni ed è affinato in barrique per 12 mesi e per 6 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Formaggi stagionati e piccanti, Carne arrosto, Brasati



Montepulciano d'Abruzzo Marina Cvetic 1999, Masciarelli (Italia)
Montepulciano d'Abruzzo Marina Cvetic 1999
Masciarelli (Italia)
Uvaggio: Montepulciano
Prezzo: € 15,00 Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso rubino, poco trasparente. Al naso rivela sicura personalità con aromi intensi, netti, puliti ed eleganti. Si riconoscono aromi di amarena, cioccolato, confettura di prugne, lampone, liquirizia, mora, pepe, ribes e vaniglia. In bocca mostra subito il suo spessore e la sua struttura, un attacco lievemente tannico prontamente bilanciato dall'alcol, presente in buona quantità. Molto corrispondente al naso con sapori intensi e puliti. Il finale è molto persistente e lungo con piacevoli e netti ricordi di confettura di prugne, ribes, amarena e mora. Un grande vino ben fatto. Questo vino è prodotto con macerazione delle bucce per 20-30 giorni e una fermentazione in botte per circa 15-20 giorni.
Abbinamento: Selvaggina, Brasati, Stufati, Formaggi stagionati



Rosso La Fabriseria 2000, Tedeschi (Italia)
Rosso La Fabriseria 2000
Tedeschi (Italia)
Uvaggio: Corvina (30%), Corvinone (30%), Rondinella (30%), Cabernet Sauvignon (5%) Molinara, Rossignola, Oseleta, Negrara, Dindarella (5%)
Prezzo: € 20,00 Punteggio:
Il vino presenta un intenso colore rosso rubino con sfumature rosso granato, abbastanza trasparente. Il naso rivela grande personalità con aromi puliti, eleganti ed intensi. Si percepiscono aromi di cacao, cioccolato, confettura di amarene, confettura di mirtilli, confettura di prugne, cuoio, liquirizia, mirtillo, mora, vaniglia e viola appassita. In bocca si presenta con un attacco alcolico e tannico ma comunque ben equilibrato e con un'ottima corrispondenza con il naso. Grande struttura e sapori molto intensi. Il finale è molto persistente con lunghi e piacevoli ricordi di confettura di prugne, confettura di amarene, confettura di more e cacao. Un grande vino. La Fabriseria è affinato in barrique per 1 anno e per 6 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Formaggi stagionati, Carni arrosto, Brasati, Stufati



Amarone della Valpolicella Classico Capitel Monte Olmi 1999, Tedeschi (Italia)
Amarone della Valpolicella Classico Capitel Monte Olmi 1999
Tedeschi (Italia)
Uvaggio: Corvina (30%), Corvinone (30%), Rondinella (30%), Molinara, Rossignola, Oseleta, Negrara, Dindarella, Croatina, Forselina (10%)
Prezzo: € 36,00 Punteggio:
Alla vista si presenta con un intenso colore rosso rubino e sfumature rosso granato, poco trasparente. Al naso denota una grandissima personalità con aromi eleganti, netti e puliti. Si percepiscono intensi e buoni aromi di cacao, carruba, confettura di amarene, confettura di lamponi, confettura di prugne, cuoio, liquirizia, vaniglia e violetta. In bocca si presenta con un attacco alcolico e tannico ma comunque ben equilibrato e con un'eccellente corrispondenza al naso. Un vino di grande struttura e con sapori molti intensi. Il finale è molto persistente e lungo con netti e piacevoli ricordi di confettura di amarene, prugne e cacao. Un grandissimo vino. Questo Amarone è affinato in barrique per 2 anni e per 6 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Formaggi stagionati, Carni arrosto, Brasati, Stufati






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  Produttori Numero 7, Aprile 2003   
ArgiolasArgiolas Giornale di CantinaGiornale di Cantina  Sommario 
Numero 6, Marzo 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 8, Maggio 2003

Argiolas

In Sardegna, affascinante isola del Tirreno, in una terra ricca di storia, arte e tradizioni, si producono grandi vini frutto della terra e espressione del territorio

 Lasciata Cagliari, ci si addentra nel morbido entroterra mediterraneo e dopo circa venti chilometri si incontra il territorio di Serdiana, il cui antico nome pare essere Xerdiani, una località ricca di cedri, la cui essenza profumava i riti religiosi dei monaci greci. Le felici condizioni climatiche, la fertilità della terra e l'abbondanza della acque resero questa contrada molto favorevole all'insediamento umano fin dai tempi della preistoria. A tre chilometri dall'abitato, circondata da vigneti e olivi secolari, sorge l'antica chiesa di Santa Maria di Sibiola, eretta nella prima metà del XII secolo dai Vittorini di Marsiglia, la dove prosperava un centro agricolo guidato dall'attiva presenza dei Monaci Benedettini e che ancora, l'8 settembre di ogni anno, si anima per l'occasione di una suggestiva festa campestre. Proprio in questi luoghi, a Serdiana, sessanta anni fa Antonio Argiolas creò le aziende che oggi i figli Franco e Giuseppe seguono con la medesima passione paterna e una visione moderna della viticoltura e dell'enologia. Antonio Argiolas diede vita alla sua passione ricollegandosi, nella coltivazione della vite e dell'olivo, alle antiche tradizioni della civiltà mediterranea, cantate da Plinio il Vecchio, Columella e Orazio.


Franco Argiolas
Franco Argiolas

 Oggi le cantine Argiolas, gestite e condotte con estrema professionalità si prefiggono come obiettivo principale la qualità. Nella cantina di Serdiana, dotata di moderne attrezzature per la vinificazione, conservazione e maturazione in barrique per i suoi rossi più pregiati, vengono inviate le uve prodotte nei vigneti situate nelle vicinanze e nei territori di Selegas, Siurgus Donigala e Guamaggiore. A Senorbì, centro della Trexenta, una regione anticamente molto popolosa tanto da contare trecento villaggi, si raggiunge la tenuta Is Arais, in agro di Siurgus. Nel settore meridionale di questa zona sorgono invece le tenute Turriga, Is Argiolas e Unghera.

 Proprio in queste terre più di sessanta anni fa Antonio Argiolas, oggi novantaseienne, inizia a percorrere quella strada, continuata dai figli Franco e Giuseppe, e che porterà la sua cantina ad occupare oggi il secondo posto nel panorama enologico e vitivinicolo della Sardegna. Il vero slancio dell'azienda si ha all'inizio degli anni '80 dello scorso secolo, in un periodo in cui la Comunità Europea invitava all'espianto e alla riconversione dei vigneti, Antonio Argiolas coinvolge i suoi figli nell'azienda e, mentre le altre aziende vitivinicole si dedicano ad altre colture, gli Argiolas, con determinazione, decidono di continuare l'opera del padre e di puntare decisamente verso la qualità. Uno sforzo che oggi li ripaga ampiamente e i loro vini sono la chiara testimonianza che avevano ragione. Decidono quindi di operare ingenti investimenti economici concentrandosi sulla riqualificazione dell'azienda, adottano nuovi processi di produzione, pur sempre nel rispetto delle tradizioni e delle potenzialità del territorio, ristrutturano la cantina, adottano le più moderne tecnologie e chiamano a collaborare con la loro azienda uno dei più grandi enologi Italiani, e certamente anche del mondo, Giacomo Tachis. Il cammino è stato avviato e ci sono tutte le premesse per una produzione di qualità.

 In quei anni gli Argiolas investono anche sulla coltivazione sperimentale di uve internazionali e nazionali, e poco più tardi, decidono di dedicarsi esclusivamente alle varietà di uve autoctone della Sardegna con lo scopo di valorizzare pienamente le loro eccelse qualità. Riescono anche a recuperare il Bovale Sardo, o Bovaleddu, un'uva a bacca rossa che era probabilmente destinata a scomparire e che oggi è utilizzata con successo nei due vini rossi di punta dell'azienda: il Turriga e il Korem. Oggi l'azienda sta nuovamente puntando su un altro vitigno locale e che ha già dimostrato buone potenzialità in questo territorio: il Carignano, un'uva a bacca rossa che si affianca alla politica aziendale della rivalutazione delle uve autoctone.


 

 La qualità per Argiolas ha inizio in vigna e, successivamente, con la vendemmia, condotta con le più scrupolose attenzioni, le uve vengono raccolte e subito inviate in cantina, dotata delle più moderne tecnologie enologiche. Qui, grazie all'opera dell'enologo Mariano Murru e alla consulenza di Giacomo Tachis, nascono i grandi vini di Argiolas. La ricca tradizione Sarda si rispecchia anche nei nomi dei vini scelti dagli Argiolas: Turriga, Korem, Cerdeña, Angialis, S'elegas, sono solo alcuni esempi di nomi che identificano le zone di produzione, o che sono comunque legati ad aspetti tradizionali, culturali e storici della zona.

 Parlare di Argiolas significa parlare in primis del loro più celebre vino, il Turriga, certamente non l'unico prodotto che degnamente rappresenta la cantina. Questo vino è prodotto con le uve raccolte nel vigneto Turriga, da cui il nome del vino, nella zona di Selgias. In questo vino si ritrova l'essenza delle uve Sarde in quanto non sono presenti varietà internazionali, a testimonianza che anche le uve autoctone, vero patrimonio di ogni territorio, sono capaci di creare dei e veri e propri fuoriclasse. Cannonau, Carignano, Bovale Sardo e Malvasia nera, con una produzione di circa 1 Kg per ceppo, danno vita a questo importante e interessante vino rosso. Il mosto viene fatto macerare sulle bucce per 16-18 giorni e l'affinamento viene svolto in barrique nuove di rovere francese (Tronçais e Allier) per circa 18 mesi.

 Un altro vino di casa Argiolas di sicuro interesse e di sicura personalità, è l'ultimo vino prodotto in cantina, il Cerdeña, un bianco prodotto con uva Vermentino alla quale si aggiungono piccole quantità di altre uve locali. Il vino, che porta il nome dell'isola nella lingua Catalana, si ottiene da pressatura soffice delle uve e il mosto fiore svolge la fermentazione primaria e secondaria in botti di rovere Francese a cui segue un affinamento, sempre in barrique, per 6-8 mesi oltre ad un affinamento in bottiglia per altri 6-8 mesi.


Giuseppe Argiolas
Giuseppe Argiolas

 Turriga e Cerdeña non sono gli unici vini di rilievo di Argiolas. Un altro rosso di rilievo è il Korem, un vino che sta riscuotendo sempre più chiari successi e che fu servito nell'estate dello scorso anno per il brindisi in occasione del quarantennale della Costa Smeralda. Korem è prodotto in prevalenza con Bovale Sardo e Carignano e una piccola quantità di Cannonau. Il mosto viene fatto macerare nelle bucce per circa 10-12 giorni e fermentato in vasi vinari di cemento a cui segue un affinamento di 10-12 mesi in barrique. Completa la maturazione in bottiglia per circa 6 mesi e quindi è pronto per essere immesso nel mercato. Un altro vino, che esalta le qualità di un'uva locale, il Nasco, è Angialis. Si tratta di una eccellente vendemmia tardiva prodotta con Nasco, un'uva a bacca bianca, e piccole aggiunte di Malvasia di Cagliari, entrambe portate a surmaturazione. La fermentazione di questo vino, a causa dell'alta densità del mosto, è lenta e difficoltosa. Il vino viene fatto successivamente decantato e affinato in barrique per alcuni mesi.

 La produzione della cantina Argiolas si completa, per i bianchi, con S'elegas, prodotto con uva Nuragus, Costamolino prodotto con Vermentino, Argiolas Bianco prodotto con Vermentino e altre piccole aggiunte di uve locali a bacca bianca, mentre per i rossi troviamo Costera prodotto con Cannonau e Perdera prodotto con uva Monica. Anche i vini rosati sono rappresentati in Argiolas con il vino SerraLori prodotto con Cannonau, Monica, Carignano e Bovale Sardo. Infine, con le vinacce del Turriga, si produce una grappa che porta lo stesso nome.

 I vini di Argiolas sono oramai affermati in ogni angolo del mondo e sono presenti in ogni continente. L'Europa è stato il primo mercato estero, in particolare la Svizzera, e oggi i vini Argiolas sono anche presenti in Germania, Olanda, Russia e Norvegia, in America li troviamo in Canada, negli Stati Uniti d'America e in Brasile, in Asia sono presenti in Israele, Giappone, Cina e Thailandia, in Oceania si trovano in Australia e in Nuova Zelanda. Il 40% circa della produzione totale è comunque destinato al mercato Italiano.

 




Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Cerde\~na 2001, Argiolas (Italia)
Cerdeña 2001
Argiolas (Italia)
Uvaggio: Vermentino (95%), Nasco (5%)
Prezzo: € 25,20 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Il vino si presenta con un colore giallo dorato chiaro e sfumature di giallo paglierino, molto trasparente. Il naso rivela personalità con aromi puliti ed eleganti. Si riconoscono buoni e intensi aromi di acacia, ananas, banana, biancospino, ginestra, kiwi, litchi, mela, nocciola, pane tostato e vaniglia su un fondo si aromi di tostatura del legno. In bocca denota una decisa morbidezza comunque bilanciata, con ottima corrispondenza con il naso, sapori intensi e struttura oltre ad una piacevole eleganza. Il finale è persistente con piacevoli e intensi ricordi di nocciola, kiwi, banana e vaniglia. Un vino ben fatto. Cerdeña è fermentato in botte ed è affinato in barrique per 6-8 mesi a cui segue un ulteriore affinamento in bottiglie per 6-8 mesi.
Abbinamento: Carne saltata, Formaggi freschi, Paste ripiene, Pesce arrosto



Angialis 1999, Argiolas (Italia)
Angialis 1999
Argiolas (Italia)
Uvaggio: Nasco (95%), Malvasia di Cagliari (5%)
Prezzo: € 18,50 (500ml) Punteggio:
Il vino si presenta con un bel colore giallo ambrato brillante e sfumature giallo dorato, molto trasparente. Al naso esprime una grande personalità con aromi puliti, intensi, eleganti e raffinati di albicocca secca, canditi, caramello, confettura di pesche, fico secco, litchi, miele, scorza di agrumi e vaniglia. In bocca rivela un'eccellente corrispondenza con il naso, una dolcezza molto equilibrata e sapori intensi. Il finale è molto persistente con lunghi e piacevoli ricordi di miele, albicocca secca, litchi e confettura di pesche. Un grande vino. Angialis è affinato in barrique per qualche mese.
Abbinamento: Formaggi stagionati e piccanti, pasticceria secca, crostate di confettura



Korem 2000, Argiolas (Italia)
Korem 2000
Argiolas (Italia)
Uvaggio: Bovale (55%), Carignano (35%), Cannonau (10%)
Prezzo: € 16,00 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso granato, abbastanza trasparente. Il naso rivela una grande personalità con aromi molto eleganti, puliti, intensi e persistenti. Si riconoscono aromi di amarena, cacao, ciliegia sotto spirito, confettura di amarene, confettura di more, lampone, liquirizia, mirtillo, prugna, ribes, vaniglia e violetta. In bocca denota un eccellente corrispondenza con il naso e un equilibrio eccellente. Un vino di grande struttura e con sapori intensi. Il finale è molto persistente e lungo con piacevoli e netti ricordi di amarena, mora, prugna e ribes. Un grande vino. Korem è affinato in barrique per 10-12 mesi a cui segue un ulteriore affinamento in bottiglia per 6 mesi.
Abbinamento: Carne arrosti, Selvaggina, Formaggi stagionati, Brasati, Stufati



Turriga 1998, Argiolas (Italia)
Turriga 1998
Argiolas (Italia)
Uvaggio: Cannonau (80%), Carignano (10%), Bovale Sardo e Malvasia Nera (10%)
Prezzo: € 28,85 Punteggio:
Il vino si presenta con un bel colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso granato, abbastanza trasparente. Il naso rivela grande personalità con aromi puliti ed eleganti. Si percepiscono intensi e buoni aromi di amarena, cioccolato, confettura di mirtilli, confettura di more, confettura di prugne, liquirizia, vaniglia, viola appassita su un piacevole fondo di pepe. In bocca denota un eccellente corrispondenza con il naso e un equilibrio impeccabile, grande struttura e sapori intensi. Il finale è molto persistente e lungo con piacevoli ricordi di confettura di more, amarena e prugna. Un grande vino. Turriga è affinato per 18 mesi in barrique.
Abbinamento: Carne arrosti, Selvaggina, Formaggi stagionati, Brasati, Stufati



Argiolas - Via Roma, 56/58 - 09040 Serdiana (Cagliari) Tel. 070 740606 Fax 070 743264 - Enologo: Mariano Murru con la consulenza di Giacomo Tachis - Anno fondazione: 1937 - Produzione: 2.400.000 bottiglie - E-Mail: argiolaspa@tin.it - WEB: www.cantine-argiolas.com


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  Produttori Numero 7, Aprile 2003   
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Giornale di Cantina


 Questa rubrica è riservata ai produttori di vino che intendono rendere note particolari attività produttive, annunciare nuovi prodotti o semplicemente comunicare alla clientela informazioni e promozioni sulla propria attività e i propri prodotti. Inviare le notizie da pubblicare al nostro indirizzo e-mail.

 

Presentato Bardiglio, il nuovo vino delle Cantine Miali

Si chiama Bardiglio, ed è un blend di Negroamaro (60%) e Malvasia Nera (40%) della vendemmia 2001. Bardiglio nasce da un'accurata selezione di uve prodotte da vecchi vigneti allevati ad alberello, sistema di allevamento che garantisce da una bassa resa di uva per ettaro coltivato (70/80 q.li), e quindi accentuate caratteristiche organolettiche.
Il lungo affinamento in vasche scavate nella roccia, prima, e in bottiglia, poi, origina un vino ideale per la pronta beva ma che ben si presta ad un invecchiamento anche di 5-6 anni.
Di colore rosso rubino vivo con riflessi violacei, ha un profumo complesso armonico con sentori di prugna, amarena e chiodi di garofano e un gusto pieno, strutturato e molto equilibrato. È un ideale accompagnamento ad arrosti e brasati. Bardiglio, in vendita dal 1° Aprile, sarà un vino commercializzato unicamente nel canale HO.RE.CA. (HOtels, REstaurants and CAtering) posizionandosi in una fascia di mercato alta di gamma.
Gli invitati sono stati ricevuti nella cantina di invecchiamento di recente ristrutturata, nei sotterranei dello stabilimento vinicolo, dove oltre alla degustazione del Bardiglio 2001 sono state illustrate le strategie di sviluppo dell'azienda e le politiche di vendita che verranno intraprese.
Prossimi appuntamenti, saranno la presentazione di Bardiglio al Prowein di Dusseldorf in Germania a fine Marzo e al Vinitaly di Verona a metà Aprile per quanto riguarda il mercato Europeo e del Nord-Italia, mentre si dovrà aspettare Luglio per l'esordio sul mercato Americano in occasione del Summer International Fancy Food di New York.



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  Eventi Numero 7, Aprile 2003   
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Numero 6, Marzo 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 8, Maggio 2003

Notiziario


 In questa rubrica verranno pubblicate notizie e informazioni relativamente ad eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione al nostro indirizzo e-mail.

 

Castelli Aperti in Primavera in Friuli Venezia Giulia

Sabato 12 aprile e domenica 13 aprile 2003 (h.10.00-20.00) i castelli di Strassoldo (Udine, 3 km dal casello autostradale di Palmanova) apriranno gli antichi battenti per la 6ª edizione dell'affascinante manifestazione “In Primavera: Fiori, Acque e Castelli - Un magico Intreccio tra Storia, Fantasia, Creatività ed Ambiente Naturale”. L'evento è organizzato dalle proprietarie dei castelli, in collaborazione con la Pro Loco di Strassoldo, sotto l'egida del Consorzio dei Castelli del Friuli Venezia Giulia e con il contributo delle Assicurazioni Generali, della Provincia di Udine e della CCIAA di Udine.
Oltre a poter visitare gli interni dei manieri (solitamente non aperti al pubblico), sarà possibile ammirare le nuove ed originali proposte di oltre 70 espositori selezionati (artigiani, antiquari, artisti, decoratori, commercianti e hobbisti), che saranno collocati nelle sale, lungo un filo magico, tra arredi antichi e quadri d'antenati. Nelle aree verdi del castello di Sopra saranno presenti anche vivaisti particolari.
Temi della manifestazione saranno la primavera ed i fiori, con riferimenti alle festività pasquali. Situati a pochi passi dalla fortezza di Palmanova e dall'antica colonia romana di Aquileia, i castelli di Strassoldo di Sopra e di Sotto sono adiacenti e coevi, tra i più antichi della Regione e da sempre abitati dalla stessa famiglia che li fece edificare più di mille anni fa. Incastonati tra terra e cielo in un ambiente naturale di rara bellezza, essi sono racchiusi in un borgo medievale ed immersi in rigogliosi parchi secolari di risorgiva e si caratterizzano come “castelli d'acqua” della Zona delle Risorgive della Bassa Friulana. Volto alla valorizzazione del ricco patrimonio castrense regionale ed alla ricerca di un turismo integrato che coinvolga anche le numerose realtà meritevoli di visita che si trovano nei pressi dei castelli, l'evento funge altresì da vetrina esclusiva per talenti vecchi e nuovi, al fine di tramandare la conoscenza d'antiche arti e mestieri e a promuovere nuove proposte creative. Ingresso manifestazione € 8,00 (interni dei 2 castelli, Foledôr c. di Sotto e Cancelleria C. di Sopra)
Per informazioni: Ufficio Valorizzazione e Turismo, Via dei Castelli, 25, 33050 Strassoldo (UD) - Tel 0431-93217 - fax 0431-93229 www.castellodistrassoldo.it - E-mail: info@castellodistrassoldo.it



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  Cavatappi Numero 7, Aprile 2003   
La Conservazione Casalinga del VinoLa Conservazione Casalinga del Vino  Sommario 
Numero 6, Marzo 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 8, Maggio 2003

La Conservazione Casalinga del Vino

La cantina personale è il sogno di ogni appassionato di vino, tuttavia non tutti si possono permettere di possederla. Ecco alcune semplici regole per conservare in casa le bottiglie di vino

 Una delle preoccupazioni più frequenti di ogni appassionato di vino è il dilemma della conservazione delle bottiglie non appena queste vengono acquistate, e il pensiero che queste possano rovinarsi a causa di una cattiva conservazione è un'eventualità che ognuno desidera evitare. La perfetta conservazione del vino, così com'è ampiamente risaputo, necessiterebbe di un apposito locale, una cantina appunto, fornita di condizioni favorevoli tali da non compromettere il prezioso contenuto delle bottiglie e di consentire loro di evolversi propriamente nel corso del tempo. La cattiva notizia è che non tutti possono permettersi un locale di questo tipo, la buona notizia, anzi le buone notizie, sono che seguendo poche e semplici regole si possono fare sopravvivere le bottiglie per qualche anno anche senza una cantina, e la seconda è che la maggioranza del vino posto in commercio è pronto per essere bevuto ed apprezzato al momento del suo rilascio, in particolare i vini bianchi.


 

 Tuttavia non si può non considerare che certi vini vengono immessi nel mercato ancora “giovani” e il loro affinamento è delegato all'acquirente, aprirli subito o poco dopo l'acquisto significherebbe semplicemente privarsi di una migliore opportunità che solo il tempo sarebbe capace di regalare. Mentre la quasi totalità dei vini bianchi può essere apprezzata subito dopo l'acquisto, quando sono ancora freschi, profumati e fruttati, per i vini rossi, o meglio, per una certa quantità di vini rossi, le cose migliorano certamente con un prolungato affinamento in bottiglia. Va comunque osservato che la convinzione comune che il vino migliora con il tempo non è sempre vera, certamente alcuni vini migliorano con il tempo, ma non proprio tutti e per questa ragione spesso si finisce con il bere certe bottiglie solamente quando è tardi, o peggio ancora, troppo tardi, invece che nel suo momento migliore quando esprimono ancora le migliori qualità.

 La maggioranza dei vini bianchi, per esempio, perde il suo carattere di freschezza e di fruttato, nonché la sua attraente aromaticità, già appena dopo sei mesi dal suo rilascio nel mercato. Come fare allora per riconoscere quali sono i vini che potrebbero migliorare con un ulteriore affinamento in bottiglia? Alcuni produttori, purtroppo non molti, indicano sulla retro etichetta la stima di vita del vino, va da sé, in caso sia conservato in buone condizioni, altri invece ignorano completamente questo importante aspetto per il consumatore. Inoltre, ci sono altri produttori che aggiungono consigli espliciti sulla necessità di aspettare qualche mese in bottiglia prima di aprire la bottiglia. Del resto, chi meglio del produttore può conoscere questo genere di informazioni e, sia per cortesia, sia per correttezza, potrebbe segnalarle ai propri clienti?

 Una regola “generale”, anzi, molto generale, è che i vini più costosi, e questo è più frequente per i rossi piuttosto che per i bianchi, sono quelli più adatti all'affinamento in bottiglia dopo il loro acquisto e non andrebbero quindi aperti subito dopo l'acquisto. In genere, i vini rossi che presentano dei sedimenti o hanno un corpo “robusto”, andrebbero lasciati ad affinare per qualche anno prima di aprirli. Nel caso in cui si decida invece di aprire una bottiglia appena acquistata, sarebbe bene rimandare l'apertura dopo qualche giorno, meglio ancora una settimana o dieci giorni, in modo da consentire al vino di stabilizzarsi e di “riprendersi” dal trauma dello spostamento. Questo accorgimento è molto utile soprattutto per i vini rossi in quanto consente ai sedimenti di depositarsi sul fondo della bottiglia.

 

Condizioni Ideali per la Conservazione

 Uno dei problemi principali per la conservazione del vino è la possibilità dell'ossidazione, un rischio che può verificarsi quando il vino si trova in contatto, e per un lungo tempo, con l'ossigeno. Anche se la bottiglia si presenta in buone condizioni, si deve ricordare che il tappo di sughero, un materiale poroso ed elastico, può modificare le sue caratteristiche fisiche e meccaniche in funzione di determinate condizioni. Il rischio più frequente, e che provoca l'ossidazione del vino, è il restringimento del tappo, a causa di una scarsa umidità, e questo restringimento favorirà l'ingresso di ossigeno all'interno della bottiglia. Uno dei metodi più pratici per evitare questa condizione è di mantenere la bottiglia in posizione orizzontale in modo da permettere al vino di rimanere in contatto con il sughero e quindi di mantenerlo bagnato evitando quindi il restringimento.

 Il “nemico numero due” della conservazione è la temperatura e questa può influire anche sull'ossidazione e sulla quantità d'aria che può entrare all'interno della bottiglia. La temperatura, com'è noto, ha la proprietà di fare dilatare, con il calore, o restringere, con il freddo, certe sostanze, fra queste l'acqua e quindi anche il vino. Con l'aumentare della temperatura, la massa liquida si espande spingendo l'aria presente nella bottiglia verso il sughero e, per effetto della pressione, uscirà fra le pareti del collo e del tappo. Con il raffreddamento del liquido si verifica esattamente l'effetto contrario, il liquido si contrae e quindi crea una depressione che avrà l'effetto di aspirare aria, e quindi introdurre ossigeno nella bottiglia, attraverso il collo e il sughero. Si deve comunque ricordare che, sempre per effetto della temperatura, quando la massa si espande, potrebbe uscire dalla bottiglia, non solo aria, ma anche vino e questo lascerà uno spazio maggiore che sarà occupato dall'aria quando il vino si contrarrà per effetto del raffreddamento. La ripetizione di questi fenomeni, oltre a diminuire il contenuto del vino nella bottiglia, provoca l'ossidazione del vino. Recentemente si è introdotta una nuova teoria sul modo di mantenere la bottiglia durante il suo periodo di maturazione. Sembrerebbe che mantenere la bottiglia obliqua, e non orizzontale, in modo da fare “emergere” la bolla d'aria verso il tappo, e facendo in modo che comunque anche il vino sia a contatto con il sughero, eviti il problema delle fuoriuscite di vino. Le espansioni spingerebbero fuori solamente l'aria ma non il vino, tuttavia si deve osservare le ogni contrazione avrebbe comunque il risultato di aspirare aria.

 Un altro aspetto legato alla temperatura è relativo alla velocità con la quale il vino matura nel tempo. Il processo di affinamento e di maturazione del vino viene accelerato alle alte temperature, mentre a basse temperature, o per meglio dire, ad una temperatura corretta, il vino matura lentamente consentendo il pieno sviluppo degli aromi e delle sue qualità organolettiche. Un altro problema relativo alla temperatura è relativo al suo violento abbassamento, una condizione che, in verità, è piuttosto improbabile nelle moderne abitazioni. Nel caso in cui la temperatura scenda al di sotto 6° C e in modo piuttosto violento e prolungato, questa può dare luogo alla precipitazione di tartrati, una condizione che si verifica più spesso nei vini bianchi, e che comunque non danneggia il vino, se non il suo aspetto. La temperatura ideale alla quale andrebbe conservato il vino è da individuarsi fra i 10° e i 16° C e la temperatura deve essere il più stabile possibile, possibilmente fra i 14° e i 15° C. Si ricordi comunque che temperature superiori ai 25° C compromettono seriamente le caratteristiche del vino, in particolare le sue componenti volatili che possono irrimediabilmente deteriorarsi.

 Un altro fattore che può compromettere la conservabilità del vino è la luce e che può arrivare anche ad alterare il gusto del vino. I vini che risentono principalmente degli effetti della luce sono quelli bianchi e i vini spumanti, particolarmente se sono conservati in bottiglie dal vetro incolore o poco colorato. Un semplice rimedio a questa condizione potrebbe essere quella di avvolgere le bottiglie con un foglio di carta oppure di alluminio. Anche l'umidità è cruciale ai fini della buona conservazione: un ambiente troppo secco favorisce il restringimento del sughero, mentre un ambiente troppo umido deteriorerà inevitabilmente le etichette delle bottiglie e favorirà lo svilupparsi di muffe e microrganismi che darebbero luogo ad odori sgradevoli. La percentuale ideale di umidità dovrebbe essere del 70%. Inoltre, la formazione delle muffe e di odori sgradevoli può essere evitata con un'adeguata ventilazione del locale adibito alla conservazione. Infine, anche le vibrazioni influiscono sullo stato del vino, non direttamente sulla sua conservabilità, in quanto gli scuotimenti possono rimettere in sospensione i sedimenti alterando, più o meno a lungo, l'aspetto estetico del vino. Ciò che è invece fondamentale, soprattutto nella conservazione casalinga, è di mantenere le bottiglie di vino lontano da sostanze o luoghi caratterizzati da forti odori in quanto questi possono essere facilmente trasmessi al vino.

 

La Conservazione Casalinga

 Le condizioni di conservazione di cui abbiamo parlato finora sono realizzabili in appositi locali e che sono costruiti appositamente in modo da garantire queste condizioni. Le cosa cambiano enormemente quando non si possiede un locale di questo tipo, vale a dire una cantina vera e propria, e si è costretti ad adattare oppure ad accontentarsi di ciò che possiamo trovare in alcuni locali della propria abitazione. Le moderne abitazioni soffrono, per così dire, di alte temperature e spesso il riscaldamento casalingo supera sovente i 20° C con il rischio di un successivo abbassamento quando viene spento. Ci sono inoltre altre stanze della casa, come per esempio la cucina, dove la temperatura, l'umidità e, non da ultimo, la presenza di forti odori potrebbero compromettere la buona conservabilità del vino. Se si decide di conservare il proprio vino in cucina sarà opportuno riporlo in una parte che sia il più possibile neutra e immune da tutti questi tipici inconvenienti. Se si ha la fortuna di avere a disposizione un apposito locale nella propria abitazione, come per esempio un ripostiglio o una dispensa, questa può essere facilmente adattata in modo da consentire una buona conservabilità del vino.

 Prima di tutto sarà essenziale che in questa stanza non sia controllata dal riscaldamento casalingo, in genere basta chiudere il rubinetto del calorifero in quel locale, e si provvederà ad isolare con del materiale termoisolante la porta e, nel caso in cui sia adiacente alle mura esterne o con altri locali caldi, come per esempio un locale caldaie, anche le sue pareti. Da evitare sono i luoghi che si trovano sotto il tetto della casa, come gli attici e le mansarde, perché nella stagione estiva, ma anche in quella invernale, le variazioni della temperatura saranno piuttosto ampie e si raggiungeranno, con molta probabilità, temperature poco adatte alla conservazione del vino. L'umidità può essere mantenuta nella giusta percentuale collocando un recipiente d'acqua sul pavimento all'interno di questo locale e possibilmente vicino alle bottiglie. Un facile aiuto per mantenere le giuste condizioni di conservazione in un locale appositamente destinato a “cantina”, può essere rappresentato dall'installazione di un vero e proprio condizionatore d'aria che provvederà a mantenere costanti sia la temperatura, sia l'umidità.

 Se non si dispone di un locale da destinare a “cantina personale” si scelga comunque un luogo il più possibile stabile in termini di temperatura e di umidità, la cucina è sempre e comunque da evitare anche per via della presenza di elettrodomestici che tendono riscaldano l'aria, e mantenere i vini all'interno di casse di legno, come quelle usate da certi produttori per il trasporto dei loro vini, oppure in scatole di cartone spesso e che saranno in ogni caso mantenute chiuse. Nel caso in cui si intenda fare uso dei vari scaffali da vino, oramai facilmente reperibili nei negozi di articoli casalinghi o di bricolage, scegliere per questi un locale adatto e, viste le caratteristiche proprie di questi scaffali, fare in modo che siano protetti dalla luce.

 In ogni caso la conservazione casalinga, anche quando viene fatta attenendosi alle più scrupolose condizioni, non garantisce una lunga e proficua vita al vino, questi rimedi sono utili unicamente a permettere la maturazione e la conservazione del vino per qualche anno, due o tre al massimo, e rimane comunque un rischio, a dire il vero il rischio esiste anche in una cantina dotata delle migliori condizioni, tuttavia è palese che nella conservazione casalinga i rischi aumentano considerevolmente. Negli ultimi anni la tecnologia ha posto la sua attenzione proprio alla possibilità di conservare il vino in casa e sono disponibili sul mercato dei veri e propri frigoriferi da vino capaci di assicurare le giuste e costanti condizioni per la giusta e corretta maturazione del vino. L'unico inconveniente di questi frigoriferi è che devono essere costantemente collegati all'energia elettrica e che in genere offrono uno spazio piuttosto limitato per le bottiglie, mediamente 25-35 e quelli che consentono la conservazione di più bottiglie tendono in genere ad occupare una quantità di spazio piuttosto considerevole.

 




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La Pizza

La più celebre delle preparazioni culinarie d'Italia, sempre ricca, gustosa e colorata, sorprende sempre per le sue mille forme ed è proprio difficile trovare qualcuno a cui non piaccia

 

Storia

 Dall'Africa all'Asia, tutte le civiltà hanno conosciuto varie forme di focacce, impasti di farina di cereali o legumi, acqua, e condimenti vari, fonte di nutrimento fondamentale per l'alimentazione. Nell'antico Egitto, in occasioni particolari, veniva consumata, condita con erbe aromatiche, una focaccia schiacciata. In India Nan e Chapati sono delle focacce che fanno tutt'ora parte della tradizione alimentare indiana. Il Nan, in particolare, viene cotto in un forno specifico detto “tanduri” diffuso nel paese dai sovrani Mugul. Erodoto tramanda alcune ricette Babilonesi, numerosi sono gli scrittori greci a parlare di pizza, a quel tempo “maza”.

 Al tempo dei romani era solito cucinare una focaccia di farro, un tipo di frumento molto usato a quei tempi, si pensa infatti che la parola farina derivi proprio da farro. Il farro veniva macinato e la farina utilizzata per cucinare focacce. In alcuni scritti di Virgilio Marone possiamo trovare alcune ricette di quella che sarà la progenitrice della pizza. In questi scritti si legge che i contadini usavano macinare il frumento, setacciare la farina, impastarla con acqua, erbe aromatiche e sale, schiacciarla fino a farla diventare sottile e di forma circolare, quindi cuocerla con il calore delle ceneri del focolare.


 

 Fino a dopo il 1500 non si hanno più notizie dell'evoluzione della preparazione della pizza. In alcuni documenti e ricettari del 1500, trovati nel nord Italia, si possono trovare notizie sulla preparazione della pizza. Naturalmente non si tratta di pizza come la si intende oggi, ma di un impasto sottile a base di burro, uova, zucchero che veniva cotto nel forno, oppure fritto: una torta più che una pizza.

 La scoperta dell'America introdusse in Europa nuovi alimenti come il pomodoro, mais, patate e fagioli. Mentre nel nord italia il mais si sostituisce progressivamente al frumento, al sud la tradizione resiste e continua a basare la propria alimentazione sul frumento, la “schiacciata di frumento” continua ad essere arricchita con nuovi e diversi ingredienti e condimenti. Con il tempo l'olio d'oliva sostituisce il grasso animale, come lo strutto, ed i formaggi cominciano ad affiancare le erbe aromatiche.

 Solo dopo il 1700 a Napoli si comincia a condire la pizza con pomodoro e mozzarella di bufala. Solo dopo la metà del 1800 cominciano a nascere le prime ricette della pizza come la conosciamo noi. Una delle caratteristiche della preparazione della pizza consiste nel condimento che può essere costituito da qualunque ingrediente, è proprio il condimento che dà il nome alla pizza: pizza al prosciutto, pizza al pomodoro, alla marinara, ai funghi, tanto per fare degli esempi. La pizza, grazie agli emigranti, arriva anche in America. Dopo la seconda guerra mondiale la pizza esce dai confini meridionali dell'Italia per sbarcare verso il nord. Il boom industriale del nord richiama forza lavoro e migliaia di persone decidono di trasferirsi dal sud al nord, portando con se le proprie tradizioni fra cui la pizza: in questo periodo proliferano pizzerie in tutto il nord Italia. La pizza più conosciuta è senz'altro la “pizza Margherita”. La storia racconta che nel 1889 Raffaele Esposito, uno dei migliori, se non il migliore pizzaiolo dell'epoca, in occasione della visita alla città Partenopea del re d'Italia Umberto I e della regina Margherita, volle preparare per loro tre pizze classiche: la pizza alla Mastunicola, la pizza alla marinara e la pizza pomodoro, mozzarella e basilico, realizzata in onore della regina ed i cui colori richiamavano intenzionalmente il tricolore della bandiera Italiana. La regina apprezzò molto quest'ultima pizza fino al punto che volle ringraziare ed elogiare personalmente e per iscritto il pizzaiolo. Raffaele Esposito per contraccambiare pensò di dare il nome della regina alla pizza pomodoro, mozzarella e basilico che da quel momento per tutti si chiamerà “Pizza Margherita”.

 

La Ricetta Base: la Pasta

 Come abbiamo già detto la pizza è composta da un impasto base e da un condimento. La pasta base è composta da farina di frumento integrale o raffinata di tipo `00' o semiraffinata di tipo 2, lievito di birra fresco, acqua e sale. La pasta si ottiene impastando farina, lievito e acqua fino a quando non ha raggiunto il giusto grado di solidità (non deve appiccicarsi alle mani), lasciarlo riposare per 5 minuti, e poi porzionarlo in palline. A questo punto devono essere riposte in appositi contenitori dove rimarranno a lievitare fino al momento dell'impiego. È bene ricordare che per ogni litro d'acqua occorrono circa 2 Kg farina e 60 gr. di lievito.

 

La Farina

 La farina è un componente fondamentale perché è la base dell'impasto della pizza. Non è altro che il risultato della macinazione del frumento, nel nostro caso il grano. In Italia vengono commercializzate quattro tipologie di farina: zero, doppio zero, uno, integrale. La tipologia più utilizzata è senz'altro la doppio zero, perché più facile da lavorare, mentre le altre possono essere utilizzate ma richiedono una maggior attenzione. La farina doppio zero, come già detto, è la più comoda da utilizzare ma per contro bisogna considerare che, essendo la più raffinata è anche quella che ha perso più elementi quali vitamine, proteine, sali minerali durante la rimacinazione e raffinazione, risulta quindi essere una farina sostanzialmente più povera. Il pizzaiolo professionista valuta con attenzione la farina da utilizzare per la preparazione della ricetta. Quando si appresta ad acquistare una partita di farina valuterà la tipologia, cioè il grado di raffinazione (come si è già detto prevede i tipi 0, 00, 1 e integrale), l'abburattamento, cioè la separazione della farina dalla crusca, la forza rappresentata dal simbolo “W” che va da una farina debole (100 W) ad una farina forte (450 W). Le farine deboli sono più indicate per le preparazioni di prodotti non lievitati mentre quelle forti devono necessariamente essere miscelate prima dell'uso altrimenti il prodotto finale sarebbe immangiabile. La “forza” in una farina non ha nessuna relazione con la qualità, ma rappresenta solo un indice che va valutato a seconda del tipo di preparazione che si vuole ottenere.

 

La Lievitazione

 La lievitazione è un fenomeno naturale svolto da un esercito di microrganismi che aggrediscono alcune sostanze e dando origine ad una decomposizione, il risultato è la produzione di anidride carbonica e alcool etilico che conferiscono volume ed aroma all'impasto. Il lievito utilizzato tradizionalmente per la produzione della pizza è da sempre il lievito di birra.

 Il lievito di birra, reperibile in qualsiasi panificio, va conservato in frigorifero fino al suo impiego. La lievitazione, essendo un fenomeno naturale, risponde a certe regole che vanno rispettate e considerate quando si deve aggiungere del lievito all'impasto. La temperatura gioca un ruolo fondamentale, tanto che sarà proprio in funzione di essa che cambierà la quantità di lievito da usare. Per esempio nel caso in cui la pasta dovrà lievitare, prima di usarla, per 60 minuti ad una temperatura ambiente di 16-20 gradi, si avrà bisogno di circa 70 grammi di lievito, se la temperatura ambiente è invece di 20-25 gradi, la quantità di lievito sarà minore e di circa 50 grammi.

 

La Cottura

 Alcuni sostengono che il forno a legna sia l'ideale per la cottura di un buona pizza. Questo è probabilmente dovuto alle caratteristiche peculiari del forno a legna, costruito con materiali naturali che consentono la cottura uniforme, assorbendo l'umidità in eccesso fin dall'inizio della cottura e mantenendola durante il processo, favorendo una cottura uniforme e costante senza seccare eccessivamente le vivande in esso contenute. Da considerare anche il tipo di legno utilizzato per scaldare il forno. Il legno, bruciando, trasferisce tutte le sostanze aromatiche nel forno che di conseguenza le rilascerà durante la cottura trasferendole quindi ai cibi in maniera delicata ma comunque apprezzabile. Se la cottura a legna sia migliore o peggiore rimane comunque una questione di preferenze personali, tuttavia è certamente diversa da quella effettuata utilizzando forni metallici alimentati a gasolio.

 

Il Condimento

 Durante il condimento è importante non esagerare con gli ingredienti, è consigliabile valutare la buona qualità e l'abbinamento dei sapori e, considerando che gli ingredienti per il condimento devono stare bene insieme, legare ed amalgamarsi con armonia, la pizza non verrà valutata per l'aspetto visivo ma senza dubbio per il suo gusto.

 La pizza è senz'altro l'alimento più conosciuto della dieta mediterranea. Gli ingredienti classici della pizza sono farina, pomodoro e mozzarella, elementi tipici a caratteristici della cosiddetta dieta mediterranea.

 Fra gli ingredienti più comuni per la preparazione della pizza si ricordano:

 

  • Cereali - carboidrati complessi, di più lento assorbimento di quelli semplici, saziano e forniscono energia costante neutralizzando la fame e dando una sazietà più duratura. Ottimi per una dieta orientata al dimagramento.
  • Olio Extravergine d'Oliva - il grasso più sano, tipicamente mediterraneo, ricco di colesterolo HDL, quello che favorisce la pulizia delle arterie e di vitamine A, D, E e K.
  • Mozzarella - è ricca di lisina ed altre proteine animali tipiche del formaggio.
  • Pomodoro - fonte di vitamine, contribuisce notevolmente all'apporto vitaminico di una pizza.

 Gli ingredienti appena citati costituiscono solamente una minima parte di quelli che generalmente vengono utilizzati per la preparazione della pizza, tuttavia le varianti sono praticamente infinite e gli ingredienti da aggiungere al condimento della pasta portano con se tutte le loro caratteristiche organolettiche e nutritive. Uno di questi, per esempio, è il basilico, che apporta proprietà antidispeptiche e antisettiche, è inoltre un antinfiammatorio e favorisce la digestione. L'aglio porta con sè proprietà antisettiche intestinali, cardiotoniche e diuretiche. L'origano, altro protagonista nella pizza napoletana, apporta proprietà espettoranti, stimola l'appetito ed è antidolorifico.

 I benefici della dieta mediterranea sono ben noti, combatte numerose malattie tipiche della nostra vita moderna come arteriosclerosi, infarto ed ipertensione. La pizza contiene numerose vitamine e ferro, evita la formazione di acido urico, non ingrassa ed è più digeribile rispetto ad altri cibi. Grazie alle sue caratteristiche è un valido piatto unico che, integrato con frutta e verdura, risulta essere una valida alternativa al consumo della carne.

 

Varianti della Pizza

 Un'interessante derivato della pizza è il calzone, chiara variante della pizza, simile negli ingredienti, praticamente uguale la preparazione della pasta, differisce solo nell'esecuzione e nella tipologia di condimento. Viene preparata una sfoglia di pasta di forma circolare e viene successivamente farcita solo per metà, l'altra metà viene ripiegata sopra la farcitura pressando bene sui lati in modo da far aderire bene la pasta. Si cuoce come la pizza in forno ben caldo. Una variante consiste nel friggere il calzone in olio molto caldo anzichè cuocerlo al forno.

 L'origine del calzone sembra essere la Campania ma, come la pizza, la produzione ed il consumo si è esteso prima in tutta Italia poi anche all'estero. Il calzone, in napoletano “casone”, significa proprio calzone, per alcuni etimologi calzone è una voce diffusa in tutto il paese anche se non è molto chiara la provenienza.

 All'origine pizze, calzoni, focacce furono un'importante risorsa per combattere la fame. Con il passare del tempo e con l'arrivo di nuove risorse nonché di maggiori disponibilità sia in termini economici sia in termini di risorse alimentari, le semplici focacce si arricchiscono e si sposano con prodotti inconsueti, da cibo riservato al povero contadino diventa cibo da re, come la pizza Margherita. Dai documenti d'epoca risulta che Il comune di Trieste nel 1400 ordinava alle monache “calzoni” e “calisoni” da mandare come dono a personaggi illustri.

 Una variante del calzone è la “pizzella del pezzente” ottenuta friggendo il disco di pasta condito con pomodoro e mozzarella quando è ancora molto caldo in modo da far sciogliere la mozzarella. Naturalmente il condimento è sempre variabile e il classico “pomodoro e mozzarella” può essere sostituito, per esempio, da capperi ed olive oppure ricotta e salame.

 



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Wine Parade


 

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Posizione Vino, Produttore
1 Capo di Stato 1998, Conte Loredan Gasparin
2 Semillon Sauvignon 2001, Cape Mentelle
3 Masseto 1998, Tenuta dell'Ornellaia
4 Château Lynch-Bages Pauillac 2000
5 Teroldego Rotaliano Granato 1998, Foradori
6 Chardonnay 2000, Planeta
7 Muffato della Sala 1999, Castello della Sala
8 Château Laroque Saint-Émilion Grand Cru Classè 1998
9 Zinfandel Barrel Select Mendocino County 1999 - Fetzer Vineyards
10 Shiraz 2000, Plantaganet
11 Rioja Reserva “Pagos Viejos” 1997, Bodega Artadi - Cosecheros Alavares
12 Sauvignon Blanc 2000, Cakebread
13 Château Talbot Saint-Julien 1998
14 Château Pontet-Canet Pauillac 2000
15 Trentino Bianco Villa Margon 2000, Fratelli Lunelli

 in salita    in discesa    stabile    nuova entrata


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