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Numero 4, Gennaio 2003
Sommario


Editoriale    Sommario della rubrica Editoriale
 Arriva la Guida dei Vini di DiWineTaste
Desideriamo iniziare questo nuovo numero di DiWineTaste e questo nuovo anno, augurando ai nostri cari lettori un felice anno nuovo, auguriamo a tutti i nostri lettori che il nuovo anno porti loro tutto ciò che desiderano e che sia… [continua]
 La Posta dei Lettori



ABC Vino    Sommario della rubrica ABC Vino
 L'Australia
L'Australia
Nonostante la maggioranza della produzione dell'Australia sia limitata ad una determinata zona, questo paese dimostra, anno dopo anno, di essere uno dei protagonisti dell'enologia mondiale… [continua]



Gusto DiVino    Sommario della rubrica Gusto DiVino
 Introduzione all'Esame Olfattivo del Vino
Gli aromi e i profumi di un vino rappresentano il suo più esaltante aspetto, di certo anche il più complesso e difficile da valutare, tuttavia è ricco di soddisfazioni e apre la strada ai piaceri del gusto… [continua]
 I Vini del Mese
Comte de M 1999, Chateau Kefraya (Libano)
Comte de M 1999, Vernaccia di San Gimignano Riserva 1999, San Gimignano Rosso Folgóre 1999, Cabernet Sauvignon 2000, Sauvignon Blanc 2002, Chardonnay 2001, Barolo Cannubi San Lorenzo 1998, Dolcetto d'Alba 2001… [continua]



Produttori    Sommario della rubrica Produttori
 Fattoria Paradiso
La splendida scala d'ingresso alla cantina di affinamento
Fra tradizione e innovazione, fra cultura e promozione dell'arte, a Bertinoro, nel comune di Forlì, in una delle zone più significative dell'enologia Romagnola, si trova questa prestigiosa cantina, imponente per qualità, ricca per patrimonio storico e culturale… [continua]
 Giornale di Cantina


Eventi    Sommario della rubrica Eventi
 Notiziario



Il Cavatappi    Sommario della rubrica Il Cavatappi
 Il Vino al Ristorante
Scegliere un vino al ristorante non sempre riserva buone sorprese: talvolta si trova personale competente mentre altre volte un buon vino viene penalizzato da un pessimo servizio… [continua]



 Il Parmigiano Reggiano
Il Parmigiano Reggiano e il suo coltello
Il Re dei formaggi Italiani vanta una storia antichissima e certamente un gusto attuale che riesce sempre a conquistare anche i palati più esigenti… [continua]
 Wine Parade
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  Editoriale Numero 4, Gennaio 2003   
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Numero 3, Dicembre 2002 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 5, Febbraio 2003

Arriva la Guida dei Vini di DiWineTaste


 Desideriamo iniziare questo nuovo numero di DiWineTaste e questo nuovo anno, augurando ai nostri cari lettori un felice anno nuovo, auguriamo a tutti i nostri lettori che il nuovo anno porti loro tutto ciò che desiderano e che sia per tutti, permetteteci di estendere quest'augurio anche a tutti gli abitanti del nostro pianeta, nessuno escluso, un anno migliore dove la ragione, l'intelligenza umana e il buon senso prevalgano finalmente sulla stupidità, vera piaga dei nostri tempi, forse dell'umanità di tutti i tempi.

 Anno nuovo, traguardi e obiettivi nuovi. Siamo giunti al nostro quarto numero, un traguardo certamente modestissimo, ma per noi ricco di buoni risultati, che ci fanno ben sperare per il futuro e per i quali dobbiamo innegabilmente ringraziare tutti voi, cari lettori, che continuate a leggerci e ad onorarci della vostra preferenza. Grazie a tutti, grazie ancora.


 

 Dicevamo, anno nuovo, traguardi e obiettivi nuovi. Vogliamo iniziare il 2003 annunciando ai nostri lettori la prima novità e l'obiettivo che c'eravamo prefissi all'inizio di questa impresa, come sempre, ci auguriamo che questo incontri il vostro favore e il vostro interesse. Come sapete, nelle pagine di DiWineTaste ogni mese pubblichiamo i risultati delle degustazioni che si svolgono nella nostra redazione, e questi vengono pubblicati in due rubriche distinte: “I Vini del Mese” e “Produttori”. Nella prima rubrica vengono pubblicati i risultati delle degustazioni relativamente ai vini che i produttori ci fanno pervenire in redazione, nella seconda i vini delle cantine che andiamo personalmente a visitare. Abbiamo deciso di rendere disponibili sul nostro sito, www.DiWineTaste.com, tutte le schede relative ai vini pubblicati fino ad oggi, compresi quelli che troverete in questo numero, in breve, con il nuovo anno arriva anche “la Guida dei Vini di DiWineTaste”.

 Ci piacerebbe comunque illustrare ai nostri lettori sia le finalità di questo nuovo progetto, sia il modo con cui utilizzarlo. Chiariamo subito un punto: non è nostra intenzione creare una nuova “guida”, vale a dire uno strumento che ha lo scopo di magnificare certi vini e distruggerne altri, riteniamo che ne esistano già abbastanza e la nostra non farebbe che, forse, confondere ulteriormente le idee ai consumatori. Il nostro obiettivo primario rimane sempre e comunque lo stesso, lo stesso che abbiamo dichiarato nel primo numero e nelle pagine del nostro sito: ci interessa diffondere la cultura del vino e fare informazione enogastronomica. In verità, nelle pagine della nostra pubblicazione esprimiamo i nostri pareri su alcuni prodotti, ma vogliamo, e crediamo, che l'ultima parola, quella che premi realmente i produttori non debba essere la nostra, del resto non siamo che un piccolo gruppo se comparato a tutti voi che ci leggete, ma spetti unicamente e innegabilmente ai consumatori, a tutti voi. Questo è uno dei motivi per i quali crediamo che la promozione e la diffusione della cultura del vino siano essenziali a questo scopo: ognuno deve essere capace, autonomamente, di decidere cosa preferire e cosa non preferire.

 Abbiamo pensato alla creazione di uno strumento che, grazie anche alle possibilità offerte dalla telematica e dall'informatica, possa divenire uno strumento di consultazione e di ricerca; abbiamo pensato ad uno strumento che sia in continua crescita e che venga arricchito ogni mese, che ricordi il nostro passato e guardi verso il futuro. Ci piace l'idea che i nostri lettori vedano la “Guida dei Vini di DiWineTaste” come uno strumento che gli consenta di ricercare determinati vini e secondo determinati criteri, uno strumento che consenta anche di valutare e confrontare un gruppo di vini, magari aventi caratteristiche comuni. Ci piace l'idea di offrire un nuovo servizio ai nostri lettori, coerente con lo spirito che anima DiWineTaste, e questo è lo spirito che ci ha convinto a dare vita alla nostra “guida”.

 La guida verrà aggiornata ogni mese, in concomitanza con l'uscita di ogni nuovo numero, e verranno aggiunte le schede e le caratteristiche dei vini pubblicati ogni mese. Abbiamo cercato di dare alle schede della guida lo stesso aspetto di quelle pubblicate nella rivista, con l'eccezione di non riportare il prezzo. Questa scelta è dettata prevalentemente da motivi pratici poiché nella guida saranno presenti tutti i vini recensiti, pertanto l'indicazione del prezzo sarebbe destinata a perdere importanza con il passare del tempo. L'utilità e la consistenza del prezzo è relativa al momento in cui viene pubblicata la recensione; la stessa informazione sarebbe evidentemente scaduta e non attendibile a distanza di tempo. Ci rendiamo perfettamente conto che nel suo stato attuale la nostra guida non sia estremamente ricca, per la poca quantità di vini contenuti, poco meno di 50, ma, come siamo soliti ripeterci, procediamo per piccoli passi e questo non è altro che l'ennesimo piccolo passo del nostro viaggio che, inevitabilmente, doveva pure iniziare in qualche modo e da qualche parte.

 Quello che vedrete nelle pagine del nostro sito rappresenta di certo un punto di partenza; tuttavia, in questa sua preliminare fase, la guida si propone già di mostrare il suo preciso indirizzo e utilizzo, in attesa di arricchirsi, con il passare dei mesi, di nuovi vini e, probabilmente, di nuove funzioni. Come sempre, il vostro supporto sarà essenziale per farci comprendere se questa è la strada giusta: ogni vostro commento e opinione, così come ogni vostra proposta saranno certamente i benvenuti.

 Dopo tante premesse e puntualizzazioni, cerchiamo di capire cosa offre la “Guida dei Vini di DiWineTaste”. La guida è principalmente uno strumento di ricerca e di comparazione: sarà sufficiente indicare i criteri su cui basare la ricerca e verrà presentato un elenco di vini che soddisfano tutti i criteri indicati. Una volta ottenuto l'elenco dei vini risultanti sarà possibile visualizzare in dettaglio la sua scheda di valutazione, che comprenderà le stesse informazioni che sono state pubblicate su DiWineTaste. Al fine di facilitare la comparazione e la valutazione di più vini, ogni scheda sarà visualizzata in una finestra propria in modo che possano essere affiancate e confrontate contemporaneamente.

 La guida consente di ricercare i vini attraverso l'indicazione dei seguenti parametri: produttore, annata, punteggio, nazione, regione, zona, tipologia, nome del vino, uve e, infine, per la pietanza di abbinamento enogastronomico. I vini risultanti dalla ricerca saranno quelli che soddisferanno tutti i criteri indicati. Una possibilità che ci sembra utile è quella di chiedere alla guida un elenco di vini che possano essere abbinati ad una determinata pietanza; la nostra guida, pertanto, non è solo un “semplice” elenco di vini, ma anche uno strumento ad uso enogastronomico, che vi proporrà il vino, o i vini, che meglio si abbineranno con determinati cibi. La possibilità di indicare un gruppo di criteri è inoltre utile ai fini enogastronomici: in questo caso si potrà chiedere alla guida di indicare un vino, o dei vini, che possano essere abbinati con una determinata pietanza e, magari, prodotti con uve specifiche e proveniente da una determinata zona e, ancora, di un determinato produttore. Allo stesso modo, sarà possibile ricercare dei vini prodotti con determinate uve e provenienti da determinate zone, così come prodotti da determinate cantine. Abbiamo cercato di rendere quanto più possibile versatile e flessibile questo strumento: speriamo che risulti utile a tutti coloro che ne faranno uso.

 Ci auguriamo che la nostra guida sia di vostro gradimento e che incontri il vostro consenso; magari potrà esservi utile nella scelta di un vino che deciderete di aprire in un momento particolare della vostra vita, magari per festeggiare un lieto evento, non da ultimo per valutare e confrontare vini che possiedono caratteristiche comuni, anche se, come ben sappiamo, ogni vino è inevitabilmente diverso da ogni altro. Infine, ci auguriamo che la nostra guida sia uno strumento che ci consenta di raggiungere quello scopo che per noi è fondamentale: promuovere e diffondere la cultura e l'informazione enologica ed enogastronomica. Sarebbe veramente un gran bel risultato, tuttavia, siamo consapevoli che, né noi né la nostra guida, sono perfetti: siamo certamente aperti e disponibili ad ogni nuova idea e opinione che ci consenta di ottenere un prodotto migliore, a tal proposito, ogni vostro commento e opinione saranno i benvenuti, sempre.

 Concludiamo augurandovi ancora un felice 2003, ci auguriamo proprio che sia un felice e buon anno per tutti, ma proprio tutti. Felice e buon anno 2003!

 



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La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione.

 

Ho sentito dire che il vino conservato in bottiglie più grandi è migliore di quello conservato nelle bottiglie normali. È vero?
Carol Swain -- Albany, New York (USA)
In linea di massima, sì, è vero. Il vino conservato in bottiglie più grandi, come per esempio la magnum, invecchia più lentamente che nelle bottiglie normali e sviluppa pertanto caratteristiche più complesse, eleganti e raffinate. Quanto detto vale in genere per i vini rossi adatti all'affinamento in bottiglia, in quanto esistono pochi vini bianchi adatti a questo scopo poiché tendono, in pochi anni, a perdere la loro freschezza e vivacità. Inoltre va considerato che lo spumante prodotto con il metodo classico, come lo Champagne, quando viene fermentato in bottiglie grandi sviluppa aromi e profumi più raffinati ed eleganti di quello fermentato in bottiglie normali.



Sono un appassionato di vini, in particolare di quelli Francesi della zona di Bordeaux. Spesso sento parlare di terroir, senza però avere ben compreso cosa sia, e sembra essere un termine importante. Cosa significa esattamente terroir? Complimenti per la vostra pubblicazione.
Simon Wilson -- Worthing, Sussex (Inghilterra)
Il termine terroir è prevalentemente utilizzato nella zona di Bordeaux. Il suo significato letterale è “terreno” e viene utilizzato nell'espressione Francese “goût de terroir” cioè “gusto del terreno”. Nell'enologia di Bordeaux, il termine terroir indica in realtà, oltre al tipo specifico di terreno, anche fattori geografici che influiscono direttamente sulla qualità del vino, come l'altitudine, la posizione rispetto al sole, l'angolo di inclinazione del terreno, il drenaggio del sottosuolo e le condizioni microclimatiche della zona. Nella Borgogna si utilizza il termine “climat” per indicare le condizioni locali, come per il “terroir”, molto ristrette, spesso non più estese di un vigneto.



Complimenti per la vostra pubblicazione che trovo molto completa e ben fatta. Volevo farvi questa domanda: qual'è la differenza fra il Cava prodotto in Spagna e gli altri vini spumanti prodotti in altre nazioni, come per esempio lo Champagne?
Alberto Ramajo -- Valladolid (Spagna)
A parte la zona di produzione, esistono altre differenze fra il Cava e lo Champagne, così come gli altri spumanti prodotti con metodo classico. La modalità di produzione prevista per il Cava è, appunto, il metodo classico della rifermentazione in bottiglia, proprio come lo Champagne. Le uve impiegate per la produzione nel Cava sono il Macabeo, il Xarel-lo e la Parellada, mentre per lo Champagne si utilizzano lo Chardonnay, il Pinot Nero e il Pinot Meunier. C'è comunque da osservare che in alcuni Cava si fa uso sia dello Chardonnay sia del Pinot Nero che in genere gli consente di acquisire maggiore struttura e longevità. Un'altra differenza è rappresentata dal periodo minimo di rifermentazione in bottiglia: dovuto alle caratteristiche delle tre uve locali utilizzate per la produzione del Cava, il tempo minimo di rifermentazione è di soli 9 mesi.



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L'AustraliaL'Australia  Sommario 
Numero 3, Dicembre 2002 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 5, Febbraio 2003

L'Australia

Nonostante la maggioranza della produzione dell'Australia sia limitata ad una determinata zona, questo paese dimostra, anno dopo anno, di essere uno dei protagonisti dell'enologia mondiale

 L'Australia è il paese al quale si pensa piuttosto per la ricchezza della sua particolare fauna e flora, per i suoi suggestivi incontaminati e selvaggi luoghi, piuttosto che per i suoi ottimi vini. Di certo i produttori Australiani si sono dati molto da fare in modo da fare conoscere i prodotti della loro enologia, la cui produzione è prevalentemente esportata all'estero. Lo sviluppo dell'enologia Australiana è stata, forse, fra le più rapide ed efficienti di tutto il mondo, una storia piuttosto recente e un eccellente livello qualitativo raggiunto in poco tempo, non solo, aggiungendo anche un carattere di tipicità ai propri prodotti, sia con l'apporto di tecnologia sia con l'uso della botte, fino ad arrivare a creare una vera e propria impronta unica e, soprattutto, “Australiana”.

 Forse il segreto del successo del vino Australiano è stata l'adozione, fin dai primi momenti del “rinascimento” della loro enologia, di avanzate tecnologie enologiche e di pratiche all'avanguardia, un passo che ha consentito un rapido sviluppo e un livello elevato; non a caso i più famosi “flying winemakers” (enologi volanti) del mondo provengono appunto dall'Australia e vengono spesso chiamati da aziende vinicole Europee e Americane in modo da avvalersi della loro collaborazione e competenza.


L'Australia
L'Australia

 L'Australia è attualmente l'ottavo produttore di vino del mondo e ha un consumo pro capite di circa 20 litri, attestandosi al diciottesimo posto fra i consumatori di vino del mondo. Di fatto, in Australia si produce più vino di quanto se ne consumi, una condizione che impone una forte strategia commerciale rivolta in buona misura all'estero, fino al punto ad avere una quota di esportazione di vino verso alcuni paesi occidentali, come per esempio negli Stati Uniti d'America, prossima a quella degli storici produttori Europei come l'Italia e la Francia. Va comunque considerato che uno dei fattori principali per il successo dell'enologia Australiana e che ha contribuito alla loro diffusione e al loro apprezzamento, è senz'altro l'ottima qualità offerta ad un prezzo accessibile e ragionevole. Ovviamente, questo si verifica in termini generali, come in ogni paese vinicolo del mondo, esistono le dovute eccezioni; ci sono vini Australiani il cui costo è elevato tanto quanto quelli delle più blasonate cantine Europee o Americane.

 La storia della viticoltura e dell'enologia Australiana è, rispetto agli altri paesi vinicoli d'Europa, relativamente giovane. Si ritiene che la vite fu introdotta in Australia nel 1788 dall'allora governatore, capitano Arthur Phillip, che riportò a Sydney, di ritorno da uno dei suoi viaggi all'estero, degli esemplari di viti provenienti, non dall'Europa, ma da Rio de Janeiro e da Capo di Buona Speranza (Sud Africa). Queste viti furono piantate nelle tenute del governatore che risultarono essere dei buoni terreni per la coltivazione della vite ma non per la produzione di vino. Il governatore non si diede per vinto e decise di ripetere l'esperimento e piantò un nuovo vigneto nel giardino in una proprietà a Parramatta, poco a nord di Sydney. Questo terreno risultò essere molto più adatto del precedente, tanto che incoraggiò Phillip a fare richieste ufficiali al governo inglese perché fossero inviati in Australia degli esperti in viticoltura e in enologia. Per tutta risposta, il governo Inglese inviò due detenuti Francesi, ai quali fu offerta in cambio la libertà, convinti che ogni Francese fosse un esperto di enologia, o che comunque sapesse qualcosa di viticoltura e di enologia. I risultati furono, com'era prevedibile, catastrofici, tanto che uno di loro fu rispedito in Inghilterra, mentre l'altro tentò di produrre sidro, commettendo la “leggerezza” di usare le pesche al posto delle mele. Di certo, l'enologia Australiana non poteva avere un inizio peggiore di questo.


 

 Nonostante questo “incidente di percorso”, si hanno notizie che fra il 1820 e il 1840 la viticoltura e l'enologia erano ben diffuse e radicate nel Galles del Sud, in Tasmania, nell'Australia Occidentale, nella Victoria e nell'Australia Meridionale. Le specie di viti coltivate a quell'epoca erano di esclusiva provenienza Europea, non si conoscono specie di viti autoctone Australiane, e la pratica dell'ibridazione, diffusa negli Stati Uniti d'America di quel tempo, non fu mai adottata. In realtà va osservato che il suolo Australiano, a differenza di quello Americano, non era infestato da parassiti, come la temibile fillossera, e quindi la coltivazione delle specie Europee non presentò grosse difficoltà. Tuttavia questo flagello non risparmiò nemmeno l'Australia e fece ufficialmente la sua comparsa nelle terre della Victoria nel 1877. Curiosamente, fu l'unico luogo dove si diffuse la fillossera e non si propagò nemmeno nei territori confinanti che, a tutt'oggi, sono stati risparmiati dalle terribili conseguenze di questo minuscolo parassita della vite. L'arrivo della fillossera alterò, come in tutti gli altri luoghi da questa infestati, sia la produzione sia le strategie produttive, costringendo i produttori ad adottare opportune misure preventive. Nonostante i danni subiti dalla fillossera, la Victoria divenne, verso la fine del 1800, il maggiore produttore dell'Australia e da sola riusciva a produrre quasi il doppio di tutti gli altri stati.

 La comparsa della fillossera modificò comunque lo stile produttivo della Victoria e questo segnò l'inizio, unitamente ad altri eventi, del suo declino. Il mutamento delle preferenze dei consumatori, dal vino secco a quello fortificato, portò agli inizi del 1900, alla ribalta l'Australia Meridionale fino a farla divenire la zona vitivinicola più importante dell'Australia, che di certo, rispetto alla Victoria, non aveva sofferto dei danni provocati dalla fillossera. Nel 1930 l'Australia Meridionale produceva oltre il 75% del vino prodotto in Australia e fu proprio in quel periodo che la “Valle della Barossa” divenne famosa. La produzione era sempre e comunque incentrata sui vini fortificati che venivano prevalentemente esportati, soprattutto in Inghilterra.

 Il rilancio dell'enologia Australiana ha avuto inizio verso la metà del 1950, un processo che ha portato a cambiamenti radicali e che ha riportato l'attenzione dei produttori alla produzione di vini secchi piuttosto che a quelli fortificati; un processo che ha reso l'enologia Australiana quello che è oggi. L'investimento massiccio che si operò in favore delle tecnologie più avanzate, gli innumerevoli esperimenti che si condussero a favore del miglioramento delle tecnologie enologiche, hanno permesso agli enologi Australiani e alla scuola enologica dell'Australia di arrivare ad occupare un posto di rilievo nello scenario enologico di tutto il mondo. Un risultato eclatante che è stato conseguito in un periodo piuttosto breve: circa 30 anni. Un passaggio drastico che ha fatto completamente dimenticare la mediocre produzione precedente agli anni '50 dello scorso secolo, un passaggio che ha condotto l'Australia e i vini Australiani fra le posizioni di primaria importanza di tutto il mondo enologico.

 

Il Sistema di Qualità Australiano

 A differenza degli altri paesi produttori di vino del mondo, l'Australia non prevede alcun sistema di produzione di qualità regolamentato da norme e leggi. Non esistono, al momento attuale, norme che indicano ai produttori quali uve sono permesse per la produzione di determinati vini, delimitazioni geografiche di aree o pratiche enologiche e viticolturali consentite. Per rendere chiaro il concetto, non esistono disciplinari di produzione come sono in vigore, per esempio, in Francia (AOC), in Italia (DOC) o negli Stati Uniti d'America (AVA).

 In realtà, l'esigenza di creare un sistema di produzione di qualità legalmente istituito e riconosciuto emerse circa 40 anni fa, i primi tentativi risalgono al 1963 circa, ma a tutt'oggi non esistono indicazioni e disciplinari che regolamentano la produzione. Tuttavia in Australia è in vigore un sistema che definisce e impone direttive che devono essere applicate nella compilazione delle etichette. Questo sistema, che prende il nome di LIP, (Label Integrity Programme) è regolamentato dall'Australian Wine and Brandy Corporation che ha inoltre il compito di definire e regolamentare, il processo di definizione del sistema è ancora in via di definizione, le zone di produzione vitivinicola dell'Australia. Questo sistema impone ai produttori che le etichette dei loro vini devono essere composte e strutturate in modo tale da fornire delle indicazioni specifiche ai consumatori, relativamente al vino contenuto nella bottiglia. Per la corretta valutazione del vino Australiano si rende quindi necessaria la conoscenza delle indicazioni riportate nelle etichette e il modo in cui queste vanno interpretate.

 

  • Se nell'etichetta è riportato il nome dell'uva con cui si è prodotto il vino, almeno l'85% dovrà essere prodotto con l'uva indicata
  • Se nell'etichetta è riportato il nome della zona di produzione, almeno l'85% del vino dovrà essere prodotto nella zona indicata
  • Se nell'etichetta è riportato l'anno della vendemmia, la percentuale minima di vino prodotto in quella specifica annata dovrà essere di almeno il 95%
  • Nel caso in cui un vino sia prodotto con più uve, queste vanno indicate nell'etichetta per ordine di quantità e in senso decrescente. Se, per esempio, nell'etichetta si troverà scritto “Cabernet Sauvignon-Shiraz”, significa che il vino è prodotto con le uve indicate, di cui il Cabernet Sauvignon costituisce la percentuale maggiore. L'esatta percentuale di composizione della miscela deve essere inoltre riportata fra le indicazioni dell'etichetta, spesso, viene specificato nel retro etichetta. Lo stesso principio si applica anche a vini che riportano in etichetta più di una zona

 Va inoltre osservato che nelle etichette dei vini Australiani possono anche apparire dei nomi di fantasia, o aziendali, attribuiti ai vini, spesso si trovano sia nomi di fantasia, sia la composizione delle uve. Un'altra consuetudine che si ritrova nelle etichette dei vini Australiani è la frequenza con cui appare la dicitura “Bin” seguita da un numero. Questa consuetudine, che probabilmente ha avuto inizio nei primi anni del 1930, indicherebbe in realtà il numero del contenitore (bin in inglese ha proprio questo significato) dove è stato conservato il vino prima dell'imbottigliamento. Il sistema di numerare i contenitori era praticato dai produttori in modo da avere traccia dei vini prodotti nelle varie annate, così come dei vari assemblaggi o vinaggi che venivano realizzati nella cantina oltre a particolari vini prodotti in determinate zone o vigneti. Il numero, in pratica, identificava un determinato vino prodotto in un determinato anno e con un determinato metodo. Questo sistema è oramai divenuto consuetudine fra i produttori Australiani tanto da essere ancora utilizzato e, ancora oggi, moltissimi vini Australiani riportano in etichetta la dicitura Bin seguita dal numero con cui sono da sempre conosciuti.

 

Zone di produzione

 La produzione vinicola dell'Australia è praticamente incentrata nella zona meridionale, in particolare nei territori del Nuovo Galles del Sud, Victoria e Australia Meridionale, quest'ultima è da considerarsi come la zona più importante e più produttiva del paese. La maggioranza della produzione è realizzata dalle attivissime e fiorenti aziende vinicole che si trovano in prossimità delle città di Sydney, Canberra, Melbourne e Adelaide. Il resto della produzione, con quote decisamente più modeste, è realizzato in Tasmania e nell'Australia Occidentale, nei pressi di Perth. Si registra inoltre una produzione piuttosto marginale anche nelle aree del Queensland e nei territori settentrionali.

 Una delle caratteristiche che contraddistingue l'enologia e la viticoltura Australiana, è il massiccio impiego di tecnologie, dalla vigna fino alla cantina. Le vendemmie, così come gli altri lavori in vigna, sono in genere meccanizzate, raramente i produttori raccolgono le uve manualmente, forse, per mancanza di personale, e i processi di vinificazione sono condotti secondo le più avanzate tecnologie. Quello che emerge è lo spirito di adattamento e di sperimentazione degli Australiani, forse, più che in ogni altro paese, qui si da libero spazio alle idee e alla sperimentazione, sia in vigna sia in cantina, e spesso i risultati vengono perfino adottati dalle industrie vinicole di altri paesi.

 In Australia si producono sia vini bianchi sia vini rossi, con una maggiore percentuale a favore dei bianchi, oltre ad una discreta quantità di vini spumanti e vini fortificati. Le uve bianche più coltivate in Australia sono lo Chardonnay, il Riesling e il Sémillon (che qui viene scritto some Semillon), mentre le uve a bacca rossa più coltivate sono il Cabernet Sauvignon e il Syrah (che in Australia, oltre che nel Sud Africa, viene chiamato Shiraz). Senza ombra di dubbio i migliori risultati dell'enologia Australiana sono rappresentati dallo Chardonnay, per i vini bianchi, e dallo Shiraz per i vini rossi. Altre uve a bacca bianca coltivate in Australia, seppure in quantità decisamente più modeste, sono il Muscadelle, il Muscat Blanc à Petits Grains, il Muscat Gordo Blanco (nome con cui è noto in Australia il Moscato d'Alessandria), il Palomino e il Pedro Ximénez (utilizzati prevalentemente per i vini fortificati), il Sauvignon Blanc e il Verdelho. Fra le altre uve a bacca rossa troviamo invece la Grenache, Merlot, Mourvèdre e il Pinot Nero.

 

Australia Meridionale

 L'Australia Meridionale è senza ombra di dubbio la zona più rappresentativa e produttiva di tutto il paese. Più della metà di tutto il vino Australiano è prodotto in questa zona ed è proprio qui che si trovano le aree vitivinicole più prestigiose, come, per esempio, la Barossa Valley, Coonawarra, Adelaide Hills, Eden Valley, Clare Valley, Padthaway e McLaren Vale. La zona più attiva e importante si sviluppa intorno alla città di Adelaide con l'eccezione di Padthaway e Coonawarra che si trovano all'estremità più a sud di questa zona.

 Fra le aree di produzione dell'Australia Meridionale, Barossa Valley e Coonawarra sono quelle che certamente sono le più famose, non solo di questa zona, ma anche di tutta l'Australia. La Barossa Valley, che si trova in prossimità di Adelaide, è famosa per i suoi potenti e strepitosi vini prodotti con uve Shiraz, mentre Coonawarra per i vini prodotti con uve Cabernet Sauvignon. Oltre che i suoi Shiraz, la Barossa Valley è anche famosa per lo Chardonnay, nella maggior parte vinificato facendo uso della botte, ed è proprio in questa zona che si trova le più importanti e produttive aziende che fabbricano botti, un evidente segno di quanto la botte e il legno sia utilizzato sia nella Barossa Valley sia in Australia. Fra gli altri vini di interesse prodotti nella Barossa Valley troviamo buoni esempi di Riesling, Sémillon e Cabernet Sauvignon.

 La Clare Valley, a nord della Barossa Valley, produce vini raffinati ed eleganti fra cui, probabilmente fra i più noti, sono quelli di uve Riesling e Cabernet Sauvignon. Un'altra zona di eccellenza dell'Australia Meridionale è certamente Coonawarra, che produce eccellenti vini sia rossi sia bianchi. Inizialmente, fu lo Shiraz a primeggiare in questa zona e, nonostante rimanga ancora una delle uve di primaria importanza in questa area, si è scoperto successivamente che il suo territorio era particolarmente adatto per il Cabernet Sauvignon. Fra i vini bianchi si producono il Riesling, che si esprime in questa zona in modo superbo, oltre allo Chardonnay, fra i migliori di tutta l'Australia. Poco a sud di Adelaide si trova un'altra zona di sicuro interesse, denominata Southern Vales, e che comprende l'area di McLaren Vale, dove si producono eccellenti esempi di vini da uve Shiraz, Cabernet Sauvignon e Chardonnay.

 

Nuovo Galles del Sud

 Il Nuovo Galles del Sud rappresenta, di fatto, la seconda zona di produzione dell'Australia. Fra le sue aree più note troviamo la Hunter Valley, Mudgee e Riverina. Senza ombra di dubbio, la più celebre area di questa zona è la Hunter Valley, a nord di Sydney, nota per l'eleganza dei suoi Chardonnay, non da ultimo, per i suoi sorprendenti vini da uve Sémillon. I vini prodotti con Sémillion della Hunter Valley posso apparire, in gioventù, come dei vini ordinari e poco entusiasmanti, in realtà quando si concede loro il giusto tempo di affinamento in bottiglia, di almeno 5 anni, ma spesso anche 10, diventano straordinariamente complessi ed avvincenti: intensi e netti aromi e sapori di miele, nocciola e frutta secca esplodono dal bicchiere in modo sorprendente.

 Un'altra zona di interesse del Nuovo Galles del Sud è Mudgee, che si trova ad ovest della Hunter Valley, dove si producono, probabilmente, i migliori vini da uve Cabernet Sauvignon di tutta la zona. Nella parte centrale di questa zona troviamo l'area di Riverina, che è prevalentemente nota per la sua produzione di vini fortificati oltre ad una vasta produzione di vini da tavola e di largo consumo.

 

Victoria

 La zona di Victoria è stata, fino alla fine degli anni 1960, la più importante zona di produzione di tutta l'Australia, tuttavia, quando l'enologia Australiana riprese slancio verso quel processo di trasformazione che l'ha resa una solida realtà, Victoria ha ceduto il suo scettro all'Australia Meridionale. Attualmente la Victoria è la terza zona vinicola più importante dell'Australia ed è la zona più a sud dell'Australia, se si esclude ovviamente l'isola di Tasmania, nei pressi di Melbourne.

 Le aree in prossimità dell'oceano, come per esempio Yarra Valley, Geelong e Mornington Valley, sono caratterizzate da un clima piuttosto fresco e quindi vocate alla produzione di vini da uve Chardonnay e Pinot Nero. Nelle aree più interne di questa zona, Central Victoria, Goulburn Valley, Pyrenees e Grampians, il clima è più adatto alla produzione di vini da uve Shiraz e Cabernet Sauvignon. Da notare che nella Victoria si rileva inoltre una buona produzione di vini spumanti prodotti con metodo classico e, nelle aree di Rutherglen e Glenrowan, un'interessante produzione di vini da dessert da uve moscato.

 

Tasmania

 La Tasmania, un'isola a forma triangolare che si trova a sud dell'Australia, è fra le aree vinicole emergenti e che stanno conquistando un posto di interesse fra quelle del paese. La produzione è prevalentemente incentrata nelle coste settentrionali e nelle coste meridionali dell'isola. Il clima particolarmente fresco dell'isola è adatto all coltivazione di uve rosse, in particolare il Cabernet Sauvignon e Pinot nero, tuttavia troviamo un'interessante produzione di vini bianchi da uve Chardonnay e Riesling. I vini della Tasmania sono famosi per la loro delicatezza e la loro eleganza e in questa isola si producono inoltre vini spumanti metodo classico da uve Chardonnay e Pinot nero.

 

Australia Occidentale

 Distante dalla zona vinicola principale dell'Australia, a migliaia di chilometri a ovest, troviamo l'Australia Occidentale che si sviluppa intorno a Perth. Pur essendo così distante dall'Australia Meridionale e producendo una quantità piuttosto modesta, se confrontata con l'altra zona, tuttavia qui si trovano interessanti vini prodotti con uve Chardonnay, Sémillon e Sauvignon Blanc per quelle a bacca bianca, Cabernet Sauvignon e Merlot per le uve a bacca rossa.

 L'area più famosa di questa zona è certamente la Margaret River, a sud di Perth, prevalentemente nota per i suoi vini da uve Cabernet Sauvignon, oltre che da uve Chardonnay e Pinot nero. Un'altra area che va ricordata in questa zona è la Swan Valley, ad est di Perth, che è stata prima l'area dell'Australia Occidentale a divenire famosa. Ancora oggi si distingue per la produzione di un vino bianco prodotto con uve Chenin Blanc, Muscadelle e Chardonnay. In quest'area si rileva inoltre una discreta produzione di vini da uve Verdelho. Infine, un'altra area che ha mostrato buone potenzialità è Great Southern Region, all'estremità sud della zona, che, grazie al suo clima fresco, produce buoni vini da uve Pinot nero e Riesling.

 




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  Gusto DiVino Numero 4, Gennaio 2003   
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Introduzione all'Esame Olfattivo del Vino

Gli aromi e i profumi di un vino rappresentano il suo più esaltante aspetto, di certo anche il più complesso e difficile da valutare, tuttavia è ricco di soddisfazioni e apre la strada ai piaceri del gusto

 Quando si prende un calice di vino e si porta alla bocca con lo scopo di berlo, è praticamente impossibile non notare i suoi aromi e apprezzare i suoi profumi, le informazioni che inconsciamente riceviamo dal senso dell'olfatto, determinano in modo rilevante la piacevolezza o il disgusto per ogni cibo o bevanda, qualunque cosa abbia un buon profumo, cibi compresi, ci predispongono in modo positivo alla sua gradevolezza. Quell'incredibile complesso di sensazioni che definiamo come “sapori” e che ci fanno riconoscere un cibo da un altro, che rende piacevole l'atto del mangiare o del bere, è in gran parte determinato dalle sensazioni olfattive che percepiamo; il gusto è in realtà l'unione delle sensazioni gustative fondamentali (dolce, salato, acido e amaro) arricchito dall'infinito patrimonio degli aromi e dei profumi. Non a caso, quando si è raffreddati e si ha il “naso chiuso”, si dice che non si sentono i sapori; in realtà ciò che viene a mancare è quel fondamentale contributo che il senso dell'olfatto conferisce al senso del gusto, quel determinante e discriminante fattore che consente di riconoscere una mela da una pesca, una bevanda da un'altra. Il ruolo dell'olfatto è determinante non solo nella valutazione dei cibi, ma è stato, e sicuramente continua ad essere, il senso che più di ogni altro ha consentito all'uomo di riconoscere situazioni e sostanze pericolose o favorevoli, una condizione fondamentale per la sopravvivenza.


 

 Lo premettiamo: l'esame olfattivo di un vino rappresenta la fase di valutazione più complessa e vasta, certamente una delle fasi più entusiasmanti dell'intera valutazione, pertanto il presente articolo ha unicamente lo scopo di introdurre il lettore all'affascinante e difficoltoso esame olfattivo del vino. Continueremo a parlare dell'esame olfattivo del vino, nonché dello stretto influsso che questo esercita sul gusto, nei numeri successivi: un argomento così vasto e determinante per la valutazione del vino non può essere certamente né sottovalutato né ignorato, merita senz'altro la più alta considerazione e importanza per ogni degustatore di vini.

 Al fine di comprendere l'importanza fondamentale dell'olfatto nel gusto, vi invitiamo a fare il seguente esperimento. Prendete tre bicchieri e versate in ognuno di questi tre succhi di frutta diversi, come per esempio, succo di arancia, succo di ananas e succo di pesca. Bendatevi gli occhi e tappatevi il naso, con le dita oppure con una pinza da bucato. Prendete adesso, a caso, uno dei tre bicchieri e, senza vederlo, prendetene un sorso senza deglutirlo. Passate il liquido su tutta la cavità orale e cercate di assaporate bene ciò che avete in bocca. Espellete il succo dalla bocca e scrivete su di un foglio di quello che, secondo voi, era il gusto del succo che avevate in bocca. Ripetete le medesime operazioni anche con gli altri due succhi. Siete riusciti a riconoscere i tre succhi? Probabilmente no. Le sensazioni che avrete percepito in bocca saranno state di dolcezza più o meno accentuata, di acidità più o meno evidente e una sensazione di amaro più o meno forte, tuttavia, questi erano gli unici indizi che avevate a disposizione per determinare il gusto del succo di frutta. Senza l'aiuto dell'olfatto è praticamente impossibile determinare l'esatto gusto e i sapori di un cibo, quindi, anche il suo riconoscimento.

 Il problema principale nella valutazione olfattiva di un vino, così come di qualunque altra sostanza che emette odori, è la poca abitudine che in genere si ha nel soffermarsi negli aromi e negli odori; il senso dell'olfatto, nonostante sia continuamente in funzione e trasmetta al cervello le sensazioni percepite, è sostanzialmente un senso istintivo e di valutazione immediata, spesso non ci rendiamo conto degli odori che percepiamo, tuttavia il nostro cervello li recepisce e, in base all'esperienza e all'associazione, stabilisce la gradevolezza dello stimolo e predispone l'individuo ad affrontare situazioni pericolose o piacevoli. La valutazione consapevole degli odori richiede attenzione, concentrazione e, dolente nota, esperienza oltre a memoria. L'attenzione e la concentrazione sono requisiti che ognuno possiede, l'esperienza e la memoria, in questo caso olfattiva, è una prerogativa che non appartiene a tutti, la possiedono coloro che hanno deciso, per volontà e per opportunità, di porre sempre e comunque attenzione agli stimoli percepiti dal naso. Una condizione che, ovviamente, può essere alla portata di tutti e che ognuno può senz'altro conseguire. Del resto è praticamente impossibile determinare e riconoscere un odore se questo non è mai stato percepito prima, è impossibile formare una memoria olfattiva, nel nostro caso relativamente agli aromi del vino, se non si pone mai o poca attenzione a ciò che viene percepito dal naso. La soluzione alla formazione di esperienza e di memoria olfattiva è solamente una: fare pratica, tanta pratica e moltissima pratica. Ogni volta che assaggiate un vino, ma questo vale indistintamente per tutte le cose che emettono aromi, soffermatevi con attenzione e concentrazione su tutti gli odori che riuscite a percepire cercando di associare a questi un odore già conosciuto, quindi riconoscibile, oppure, nel caso si tratti di un odore ancora sconosciuto, di associarlo a quel determinato vino cercando, facile a dirsi, di ricordarlo. Un lavoro certamente difficile e impegnativo, tuttavia, questa è la chiave che porta al successo nella valutazione del vino. Siate pazienti e ponetevi difronte al vino con la sincera volontà e modestia di imparare.

 Un altro problema nel riconoscimento degli aromi è dovuto al fatto che questi devono essere individuati all'interno di un gruppo di odori, spesso anche complesso e vasto. Annusare una mela e riconoscerne il suo aroma è certamente semplice: una mela in buone condizioni ha indubbiamente un'evidente aroma di mela. L'aroma di mela lo ritroviamo anche nel vino, tuttavia in questo caso specifico non sarà l'unico aroma che si percepirà dal suo completo profilo olfattivo e sarà necessario riconoscerlo in mezzo a tutti gli altri odori. Inoltre, quando si valuta l'aroma dei vini, ma comunque di qualunque altra cosa, si deve considerare anche l'intensità dello stimolo ricevuto; una condizione che è oggettivamente misurabile ma che è indiscutibilmente soggettivamente percepibile. Un aroma può essere giudicato come “lieve” da un individuo mentre per un altro sarà giudicato come “abbastanza intenso”, un altro ancora, per esempio, potrebbe non percepirlo affatto nonostante sia oggettivamente presente. La soggettività di questo giudizio è anche determinata da ciò che viene definito come la “soglia di percezione”, cioè il livello minimo di stimolo necessario ad ogni individuo per rilevare una sensazione.

 A tal proposito vi suggeriamo un altro esperimento che potrete fare per la valutazione della vostra “soglia minima di percezione”. Procuratevi cinque bicchieri e riempiteli con circa 100 ml di acqua pura a circa 20° C. Procuratevi adesso dell'alcol etilico e, con un contagocce, aggiungete 8 gocce di alcol al primo bicchiere, 6 al secondo, 4 al terzo e 2 al quarto. Nel quinto bicchiere sarà lasciata unicamente acqua pura. Coprite adesso con dei piattini i bicchieri e attendete circa un'ora. Mischiate i bicchieri e quindi scoprite il primo: annusate e cercate di valutare l'intensità dello stimolo ricevuto. Fare lo stesso con tutti gli altri bicchieri. Al termine dell'esperimento si dovranno determinare le quantità di alcol nei singoli bicchieri in ordine crescente, dal bicchiere che contiene solamente acqua pura fino a quello che contiene 8 gocce di alcol. Sarebbe opportuno che i bicchieri fossero preparati da un'altra persona in modo da essere quanto più obiettivi e onesti possibile. Ripetete lo stesso esperimento utilizzando dell'aceto al posto di alcol. Siete riusciti a mettere in fila correttamente in bicchieri? Forse in alcuni casi vi siete trovati difronte all'indecisione oppure in alcuni non avrete rilevato nessun stimolo: questo è normale poiché ognuno ha la propria soglia minima di percezione così come una propria tolleranza agli stimoli. Se avete invece indovinato l'esatto ordine dei bicchieri, complimenti, siete candidati a diventare dei degustatori provetti: il vostro naso certamente vi aiuterà in modo determinante a scoprire i segreti più sottili e nascosti del vino.

 Come abbiamo già detto, l'esame olfattivo del vino è senza dubbio la fase più complessa dell'intera valutazione, sia per la vastità degli aromi che si possono rilevare, sia per l'oggettiva difficoltà di sapere riconoscere gli aromi e, non da ultimo, sapere distinguere e riconoscere gli aromi in mezzo a tanti altri. Il ruolo della memoria olfattiva è determinante, ricordarsi di un determinato aroma e, soprattutto, saperlo riconoscere diventa una caratteristica strategica per il degustatore, una caratteristica che si può affinare e sviluppare unicamente con la pratica e con la dedizione. Quello che può apparire come un processo difficoltoso e tedioso, può in realtà essere visto come un “gioco” che consente di fare gli “investigatori” e scoprire ogni volta nuovi indizi che andranno ad arricchire il nostro “mosaico” degli aromi.

 Gli aromi nel vino sono determinati da specifiche sostanze volatili odorose la cui percezione da inizio al processo di valutazione e di riconoscimento di un odore. Tutte queste sostanze si trovano, per esempio, anche nella frutta e nei fiori ed è proprio grazie all'associazione con i loro profumi che ci consente di riconoscere, e fare riconoscere, il profumo di una mela o di una rosa. Questa caratteristica risulta essere estremamente utile per il riconoscimento degli aromi in quanto consente la determinazione degli odori per analogia, cioè ogni qual volta si percepirà un chiaro aroma di banana si dirà che, per analogia, si sta sentendo un'aroma di banana piuttosto della sostanza chimica volatile che la produce. Questo metodo ci consente enormemente di semplificare sia il processo di riconoscimento sia il processo di comunicazione e di diffusione dei nostri giudizi: è di gran lunga più comodo, immediato, pratico e semplice dire che un vino ha un'aroma di banana piuttosto che di acetato di isoamile, cioè della sostanza volatile che la produce. Per fare meglio comprendere la vastità delle sostanze volatili rilevate nel vino, la cui combinazione genera sia gli aromi sia il profilo olfattivo del vino, attualmente si conta un numero di circa 120 sostanze. Dovrebbe essere chiaro di quanto vasto e complesso sia l'esame olfattivo di un vino, la quantità di aromi e odori, se a questi aggiungiamo anche quelli considerati sgradevoli e difettosi, è certamente elevata.

 Riconoscere gli aromi di un vino può essere estremamente difficile, soprattutto in quei vini che, dopo qualche anno, hanno sviluppato aromi e odori complessi e difficilmente associabili, o riconoscibili, con gli alimenti o gli oggetti di uso comune. Molto spesso, quando ci si trova difronte ad aromi complessi, poco riconoscibili o ad un vino che possiede una ricchezza olfattiva elevata, si può anche incorrere in uno degli inconvenienti più frequenti che si verificano durante la valutazione olfattiva: l'assuefazione o, detta in altri termini, il naso si sarà adattato. Il nostro apparato olfattivo, bontà sua, tende ad abituarsi a determinati stimoli quando sono percepiti per una certa quantità di tempo, in altre parole, dopo avere percepito un determinato odore, con il tempo, in genere alcuni minuti, tenderà ad abbassare la sua percezione fino ad ignorarlo, agendo da filtro per quello stimolo prolungato: l'apparato olfattivo si sarà assuefatto di quell'odore. Ovviamente questo effetto è reversibile, basterà interrompere lo stimolo per alcuni minuti e, come per magia, quell'odore che prima era ignorato, verrà nuovamente percepito. Questo fenomeno è facilmente verificabile nel caso in cui si entri in una stanza dove si trova un forte odore: all'inizio sarà chiaramente e facilmente percepibile, dopo alcuni minuti lo stimolo sarà diminuito fino a scomparire, non solo, si percepiranno a questo punto altri odori che prima erano semplicemente coperti dall'odore più forte e che è sempre e comunque presente nella stanza. Basterà uscire dalla stanza per alcuni minuti e rientrare per percepire nuovamente quel forte odore. Lo stesso accade anche quando si esegue l'esame olfattivo del vino: dopo alcuni minuti passati a “rincorrere” e a determinare gli aromi, il naso tenderà a “stancarsi” e a non fare con dovere il proprio lavoro. Questo “pericolo” si deve evitare in ogni modo ed è pertanto opportuno svolgere l'esame olfattivo suddividendolo in fasi successive e facendo delle piccole pause fra una fase e l'altra in modo da evitare l'assuefazione e l'adattamento.

 La pratica e l'esperienza insegnerà ad ognuno il metodo più efficace per riconoscere gli aromi e per classificarli nella propria memoria. Non scoraggiatevi se all'inizio tutto sembrerà terribilmente complesso e difficile; è stato così per tutti i degustatori e questo sembra essere il prezzo che si deve pagare per la poca attenzione e lo scarso uso consapevole che noi tutti facciamo dell'olfatto. In un certo senso, la degustazione del vino e, in particolare, l'esame olfattivo possono essere visti come un utile esercizio atto alla rieducazione sensoriale, di certo questo è un lato positivo, un vantaggio che può essere sfruttato anche “giocando” e sappiamo bene che il modo più proficuo per imparare qualcosa è quello di farlo senza costrizioni, con passione e, soprattutto con quel pizzico di soddisfazione che spesso è garantito dall'aspetto “giocoso” delle cose. Con il tempo vi renderete conto di avere sviluppato una vostra precisa tecnica per il riconoscimento degli aromi, in effetti, ogni degustatore possiede una personalissima tecnica e senz'altro sono tutte funzionali ed efficaci, l'importante che funzioni per se stessi.

 Tuttavia si possono dare delle indicazioni generali su come procedere nel riconoscimento degli aromi, dei piccoli aiuti che risulteranno probabilmente utili durante il complesso lavoro dell'esame olfattivo. Generalmente gli aromi vengono classificati per categorie, come per esempio aromi di frutta, aromi di fiori, aromi vegetali e così via. Quando si procede con l'esame olfattivo è molto più vantaggioso e proficuo concentrarsi sulla categoria dell'aroma piuttosto che sull'aroma specifico. Si ricordi che quando si valuta il profilo olfattivo di un vino non sappiamo a priori cosa troveremo, cioè non ci si può aspettare sempre e comunque che un vino abbia un'aroma di banana o di fragola, proprio perché ogni vino è diverso da ogni altro, possono avere delle caratteristiche comuni, compresi gli aromi, ma saranno certamente diversi. Seguendo questo principio è molto più proficuo partire da categorie di aromi piuttosto che interrogarsi continuamente sulla presenza di specifici aromi. In altre parole, quando si percepisce un aroma dal vino è più efficace chiedersi se quell'aroma ricorda il profumo di un frutto piuttosto che chiedersi se quell'aroma ricorda il profumo di mela o di qualunque altro frutto. Non appena sarà possibile classificare un'aroma in una determinata categoria, consentendoci quindi di escludere centinaia di altri profumi, si cercherà di identificare in modo specifico quel particolare aroma. Questo sistema può essere ulteriormente sviluppato e reso ancora più efficace. Se prendiamo, per esempio, la categoria degli aromi di frutta, questa può essere suddivisa in “frutti rossi”, come fragola e lampone, “frutti bianchi”, come mela e pera, e così via. Questa ulteriore suddivisione ci consente di procedere per gradi di esclusione progressiva, dove ad ogni livello si escluderanno determinati gruppi di aromi e diminuendo, di fatto, la probabilità di errore fino all'identificazione finale dell'aroma. Quando si riconoscerà un'aroma di tipo “fruttato”, ci si chiederà se questo appartiene ad un frutto “rosso” oppure ad un frutto `bianco”, quindi si procederà allo stesso modo con le categorie successive fino all'aroma che si stava cercando.

 Un errore che si può commettere durante l'esame olfattivo di un vino è quello dell'autosuggestione. Se si è convinti che in un determinato vino sia presente un determinato aroma, alla fine la convinzione sarà tale che l'aroma sarà presumibilmente percettibile quando in realtà questo è completamente assente. Un grave errore che può essere facilmente evitato nel caso in cui si procede con la classificazione degli aromi nelle categorie piuttosto che individuare direttamente gli odori. Infine, ricordiamo che la temperatura, come già detto nei precedenti numeri di DiWineTaste, svolge un ruolo fondamentale nella rilevazione degli aromi; un vino troppo freddo svilupperà pochi aromi, mentre quando è troppo caldo si svilupperanno aromi grossolani e ordinari. Per questa ragione i vini che devono essere sottoposti all'esame organolettico non vengono valutati alla temperatura di servizio, in genere si valutano a temperature comprese fra i 12° C e i 14° C per i vini bianchi, fra i 16° e i 20° C per quelli rossi.

 

Come si Esegue l'Esame Olfattivo

 La procedura che consente di eseguire l'esame olfattivo del vino si divide in genere in fasi distinte dove ognuna di queste consente di valutare determinate tipologie e categorie di sostanze volatili. Ricordiamo che la forma e il volume del bicchiere, così come i rapporti fra la superficie di contatto e il volume, sono tutti determinanti per lo sviluppo e la percezione degli aromi. Nel nostro caso specifico si suppone che si faccia sempre uso di calici o bicchieri da degustazione, come per esempio il calice da degustazione ISO, espressamente studiati e progettati a questo scopo. Prima di illustrare la procedura per l'esame olfattivo, è necessario ricordare che gli aromi sono prodotti da sostanze chimiche volatili che in realtà sono molecole aventi “pesi” diversi. Le sostanze più leggere si volatilizzano con più facilità, mentre quelle più pesanti hanno bisogno di una maggiore ossigenazione, altre ancora, quelle molto pesanti, hanno bisogno di una vera e propria “iper-ossigenazione” per potere essere volatilizzate.

 Anche il modo in cui si annusa ricopre un importante ruolo. In genere si adottano tre sistemi distinti di annusata: lenta e profonda, rapida e profonda e sequenze di piccole e brevi inspirazioni. Annusare lentamente e profondamente consente di rilevare le sostanze più leggere in quanto si genera all'interno del bicchiere e del naso un leggero vortice che non “disturba” le sostanze pesanti. Annusare rapidamente e profondamente genera invece un vortice più intenso sia nel bicchiere sia nel naso, e quindi favorirà la percezione delle sostanze più pesanti. Infine, rapide e brevi annusate in sequenza avranno il risultato di “amplificare” la percezione degli aromi in quanto provocheranno dei vortici repentini nel naso favorendo la rilevazione delle sostanze volatili. Quest'ultima tecnica di annusata è quella tipicamente usata dagli animali, come il cane, quando devono “fiutare” qualcosa e percepire gli odori. Queste tre tecniche di annusata saranno utilizzate in ognuna delle fasi che illustreremo di seguito.

 Le qualità che vengono valutate con l'esame olfattivo sono generalmente quattro: l'intensità degli aromi, cioè la loro potenza, la persistenza, cioè la quantità di tempo in cui rimangono percepibili prima di scomparire, la finezza o qualità, cioè il grado di eleganza, di piacevolezza e di raffinatezza degli aromi e, infine, la descrizione analitica e nominale degli aromi percepiti.

 L'esame olfattivo inizia mantenendo il bicchiere fermo e senza agitarlo e si procederà con annusare il contenuto: in questa fase si rileveranno le molecole leggere e che si volatilizzano con facilità dal bicchiere. Questa prima fase consente di rilevare tutti quegli aromi che sono delicati e leggeri e che sarebbero coperti o che si disperderebbero nelle fasi successive. In questa prima fase si procederà anche alla rilevazione di odori difettosi. Successivamente si fa ruotare il bicchiere in modo da favorire l'ossigenazione, e quindi la volatilizzazione, delle sostanze più pesanti, quindi si annuserà nuovamente nel bicchiere. In questa seconda fase si percepiranno con molta probabilità aromi e odori che prima non erano percettibili. Nel caso in cui l'aroma del vino dovesse risultare piuttosto tenue o “muto” anche a seguito dell'agitazione, sarà necessario procedere ad un vero e proprio scuotimento del bicchiere in modo da favorire la volatilizzazione degli aromi. Coprire con la mano il bicchiere e scuoterlo energicamente: gli aromi “pigri” dovrebbero essere a questo punto percepibili. Infine, un'ultima valutazione degli aromi in un vino può essere svolta quando il bicchiere è vuoto e rimane nel fondo solamente qualche goccia. Ci sono delle molecole che sono in realtà molto pesanti e che hanno bisogno di ossigenazioni piuttosto energiche in modo da essere volatilizzate. La poca quantità di vino rimasta nel fondo sarà a questo punto in considerevole contatto con l'ossigeno con il risultato di volatilizzare le componente più pesanti. In considerazione di questo, è buona norma annusare il bicchiere dopo che è stato vuotato, con l'eccezione che questa ultima analisi andrà svolta al termine di tutto l'esame organolettico del vino.

 Un'ultima raccomandazione va fatta sul pericolo di assuefazione e di adattamento che potrebbe compromettere gli sforzi compiuti durante l'esame olfattivo. Ricordarsi di interrompere l'esame olfattivo dopo due o tre minuti di continue annusate, prendere una breve pausa di un minuto o due e quindi riprendere l'esame.

 

Tipologie di Aromi

 Come si è già detto, gli aromi e i profumi vengono prodotti da sostanze chimiche volatili, cioè da sostanze che hanno la proprietà di volatilizzarsi e quindi di evaporare. I composti chimici che hanno questa proprietà appartengono a categorie ben distinte, fra cui le più importanti sono alcoli, aldeidi, acidi, esteri, chetoni e terpeni. L'approfondimento dell'aspetto chimico degli odori andrebbe ben oltre le finalità introduttive di questo articolo, quindi, per il momento, ci basterà sapere che gli odori sono prodotti da sostanze chimiche volatili.

 Grazie alle esperienze maturate dalle degustazioni analitiche così come agli studi e alle ricerche condotte sugli aromi del vino, si è giunti ad un sistema di classificazione degli aromi in determinate categorie, oramai universalmente accettate nel mondo dell'enologia, all'interno delle quali trovano posto gli specifici aromi comunemente presenti nei vini. Il sistema più comunemente utilizzato per la classificazione degli aromi nei vini comprende, in genere, dieci categorie distinte e precisamente:

 

  • animale - comprende aromi “muschiati” di certe uve così come aromi di carne, di selvaggina e le sostanze odorose prodotte e emesse dagli animali in genere
  • balsamica - comprende aromi che esprimo balsamicità, come per esempio le resine
  • legnosa - comprende gli aromi prodotti e generati dalla permanenza del vino nelle botti di legno, cioè tutti quegli aromi che sono stati ceduti dal legno al vino
  • chimica - comprende tutti gli aromi che hanno una natura prettamente chimica, come aromi di acidi, aromi sulfurei e così via
  • empireumatica - comprende gli aromi che ricordano quelli di bruciato, tostato, affumicato e cotto
  • eterea - comprende aromi prodotti dagli alcoli, di natura etilica, dagli esteri di acidi grassi o smalti, tutti prodotti dal processo di fermentazione del vino
  • floreale - comprende gli aromi che ricordano il profumo dei fiori
  • fruttata - comprende gli aromi che ricordano il profumo della frutta
  • speziata - comprende gli aromi che ricordano le spezie, le droghe e le erbe aromatiche
  • vegetale - comprende gli aromi tipicamente riconducibili a sostanze vegetali in genere, come peperone, erba, fieno e così via

 Queste categorie risultano essere particolarmente utili quando si esegue l'esame olfattivo e costituiscono un valido punto di partenza per l'identificazione di specifici aromi. Inoltre, gli aromi del vino vengono anche classificati in accordo alla loro origine, o per meglio dire, in accordo alla fase di vita e di sviluppo del vino. Queste categorie sono tre e precisamente:

 

  • primari - gli aromi appartenenti a questa categoria vengono anche definiti come varietali e rappresentano gli aromi tipici delle uve con cui è fatto il vino, cioè dagli aromi che si sviluppano tipicamente da determinate uve
  • secondari - definiti anche fermentativi, gli aromi di questa categoria si sviluppano in seguito al processo di fermentazione alcolica
  • terziari - definiti anche post-fermentativi, gli aromi di questa si sviluppano grazie ai processi di affinamento e di maturazione che il vino subisce nel corso degli anni

 

Aromi Primari

 Gli aromi primari provengono dalle varietà di uva con cui si produce il vino e che tipicamente le contraddistinguono e consentono, generalmente, di riconoscere la tipologia dell'uva quando si annuserà il vino. In genere gli aromi primari sono prodotti dalle uve cosiddette “aromatiche” cioè che possiedono un ricco patrimonio di aromi, il cui odore ricorda decisamente quello dell'uva, come per esempio il Moscato bianco e il Gewürztraminer. Gli aromi dell'uva sono contenuti nelle bucce che, per effetto della fermentazione, vengono ceduti al mosto che diventerà poi vino. Ogni uva ha praticamente un aroma primario, in quanto ogni uva conferirà particolari qualità aromatiche al vino con esse prodotto, tuttavia esistono uve che possiedono maggiori quantità di aromi rispetto ad altre così come diverse intensità aromatiche. Grazie agli aromi primari si può, in genere, riconoscere l'uva con cui è stato prodotto un vino, e quindi la sua tipicità, non da ultimo, anche la zona di produzione e di coltivazione e lo stato di maturazione delle uve al momento del raccolto. Infine, gli aromi primari possono anche alterati da certe pratiche enologiche mirate all'esaltazione o alla diminuzione del carattere tipico dell'uva.

 

Aromi Secondari

 Questi aromi sono il risultato dei processi fermentativi e dell'evoluzione di alcuni aromi in seguito alla fermentazione alcolica. La fermentazione alcolica inizia nell'uva sin dai primi momenti della pigiatura, dando quindi origine ad aromi che si possono definire pre-fermentativi e che si evolveranno durante il processo vero e proprio della fermentazione alcolica. Questo processo, che ha lo scopo di trasformare gli zuccheri in alcol per mezzo di lieviti, produce alcol, che opera come eccipiente alle sostanze aromatiche, anidride carbonica, che esalta lo sviluppo di certi aromi, sotto prodotti della fermentazione, anch'essi generatori di aromi, e, infine, gli aromi prodotti dagli stessi lieviti per effetto della loro azione di trasformazione dello zucchero. Anche gli aromi prodotti dalla cosiddetta fermentazione malolattica, cioè dal quel processo che trasforma l'acido malico in acido lattico, rendendo il vino in genere più “rotondo”, produce aromi che appartengono a questa categoria.

 Gli aromi che tipicamente si sviluppano in seguito alla fermentazione sono in genere di frutta matura, di confetture, fiori, erbe aromatiche e comunque quegli aromi che non sono riconducibili come aromi primari, cioè tipici dell'uva. La fermentazione, di fatto, svolge anche la funzione di rivelare in modo netto gli aromi primari del vino, così come di amplificare altri aromi, non a caso spesso si dice che “gli aromi primari sono nascosti nell'uva, ma è la fermentazione che li rivela”.

 

Aromi Terziari

 Appartengono a questa categoria tutti gli aromi che si sviluppano e si evolvono durante le varie fasi di affinamento e di maturazione del vino, compresi quegli aromi che si sviluppano in seguito all'eventuale permanenza del vino in botte. Questi aromi si sviluppano a seguito di processi di ossidazione e di riduzione, cioè da quel processo che si verifica in assenza di ossigeno e che è, di fatto, il contrario dell'ossigenazione. Lo sviluppo dei cosiddetti “aromi terziari” è in realtà piuttosto complesso e, oltre ad essere prodotti dai fenomeni di ossigenazione e riduzione, si sviluppano anche in seguito a processi di acetalizzazione, esterificazione, eterificazione e dalla trasformazione dei tannini. In queste fasi certi componenti, come gli alcoli, gli acidi, gli esteri, gli eteri e i composti fenolici, risultano essere determinanti per lo sviluppo di questi processi.

 In effetti, l'affinamento e la maturazione del vino, trasformano gli aromi primari e secondari conferendo loro aromi più complessi e più maturi, spesso, alcuni aromi si trasformano in modo tale che non è possibile più riconoscere l'aroma originale. Questo processo ha innegabilmente l'effetto di “legare” e rendere “omogeneo” il profilo olfattivo del vino.

 



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I Vini del Mese


 

Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Dolcetto d'Alba 2001, Camerano (Italia)
Dolcetto d'Alba 2001
Camerano (Italia)
Uvaggio: Dolcetto
Prezzo: € 5,00 Punteggio:
Questo vino si presenta alla vista con un colore rosso rubino e sfumature rosso porpora, abbastanza trasparente. Al naso si riconoscono aromi fruttati di buona intensità dove spiccano amarena, lampone e mirtillo. In bocca l'ingresso è caratterizzato dalla freschezza che lascia subito spazio alla tannicità ben bilanciata dall'alcol e con buona corrispondenza con gli aromi già percepiti al naso. Il finale è comunque persistente, anche se con un lieve cedimento, dove si riconoscono buone sensazioni di amarena e di freschezza.
Abbinamento: Carni saltate, Carni bianche arrosto



Barolo Cannubi San Lorenzo 1998, Camerano (Italia)
Barolo Cannubi San Lorenzo 1998
Camerano (Italia)
Uvaggio: Nebbiolo
Prezzo: € 18,00 Punteggio:
Il vino si presenta con un colore rosso rubino e sfumature rosso granata, abbastanza trasparente. All'esame olfattivo presenta una decisa impronta fruttata, molto pulita e ben definita, di amarena, confettura di ciliegie e ribes seguito da liquirizia, vaniglia, violetta e un accenno di tartufo. In bocca è intenso con una decisa impronta alcolica comunque ben bilanciata dai tannini e un ottima corrispondenza con gli aromi già percepiti al naso. Finale persistente con evidenti sentori di amarena.
Abbinamento: Grandi arrosti, Selvaggina, Brasati, Stufati, Formaggi stagionati



Vernaccia di San Gimignano Riserva 1999, Panizzi (Italia)
Vernaccia di San Gimignano Riserva 1999
Panizzi (Italia)
Uvaggio: Vernaccia di San Gimignano
Prezzo: € 15,50 Punteggio:
Di bel colore giallo paglierino con sfumature giallo verdolino, questo vino si è alla vista cristallino. Al naso esprime aromi eleganti e raffinati di frutta, anche se la nota dell'aroma di legno non passa inosservata, il profilo olfattivo è ben equilibrato e piacevole. Si percepiscono aromi di agrumi, banana matura, mandorla, mela cotta, pera e susina a cui fanno seguito piacevoli aromi di vaniglia e miele. In bocca è intenso e ben equilibrato con una buona conferma delle sensazioni olfattive. L'alcol, in buona evidenza, è ben bilanciato dalla freschezza e la sapidità del vino. Il finale è persistente con una lunga serie di riconoscimenti fra cui pera, mandorla, vaniglia e miele. Un vino molto ben fatto e ben equilibrato. Questa riserva viene affinata per 12 mesi in barrique.
Abbinamento: Zuppe, Primi piatti a base di funghi, Paste ripiene, Carni bianche, Pesce



San Gimignano Rosso Folg\'ore 1999, Panizzi (Italia)
San Gimignano Rosso Folgóre 1999
Panizzi (Italia)
Uvaggio: Sangiovese (75%), Merlot (15%),
Cabernet Sauvignon (10%)
Prezzo: € 23,25 Punteggio:
Alla vista si presenta con un bel colore rosso rubino intenso, poco trasparente. Al naso denota un profilo olfattivo pulito, netto e di personalità, prevalentemente orientato su aromi di frutti di bosco. Si percepiscono buoni aromi di amarena, lampone, mirtillo, ribes e prugna ben disposti su un fondo di caramello, eucalipto, liquirizia e vaniglia. In bocca rivela un attacco piuttosto tannico ma comunque equilibrato dall'alcol. Un vino di struttura e con buona corrispondenza con il naso. Il finale è persistente con piacevoli e netti ricordi di prugna e lampone. Questo vino, già ben apprezzabile nel suo stato attuale, darà il meglio di sé con qualche anno di ulteriore affinamento. Folgòre è prodotto con macerazione sulle bucce per 23 giorni a cui segue un affinamento in barrique per 12 mesi.
Abbinamento: Arrosti di carne, Selvaggina, Brasati, Stufati, Formaggi stagionati



Chardonnay 2001, Plaisir de Merle (Sud Africa)
Chardonnay 2001
Plaisir de Merle (Sud Africa)
Uvaggio: Chardonnay
Prezzo: € 9,00 Punteggio:
Alla vista il vino si presenta con un colore giallo paglierino, molto trasparente. Il profilo olfattivo è elegante e di personalità, l'apporto del legno, seppure facilmente percepibile, non risulta essere molto invadente e lascia spazio anche agli altri aromi. Si riconoscono aromi di agrumi, banana, miele, pera, pompelmo rosa su un fondo tostato e di vaniglia. in bocca è intenso, elegante e piacevole con buona corrispondenza con il naso. Il vino è inoltre fresco ed equilibrato grazie all'evidente apporto dell'alcol, di buona struttura. Il finale è persistente con ricordi di vaniglia, miele e pera su un piacevole fondo di agrumi. Il 90% del vino viene fermentato e affinato in barrique a cui viene aggiunto la parte restante fermentata e affinata senza fare uso del legno.
Abbinamento: Carni bianche arrosto, Pesce arrosto, Paste con salse strutturate



Sauvignon Blanc 2002, Plaisir de Merle (Sud Africa)
Sauvignon Blanc 2002
Plaisir de Merle (Sud Africa)
Uvaggio: Sauvignon Blanc
Prezzo: € 8,00 Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore giallo verdolino intenso, molto trasparente. Il naso è molto delicato e raffinato, di personalità. Si riconoscono intensi e buoni aromi di ananas, banana, limone, pera, pesca e sambuco. L'ingresso in bocca è piuttosto fresco, caratteristica che tende a predominare anche nei momenti successivi, tuttavia è equilibrato grazie all'apporto dell'alcol. Il finale è persistente con piacevoli sentori di ananas e pera su un lieve fondo fresco. Questo vino viene fermentato in contenitori di acciaio con successivo affinamento sui lieviti per tre mesi.
Abbinamento: Aperitivo, Antipasti in genere, Paste e risotti di pesce



Cabernet Sauvignon 2000, Plaisir de Merle (Sud Africa)
Cabernet Sauvignon 2000
Plaisir de Merle (Sud Africa)
Uvaggio: Cabernet Sauvignon
Prezzo: € 10,50 Punteggio:
Alla vista si presenta con un bel colore rosso rubino intenso senza cedimenti, poco trasparente. Il naso rivela un insieme di aromi molto intensi, di trama fitta e di spiccata personalità. Si riconoscono aromi di amarena, confettura di mirtilli, confettura di prugne e mora a cui seguono aromi di liquirizia, pellame e vaniglia su un piacevole fondo di funghi e rosmarino. In bocca è molto elegante, pulito e netto, con tannini molto gradevoli e levigati, di ottimo equilibrio e struttura il tutto ben bilanciato dall'alcol. Ottima corrispondenza con il naso, intenso e molto piacevole. Il finale è persistente con piacevoli e netti ricordi di mora, amarena e confettura di prugne. Un vino ben fatto che può dare ancora altre soddisfazioni con un ulteriore affinamento. Questo vino è prodotto con fermentazione in vasche d'acciaio a cui segue un affinamento in barrique per circa 10÷16 mesi.
Abbinamento: Grandi arrosti, Brasati, Stufati, Carni alla griglia, Formaggi stagionati



Comte de M 1999, Chateau Kefraya (Libano)
Comte de M 1999
Chateau Kefraya (Libano)
Uvaggio: Cabernet Sauvignon (50%), Syrah (50%)
Prezzo: € 25,51 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Semplicemente un grande vino. Alla vista si presenta con un bel colore rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente. Al naso è ricco di aromi, di spiccata personalità e un'impronta olfattiva pulita ed elegante. Si riconoscono buoni aromi di amarena, mirtillo, prugna e ribes su un piacevole e ben definito fondo di cacao, eucalipto, liquirizia, anice, tabacco, vaniglia e lieve tostatura di legno. In bocca mostra una buona corrispondenza con il naso, nonostante abbia un attacco tannico, i tannini mostrano già una buona piacevolezza e sono ben fusi e integrati, tutto ben equilibrato dall'alcol. Un vino ben strutturato. Il finale è persistente con piacevoli e intensi ricordi di amarena e lampone. Un vino decisamente elegante e ben fatto; nonostante possa essere già bevuto con soddisfazione, darà il meglio di sé con un ulteriore affinamento in bottiglia per qualche anno. Questo vino subisce un affinamento in barrique per 12 mesi.
Abbinamento: Selvaggina, Stufati, Brasati, Formaggi stagionati, Grandi arrosti






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  Produttori Numero 4, Gennaio 2003   
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Fattoria Paradiso

Fra tradizione e innovazione, fra cultura e promozione dell'arte, a Bertinoro, nel comune di Forlì, in una delle zone più significative dell'enologia Romagnola, si trova questa prestigiosa cantina, imponente per qualità, ricca per patrimonio storico e culturale

 Parlare di Fattoria Paradiso significa, innanzitutto, parlare di uno dei grandi personaggi dell'enologia dell'Emilia Romagna, significa parlare, appunto, di Mario Pezzi, il geniale e appassionato produttore di vino al quale si deve gran parte del successo e della rinascita enologica delle sue terre. Un grande personaggio al quale vanno innumerevoli meriti, come per esempio la riscoperta dei vitigni autoctoni Barbarossa, Cagnina e Pagadebit, che sarebbero altrimenti scomparsi per sempre dal nostro patrimonio, non da ultimo, la convinzione e la geniale intuizione di creare la prima riserva di Sangiovese in assoluto. Tutto questo e non solo, signore e signori, è Mario Pezzi, la cui filosofia e passione è ben raccontata dai suoi eccellenti vini.


 

 Arriviamo alla Fattoria Paradiso, a Bertinoro, indiscussa capitale del vitigno Albana, primo vino bianco Italiano a ricevere la DOCG, a pochi chilometri da Cesena e a circa 20 chilometri dal mare Adriatico. Ci da il benvenuto la Sig.ra Graziella Pezzi, figlia di Mario, che con cordiale e gentile ospitalità, una buona caratteristica della gente di queste terre, ci accoglie alla Fattoria Paradiso. La Sig.ra Pezzi ci apre le porte della sua cantina e ci parla subito delle origini storiche di questi luoghi: «Fattoria Paradiso era un'antica dimora Romana e nel 1450 è stata la casa natale di Marco Palmezzano, un pittore famoso per le sue rappresentazioni della Natività e discepolo del Melozzo da Forlì. Nel piano nobile della casa si trova un caminetto con le iniziali “M.P.” scolpite, Marco Palmezzano, appunto, che curiosamente sono anche le iniziali dell'attuale proprietario Mario Pezzi. La villa divenne poi proprietà dei Conti Lovatelli, di cui l'ultima proprietaria fu la Contessa Ugarte Lovatelli che nella seconda metà del 1800 vendette le proprietà a mio bisnonno Costantino e pertanto da quell'epoca la proprietà è della famiglia Pezzi. Mio padre Mario ha iniziato l'attività vinicola in queste proprietà nel 1950 e nel 2000 abbiamo festeggiato il cianquatenario.»

 Entriamo subito nel merito della ricca produzione di Fattoria Paradiso e, a tale proposito, la Sig.ra Pezzi ci illustra brevemente i suoi vini «produciamo sia vini bianchi sia vini rossi, oltre che a spumanti e vini passiti. I nostri vini bianchi includono un'Albana secca “Pezzi di Paradiso”, un'Albana dolce “Contessina Ugarte”, Trebbiano di Romagna “Donna Ubalda”, Pagadebit di Romagna “Brezza di Paradiso”, il frizzante “Paradiso” e infine “Jacopo”, un vino a base di Chardonnay e Sauvignon blanc affinato in barrique. Produciamo anche due spumanti: il “Bert'in Oro” dolce prodotto da uva Albana e il “Villa Paradiso Brut” prodotto da uve Chardonnay e Sauvignon Blanc. Inoltre abbiamo un Albana di Romagna Passito “Gradisca”, che era il vino preferito dal grandissimo regista Federico Fellini, e fu proprio lui a scegliere il nome a questo vino in omaggio ad un personaggio del suo celebre film “Amarcord”. Fra i vini rossi produciamo anche un vino novello, il “Garibaldino”, nato nel 1982 in occasione del centenario della morte di Garibaldi, prodotto da uve Sangiovese e Merlot, inoltre la Cagnina di Romagna “Sinfonia d'Autunno”, un Sangiovese di Romagna “Maestri di Vigna”, prodotto con uva Sangiovese a bacca piccola, quindi poco adatto all'invecchiamento, tuttavia presenta una buona struttura e una buona piacevolezza. Abbiamo inoltre anche il Sangiovese di Romagna Superiore Riserva “Castello Ugarte Vigna delle Lepri”, prodotto da uve Sangiovese grosso, quindi più adatto all'invecchiamento, viene affinato per 2 anni in botti rovere oltre a 6 mesi in barrique. Il “Vigna delle Lepri” è stata in assoluto la prima riserva di Sangiovese in purezza prodotta. Mio padre, negli anni sessanta, era convinto che dal Sangiovese si potesse ricavare un vino da invecchiamento, e diede una pubblica dimostrazione, conservando in una vecchia cisterna per la raccolta della neve che abbiamo in giardino, 5000 bottiglie di Sangiovese. Alla cerimonia assistettero pubbliche autorità e personaggi dell'enologia di quei tempi; si chiuse la botola della cisterna e la chiave fu consegnata ad un notaio. Dopo sette anni, durante un'analoga cerimonia, la botola fu riaperta e la cisterna riconsegnò al mondo dei grandissimi vini. La prima bottiglia fu aperta dal celebre giornalista Luigi Veronelli e fu la conferma di ciò che Mario Pezzi aveva intuito. La nostra riserva di Sangiovese fu inoltre voluta dall'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini ad arricchire le cantine del Quirinale. Il vino fu servito in occasione del banchetto in onore dell'ex Presidente degli Stati Uniti d'America Ronald Reagan. Arriviamo quindi al Barbarossa “Il Dosso”, un vitigno che mio padre riscoprì all'inizio degli anni 1950 in mezzo ad un vitigno di uve Sangiovese molto vecchio e quindi in previsione di essere spiantato, e mio padre, andando a controllare il grado di maturazione di queste uve, notò un grappolo “particolare” e diverso da quello del Sangiovese; più piccolo e con acini piccoli con una foglia più frastagliata e un bordo violaceo. I campioni di quest'uva furono analizzati da diversi esperti nell'intento di identificarla, purtroppo, nessuno riuscì a determinarne la specie. Nemmeno le analisi condotte sul DNA di quest'uva hanno consentito di identificarla con altre, pertanto, si decise di chiamarla “Barbarossa”, in onore dell'imperatore Federico Barbarossa che soggiornò della Rocca di Bertinoro. Infine, l'ultimo vino nato in Fattoria Paradiso, “Mito”, prodotto da uve Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah. L'etichetta di questo vino è stata disegnata, con tanto di dedica, dal celebre attore e premio Nobel Dario Fo. Produciamo anche due grappe, “Chicca” da vinacce di Pagadebit e “Grappa di Barbarossa” da vinacce dell'omonimo vitigno. Conclude la nostra produzione l'olio d'oliva “Palmezzano”, dedicato appunto all'omonimo pittore, e “Vignatico” una salsa balsamica d'uva.»


La splendida scala d'ingresso alla cantina di affinamento
La splendida scala d'ingresso alla cantina di affinamento

 Proseguiamo la nostra visita alla cantina e la Sig.ra Pezzi ci introduce nei locali dove si trovano le barrique e l'enoteca privata, vera “cattedrale” del vino, sia della Fattoria Paradiso sia di altre cantine. Si accede a questi luoghi attraverso una suggestiva scala dove alle pareti e al soffitto sono collocate, in modo molto ordinato ed emozionante, centinaia di bottiglie di vino. Al termine di questa scala, una nuova suggestiva sorpresa. La Sig.ra Pezzi apre la porta dell'enoteca privata della cantina e anche qui lo spettacolo è affascinante e suggestivo come quello di prima. L'entrata all'enoteca è preceduta da una galleria con pareti e soffitto impreziosite da bottiglie di storiche annate della cantina, l'ingresso all'enoteca è allo stesso modo suggestivo: una moltitudine di pregiate bottiglie che farebbero invidia a qualunque appassionato di vino.

 La Sig.ra Graziella Pezzi ci racconta interessanti aspetti dell'enoteca e delle attività culturali di Fattoria Paradiso: «conserviamo bottiglie a partire dal 1800, sia nostre sia di altri produttori, nonché vini prodotti da Albana che risalgono addirittura al 1961, un'annata meravigliosa. Qui conserviamo i nostri vini storici e anche i vini di produttori di tutto il mondo che, non da ultimo, ci servono per confrontare i nostri prodotti con quelli altrui, capire cosa possiamo imparare ancora dagli altri e ciò che invece conosciamo già e magari anche quello che gli altri potrebbero imparare da noi. Qui conserviamo anche i vini che vengono fornite alla Santa Sede di Città del Vaticano, così come le bottiglie che furono selezionate dall'Università di Bologna in occasione dei festeggiamenti per i suoi 900 anni. Poniamo particolare attenzione anche alla cura delle etichette: in esse riproduciamo i quadri vincitori del premio biennale di pittura “Vinarte” che organizzo personalmente nei locali della Fattoria Paradiso. Abbiamo sempre dedicato molto del nostro tempo e delle risorse ad iniziative sociali e culturali, fra le quali “L'Ospitalità a Tavola”, in collaborazione con “Le Donne del Vino”, e il “Premio Internazionale Paradiso”, un concorso di musica da camera contemporanea. In questa enoteca conserviamo anche le etichette che illustri personaggi dello spettacolo e della cultura, di passaggio alla Fattoria Paradiso, hanno creato per noi.»

 Torniamo a parlare della produzione dei vini e del territorio in cui opera Fattoria Paradiso: «la collina in cui ci troviamo è la prima che guarda verso il mare e pertanto la zona beneficia dell'influsso del clima marittimo ed è inoltre riparata dai venti del nord. L'azienda crede moltissimo nelle uve autoctone della zona proprio perché è qui che crescono e si sviluppano nel loro ambiente naturale dando il meglio di sé. Inoltre crediamo nel nostro territorio, nelle nostre tradizioni e in quello che in nostri padri ci hanno insegnato. Questo ci ha premiato negli anni e ci ha dato molte soddisfazioni e quindi, in fondo, perché cambiare? Se si deve cambiare si deve cambiare cercando di migliorare la propria qualità, lavorando in vigna e facendo produrre meno, ponendo attenzione nei lavori in cantina, magari anche con l'aiuto di nuove tecnologie, sempre e comunque nel rispetto delle tradizioni. Non riteniamo saggio smentire le nostre tradizioni, la nostra filosofia “agricola” che in fondo ci appartiene. Queste scelte ci hanno sicuramente pagato e crediamo che questa sia inoltre la tendenza del futuro, perché in questo mondo “omologato”, dove tutto appare simile, chi sarà capace di mantenere la propria tipicità alla fine riuscirà ad avere dei risultati positivi. Il consumatore ha bisogno di ritrovare le “radici” del vino e di qualcosa di diverso, ritengo che avere sempre prodotti simili e uguali, indipendentemente dalla zona in cui si trova, alla fine questo annoia. Quindi preferiamo dare ai nostri consumatori un buon Barbarossa o un buon Sangiovese e li ritroveranno il carattere dei Romagnoli: siamo un po' “ruspanti” ma comunque sinceri e la stessa sincerità si ritrova nei vini di queste terre. Abbiamo anche creato un vino da uvaggio bordolese, il Mito, proprio per smentire coloro che ci accusavano di essere un po' troppo tradizionalisti; il risultato è stato un vino moderno e che ha dato prova che, in fondo, siamo stati bravi a creare un vino che va al di fuori delle nostre tradizioni, un vino che ha riscosso sin dall'inizio notevoli riconoscimenti ovunque.»


Il suggestivo ingresso all'enoteca privata di
Fattoria Paradiso
Il suggestivo ingresso all'enoteca privata di Fattoria Paradiso

 Un doveroso accenno ai mercati in cui è presente Fattoria Paradiso ci viene dato, ancora una volta, dalla Sig.ra Graziella Pezzi: «i nostri prodotti sono presenti in tutta Italia, oltre che nel nord Europa, Germania, la Scandinavia, l'Olanda, la Danimarca, così come in Francia. I nostri prodotti sono inoltre presenti nei mercati degli Stati Uniti d'America, del Canada e del Giappone.»

 Relativamente alle previsioni dell'ultima vendemmia, la Sig.ra Pezzi ci dice: «abbiamo già avuto delle buone indicazioni dal vino novello e dalla Cagnina di Romagna, tuttavia, non sarà questa un'annata da ricordare. Vorrei comunque sottolineare che poco prima della vendemmia, un po' tutti i produttori lamentavano grosse perdite e le previsioni erano pessime; dopo la vendemmia si sono invece formulate previsioni che smentivano in parte quanto espresso prima. Sinceramente credo che si debba essere un po' più onesti e riconoscere il vero valore di ogni annata. Quest'anno, il nostro agronomo ci ha fatto compiere dei diradamenti in vigna e delle defoliazioni piuttosto vigorose, una cosa che ci ha consentito comunque di ottenere un prodotto più che discreto. Purtroppo quest'anno mancherà un po' di colore al vino rosso a causa delle condizioni meteorologiche poco favorevoli.»

 Alla Fattoria Paradiso si producono inoltre anche due ottime grappe prodotte con le vinacce di Barbarossa e Pagadebit. La Sig.ra Pezzi ci ricorda che «la Fattoria Paradiso produce due grappe, la “Chicca” con vinacce di Pagadebit e la Grappa di Barbarossa da vinacce dell'omonima uva. Sono due grappe morbide e vellutate, molto piacevoli, che incontrano il gusto del pubblico, compreso quello delle signore.» Abbiamo personalmente degustato in redazione la Grappa di Barbarossa: si presenta con un aspetto cristallino e limpidissimo, al naso emergono buoni aromi di nocciola, pesca, albicocca, prugna secca oltre ad una lieve ed elegante nota di violetta e lampone. In bocca colpisce per la sua rotondità, quasi vellutata, estremamente piacevole, con un finale persistente e degli eleganti ricordi di nocciola, pesca e lampone. Una grappa veramente ben fatta, molto piacevole con alcol ben bilanciato e per niente aggressivo, nonostante i suoi 42°.

 




Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Albana di Romagna Secco\\Pezzi di Paradiso Vigna dell'Olivo 2001, Fattoria Paradiso
Albana di Romagna Secco
Pezzi di Paradiso Vigna dell'Olivo 2001
Fattoria Paradiso
Uvaggio: Albana
Prezzo: € 6,00 Punteggio:
Alla vista si presenta con un bel colore giallo verdolino intenso e sfumature giallo verdolino, molto trasparente. Al naso denota una buona serie di aromi fra cui si percepiscono mela, pesca, mandorla, camomilla seguiti da lievi aromi di finocchio, miele d'acacia e salamoia. In bocca si presenta con buona corrispondenza al naso, un attacco piacevolmente fresco e con l'alcol tende a prevalere leggermente sull'equilibrio. Il finale è persistente con piacevoli ricordi di mela e camomilla.
Abbinamento: Latticini, Antipasti magri, Paste e risotti di pesce, pesce e crostacei bolliti



Jacopo 2001, Fattoria Paradiso
Jacopo 2001
Fattoria Paradiso
Uvaggio: Chardonnay, Sauvignon Blanc
Prezzo: € 10,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presente con un colore giallo paglierino carico e sfumature giallo paglierino, molto trasparente. Al naso rivela una decisa personalità dove le note di legno si fanno percepire sin dall'inizio. Si percepiscono inoltre buoni e intensi aromi di banana, mela e pesca oltre a burro, brioche, acacia, biancospino, miele e vaniglia. In bocca è intenso, di corpo e di buona corrispondenza con il naso, con un attacco fresco e ben equilibrato dall'alcol, piacevole con la nota di legno ben percepibile. Il finale è persistente con gradevoli ricordi di pesca, banana e miele. Questo vino viene affinato per sei mesi in barrique a cui segue un ulteriore affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carni bianche arrosto, Pesce arrosto, Paste e risotti ben conditi



Albana di Romagna Passito Gradisca 2000, Fattoria Paradiso
Albana di Romagna Passito Gradisca 2000
Fattoria Paradiso
Uvaggio: Albana
Prezzo: € 20,00 (500 ml) Punteggio:
Piacevole e interessante interpretazione di Albana passito. Alla vista si presenta con un bel colore giallo ambrato e sfumature di giallo dorato, molto trasparente. Al naso si apre con una suadente sinfonia di aromi, tutti molto puliti, raffinati ed eleganti, di sicura personalità. Si percepiscono buoni e intensi aromi di albicocca secca, canditi, caramello, confettura di pesche, fico secco, fiori secchi, miele, scorza di agrume, smalto e un lieve aroma di vaniglia. In bocca esprime un'eccellente corrispondenza con il naso, giustamente morbido e alcolico, con una piacevole dolcezza ben equilibrata con il resto. Il finale è molto persistente e lascia lunghi e piacevoli ricordi di miele, confettura di pesche e albicocca secca. Un vino passito di grande prestigio e molto ben fatto, capace di dare grandi emozioni anche se degustato da solo. Questo vino è prodotto con uve Albana appassite e viene fatto fermentare e affinare in piccole botti.
Abbinamento: Formaggi piccanti e stagionati, Pasticceria secca



Mito 1997, Fattoria Paradiso
Mito 1997
Fattoria Paradiso
Uvaggio: Cabernet Sauvignon, Merlot
Prezzo: € 36,00 Punteggio:
Il vino si presenta con un bel colore rosso rubino brillante, abbastanza trasparente. Al naso rivela un profilo olfattivo di sicura personalità, con intensi e buoni aromi di amarena, ciliegia, mirtillo, liquirizia e prugna seguiti da lievi accenni di pesca e vaniglia. In bocca conferma le sensazioni già percepite al naso e si presenta con un attacco lievemente tannico ma ben bilanciato dall'alcol. Di buona struttura, Mito ha un finale persistente con piacevoli e intensi ricordi di amarena, prugna e lievemente di pesca. Questo vino viene fatto affinare in barrique per 20 mesi a cui segue un ulteriore affinamento in bottiglia per un anno.
Abbinamento: Brasati, Stufati, Grandi arrosti di carne, selvaggina, Formaggi stagionati



Sangiovese di Romagna Superiore Riserva\\Castello Ugarte Vigna
delle Lepri 1999}
, Fattoria Paradiso
Sangiovese di Romagna Superiore Riserva
Castello Ugarte Vigna delle Lepri 1999
Fattoria Paradiso
Uvaggio: Sangiovese
Prezzo: € 12,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Eccellente espressione del Sangiovese di Romagna Superiore. Si presenta con un bel colore rosso rubino brillante senza cedimenti, abbastanza trasparente. Il naso esprime una notevole personalità, con una ricchezza di aromi puliti, netti ed eleganti. Si percepiscono buoni e intensi aromi di confettura di amarene, confettura di prugne, ciliegia sotto spirito, fragola, mora su un lieve fondo di pesca, a cui seguono cioccolato, liquirizia, rosa appassita su un piacevole fondo di vaniglia e pepe. In bocca si fa notare per la sua struttura e per la suo attacco tannico, tuttavia ben equilibrato dall'alcol e dalla morbidezza. Conferma le piacevoli sensazioni del naso con intensi sapori di frutta rossa. Il finale è molto persistente e lungo con piacevoli e intensi ricordi di confettura di amarena, confettura di prugne e mora. Semplicemente un grande vino che saprà dare ancora eccellenti soddisfazioni nel futuro. Questo vino subisce un affinamento in botte per 18 mesi e di 6 mesi in barrique a cui seguono ulteriori 12 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Brasati, Stufati, Grandi arrosti di carne, Formaggi stagionati



Barbarossa Il Dosso 2000, Fattoria Paradiso
Barbarossa Il Dosso 2000
Fattoria Paradiso
Uvaggio: Barbarossa
Prezzo: € 25,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo vino, di grande personalità e carattere, si presenta con un bel colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso granato, poco trasparente. Al naso rivela una notevole personalità con aromi puliti, eleganti e raffinati dove si riconoscono confettura di amarena, confettura di ciliegie, confettura di prugne, lampone, liquirizia, violetta, rosa appassita, cacao su un piacevole fondo di cuoio, cannella e vaniglia. In bocca si presenta subito con decisa personalità e con un attacco tannico ma ben equilibrato dall'alcol e dalla morbidezza, oltre dalla sua possente struttura. Corrisponde armoniosamente con il naso e con intensi sapori di confetture. Il finale è persistente con lunghi e piacevoli ricordi di confettura di amarena e confettura di prugne. Un vino veramente ben fatto che saprà dare ricche emozioni a chi saprà attendere ancora qualche anno. Questo vino viene affinato per 18 mesi in botte e 6 mesi in barrique a cui seguono 12 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Brasati, Stufati, Grandi arrosti di carne, Formaggi stagionati



Fattoria Paradiso - Via Palmeggiana, 285 - 47032 Bertinoro (Forlì) Tel. 0543 445044 Fax 0543 444224 - Enologo: Roberto Cipresso - Anno fondazione: 1950 - Produzione: 550000 bottiglie - E-Mail: fattoriaparadiso@fattoriaparadiso.com - WEB: www.fattoriaparadiso.com


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Giornale di Cantina


 Questa rubrica è riservata ai produttori di vino che intendono rendere note particolari attività produttive, annunciare nuovi prodotti o semplicemente comunicare alla clientela informazioni e promozioni sulla propria attività e i propri prodotti. Inviare le notizie da pubblicare al nostro indirizzo e-mail.

 




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NotiziarioNotiziario  Sommario 
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Notiziario


 In questa rubrica verranno pubblicate notizie e informazioni relativamente ad eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione al nostro indirizzo e-mail.

 




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Il Vino al RistoranteIl Vino al Ristorante  Sommario 
Numero 3, Dicembre 2002 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 5, Febbraio 2003

Il Vino al Ristorante

Scegliere un vino al ristorante non sempre riserva buone sorprese: talvolta si trova personale competente mentre altre volte un buon vino viene penalizzato da un pessimo servizio

 Quando ci si siede al tavolo di un ristorante, probabilmente ci si aspetta che i gestori e i loro collaboratori siano competenti nel loro lavoro, che le pietanze servite siano, non solo gustose, ma anche ben preparate, allo stesso modo ci si aspetta che il vino offerto sia, in un certo senso, speciale e servito nel migliore modo possibile. Purtroppo non è sempre così, soprattutto per il vino. Paradossalmente, il vino non sembra avere un buon rapporto con i ristoranti, spesso è servito in modo approssimativo, alle temperature sbagliate e nei bicchieri sbagliati, spesso anche a prezzi esageratamente alti, e ciò che è peggio, nel caso in cui il vino sia stato proposto dal personale di servizio, non è nemmeno appropriato per la pietanza che invece dovrebbe accompagnare.


 

 Si fa un gran parlare del vino e del rinnovato interesse che ruota intorno ad esso, la conoscenza sull'argomento da parte dei consumatori è aumentata, purtroppo, parlando in termini generali, il trattamento che spesso subisce il vino al ristorante non è certamente dei migliori. Ovviamente esistono delle opportune eccezioni, non tutti i ristoranti sono uguali, ci sono alcuni dove il vino è servito, proposto e curato in modo eccellente, ma la maggioranza dei locali di ristorazione sembra non avere capito l'importanza del corretto servizio del vino e della sua appropriata valutazione. Ci si rende conto immediatamente se in un ristorante il vino è valutato nel giusto modo: ci sono dei dettagli che consentono di comprendere esattamente la qualità sia dei vini sia del servizio del vino e, c'è da stare certi, un ristorante che cura il dettaglio “vino” è anche un ristorante che cura la qualità del proprio servizio e delle pietanze che vengono servite. Certamente non ci si può sempre aspettare che in ogni ristorante operi un sommelier, sarebbe di certo una buona garanzia, però ci si dovrebbe almeno aspettare che vengano rispettati certi canoni che consentono di valorizzare il vino e di conseguenza la qualità dei cibi e del ristorante stesso.

 In molti ristoranti, purtroppo, l'approccio con cui si propongono le bevande, particolarmente il vino, è non solo sbagliato ma anche controproducente. È probabile che sia successo a molti, non appena ci si siede al tavolo, sentirsi chiedere la domanda “cosa porto da bere?” oppure “vino bianco o vino rosso?”, ancor prima di avere consultato il menu. Sicuramente questo è l'approccio più sbagliato, soprattutto per il vino, in quanto è buona regola, non solo pratica ma soprattutto logica, decidere prima cosa mangiare e quindi scegliere la bevanda o il vino più appropriato. In altri ristoranti la carta dei vini, cioè quell'utile strumento sia per il ristoratore sia per il cliente e che illustra i prezzi e le caratteristiche sommarie dei vini in vendita, non è nemmeno disponibile, peggio ancora, viene presentata al cliente se non dopo esplicita richiesta. Infine, controllate rapidamente il tipo di bicchieri che sono stati disposti sui tavoli ancora vuoti e anche le bevande che gli altri clienti hanno ordinato: se vedete poche bottiglie di vino, bicchieri poco rassicuranti, è certo che li il vino non gode di buona stima. Diffidate dall'acquistare vino in locali come questi: la scarsa attenzione che il gestore stesso pone al vino fa comprendere che non ne vende molto, anzi è assolutamente certo che non vuole venderne molto per scelta, e le poche, o tante bottiglie, che conserva in cantina saranno li da molto tempo, probabilmente conservate male, e quindi non ci si può aspettare di trovare né un buon servizio né un giusto trattamento del vino che verrà servito. In ultimo, il vino che viene servito in un ristorante deve essere, giustamente, pagato, pertanto non è giusto pagare qualcosa che non viene valorizzato nel modo opportuno e non giustifica quindi gli alti prezzi praticati dai ristoranti.

 Parlando dei prezzi del vino al ristorante è necessario fare delle dovute distinzioni. Generalmente il prezzo è più alto, talvolta anche di tre o quattro volte, rispetto a quello in cui è normalmente venduto in enoteca; una deprecabile abitudine se poi la qualità del servizio e del vino stesso non giustificano comunque il prezzo. Ci sono invece alcuni ristoranti, che dovrebbero essere preferiti e favoriti dalla clientela, a patto che siano sostenuti anche da buoni criteri di ristorazione, che praticano prezzi onestissimi, spesso gli stessi prezzi proposti in enoteca e che, curiosamente, offrono anche una qualità del servizio maggiore: questo è un innegabile segno che il gestore ha compreso sia l'opportunità commerciale di vendere più vino nel suo locale e di praticare un rapporto più onesto e leale con i propri clienti.

 

Il Sommelier

 Nei casi più fortunati, quando ci si siede al tavolo di un ristorante e non appena si è deciso cosa mangiare, si vede arrivare il sommelier che è pronto a consigliare il vino più opportuno sia a quello che si è ordinato sia rispettando i gusti e le preferenze del cliente: il bravo sommelier consiglia, ascolta e guida il cliente nella sua scelta senza mai imporre, caso mai, propone. Chi è il sommelier? La definizione che daremo di questa nobile e antica figura professionale, spesso contrasta con la realtà dei fatti e con quello che talvolta si trova nei ristoranti e che svolge le mansioni di sommelier. Purtroppo, si trovano talvolta dei sommelier che, probabilmente, non hanno ben compreso quale sia il loro vero ruolo e che, al massimo, si possono definire semplici “servitori del vino”. Questo genere di sommelier, non solo denigra la figura professionale dell'intera categoria, ma, non da ultimo, è anche un vero e proprio deterrente alla diffusione della cultura enologica che invece dovrebbe essere fra i suoi principali ruoli.

 Il sommelier è una figura professionale che, non solo ha una perfetta conoscenza del servizio del vino, compresi gli importanti aspetti relativi alla temperatura e ai bicchieri, ma che soprattutto possiede una profondissima cultura del vino, delle zone vinicole del mondo, in particolare della zona dove opera. Possiede buone nozioni di enologia e, non da ultimo, un buon livello di cultura generale, sa parlare con i clienti e con questi deve sapere instaurare subito un eccellente rapporto di fiducia e relazionale, deve sapere ascoltare e comprendere le necessità, il carattere, i gusti e le preferenze del cliente, guidarlo nella sua scelta senza mai imporre nulla e senza ostentare una “culturetta” spicciola con lo scopo di sfoggiare una presunta superiorità, che peraltro sarebbe un ostacolo al suo lavoro. Un bravo sommelier è modesto, umile, mai presuntuoso, ed è sempre alla ricerca di approfondire la sua cultura, mai sufficientemente completa, e la sua professionalità, conosce il suo lavoro e non impone mai nulla, talvolta potrà fare anche suscitare determinati desideri nel cliente, può eventualmente avvisare che il vino scelto potrebbe non essere appropriato per il cibo ordinato, tuttavia è proprio il cliente che deve avere innegabilmente l'ultima parola sulla scelta del suo vino. Se in un ristorante trovate un sommelier di questo tipo, fidatevi nel modo più assoluto: saprà certamente consigliarvi il vino migliore, non da ultimo sarà capace di consigliarvi con sincera onestà degli ottimi vini che hanno anche un eccellente rapporto qualità/prezzo.

 

La Carta dei Vini

 Alcuni ristoranti sembrano avere un pessimo rapporto con la carta dei vini: spesso è sgualcita, le pagine sono logore e sporche, spesso i vini indicati non sono nemmeno disponibili. Probabilmente non hanno ancora compreso che la carta dei vini è, prima di tutto, uno strumento di vendita che consente di qualificare sia il vino sia il ristorante, non da ultimo, è quello strumento che gli consente di fare vendere meglio il vino. Detto così, sembrerebbe quasi uno strumento magico, una sorta di bacchetta magica, in realtà si deve sempre ricordare che la carta dei vini si deve, innanzitutto, sapere usare e sapere usare bene, da sola non può certamente compiere miracoli. Bisogna riconoscere che una brutta carta dei vini, non da ultimo, una carta dei vini usata in modo improprio, non predisporrà positivamente il cliente né all'acquisto del vino né al suo interesse.

 Spesso si trovano carte dei vini che sono praticamente inutili e illeggibili, esposte in modo poco chiaro e povere di informazioni utili per il cliente, spesso create in modo tale da ostentare un'ipocrita e inutile conoscenza sui vini da parte di chi l'ha costruita. Si ricordi che il cliente va al ristorante perché intende mangiare e bere, certamente bene e in modo coerente con la classe del ristorante, non certo per andare a guardare un ridicolo “spettacolino” dove il gestore e i suoi collaboratori si prodigano continuamente a sfoggiare stupide “ruote di code di pavone”. A certi ristoratori ricordiamo che esiste anche la concorrenza e che il cliente, per fortuna, ha la capacità di scegliere se andare a teatro oppure al ristorante.

 Le caratteristiche che deve avere una buona carta dei vini sono la chiarezza, sia dei prezzi sia dei vini, ben presentata, di facile lettura e, non da ultimo, piacevole da consultare senza fare perdere tempo o fare sorgere dubbi o incomprensioni. Deve essere chiara e diretta, deve facilitare il cliente a scegliere un vino, di certo non a rendergli impossibile la scelta e comunque senza fare perdere troppo tempo. Una buona carta dei vini dovrebbe, per esempio, dividere i vini per tipologia, partendo da quelli tipicamente offerti come aperitivi fino ai vini da dessert, divisi per regione o per zone di produzione, mettendo in risalto i vini della zona dove opera il ristorante, magari proposti all'inizio, esporre i vini all'interno di ogni categoria in ordine crescente di prezzo. Ogni vino dovrebbe riportare indicazioni sul nome, sul produttore, sull'annata e possibilmente anche sulle uve; inoltre un sommario commento sulle caratteristiche del vino sarebbe utile ad aiutare il cliente con la sua scelta.

 Bisogna ricordare che una carta simile non è attuabile per alcuni ristoranti, soprattutto per quelli piccoli. Se la carta dei vini che vi viene proposta non è “enciclopedica” e non sfoggia centinaia di nomi di vini, questo non significa che il ristorante non sia di buon livello. Ci sono alcuni ristoranti che, per scelta, decidono di proporre solo alcuni vini, ma di qualità, e che sono stati scelti in funzione del cibo preparato nel locale, caratteristica che dovrebbe essere comunque comune a tutte le carte dei vini di ogni ristorante. Se la carta dei vini non dispone di una lunga e ricca scelta, non significa che il ristoratore non pone attenzione sul vino: guardate come la carta è stata costruita e come viene presentata; quello è il segno del reale valore che nel ristorante si attribuisce al vino indipendentemente dalla sua quantità di scelte.

 

Il Servizio del Vino

 Una volta scelto il vino, questo viene portato al cliente e dovrebbe essere servito. La bottiglia deve essere portata al tavolo rigorosamente chiusa, nel caso in cui la bottiglia sia presentata senza il tappo, pretendete la sostituzione. La bottiglia viene aperta davanti al cliente e il tappo di sughero dovrebbe essere lasciato sul tavolo, magari su di un piattino, non certo per lasciare al cliente la possibilità di valutare se il tappo è difettoso, si spera che questa verifica sia stata effettuata dal sommelier, ma piuttosto per verificare che il tappo appartiene effettivamente al produttore di quel vino, in altre parole è una garanzia sull'assenza di adulterazioni o contraffazioni di ciò che abbiamo ordinato.

 Una volta aperta la bottiglia, viene servita una piccola quantità per l'assaggio alla persona che ha ordinato il vino in modo che questa possa valutarne la bontà e l'assenza di difetti. Se siete voi le persone che dovranno compiere l'assaggio, non fatevi prendere dalla fretta e prendete il tempo che effettivamente vi serve per valutare quel vino. Se il vino presenta dei difetti, fatelo presente, con cortesia e discrezione e, nel caso in cui questi difetti siano realmente presenti e che non siano confusi con le caratteristiche proprie di certi vini, chiedete la sostituzione della bottiglia.

 Non appena il vino sarà considerato servibile dal cliente, si procederà con il servizio degli altri commensali, in senso orario e a partire dalla persona a fianco di chi ha ordinato il vino, e sarebbe buona norma, non solo per una questione di galanteria, ma soprattutto di rispetto e di educazione, servire prima le signore e poi i signori. In ultimo si provvederà a servire la persona che ha ordinato il vino.

 

Un Argomento Scomodo: i Vini Difettosi

 Può accadere che mentre si assaggia un vino, si scopre che questo presenta dei difetti, certamente fra i più frequenti è quello del noto “sentore di tappo”. In questo caso non si facciano “drammi” e non si consideri negativamente il ristorante, si ricordi piuttosto che questa è una possibilità che può accadere anche nel migliore ristorante. Spesso il difetto in una bottiglia di vino non è attribuibile al ristoratore, a patto che questi l'abbia conservata bene. In questo caso fatelo presente alla persona che sta servendo il vino, fatelo sempre in modo educato e garbato, senza accusare o attribuire colpe inopportune. Esponete la vostra opinione in modo garbato ma deciso, senza arroganza, e chiedete la sostituzione della bottiglia che, ovviamente e a ragion veduta, non deve essere pagata al ristoratore. Del resto, se una bottiglie è effettivamente difettosa, non si ritiene giusto che sia proprio il cliente a doverci rimettere, soprattutto quando la bottiglia è difettosa a causa della negligenza del produttore o del ristoratore durante le operazioni di imbottigliamento o di conservazione.

 Diversa è l'ipotesi in cui si è ordinato un vino e che successivamente si rivela non essere di gradimento. Ci sono vini che hanno caratteristiche aromatiche e gustative particolari e che potrebbero anche non piacere; non per questo significa che siano difettosi, semplicemente non incontrano il gusto di chi li ha ordinati. In questo caso non è assolutamente pensabile, ne tanto meno onesto, pretendere la sostituzione di qualche cosa che è stato ordinato per scelta cliente. Infine, va comunque ricordato che se nel locale opera un sommelier competente e serio, difficilmente sarà servito un vino difettoso o che comunque non incontra il gusto del cliente.

 

Vini Venduti al Ristorante

 Il vino al ristorante non viene venduto solamente in bottiglia, anche se questa è la consuetudine più frequente. Nella varie modalità adottate dalla ristorazione, vorremmo soffermarci su quattro di queste: il cosiddetto vino della casa, il vino al bicchiere, le mezze bottiglie e, infine, il vino che il cliente stesso porta al ristorante.

 Il vino della casa è una pratica adottata da quasi tutti i ristoranti e che potrebbe anche rappresentare una scelta conveniente a patto che fornisca le dovute garanzie. Sarebbe buona norma che il ristorante fornisca delle indicazioni precise sul suo “vino della casa”, come per esempio l'uva con cui è fatto, il produttore, a meno che non sia il ristoratore stesso a produrlo, e l'annata. Sarebbe buona norma che questo vino sia servito in bottiglia, proprio come qualunque altro vino, e mai in caraffa, una pratica che potrebbe anche favorire l'adulterazione e il riutilizzo del vino. Spesso il vino della casa viene presentato in bottiglie espressamente prodotte e etichettate dal produttore per il ristorante stesso: assicuratevi che nell'etichetta siano comunque riportate tutte quelle indicazioni che si trovano normalmente sulle bottiglie, in caso contrario diffidate nel modo più assoluto.

 Una buona pratica che si sta diffondendo sempre di più è quella di servire il “vino al bicchiere”, cioè il cliente può acquistare un solo bicchiere di un vino senza avere l'obbligo di acquistare l'intera bottiglia. Questa alternativa risulta essere molto valida soprattutto quando si va al ristorante da soli, oppure, ancora meglio, consente di abbinare sempre il giusto vino ad ogni piatto. Va osservato comunque che la scelta dei vini proposti “al bicchiere” non può essere vasta quanto quella dei vini proposti in bottiglia: un ristoratore non può aprire centinaia di bottiglie con lo scopo di servire un bicchiere e gettare il resto, questo, crediamo, sia più che comprensibile. Tuttavia vengono proposti una serie di vini serviti al bicchiere che possono soddisfare le esigenze della maggior parte dei casi e, spesso, ad un prezzo ragionevole.

 Un'altra alternativa al vino servito in bottiglia è quello servito in mezze bottiglie, anche questa è una valida scelta per quelle persone che, per necessità, consumano da sole un pasto al ristorante, inoltre, risultano essere utili quando si desidera ancora bere un vino nel caso in cui l'apertura di una bottiglie intera risulterebbe semplicemente troppo. Purtroppo, e questa è una critica sia ai produttori sia ai ristoratori, la produzione di mezze bottiglie e la conseguente disponibilità nei ristoranti non è molto diffusa; potrebbe essere invece una buona opportunità commerciale rivolta a chi beve poco vino al ristorante e a chi vuole provare più vini nel corso di un pasto.

 Esiste infine un'altra opportunità, molto praticata in alcuni paesi, come per esempio gli Stati Uniti d'America, dove il cliente porta una bottiglia di vino e acquista semplicemente il pasto al ristorante. Questa pratica è in genere definita come “Bring Your Own Bottle” o, semplicemente, “BYOB”. In genere il ristoratore pretende il pagamento di una tariffa, purtroppo non sempre modesta, a titolo di rimborso per la prestazione del servizio della bottiglia, anche in questo caso, si deve fare attenzione sull'entità di questo compenso e comportarsi di conseguenza. Questa pratica, comunque non molto diffusa, consente ai ristoratori di non perdere un cliente e permette al cliente di farsi costruire un pasto adeguato in funzione del suo vino: una buona opportunità sia per il cliente sia per il ristoratore.

 




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Il Parmigiano Reggiano

Il Re dei formaggi Italiani vanta una storia antichissima e certamente un gusto attuale che riesce sempre a conquistare anche i palati più esigenti

 I formaggi occupano un ruolo fondamentale nell'alimentazione, in particolare fra i prodotti d'origine animale. Nella cultura Italiana, il parmigiano, è uno dei formaggi che vantano una tradizione tra le più antiche, e possiamo affermare che attualmente è considerato un prodotto simbolo di civiltà e cultura, tanto da essere uno dei prodotti più imitati al mondo. Per riconoscere il vero Parmigiano Reggiano, per fortuna, non è necessario essere degli esperti. La marchiatura tradizionale, (Parmigiano - Reggiano), che viene impressa a fuoco su tutta la fiancata della forma, garantisce l'autenticità del prodotto. La marchiatura deve essere presente anche sui pezzi, anche su quelli di piccola dimensione. Inconfondibile è la struttura della pasta: granulosa, con tipica frattura a scaglie e con il suo aroma caratteristico.

 

Storia

 Non occorre fare grandi e complicate ricerche storiche per trovare documenti sul Parmigiano Reggiano, molti sono i segni che questo formaggio ha lasciato nella storia, fra tutti lo troviamo nel Decamerone del Boccaccio scritto intorno al 1350: “et eravi una montagna di formaggio Parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti, che niuna altra cosa facevan, che fare maccheroni e ravioli”, nelle pagine scritte da Cristoforo di Messisbugo dove il Parmigiano Reggiano veniva servito con uova fresche e pere. I vari biografi di Molière sostengono che in tarda età amava nutrirsi di Parmigiano. Altre citazioni le troviamo nei manoscritti conservati negli archivi di Reggio Emilia. Fonti bibliografiche d'epoca Romana (Columella, Varrone, Marziale), confermano, infatti, l'esistenza, già a quei tempi, ossia all'inizio dell'era cristiana, di un formaggio di provenienza parmigiana con caratteristiche molto prossime a quelle dell'attuale Parmigiano-Reggiano.

 Platina, umanista del '400 recita: “Due sono oggi in Italia le specie di formaggio che si contendono il primato: il `marzolino', così chiamato dagli Etruschi perché si fa in Etruria nel mese di marzo e il Parmigiano nella regione Cisalpina, che si può anche chiamare `maggengo', dal mese di maggio”.

 Il Parmigiano Reggiano viene fatto oggi come otto secoli fa. Viene fatto negli stessi luoghi, utilizzando gli stessi gesti, la stessa manualità cosicché mantiene sin dall'ora le stesse caratteristiche, lo stesso aspetto, la stessa fragranza.


Il Parmigiano Reggiano e il suo coltello
Il Parmigiano Reggiano e il suo coltello

 Già nel 1200 il Parmigiano Reggiano aveva conquistato la sua tipicità: le sue caratteristiche erano già note molti anni indietro, pertanto se ne deduce che vanta origini molto più antiche.

 Le fonti più autorevoli collocano la primogenitura del Parmigiano Reggiano nella media vallata dell'Enza, a cavallo delle province di Parma e Reggio Emilia, ossia nel cuore dell'attuale comprensorio formato dai territori delle province di Bologna (in parte), Mantova (in parte), Modena, Parma e Reggio Emilia. Questo territorio, noto anche come “zona tipica”, è delimitato, sin dal 1955, da specifiche norme di legge.

 Sin dalla comparsa del Parmigiano Reggiano, l'uomo ha saputo conservare e tramandare le tecniche per la produzione e la conservazione, senza cedere alla tentazione dell'“automazione”. Così ancora oggi i casari con il latte, il caglio, il fuoco e le loro tradizioni riescono ancora a farci sentire sensazioni di profumi e sapori antichissimi.

 Ai giorni nostri, circa seicento piccoli caseifici artigianali, della zona tipica, hanno ottenuto il riconoscimento legale che gli consente di conservare inalterato il metodo di fabbricazione e conservazione, garantendo uno standard di qualità e genuinità assai elevato per oggi e per domani. Le forme che dopo un'attenta analisi, non risultano conformi ai requisiti prescritti dallo standard, non possono essere vendute con il marchio Parmigiano Reggiano, in nessun modo.

 

Cos'è il Parmigiano Reggiano

 Il formaggio Parmigiano Reggiano, attualmente, presenta caratteristiche igienico-sanitarie eccellenti, che lo rendono un alimento sicuro per il consumatore. Le modalità di produzione e i tempi di stagionatura sono tali da inibire, in ogni caso, un'eventuale sviluppo di specie microbiche pericolose per la salute. L'insieme delle condizioni necessarie alla riuscita del prodotto, garantiscono sicurezza del risultato sotto il profilo igienico e sanitario.

 Per quanto riguarda il caglio, lo standard di produzione Parmigiano Reggiano (D.P.R. 30 ottobre 1955 n° 1269) prescrive, per la coagulazione del latte, l'utilizzo esclusivo del caglio di vitello. Inoltre bisogna far notare che nella produzione di Parmigiano Reggiano non è ammesso l'uso d'alcun additivo. Perfino la marchiatura è ottenuta senza impiego di sostanze chimiche o estranee ma solamente con un ferro incandescente.

 C'è una gran differenza tra il Parmigiano-Reggiano ed i formaggi similari d'altra provenienza spesso confusi nella generica denominazione “grana”. Questi ultimi sono prevalentemente prodotti industriali, realizzati in grandi caseifici con metodologie e tecnologie standardizzate, che non possono dare al prodotto quelle caratteristiche uniche che solo una lavorazione artigianale ed una maturazione naturale, riescono ad esprimere. Nel Parmigiano Reggiano c'è una vera e propria concentrazione di sostanze nutritive, una miniera di proteine, vitamine, sali minerali, calcio e fosforo. Per produrre una forma di Parmigiano Reggiano occorrono circa 570 litri di latte oltre a caglio, fuoco, arte casearia e tempo per la stagionatura. Il Parmigiano Reggiano è un alimento completo, sano e genuino. Una forma di formaggio pesa mediamente circa 38 kg. Si sa che cento grammi di parmigiano sono digeriti in circa 45 minuti, mentre occorrono 4 ore per la stessa quantità di carne. Il valore nutritivo di 100 g. di prodotto equivalgono in pratica a 300 g. di carne bovina, 700 g. di trota oppure 570 g. di latte.


Umiditàg. 30,80
Proteine totalig. 33
Lipidig. 24,80
Calciog. 1,16
Fosforog. 0,68
Rapporto Calcio/Fosforo1,71
Cloruro di sodiog. 1,39
Magnesiomg. 43
Zincomg. 4
Vitamina Aμg. 298
Vitamina B1μg. 32
Vitamina B2μg. 370
Vitamina B6μg. 106
Vitamina B12μg. 4,2
Colinaμg. 42
Biotinaμg. 22
composizione del Parmigiano Reggiano (riferita a 100 g.)

 Il Parmigiano Reggiano non contiene lattosio, successivamente alla caseificazione avviene un rapido sviluppo di batteri lattici, che fermentano tutto il lattosio presente nella cagliata in circa 6-8 ore. Anche il galattosio, che si forma dal lattosio, è metabolizzato rapidamente dai batteri lattici e nel giro di 24-48 ore scompare completamente.

 La formazione geologica del terreno, la tipicità degli allevamenti, quelle sorte di combinazioni ambientali che permettono la produzione di un latte pregiato diverso da quello realizzato nelle zone circostanti, fanno del Parmigiano Reggiano un prodotto davvero inimitabile.

 Il 36% è costituito da proteine (più di qualsiasi altro formaggio), il 28% sono lipidi, il 1,3% è calcio mentre lo 0,7% è fosforo. Le vitamine sono messe in evidenza per la gran quantità e varietà, mentre il valore in calorie è di 392 per etto.

 In sostanza il Parmigiano Reggiano viene considerato l'alimento più completo dopo il latte materno. La dietologia moderna lo raccomanda ai bambini ed agli anziani per il suo altissimo potere nutritivo, per la digeribilità nonché per la ricchezza di calcio, fosforo e sali minerali. È raro che un alimento metta d'accordo gastronomi, medici e dietisti. I pediatri, per esempio raccomandano di condire con Parmigiano Reggiano le pappe dei bambini. Durante il periodo della crescita diventa una preziosa risorsa per le esigenze di un giovane organismo, ma altrettanto importante, per le sue caratteristiche nutritive risulta in tarda età poiché associa molte sostanze indispensabili al nostro sostentamento ad un eccellente benessere corporeo.

 Anche i preparatori atletici ritengono che le sue caratteristiche nutrizionali, senza per questo appesantire, siano indispensabili nella dieta degli atleti.

 

La Produzione

 Oggi, come in passato, per produrre il Parmigiano Reggiano occorre latte, solo quello proveniente dalla zona tipica, caglio (è un prodotto d'origine animale che proviene dallo stomaco dei vitelli lattanti), fuoco e la manualità dei casari e non ultimo il tempo per l'adeguata stagionatura. Di latte ne occorrono circa sedici litri per ottenere un chilo di formaggio, latte proveniente dalle province di Parma, Modena, Reggio Emilia e parte di quella di Mantova e Bologna.


 

 Il latte della mungitura serale viene inviato direttamente nelle vasche del caseificio. Qui rimane fino al mattino successivo, quindi viene unito scremato, per affioramento, ed aggiunto al latte intero della mungitura del mattino, viene poi addizionato al siero-innesto, una coltura naturale di fermenti lattici ottenuta dall'acidificazione spontanea del siero residuo della lavorazione del giorno precedente e al caglio; poi viene immesso, nelle caldaie a doppio fondo per la produzione e trasformazione del latte in Parmigiano Reggiano.

 Avvolta nella tela, la massa di coagulo cotto viene introdotta in uno stampo di legno o di metallo sagomato detto “fascera” e leggermente pressata per facilitare l'uscita del siero. Qui assume la forma caratteristica. Successivamente si portano le forme alla salatura, qui restano immerse in una salamoia composta da acqua salata (una soluzione satura di sale da cucina), per un periodo di circa tre settimane. Dopo una breve esposizione al sole per rassodare la crosta in formazione, la forma viene portata al magazzino di stagionatura, un luogo climatizzato ed umidificato.

 Da questo momento inizia il lungo processo d'affinamento o di stagionatura naturale del Parmigiano Reggiano, ogni quindici giorni le forme vengono pulite e controllate per garantire una buona riuscita del prodotto. Dopo dodici mesi i tecnici caseari sottopongono a verifica le forme di formaggio attraverso la battitura (che consiste nel battere con un piccolo martelletto le varie parti della forma ed ascoltare il suono prodotto) per stabilirne la qualità. Se la forma è ritenuta conforme allora viene marchiata a fuoco. Le forme di qualità superiore ottengono l'ulteriore marchio di qualità “extra”. Dopo ventiquattro mesi il formaggio è pronto per essere consumato.

 

Conservazione

 Il formaggio Parmigiano Reggiano, acquistato in porzioni ottenute direttamente dal taglio delle forme intere, (effettuato preferibilmente con gli appositi coltelli a mandorla), che consentono l'apprezzamento anche di requisiti del formaggio quali il colore e la tipica struttura granulosa, deve essere mantenuto avvolto in un film plastico o d'alluminio e riposto nella zona bassa del frigorifero domestico, a temperatura da 0 a +5 °C. Occorre tenere ben pulita la superficie della crosta al fine di evitare la formazione di muffe. La moderna tecnica d'imballaggio consente di offrire al settore della distribuzione un prodotto già tagliato in pezzature idonee a soddisfare ogni esigenza, garantendo l'igiene e la facilità di trasporto.

 

Come si Taglia il Parmigiano Reggiano

 Per prima cosa è necessario procurarsi il caratteristico coltello corto, appuntito, a forma di mandorla con un lato più sottile per facilitare la penetrazione mentre l'altro lato più spesso per fungere da cuneo. La forma di Parmigiano Reggiano non si taglia, si “apre”, in modo da non alterarne la struttura e mantenere la sua originale granulosità. Si inizia tracciando una linea che divide la forma a metà (anche i lati), si prosegue incidendo la crosta lungo questa linea penetrando, a tratti, con la lama per circa due centimetri, quindi ai due punti estremi del diametro di una delle facce, a cavallo tra la faccia ed il fianco, si conficcano a forza due coltelli in modo che, funzionando essi da cuneo, la forma si apre in due metà uguali. Questo procedimento richiede esperienza ed attenzione perché l'apertura risulta perfetta solo se la struttura interna del formaggio è stata messa in grado di opporre la stessa resistenza sia nell'una sia nell'altra metà. Anche i “tagli” successivi, devono avvenire con lo stesso metodo, così da ottenere tutti pezzi con le stesse proporzioni di pasta e crosta.

 

Alcune Informazioni Utili

 Gli addetti ai lavori usano termini per classificare e qualificare il Parmigiano Reggiano. Definiscono “nuovo” un Parmigiano prodotto nell'anno corrente o in quello precedente; “maturo” quando ha raggiunto un affinamento tra i 12 e 18 mesi; “vecchio” quando ha un'età dai 18 ai 24 mesi; “stravecchio” quando ha superato almeno due estati (da 24 a 36 mesi).

 La pasta di color “paglierino” è una delle caratteristiche del Parmigiano Reggiano e indica che proviene da latte prodotto da animali alimentati con foraggi freschi. Il colore del Parmigiano Reggiano è tenue ed uniforme su tutta la pasta e va dal paglierino-oro al paglierino.

 Un altro carattere tipico del Parmigiano Reggiano è che la pasta, nel prodotto maturo, si stacca a lingue sottili convergenti verso il centro della forma; la pasta è piuttosto morbida ed ha una granulosità molto minuta.

 Altri fattori che qualificano una forma di Parmigiano Reggiano e la distinguono dalle altre, essendo questo un prodotto artigianale, sono: l'età, il grado di stagionatura, l'aroma, cioè il sapore ed il profumo, la struttura, la consistenza, lo stato della crosta e la pezzatura (il peso medio di una forma varia da 33 a 40 chili).

 Gli esperti giudicano una forma di parmigiano valutando i parametri anzidetti, oltre alla “battitura” che consiste nel percuotere la forma con un martelletto per valutarne la struttura interna. Attraverso la “spillatura” si estrae una quantità minima di pasta attraverso un ago a vite, con questa operazione si misura la resistenza che la pasta oppone all'ago per valutarne la consistenza, mentre la pasta estratta ne rivela l'aroma ed il grado di maturazione. Alla “tassellatura” si ricorre solo eccezionalmente, ed in caso di incertezze nel giudizio. Va ricordato che per valutare una forma di parmigiano occorre una grande esperienza.

 

Il Parmigiano Reggiano in Cucina

 Il Parmigiano Reggiano è un ingrediente insostituibile nella buona cucina Italiana e della dieta mediterranea. Si usa grattugiato come condimento per pasta, riso, minestre e consommé, senza dimenticare il classico carpaccio. È ottimo anche come formaggio da tavola, solo o accompagnato a verdure, noci, tramezzini, panini, toast. Da provare assolutamente accompagnato alla frutta fresca: mele, pere, pesche, fichi, uva o noci. Altro uso, nato all'estero, è quello di servire scaglie di parmigiano e noci con aperitivi e cocktail, così da esaltare il sapore dei liquori secchi.

 Il Parmigiano Reggiano si accompagna bene con i vini rossi di buon corpo e, non da ultimo, con vini liquorosi semisecchi, come il Marsala, vini passiti, un buon esempio potrebbe essere l'Albana passito, e vini spumanti brut, come alcuni Talento, Franciacorta, Cava o Champagne.

 



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Posizione Vino, Produttore
1 Masseto 1998, Tenuta dell'Ornellaia
2 Semillon Sauvignon 2001, Cape Mentelle
3 Muffato della Sala 1999, Castello della Sala
4 Château Pontet-Canet Pauillac 2000
5 Chardonnay 2000, Planeta
6 Rioja Reserva “Pagos Viejos” 1997, Bodega Artadi - Cosecheros Alavares
7 Capo di Stato 1998, Conte Loredan Gasparin
8 Château Lynch-Bages Pauillac 2000
9 Gevrey Chambertin DB Boillot 1998
10 Teroldego Rotaliano Granato 1998, Foradori
11 Château Laroque Saint-Émilion Grand Cru Classè 1998
12 Champagne Ayala Brut
13 Brunello di Montalcino Riserva 1995, Fattoria dei Barbi
14 Albariño 2000, Pazo de Senorans
15 Trentino Müller Thurgau “Pendici del Baldo” 2001 - Mori Colli Zugna

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  Non Solo Vino Numero 4, Gennaio 2003   
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Ho necessità di ricevere indicazioni per un laboratorio enologico sito nelle vicinanze di Zagarolo (RN), dove ho un piccolo vigneto. Avendo prodotto un vino con bassa gradazione alcolica e con un retrogusto amarognolo, già proprio delle uve malvasia, desidero far analizzare un campione e ricevere eventuali indicazioni su possibili correzioni. il mio indirizzo E-Mail è giovannipascoli2@virgilio.it


Vorrei avere segnalazione di siti presso i quali è possibile acquistare vini portoghesi. pericle.peppone@virgilio.it






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