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Numero 234, Dicembre 2023
Sommario


Editoriale    Sommario della rubrica Editoriale
 Vendemmia 2023: Primi Bilanci e Impressioni
Le previsioni relative all'annata 2023, divulgate con notevole anticipo rispetto all'effettivo inizio della vendemmia, non sono state certamente fra le più entusiasmanti degli ultimi anni. Da nord a sud, le previsioni hanno dipinto uno… [continua]



Gusto DiVino    Sommario della rubrica Gusto DiVino
 Contrasti di Bardolino Classico Chiaretto e Salice Salentino Rosato
Il colore del Salice Salentino Rosato
Questo mese coloriamo i nostri calici di rosa mettendo a confronto due vini distanti e diversi, espressioni di due regioni lontane e che hanno in comune solamente lo stile e il colore.… [continua]
 I Vini del Mese
Amarone della Valpolicella Classico Riserva Monte Ca' Bianca 2017, Begali (Veneto, Italia)
Amarone della Valpolicella Classico Riserva Monte Ca' Bianca 2017, Tigiolo 2018, Taurasi Cevotiempo 2019, Minutolo Almaditria 2022, Fiano di Avellino Riserva Serrapiano 2021, Locorotondo Superiore Cinqueò Almaditria 2021… [continua]


Eventi    Sommario della rubrica Eventi
 Notiziario



 Aquavitae
Liquirizia, Magnoberta (Piemonte)
Rassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti, Liquirizia… [continua]
 Wine Guide Parade
Settembre 2023… [continua]



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  Editoriale Numero 234, Dicembre 2023   
Vendemmia 2023: Primi Bilanci e ImpressioniVendemmia 2023: Primi Bilanci e Impressioni  Sommario 
Numero 233, Novembre 2023 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 235, Gennaio 2024

Vendemmia 2023: Primi Bilanci e Impressioni


 Le previsioni relative all'annata 2023, divulgate con notevole anticipo rispetto all'effettivo inizio della vendemmia, non sono state certamente fra le più entusiasmanti degli ultimi anni. Da nord a sud, le previsioni hanno dipinto uno scenario nel quale – in termini generali – ci si avviava, con non poca rassegnazione, a portare in cantina un raccolto decisamente inferiore rispetto agli anni passati, almeno dal punto di vista della quantità. Per la vendemmia 2023 si prevedeva infatti uno dei più scarsi raccolti degli ultimi decenni, con pochissime regioni a registrare un segno positivo e in crescita rispetto al 2022. Le operazioni di raccolta dell'uva sono oramai terminate e il mosto è già da tempo in viaggio nel cammino che lo trasformerà in vino, possiamo pertanto verificare la situazione della vendemmia 2023, oltre a trarre le prime conclusioni in merito a quelle previsioni. Da quanto emerge in accordo alle prime impressioni, sembrerebbe che non tutto si debba considerare in modo negativo, anche se, in linea di massima, quelle previsioni hanno trovato conferma.


 

 Le previsioni diffuse prima della vendemmia – come ben si ricorderà – furono ampiamente formulate basandosi sull'andamento meteorologico oltre alla comparsa di parassiti e patologie che hanno colpito i vigneti d'Italia. È opinione diffusa ovunque in Italia che la quantità dell'uva raccolta nei vigneti è decisamente inferiore rispetto agli anni passati, tuttavia – in termini generali – si ritiene che la qualità sia invece elevata tale da promettere vini di eccellenza. Insomma, poco ma buono. Va detto, infatti, che oltre all'andamento meteorologico, caratterizzato prevalentemente da scarsità di precipitazioni, si sono uniti gli effetti della peronospora che, di certo, non è così clemente con la vite. In alcune regioni, l'effetto della scarsità delle piogge è stato in parte mitigato dalle precipitazioni di fine di agosto e settembre, fornendo alla terra e alle viti un fondamentale supporto di acqua tale da limitare gli effetti della siccità e proprio nel momento durante il quale l'uva procede verso la maturazione.

 Sebbene l'effetto della pioggia di fine estate sia stato estremamente importante per il bilancio dell'annata 2023, ovviamente nulla ha potuto per il recupero dei grappoli persi a causa dell'andamento meteorologico e della peronospora. L'Italia – ovviamente – non è stato l'unico paese vitivinicolo del mondo a registrare un calo nella produzione di uva, quindi di vino. Nei principali paesi vitivinicoli del mondo si è infatti rilevato un calo significativo nella produzione dei vigneti, nella maggioranza dei casi dovuto alle sfavorevoli condizioni meteorologiche, riconoscendo come causa principale il cambiamento climatico che si sta verificando un po' ovunque nel mondo. A titolo di esempio, Argentina, Brasile, Cile e Sud Africa hanno subito perdite, rispetto al 2022, dal 10 al 30%. In netta controtendenza gli Stati Uniti d'America, dove si prevede una produzione enologica pari a 25,2 milioni di ettolitri, corrispondente a un aumento del 12% rispetto all'anno precedente.

 Anche in Europa, come ampiamente anticipato, i cali si sono attestati con un -6% che hanno portato alla produzione di poco più di 150 milioni di ettolitri di vino. Fra i paesi del vecchio continente l'Italia registra un calo piuttosto significativo tale da fare perdere il primato della produzione enologica. Dopo sette anni, quindi, l'Italia non è più il principale produttore di vini in Europa, lasciando il gradino più alto del podio alla Francia. In Italia, infatti, la produzione stimata si attesta a 43,9 milioni di ettolitri – con un calo del 12% rispetto al 2022 – mentre la Francia svetta con 45 milioni di ettolitri, pari a un aumento dell'1,5% rispetto allo scorso anno. Le cose non sono andate bene nemmeno per il terzo produttore europeo, la Spagna, che fa registrare un calo del 14%, mentre la Germania perde il 2% rispetto al 2022, con una produzione stimata di 8,9 milioni di ettolitri di vino. In tutti i casi, il principale responsabile di questi risultati è stato l'andamento meteorologico, decisamente poco favorevole per la coltivazione della vite.

 Anche negli altri paesi europei la situazione non è stata rosea, con l'Austria che registra una diminuzione del 6% rispetto al 2022, Grecia -23%, Croazia -31% e Slovacchia -20%. L'unico paese in controtendenza risulta essere il Portogallo, che è riuscito a incrementare la produzione del 9%, corrispondente a poco meno di 10 milioni di ettolitri. C'è un punto sul quale i paesi vitivinicoli sembrerebbero tutti d'accordo e che rappresenterà una sfida sempre più importante per il futuro: il cambiamento climatico. Si ipotizza, non da meno, la necessità di favorire la coltivazione di varietà più resistenti alle principali patologie della vite, così come quelle più resistenti alle condizioni climatiche che sembrerebbero cambiare un po' ovunque. A titolo di esempio, si può certamente ricordare che – da qualche anno – nel sud del Regno Unito si sta coltivando con successo la vite, tanto da avviare un'interessante produzione enologica. Una condizione – questa – che fino a qualche decennio fa sembrava essere piuttosto improbabile, se non impossibile.

 Per quanto riguarda, nello specifico, la situazione in Italia, oltre alle notizie relative alla vendemmia 2023, l'ICQRF (Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari) ha diramato il nuovo rapporto “Cantina Italia”, relativo alle giacenze di vino del paese. In particolare, la quantità di vino ancora giacente nelle cantine italiane – quindi, non ancora venduto – che si dovrà aggiungere a quello della vendemmia 2023. Secondo il rapporto dell'ICQRF, al 31 Ottobre 2023, nelle cantine italiane sono ancora giacenti 43,2 milioni di ettolitri di vino, equivalente a -5,8% rispetto allo stesso periodo del 2022, tuttavia in aumento del 2,5% rispetto al mese di settembre. In dettaglio, al 31 ottobre 2023, negli stabilimenti enologici italiani sono giacenti 43,8 milioni di ettolitri di vino, 13,5 milioni di ettolitri di mosti e 12,1 milioni di ettolitri di vino nuovo ancora in fermentazione.

 Il 59% del vino è detenuto nelle cantine del Nord, principalmente in Veneto, dove è presente il 24,5% del vino nazionale, soprattutto nelle province di Treviso (10,4%) e Verona (8,4%). Il 53,7% è classificato come DOP (Denominazione d'Origine Protetta), il 24,6% IGP (Indicazione Geografica Protetta) e i vini varietali rappresentano appena l'1,6% del totale. Per quanto concerne i vini DOP, il 52,2% è rappresentato dai vini rossi, che costituiscono, inoltre, il 61,7% dei vini IGP. Il 18,4% è infine rappresentato da altri vini, mentre i varietali costituiscono appena l'1,6%. A queste giacenze si aggiungeranno anche i mosti e vini prodotti dalla vendemmia 2023 e non ancora inclusi nel rapporto dell'ICQRF che, va detto, è basato sui dati contenuti nel registro telematico del vino e che, secondo le stime, contiene almeno il 95% del vino e dei mosti detenuti in Italia. I dati del rapporto “Cantina Italia”, in definitiva, evidenziano che nelle cantine italiane è attualmente giacente una quantità di vino pari a quella mediamente prodotta in una singola vendemmia.

 Va detto – per chiarezza – che gran parte di questo vino è giacente in cantina in attesa che concluda il periodo di maturazione e affinamento. Ma è comunque evidente che si tratti anche di vino delle vendemmie precedenti e ancora invenduto, il quale, con l'arrivo dei nuovi vini della vendemmia 2023, sarà piuttosto improbabile che possa giungere sul mercato e procurare quindi un profitto. Mi riferisco, in modo particolare, al cosiddetto “vino da pronta beva”, quello che generalmente ha possibilità commerciale di poco meno di un anno e che nessuno cerca più con l'arrivo dei vini della nuova annata. Se è vero che si sta verificando un buon successo di vendite del vino italiano, soprattutto con le esportazioni, è anche vero che non è esattamente semplice vendere una quantità di vino così importante nel tempo relativamente breve di un anno. Perché è evidente che – fra 12 mesi – faremo esattamente le stesse considerazioni per il vino dell'annata 2023 pensando al futuro di quello del 2024. Alla fine, ben consapevole di risultare decisamente “impopolare”, il calo della produzione dell'annata 2023 potrebbe anche essere utile per migliorare la condizione critica delle giacenze e riportare un po' di equilibrio e consapevolezza.

Antonello Biancalana



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  Gusto DiVino Numero 234, Dicembre 2023   
Contrasti di Bardolino Classico Chiaretto e Salice Salentino RosatoContrasti di Bardolino Classico Chiaretto e Salice Salentino Rosato I Vini del MeseI Vini del Mese  Sommario 
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Contrasti di Bardolino Classico Chiaretto e Salice Salentino Rosato

Questo mese coloriamo i nostri calici di rosa mettendo a confronto due vini distanti e diversi, espressioni di due regioni lontane e che hanno in comune solamente lo stile e il colore.

 I vini rosati stanno vivendo, per così dire, una seconda giovinezza. Da alcuni anni – e questo è un fatto decisamente positivo – gli appassionati di vino hanno riscoperto, o forse, scoperto per la prima volta, il piacere di vedere il proprio calice colorato di rosa. Questo è accaduto grazie anche all'attività dei consorzi delle denominazioni che prevedono la produzione di vini rosati, con il pieno supporto dei produttori che – da parte loro – hanno compreso l'importanza della qualità nel successo di questo stile di vino. Si deve infatti notare che, in tempi anche non troppo distanti, i vini rosati erano spesso considerati dei vini di seconda linea, messi in un piano inferiore rispetto alla produzione dei vini rossi e bianchi. In passato, infatti, i vini rosati erano spesso il risultato dei salassi di vini rossi, cioè si prelevava una quota di “mosto rosa” dalle vasche di fermentazione dei vini rossi con lo scopo di ottenere una maggiore concentrazione di colore e polifenoli.

 Questa pratica è ancora in uso oggi, ovviamente, ma è evidente che la qualità e la dignità dei vini rosati sia aumentata in modo significativo negli ultimi anni. Oggi, finalmente, la maggioranza dei vini rosati è il risultato di una pratica di produzione specifica che nasce e si sviluppa espressamente con l'unico risultato di ottenere un vino rosato e non il sottoprodotto di un'altra produzione enologica. Va ricordato, infatti, che il vino rosato si produce con una tecnica specifica e propria, la quale prevede una breve macerazione del mosto da uve rosse con le proprie bucce. Al termine di questa fase – che si conclude in genere in meno di dieci ore, raramente oltre le dodici e dipendentemente dal tipo di uva – le bucce sono separate dal mosto e si procede con la vinificazione fino a ottenere il prodotto finale, cioè un vino rosato. La degustazione per contrasto di questo mese mette a confronto due celebri vini appartenenti a questa categoria e previsti da specifici disciplinari di produzione: Bardolino Classico Chiaretto e Salice Salentino Rosato.

 

Bardolino Classico Chiaretto


 

 Bardolino è certamente una delle denominazioni più celebri e importanti della provincia di Verona. La produzione di questo territorio – che si sviluppa nella riva destra del Lago di Garda fino ai comuni della periferia di Verona – oltre a prevedere vini rossi, compreso il “Superiore”, riconosciuto come Denominazione d'Origina Controllata e Garantita (DOCG), produce anche un particolare vino rosato, noto come Chiaretto. Il nome, decisamente evocativo, sottolinea appunto il colore tipicamente “chiaro” rispetto al rosso del territorio, così tenue e scarico, tanto da meritare il nome di “Chiaretto”. La composizione delle uve è esattamente la stessa prevista per i vini rossi della denominazione Bardolino e, fra queste, la Corvina rappresenta la quota principale. Questa varietà, infatti, deve essere presente per almeno il 35% e fino a un massimo del 95%, ammettendo una presenza massima del 20% di Corvinone in sostituzione della Corvina.

 La parte complementare è costituita da Rondinella, per un minimo del 5% fino a un massimo del 40%, eventualmente altre uve a bacca rossa ammesse alla coltivazione nella provincia di Verona e per un massimo del 20%. Fra queste varietà è inclusa anche la Molinara, uva tipica e storica del territorio, che può essere presente per un massimo del 15%. Per quanto concerne la designazione “Classico” – alla quale appartiene il vino che verseremo nel nostro calice – è permessa solamente ai vini della denominazione prodotti nei comuni di Bardolino, Garda, Lazise, Affi, Costermano e Cavaion. In accordo alla tradizione, il Chiaretto è stato prodotto nel 1896 sul lago di Garda dal senatore, avvocato e scrittore veneziano Pompeo Molmenti. A quei tempi si trovava a Moniga del Garda e, utilizzando la tecnica della vinificazione “in bianco” appresa in Francia usando le uve rosse tipiche del territorio, diede vita al “Chiaretto”. Il successo del nuovo vino fu tale che, nel 1970, il giornalista enologico Zeffiro Bocci, in uno dei suoi articoli nei quali riassume la storia dei vini veneti, affermò che «nelle zone viticole veronesi adiacenti al Benaco (nome alternativo del Lago di Garda), si è sempre prodotto un Chiaretto del Garda ben definito».

 

Salice Salentino Rosato

 La Puglia e il Salento hanno un legame profondo con i vini rosati, probabilmente come nessun'altra regione o territorio italiano. Qui, infatti, con l'eccezione di pochi casi, le denominazioni che riguardano la produzione di vini con uve rosse, prevedono anche quella dei rosati con le stesse uve. La Denominazione d'Origine Controllata Salice Salentino, ovviamente, non fa eccezione. Lo stile rosato – di fatto – rappresenta il fondamento dell'intera denominazione ed è lo stile di vino che ha contribuito maggiormente alla ricostituzione e al successo della vitivinicoltura del Salento, quindi della Puglia, al termine della seconda guerra mondiale. Il legame del Salento con il vino, tuttavia, ha radici decisamente più antiche e si ritiene che la vite fosse presente in queste terre già nel 2000 a.C. Un legame così antico che ha condizionato perfino il dialetto locale, tanto da chiamare il vino con i termini mjiere, mjier o mieru, chiaramente derivato dal latino merus, cioè “puro”, “schietto”.

 A tale proposito, si deve inoltre dire che in tempi antichi – nello specifico, quelli dell'antica Roma – merum divenne sinonimo di vinum – cioè vino – e si usava questa accezione quando non era mescolato con altre sostanze o acqua, quindi “puro”. L'uva regina del Salento, quindi anche del suo vino rosato, è il Negroamaro che – in accordo al disciplinare di produzione – deve essere presente per almeno il 75%, mentre la restante parte può essere costituita da uve a bacca rossa idonee alla coltivazione nella regione Puglia. A tale proposito, si deve osservare che, nella maggioranza dei casi, questa quota è composta dalla Malvasia Nera, una composizione che riflette principalmente la storica abitudine di unire queste due uve per la produzione di vini rossi e rosati del territorio. Il Salice Salentino Rosato esprime solitamente qualità di immediatezza e freschezza, spesso vinificato in contenitori inerti con lo scopo di esaltare maggiormente il carattere fruttato del Negroamaro e, non da meno, della Malvasia Nera.

 

La Degustazione


Il
colore del Salice Salentino Rosato
Il colore del Salice Salentino Rosato

 Diamo inizio alla degustazione per contrasto di questo mese e, prima di versare i due vini nei calici, provvediamo a reperire le bottiglie da prendere in esame. Bardolino Classico Chiaretto e Salice Salentino Rosato sono vini che non presentano particolari difficoltà nel reperimento, poiché piuttosto diffusi e facilmente acquistabili in qualunque enoteca ben fornita. I disciplinari di produzione di entrambi i vini consentono l'impiego di più varietà, pertanto faremo attenzione alla loro composizione. Per quanto riguarda il Bardolino Classico Chiaretto, sceglieremo una bottiglia prodotta con Corvina, Rondinella e Molinara. La scelta del Salice Salentino Rosato è determinata da fattori, per così dire, tradizionali e storici, pertanto sceglieremo una bottiglia prodotta esclusivamente con Nergoamaro e Malvasia Nera. Entrambi i vini appartengono alla vendemmia più recente e li serviremo in calici da degustazione alla temperatura di 12 °C.

 Dopo avere versato il Bardolino Classico Chiaretto e Salice Salentino Rosato nei rispettivi calici da degustazione, possiamo iniziare la valutazione organolettica dei due vini, a cominciare dall'analisi dell'aspetto, cioè come si presentano alla vista in termini di colore e trasparenza. Il primo vino che prendiamo in esame è il Bardolino Classico Chiaretto quindi, inclinando il calice sopra una superficie bianca, osserviamo la base così da valutare il colore e la trasparenza. Il vino veneto si presenta alla vista con un colore rosa ciliegia chiaro e buona trasparenza, confermata dalla visione dell'oggetto posto a contrasto fra il calice e la superficie bianca. Osserviamo ora la sfumatura del Bardolino Classico Chiaretto – verso l'apertura del calice, dove lo spessore del vino si fa sottile – la quale conferma la tonalità base rosa ciliegia chiaro. Passiamo ora alla valutazione del colore del Salice Salentino Rosato e, inclinando il calice sopra la superficie bianca, osserviamo la base. Nel vino pugliese rileviamo un colore rosa ciliegia intenso e generalmente più scuro rispetto al Bardolino Classico Chiaretto, tuttavia condividendo la buona trasparenza. Anche la sfumatura del vino è rosa ciliegia intenso.

 I profili olfattivi del Bardolino Classico Chiaretto e Salice Salentino Rosato esprimono al naso caratteristiche ben distinte, prevalentemente dovute dalla composizione delle uve e dai rispettivi territori. Nel Bardolino Classico Chiaretto – risultato dell'unione di Corvina, Rondinella e Molinara – si percepiscono prevalentemente profumi di frutti a polpa rossa, fra questi il lampone, ciliegia e fragola, oltre a sensazioni di agrumi, principalmente rappresentati da mandarino e cedro. Il mondo dei fiori del Bardolino Classico Chiaretto è generalmente espresso nei profumi di ciclamino e rosa canina. Nel profilo olfattivo del Salice Salentino Rosato dominano principalmente i profumi di ciliegia, fragola e mirtillo, non da meno, lampone, susina, pesca e melagrana. Nel vino rosato pugliese, inoltre, si percepiscono nettamente profumi che riconducono a fiori, in modo particolare ciclamino, rosa e biancospino. Infine, il Salice Salentino Rosato può talvolta esprimere al naso un piacevole accenno di anice.

 Riprendiamo la degustazione dei due vini di questo mese e procediamo con l'analisi del profilo olfattivo del Bardolino Classico Chiaretto. Manteniamo il calice in posizione verticale e, senza rotearlo, effettuiamo la prima olfazione così da apprezzare l'apertura del vino, cioè i suoi profumi primari e identificativi. Al naso possiamo percepire – intensi e puliti – profumi di lampone, ciliegia e fragola, seguiti da sensazioni floreali che ricordano la rosa canina e il ciclamino. Dopo avere roteato il calice – operazione che favorisce lo sviluppo degli altri profumi – il profilo olfattivo del vino rosato veneto si completa con mandarino e cedro, oltre a mora e pesca. Passiamo ora alla valutazione del profilo olfattivo del Salice Salentino Rosato e – mantenendo il calice in posizione verticale e senza rotearlo – procediamo con la valutazione della sua apertura. Dal calice possiamo percepire profumi intensi e puliti di ciliegia, fragola e mirtillo, così come profumi di fiori che ricordano il ciclamino e la rosa. Dopo avere roteato il calice, il vino pugliese si completa con profumi di mora, susina, melagrana e pesca.

 Passiamo ora alla valutazione del profili gustativi dei due vini della nostra degustazione per contrasto, iniziando – come nelle fasi precedenti – dall'esame del Bardolino Classico Chiaretto. Prendiamo il primo sorso del vino veneto, operazione che consente di valutare l'attacco, cioè le sensazioni gustative primarie e identificative. In bocca percepiamo una piacevole e intensa freschezza conferita dall'acidità, sensazione che trova immediatamente l'equilibrio grazie all'effetto dell'alcol. Il vino ha un buon corpo e in bocca si percepiscono i sapori di lampone, ciliegia e fragola. Passiamo alla valutazione del profilo gustativo del Salice Salentino Rosato e procediamo quindi con l'analisi del suo attacco. Dopo il primo sorso, il vino rosato pugliese esprime in bocca una spiccata freschezza conferita dall'acidità – generalmente più morbida rispetto al Bardolino Classico Chiaretto – anche in questo caso equilibrata dall'effetto dell'alcol. In bocca si percepiscono, oltre alla buona struttura, sapori di ciliegia, fragola, mirtillo e mora.

 La fase conclusiva della degustazione si concentra sulla valutazione della persistenza gusto-olfattiva, cioè la misura del tempo durante il quale è possibile percepire in bocca le qualità gustative e aromatiche del vino dopo la deglutizione. Il finale del Bardolino Classico Chiaretto è di buona persistenza e in bocca si continuano a percepire i sapori di lampone, ciliegia e fragola, oltre alla piacevole sensazione di freschezza. Il finale del Salice Salentino Rosato è altrettanto persistente e, dopo la deglutizione, si continua a percepire la piacevole freschezza e la sensazione di buon corpo, in genere più robusta del Bardolino Classico Chiaretto. In bocca, inoltre, si percepiscono chiaramente i sapori di ciliegia, fragola, mirtillo e mora. Prima di concludere la degustazione per contrasto di questo mese, valutiamo nuovamente i profili olfattivi dei due vini. Con i calici vicini, procediamo con l'olfazione del Bardolino Classico Chiaretto e poi del Salice Salentino Rosato. Nonostante il profilo caratterizzato prevalentemente da frutti a polpa rossa, i due vini esprimono evidentemente caratteri unici e distinti.

 



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I Vini del Mese


 

Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
Vino con buon rapporto qualità/prezzo Vino con buon rapporto qualità/prezzo
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Colli di Parma Malvasia Spumante Extra Dry Acuto 2021, Carra di Casatico (Emilia-Romagna, Italia)
Colli di Parma Malvasia Spumante Extra Dry Acuto 2021
Carra di Casatico (Emilia-Romagna, Italia)
Malvasia di Candia Aromatica
Prezzo: € 9,40 Punteggio:   Vino con buon rapporto qualità/prezzo

Giallo paglierino brillante e sfumature giallo paglierino, molto trasparente, perlage fine e persistente.
Intenso, pulito, gradevole e raffinato, apre con note di mela, pera e pesca seguite da aromi di ginestra, biancospino, gelsomino, ananas, mandarino, susina e miele d'acacia.
Attacco effervescente e fresco, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole accenno di dolcezza.
Finale persistente con ricordi di mela, pera e pesca.
Prodotto con il metodo Charmat e permanenza sui lieviti per almeno 6 mesi.
Pasta e risotto con pesce e crostacei, Crostacei stufati, Zuppe di funghi, Sformati di verdure



Arcòl 2017, Carra di Casatico (Emilia-Romagna, Italia)
Arcòl 2017
Carra di Casatico (Emilia-Romagna, Italia)
Croatina (50%), Merlot (30%), Pinot Nero (20%)
Prezzo: € 12,80 Punteggio:

Rosso rubino cupo e sfumature rosso granato, poco trasparente.
Intenso, pulito, gradevole e raffinato, apre con note di amarena, prugna e ribes seguite da aromi di viola appassita, mirtillo, cacao, tabacco, cuoio, macis, vaniglia ed eucalipto.
Attacco giustamente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole.
Finale persistente con ricordi di amarena, prugna e ribes.
12 mesi in barrique, 4 mesi in bottiglia.
Carne alla griglia, Stufati di carne con funghi, Carne arrosto, Formaggi



Locorotondo Superiore Cinqueò Almaditria 2021, Upal (Puglia, Italia)
Locorotondo Superiore Cinqueò Almaditria 2021
Upal (Puglia, Italia)
Verdeca, Bianco d'Alessano, Minutolo
Prezzo: € 11,00 Punteggio:

Giallo dorato brillante e sfumature giallo dorato, molto trasparente.
Intenso, pulito, gradevole e raffinato, apre con note di mela, pera e ginestra seguite da aromi di biancospino, gelsomino, nespola, agrumi, ananas, susina e pesca.
Attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole morbidezza.
Finale persistente con ricordi di mela, pera e nespola.
Maturazione in vasche d'acciaio.
Pasta con pesce, Carne bianca saltata, Pesce saltato, Pesce stufato con funghi, Zuppe di legumi



Minutolo Almaditria 2022, Upal (Puglia, Italia)
Minutolo Almaditria 2022
Upal (Puglia, Italia)
Minutolo
Prezzo: € 14,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria

Giallo paglierino brillante e sfumature giallo paglierino, molto trasparente.
Intenso, pulito, gradevole, raffinato ed elegante, apre con note di mela, pesca e cedro seguite da aromi di biancospino, ginestra, gelsomino, pera, melone, ananas, mango, susina, miele e minerale.
Attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole.
Finale persistente con ricordi di mela, pesca e cedro.
Maturazione in vasche d'acciaio.
Pasta con pesce e crostacei, Pesce stufato con funghi, Carne bianca saltata, Sformati di verdure, Latticini



Fiano di Avellino Riserva Serrapiano 2021, Torricino (Campania, Italia)
Fiano di Avellino Riserva Serrapiano 2021
Torricino (Campania, Italia)
Fiano
Prezzo: € 18,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria

Giallo paglierino brillante e sfumature giallo paglierino, molto trasparente.
Intenso, pulito, gradevole, raffinato ed elegante, apre con note di mela, pera e ananas seguite da aromi di biancospino, ginestra, gelsomino, pesca, pompelmo, nespola, susina, nocciola, tiglio e minerale.
Attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole.
Finale persistente con ricordi di mela, pera e nocciola.
6 mesi in vasche d'acciaio.
Pasta con pesce e funghi, Carne bianca stufata, Pesce stufato, Zuppe di pesce e funghi



Taurasi Cevotiempo 2019, Torricino (Campania, Italia)
Taurasi Cevotiempo 2019
Torricino (Campania, Italia)
Aglianico
Prezzo: € 25,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria

Rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente.
Intenso, pulito, gradevole, raffinato ed elegante, apre con note di amarena, prugna e violetta seguite da aromi di garofano, rosa appassita, mora, mirtillo, carruba, cacao, tabacco, macis, cuoio, vaniglia e mentolo.
Attacco giustamente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole freschezza.
Finale persistente con ricordi di amarena, prugna e mora.
24 mesi in botte, 12 mesi in bottiglia.
Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne con funghi, Formaggi stagionati



Tigiolo 2018, Begali (Veneto, Italia)
Tigiolo 2018
Begali (Veneto, Italia)
Corvina (40%), Cabernet Sauvignon (40%), Rondinella (10%), Merlot (10%)
Prezzo: € 16,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria

Rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente.
Intenso, pulito, gradevole, raffinato ed elegante, apre con note di prugna, ribes e amarena seguite da aromi di viola appassita, mirtillo, mora, cacao, tabacco, liquirizia, cuoio, macis, vaniglia ed eucalipto.
Attacco giustamente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole morbidezza.
Finale persistente con ricordi di prugna, ribes e amarena.
Maturazione in botte e barrique.
Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Amarone della Valpolicella Classico Riserva Monte Ca' Bianca 2017, Begali (Veneto, Italia)
Amarone della Valpolicella Classico Riserva Monte Ca' Bianca 2017
Begali (Veneto, Italia)
Corvina (40%), Corvinone (35%), Rondinella (20%), Oseleta (5%)
Prezzo: € 43,00 Punteggio:

Rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente.
Intenso, pulito, gradevole, raffinato ed elegante, apre con note di mora, prugna e viola appassita seguite da aromi di amarena, mirtillo, tamarindo, tabacco, cioccolato, cannella, cuoio, liquirizia, macis, vaniglia e mentolo.
Attacco giustamente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole morbidezza.
Finale molto persistente con lunghi ricordi di mora, prugna e amarena.
40 mesi in barrique, 6 mesi in botte, almeno 6 mesi in bottiglia.
Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati






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  Eventi Numero 234, Dicembre 2023   
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Notiziario


 In questa rubrica sono pubblicate notizie e informazioni relativamente a eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail.

 

Vitigni Resistenti: Passato, Presente e Futuro


 
È ora disponibile sul sito www.valcalepio.org la registrazione del convegno “Vitigni resistenti: passato, presente e futuro” ideato dal Consorzio Tutela Valcalepio svoltosi lo scorso 14 ottobre 2023 nella Sala Alabastro del Centro Congressi Papa Giovanni XXIII a Bergamo.
Un incontro di matrice tecnico-scientifica che ha visto alternarsi sul palco 7 personalità del mondo accademico e della ricerca vitivinicola italiana, 1 rappresentante della realtà vitivinicola accademica Slovena e due relazioni scritte relative alle realtà Francese e Romena.
Ad aprire l'incontro, che ha rappresentato anche la conclusione ufficiale del XIX Concorso Enologico Internazionale “Emozioni dal Mondo Merlot e Cabernet Insieme”, l'enologo Sergio Cantoni, direttore del Concorso, ha voluto citare un aforisma latino ripreso da Riccardo Cotarella nell'ultimo editoriale dell'Enologo. “Rari Nantes in Pelago Profundo”, ovvero “sono pochi i nuotatori in grado di nuotare nel mare profondo”, un richiamo a un emistichio dell'Eneide virgiliana che rappresenta perfettamente quello che è il panorama attuale dell'enologia italiana.
«Il mare dell'enologia italiana attuale, però» ha detto Cantoni «non è solo profondo ma anche agitato da continui attacchi ai quali il comparto non stato in grado di rispondere adeguatamente. Basti pensare alle accuse che pendono sul vino: l'alcol fa male, in vigneto si usano troppi trattamenti. E come rispondiamo noi? Dicendo di bere con moderazione. È ora di smettere di difendersi!». Cantoni ha proseguito sostenendo che il mondo del vino italiano non stia investendo sui due ambiti che potrebbero aiutare a sventare la crisi che pende come una spada di Damocle sul comparto: la comunicazione e la ricerca. Una comunicazione fantasiosa e non mirata solo a vendere il vino a un prezzo più alto, bensì a trasmettere il prodotto vino come parte di uno stile di vita, momento di piacere, convivialità ed emozione. E una ricerca in grado di risolvere i problemi veri dei viticoltori, ad esempio quello dei trattamenti ma anche quello delle malattie non espressamente crittogamiche.
«Ai relatori di oggi chiediamo» ha chiosato Cantoni «a che punto siamo con la ricerca e la proposta di vitigni tolleranti; ma chiediamo anche una prospettiva, non solo per quanto riguarda odio o peronospora. In poche parole: cosa rispondo al contadino che mi chiede cosa piantare per stare tranquillo per qualche anno? Serve una risposta chiara e univoca ché parlare di PIWI come se fossero una sola varietà è sbagliato e traviante per il pubblico: i PIWI sono tanti, diversi tra loro, oggetto di studi e attenta osservazione.»
Il professor Luigi Bavaresco dell'Università del Sacro Cuore ha invitato il mondo del vino a lavorare affinché si riesca «a far divenire il comparto vitivinicolo il campione della sostenibilità ambientale per mettere a tacere tutti i detrattori del vino. Bisogna dimostrare loro che un mondo senza vino è decisamente un mondo peggiore di un mondo con il vino. Va enfatizzato il valore culturale del vino. La storia delle varietà resistenti è lunga e ricca di ricerche internazionali molto interessanti che potrebbero rappresentare una soluzione a questi problemi».
Bavaresco ha sottolineato che nel registro nazionale delle varietà coltivabili sono ammesse ad oggi 36 varietà cosiddette resistenti. Nella maggiorparte dei casi sono vinifera simile per quanto riguarda il profilo sensoriale (soprattutto i bianchi) ma non sono del tutto resistenti alle malattie, necessitano comunque di qualche trattamento e ottengono risultati migliori se coltivati in ambiente di breeding o similare (torniamo qui al fondamentale concetto del terroir).
Tra le prospettive per il futuro lavoro di ricerca Bavaresco ha inserito la necessità di tenere a mente anche il profilo organolettico di questi vitigni e non solo quello della resistenza alle malattie, l'urgenza di ampliare lo spettro delle malattie possibili per valutare nuove resistenze e la possibilità di creare un ente nazionale di valutazione dei risultati ottenuti, su ispirazione di quanto avviene in Francia.
Nel suo intervento il dottor Marco Stefanini, in rappresentanza dell'istituto Edmund Mach, ha voluto ricordare che «la sostenibilità sociale ed economica si ottiene anche migliorando l'interazione Genotipo X Ambiente», sottolineando cioè quanto l'ambiente, il terrori, sia soggetto a cambiamenti continui e come l'unica soluzione possibile sia quella di cercare di adattare le varietà di vite in modo da permettere loro di produrre nel nostro “nuovo” ambiente.
I concetti di resistenza e tolleranza sono stati ripresi da Stefanini che ha tenuto a precisare che resistenza è la capacità della pianta di opporsi alla malattia; tolleranza è, invece, la capacità dell'ospite di sopportare lo sviluppo del patogeno senza subire danni apprezzabili. «Non esiste immunità! Al momento l'obiettivo principale per noi in ottica di sostenibilità ambientale ed economica è la riduzione dei trattamenti. Ai nostri viticoltori diamo 3 indicazioni: sarà comunque necessario trattare le viti, ma i trattamenti saranno ridotti del 70%; resistenza non è immunità; non esiste ancora una resistenza agli insetti. È fondamentale comunicare correttamente: le varietà resistenti sono un contributo non la soluzione a tutti i problemi della viticoltura. Tuttavia nelle aree nelle quali c'è promiscuità tra viticoltura e ambiente urbano i PIWI potrebbero rappresentare un modo di salvaguardare i vigneti che altrimenti andrebbero espiantati».
Ermanno Murari dei Vivai Cooperativi Rauscedo ha aperto il suo intervento soffermandosi sul concetto di sostenibilità che è sì ambientale (e quindi in ottica di riduzione di trattamenti ed emissioni) ma che deve anche essere sostenibilità economica e sostenibilità sociale, vista la vicinanza dei vigneti ai centri abitati. «È anche auspicabile una sostenibilità istituzionale» ha aggiunto, che possa dirimere la confusione di marchi e slogan che rischiano di trarre in inganno il consumatore. Murari ha ricordato che spesso dietro alla commercializzazione di vini prodotti con vitigni resistenti c'è una grande ricerca di marketing per quanto riguarda la scelta del nome del vino e la creazione delle etichette e ha chiuso ricordando l'importanza della ricerca e dell'arte della scienza. «Gli incroci sono una cosa seria, decisamente non semplice. Poniamo il caso che un giorno Einstein incontri Marilyn Monroe. Il figlio dei due potrebbe uscire bello come l'attrice e intelligente come lo scienziato. Ma, attenzione, senza uno studio dietro potrebbe anche uscire brutto come Einstein e intelligente come Monroe! Ecco perché è necessario continuare a studiare e lavorare sulla ricerca di vitigni resistenti che ci aiutino a raggiungere i risultati che auspichiamo.»
«I vitigni PIWI sono uno strumento per rispondere alle sfide della viticoltura» ha esordito il professor Davide Modina dell'Università degli Studi di Milano. «Certo, il primo scoglio da superare è quello costituito dal fatto che ci sono poche informazioni sulle quali basare delle scelte razionali se non dopo onerose prove a carico dei produttori.» Il primo passaggio, quindi, è proprio quello della ricerca, di cui si sta occupando l'università nell'ambito del progetto VITAVAL. Due i concetti principali portati avanti da Modina: visti i risultati delle microvinificazioni sperimentali, per evitare problemi in fase di degustazione, bisogna valutare attentamente le tecniche di vinificazione.
«Se questi vitigni sono nuovi, forse le tecniche di vinificazione standard e tradizionali non si adattano alle loro esigenze. Può darsi che sia il caso di creare nuove tecniche di vinificazione in grado di risolvere eventuali problematiche. È impensabile che tutti i PIWI vadano bene ovunque.» Torna quindi l'invito a valutare attentamente l'interazione tra genotipo e ambiente per ottenere i risultati auspicati e massimizzare la qualità.
Il professor Frank Cus dell'Università di Ljubljana ha presentato un'interessante analisi della realtà produttiva slovena. «Meglio parlare di vitigni tolleranti che resistenti onde evitare di creare false aspettative nei viticoltori» ha detto Cus. Quello che sembra accomunare Slovenia e Italia è la necessità di ridurre il consume dei pesticidi, motivazione primaria che ha spinto alla ricerca di varietà tolleranti. «Anche in Slovenia c'è stato un grande dibattito in merito alla possibilità di includere questi vitigni delle DOP ma vale la pena ricordare che, attualmente, il consumatore ha una conoscenza davvero minima e limitata di queste varietà» ha concluso il ricercatore sloveno.
Nella sua relazione Luca Gonzato di vinievitiresistenti.it ha citato numerosi dati. Tra i più interessanti: Su 680.000 ettari di vigneto Italia i PIWI occupano lo 0,3%; i produttori con vini PIWI in commercio sono attualmente 165, prevalentemente distribuiti tra Veneto e Trentino-Alto Adige. Una buona parte di questi produttori coltiva solo varietà resistenti. Sono tutti piccolissimi produttori (i più grandi dichiarano 5 ettari di vigneto coltivato, in un solo caso si parla di 18 ettari). 350 risultano essere i vini PIWI in commercio, in prevalenza bianchi. La stima di produzione supera il milione di bottiglie. Nel 40% dei casi viene riportato il marchio IGT in etichetta (per ovvie ragioni geografiche si tratta di IGT Veneto e IGT delle Dolomiti).
La professoressa Francesca Venturi dell'Università di Pisa si è concentrata invece sulla comparazione sensoriale dei vini da vitigni tradizionali e vini da vitigni resistenti. «Se mi chiedessero se i vitigni tradizionali danno buoni vini risponderei che dipende, a volte si a volte no. Lo stesso vale per i vitigni resistenti» ha affermato la professoressa. Interessante la prospettiva sul vino non più come alimento bensì come elemento culturale. «Cosa aggiunge il vino alla nostra vita oggi? Non è certamente più un alimento, ma aggiunge un aspetto emozionale e di convivialità alle situazioni che viviamo e anche questo è molto importante». I risultati presentati da Venturi seguono un nuovo protocollo di degustazione che consente la ricerca e l'analisi di descrittori emozionali innovativi e decisamente stimolanti.
Per quanto riguarda l'inserimento di questi vitigni nelle DOC, Venturi ha chiosato «Ci sono voluti secoli per stabilire le basi delle DOC, non possiamo ora pensare di far entrare qualcuno che non conosciamo. Magari le migliorano, ma bisogna ragionarci». Un nuovo invito quindi all'istituzione di un osservatorio che possa seguire questi vini in parallelo a quelli tradizioni per capire come lavorarli e se possono aggiungere un quid emotivo ai nostri vini.
In chiusura Filippo Mobrici, vicepresidente di Federdoc e del Consorzio Barbera d'Asti e Vini del Monferrato ha affrontato la questione della possibilità di inserire questi vitigni nelle DOC, ufficialmente autorizzato dalla Comunità Europea a partire dal 2022. «Federdoc ha demandato ai singoli consorzi la parte sperimentale e di valutazione» ha detto Mobrici. «Molto importante tornare a parlare di vocazionalità», ogni territorio ha necessità diverse, «siamo davvero sicuri che in tutti gli areali abbiamo bisogno dei PIWI?» Al tempo stesso Mobrici ha ricordato che le DOC di un tempo non sono quelle di oggi e che i disciplinari vanno aggiornati lasciando l'apertura ai singoli consorzi di eventualmente valutare di inserire percentuali di queste varietà al loro interno. «Abbiamo bisogno dei PIWI ma vanno sperimentati, vanno messi alla prova nel tempo e su diversi areali» ha concluso Mobrici.

Assodistil-ICE: la Grappa Italiana Sempre più Apprezzata Oltreconfine

Le bevande spiritose made in Italy sono sempre più apprezzate all'estero. Con una presenza di ben 35 denominazioni, di cui 27 distillate, gli spirits a Indicazione Geografica prodotti nel Belpaese hanno, secondo le ultime stime della Commissione Europea, un valore pari a 151 milioni di Euro. Nell'ottica di una maggiore internazionalizzazione ed apertura di nuovi mercati, AssoDistil, grazie alla continuativa collaborazione con ICE, ha organizzato l'evento “Distillati Made in Italy: Born to be Great” portando in Italia operatori del settore food & Beverage provenienti da tutto il mondo. «L'iniziativa mira a promuovere la conoscenza dei distillati Made in Italy con l'obiettivo di aprire nuove opportunità di mercato. I Paesi esteri sono sempre molto attenti e interessati a conoscere ciò che viene prodotto con maestria dalle nostre aziende, autentiche eccellenze di qualità ed esempi virtuosi di sostenibilità. Nei prossimi giorni la delegazione internazionale sarà protagonista di visite guidate alle distillerie volte ad approfondire la conoscenza del territorio e della filiera» spiega Sandro Cobror, direttore di AssoDistil.
«La nostra Associazione rappresenta il 90% per cento della produzione italiana di distillati, annoverando tra i propri Soci i più grandi operatori del settore, ma anche molte piccole aziende di dimensione familiare – prosegue Cesare Mazzetti, presidente del Comitato Acquaviti e liquori di Assodistil – Siamo schierati per la difesa e la promozione delle bevande spiritose italiane, che ben si addicono allo stile di bere moderato da noi fortemente sostenuto, in contrapposizione al dannoso “binge drinking” che fa male non solo alla salute dei consumatori, ma anche all'immagine del settore.
Un impegno che si rafforza anche grazie alla collaborazione con ICE – Italian Trade Agency che, come rimarca Brunella Saccone, Dirigente Ufficio Agroalimentare e Vini – è dal lontano 2017 che l'Agenzia ICE lavora in modo mirato e incisivo sulla promozione di spirits e distillati, con il duplice obiettivo di aumentare le occasioni di export per le aziende e radicare nella percezione estera l'idea che anche questo prodotto, come già il vino e il cibo, è profondamente legato al territorio, alle sue botaniche, a una sapienza generazionale tipicamente italiana. Negli anni abbiamo portato avanti una promozione diversificata per coniugare tradizione e modernità, declinando gli interventi all'estero e in Italia, stringendo alleanze con le Associazioni straniere di bartender e – non ultimo – ricordando sempre l'imperativo del bere moderato e responsabile.»
Durante l'evento il centro studi Nomisma ha presentato un focus dedicato alle abitudini di consumo in Italia legate alla Grappa, mettendo in evidenza come il distillato si stia affermando oltre i confini nazionali. Il 30% della popolazione italiana tra i 18 e i 65 anni consuma grappa. Di questi il 46% preferisce gustarla fuori casa o al ristorante (30%) o al bar al pub (16%). Gli amanti di questo distillato preferiscono assaporarla in compagnia (88%) e in particolare con gli amici (49%) con un 35% che sarebbe interessato a sperimentare cocktail a base di grappa.
Ottimi risultati arrivano anche guardando oltre confine dove la grappa è sempre più apprezzata. In Germania l'export del distillato vale il 54% del market share totale. Performance interessanti provengono anche dagli USA con una crescita in valore (2022/2019) pari al +39% e dal Giappone che realizza un +40% nello stesso periodo temporale.
«Le distillerie italiane sono sempre più vocate ai mercati internazionali: dal 2019 al 2022 le esportazioni di grappa sono cresciute del +32% raggiungendo i 60 milioni di euro» ha ricordato Emanuele Di Faustino, Head of Industry & Retail di Nomisma intervenendo durante l'evento. «Nonostante il calo dell'export registrato nei primi 7 mesi del 2023 (-23%) – da ricondurre alla morsa dell'inflazione e al rallentamento economico che ha colpito gran parte dei mercati di export (Germania in primis, che da sola intercetta oltre la metà dell'export di settore) – le opportunità per un'ulteriore crescita delle vendite di grappa oltre confine non mancano. In tale scenario saranno fondamentali le attività di promozione per far conoscere la grappa in giro per il mondo, fra tutte le degustazioni presso il canale Horeca. Importante anche il digital advertising, soprattutto per intercettare le generazioni più giovani sempre più attratte anche dal suo utilizzo nella mixology» conclude Di Faustino.

Il Termine Cordisco Reintrodotto nel Registro Nazionale della Vite

Con decreto MASAF 597594 del 26 ottobre 2023 è stato reintrodotto nel Registro Nazionale della Vite, accanto al termine Montepulciano, il suo sinonimo Cordisco. Questo termine, scomparso nella trascrizione dal registro cartaceo a quello informatizzato alla fine degli anni 1980, ritorna quindi a poter essere utilizzato nella designazione di vini a base Montepulciano, come già accade per il Calabrese e il suo sinonimo Nero d'Avola.
Una reintroduzione che sembra supportare la rivendica del Consorzio Tutela Vini d'Abruzzo di potere usare il termine Montepulciano solo per i vini prodotti all'interno della regione. L'utilizzo del sinonimo Cordisco consentirà alle altre regioni italiane di indicare correttamente i vini ottenuti da quest'uva secondo quella che è la normativa in fase di adozione.
«Finalmente è stata fatta chiarezza e ringraziamo il ministero per avere accolto questa nostra richiesta – spiega Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio Tutela Vini Abruzzo – Applicando il sinonimo, altri territori potranno ottemperare al nuovo DM Etichettatura e al principio della corretta informazione, evitando illeciti utilizzi e usurpazione delle DOP in etichetta o nella pubblicità dei vini, che a nostro avviso ha il solo risultato di confondere il consumatore finale.»
Dello stesso parere anche la Regione Abruzzo, con il vice presidente della Giunta regionale con delega all'Agricoltura, Emanuele Imprudente, che sottolinea: «Si tratta di un decreto che pone le basi affinché l'utilizzo del nome Montepulciano sia riservato, senza generare confusione, ai vini prodotti in Abruzzo sgombrando il campo da eventuali fraintendimenti. Con l'accoglimento della proposta di reintrodurre la dicitura “Cordisco”, utilizzata già in passato, per i vini prodotti con uve Montepulciano, è stata colmata una lacuna nella designazione di questa tipologia di vino e soddisfatta la nostra richiesta. Pur condividendo l'impianto normativo del cosiddetto “DM etichettatura”, abbiamo il dovere di tutelare le specificità della nostra regione in termini di biodiversità e peculiarità delle colture. Pertanto, d'intesa con il Consorzio tutela vini d'Abruzzo, in un'ottica di sistema, ci impegneremo a far sì che la denominazione Montepulciano d'Abruzzo DOC continui a essere espressione dei vini prodotti all'interno della regione e connoti un territorio ed una vocazione ben definiti».



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Aquavitae

Rassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti

 

Amarone della Valpolicella Classico Riserva Monte Ca' Bianca 2017, Begali (Veneto, Italia)
Liquirizia
Magnoberta (Piemonte)
Liquirizia
Prezzo: € 16,00 - 700ml Punteggio:

Colore mogano intenso e cupo, impenetrabile alla luce.
Intenso, pulito e gradevole con aromi di liquirizia e pungenza dell'alcol impercettibile.
Sapori intensi con pungenza dell'alcol quasi impercettibile, dolce e piacevolmente morbido, accenno amaricato.
Finale persistente con ricordi di liquirizia.
Infusione di radici di liquirizia in alcol.





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Wine Guide Parade

Settembre 2023

I migliori 15 vini recensiti nella nostra Guida e votati dai lettori di DiWineTaste

Pos. Vino, Produttore Voti
1 Montefalco Rosso 2020, Antonelli San Marco 13458
2 Montefalco Sagrantino Passito 2017, Antonelli San Marco 12308
3 Spoleto Trebbiano Spoletino Anteprima Tonda 2020, Antonelli San Marco 11575
4 Sauvignon 2021, Antica Tenuta Palombo 11458
5 Montefalco Sagrantino 2017, Antonelli San Marco 10669
6 Serrapetrona Collequanto 2017, Terre di Serrapetrona - Tenuta Stefano Graidi 10092
7 Spoleto Trebbiano Spoletino Trebium 2021, Antonelli San Marco 10014
8 Cannellino di Frascati 2017, Villa Simone 9726
9 Costa Viola Armacia 2021, Criserà 9363
10 Lige Rosso 2021, Criserà 9327
11 Cesanese 2021, Villa Simone 8962
12 Merlot 2018, Antica Tenuta Palombo 8747
13 Vernaccia di Serrapetrona Vernaccianera 2021, Terre di Serrapetrona - Tenuta Stefano Graidi 8607
14 Rosa Invidiata 2022, Antica Tenuta Palombo 8432
15 Frascati Superiore Villa dei Preti 2022, Villa Simone 8397






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